venerdì 1 marzo 2013

Nel cuore della terra



“Un uomo senza mitologia è puramente un fenomeno statico.”
(Carl Gustav Jung)

All’inizio del 20° secolo, Nicholas Roerich viaggiò in tutta l’Asia centrale e nel Tibet alla ricerca di una realtà spirituale superiore e alla ricerca della bellezza di quelle concezioni. Raccolse molte testimonianze di quei popoli, e la raccolta di leggende, parabole e storie mitiche che ha lasciato possiede un valore inestimabile. Ciò che vide non esiste più, infatti le persone sono morte ma anche i luoghi narrati non sono più com'erano allora.

Nicholas era nato in Russia nel 1874, ed era cresciuto con i racconti delle innumerevoli leggende del suo paese, ma fu un uomo eclettico e dotato di talenti molteplici, infatti fu archeologo, scrittore, pittore poeta e uomo di pace. Proposto nel 1929 e nel 1935 al Premio Nobel per la Pace, alla sua intermediazione dobbiamo il Trattato di Pace firmato dal presidente Roosevelt tra gli Stati Uniti d’America e venti paesi dell’America Latina: la “Bandiera della Pace” che ha ideato sventola ancora su molti paesi della terra.

Un giorno, nel corso dei suoi viaggi in Tibet, Nicholas giunse in un villaggio semi diroccato con solo due case abitate. In una delle due case viveva un vecchio che lo ospitò per la notte. Alla domanda del perché il villaggio fosse così deserto, il vecchio rispose: “Sono andati via tutti. Hanno trovato un luogo migliore per vivere. Erano forti e intraprendenti, perciò cercavano delle novità. Io sono vecchio e so che nulla è nuovo sulla terra, perciò aspetto qui la mia morte.”

I forti se ne vanno, riflette Nicholas, perché le migrazioni avvengono sempre nella speranza di trovarsi a vivere in modo migliore. Quale spirito spinge l’uomo a migrare? Quale volontà o quale cataclisma spinge i popoli lontano dalle terre conosciute? Nei suoi viaggi Nicholas vide molti disegni simili, infatti li vide sulle rocce del Darkistan, del Brahmaputra, di Orkhon in Mongolia e nei tumuli di Minusinsk in Siberia, ovunque vide delle tracce con la stessa simbologia.

Gli stessi disegni erano nei halristningar della Svezia e della Norvegia, e nei fregi del primo romanico dove si ritrovano le ispirazioni artistiche che recano suggestioni creative di grandi popolo migratori. In ogni luogo dell’Asia e nei racconti del folclore si riconoscono tracce di antiche verità ripetute, sebbene si derida la mitologia credendola piena di storie inventate. Gli uomini sono troppo superbi per apprezzare i tesori che il folclore ci dona, ma poi abbiamo imparato che anche i Rigveda furono trascritti in tempi recenti, e che furono ripetuti oralmente per secoli prima di essere scritti.

In molte storie di antichi paesi si narra di tribù perdute e di popoli che si ritirarono a vivere nel cuore della terra. Da tante parti e con linguaggi diversi ma identici si parla delle stesse cose, perciò facendo dei collegamenti vediamo che sono tutti capitoli delle medesime storie. All’inizio si crede impossibile che tutto possa coincidere, e si crede che siano favole narrate al fuoco dei bivacchi, ma poi dobbiamo ammettere che tutto è sempre uguale nelle storie di popoli che non si conoscono neppure per nome.

Esiste la stessa relazione nel folclore del Tibet, della Mongolia, della Cina, del Turchestan, del Kashmir, della Persia, degli Altai, della Siberia, degli Urali, del Caucaso, delle steppe della Russia, della Lituania, della Polonia, dell’Ungheria, della Germania, della Francia. Nel distretto di Tourfan si narra la storia di una tribù sacra che fu perseguitata da un tiranno, e si dice che quelle genti non vollero sottomettersi alla crudeltà, perciò si rinchiusero nei sotterranei delle montagne.

Alcuni chiedono, dice Nicholas, se per caso avete visto l’ingresso della caverna attraverso cui quel popolo, perseguitato per la sua religione, fece la fuga che lo condusse nel cuore della terra. A Kuchar si narra del re Po-chan, capo dei Tokhar che, quando giunse il nemico sparì con tutti i suoi tesori lasciandosi dietro rovine, sabbia e desolazione. In Kashmir si narra della tribù perduta di Israele, infatti i rabbini eruditi sanno che Israele è il nome di chi cerca, perché Israele non indica il nome della nazione, ma indica il carattere di un popolo.

Vi mostreranno, a Srinagar la tomba di Issa, Gesù, il Salvatore che fu crocefisso ma che non morì, e vi diranno che i discepoli portarono via il corpo dal sepolcro e poi scomparvero. Si narra che Issa si sia ripreso dalla morte e che sia vissuto il resto della sua vita in Kashmir predicando lo stesso vangelo, e come dalla sua tomba sotterranea ancora oggi emergano dei profumi meravigliosi. E a Kashgar, dove si rifugiò la madre di Issa dopo la crudele persecuzione del figlio, vi mostreranno la tomba della Vergine.

In molti luoghi si narrano delle storie straordinarie e, in diverse zone dell’Asia centrale si parla di Agarthi, il popolo che vive nel cuore della terra, e molte leggende diverse confermeranno la storia dei migliori che abbandonarono la terra traditrice per cercare la salvezza in terre nascoste dove trovarono nuove forze e conquistarono potenti energie. Sui monti Altai, nella valle di Uimon, sulle alte terre Nicholas incontrò un vecchio credente che si offrì di accompagnarlo dicendo: ”Vi proverò la storia dei Chud, il popolo che vive nel cuore della terra, e vi dimostrerò che non è una storia inventata. Vi porterò all’ingresso del regno sotterraneo!”

Lungo la strada l’uomo raccontò molte leggende sui Chud, e lo strano è che “chud” in russo ha la stessa radice della parola “meraviglia.” E da tutto quello che narrò si può dire che i Chud siano veramente un popolo meraviglioso! L’uomo raccontò:”In questa fertile terra vivevano i Chud che erano una tribù potente e fiorente che era in grado di fare prospezioni minerarie e di avere raccolti straordinari. Era una tribù pacifica e industriosa, ma un giorno venne lo zar bianco seguito da molti guerrieri feroci e crudeli. I pacifici Chud non erano in grado di opporsi alla ferocia di quelle orde, ma non volevano diventare gli schiavi del tiranno.

In quel tempo nella zona nacque la betulla bianca, ed era la prima volta che il fatto accadeva, perciò quel segno che era narrato nelle loro più antiche profezie dimostrò che era giunto il tempo di partire. I Chud fuggirono sotto terra, e solo rare volte si può sentire ancora il canto del popolo sacro, perché oggi le loro sacre campane risuonano solo nei templi sotterranei. Ma verrà il tempo glorioso della purificazione umana e, in quei giorni, i Chud riappariranno in tutto il loro splendore!”

Quando il vecchio arrivò vicino ad una collina pietrosa la indicò e disse molto orgoglioso: ”Questo è il luogo dell’ingresso al regno sotterraneo. Quando i Chud penetrarono nel cuore della terra sbarrarono l’ingresso con delle pietre. Adesso noi siamo giunti alla sacra entrata!” Nicholas osservò con attenzione il luogo e vide che era una tomba circondata da enormi pietre, risalente all’età delle grandi migrazioni, e tutto era simile a tante tombe ornate da fregi gotici che aveva visto nelle steppe della Russia meridionale e nei contrafforti del Caucaso settentrionale.

Mentre osservava con attenzione la collina, Nicholas si ricordò che, attraversando il colle del Karakorum, il suo sais, un anziano ladakhi, gli aveva detto: ”Sapete perché queste terre sono così particolari? Lo sapete che molti tesori sono nascosti nelle grotte sotterranee di questo luogo. Lo sapete che in quelle grotte vive una tribù che ha orrore dei peccati della terra?” Mentre cavalcavano verso Khotan, Nicholas notò che gli zoccoli dei cavalli risuonavano come se stessero cavalcando su un territorio cavo e pieno di grotte.

La gente della carovana notò il risuonare dei zoccoli, perciò dissero che certamente la terra che calpestavano era cava, e qualcuno disse:”Lo sapete che conoscendo i passaggi sotterranei si può giungere in terre lontane? Molto tempo fa in questo luogo viveva un popolo che si rifugiò verso l’interno della terra, in un regno sotterraneo. E’ molto raro che qualcuno di loro riemerga sulla superficie della terra. Qualche volta, nei bazar giunge qualcuno con delle monete antichissime, tanto che nessuno ricorda nemmeno da quanto tempo quelle monete non vengono coniate.”

Allora Nicholas aveva chiesto se fosse possibile poter vedere qualcuno di quel popolo, e gli fu risposto: ”Si, ma solo se il vostro cuore è puro e in armonia con quello del santo popolo, e se siete abbastanza elevato. Sulla terra ormai vivono solo peccatori, perciò i più puri e i più coraggiosi passano a qualcosa di meglio.” Molti credono nel popolo del Regno sotterraneo, infatti in tutta l’Asia si narra la storia del popolo santo scomparso nel cuore della terra, ed è per questo che a volte avviene che qualcuno abbia visto l’ingresso alle grotte sotterranee.

A volte, nelle terre più elevate si vedono delle aperture che sembrano dei nidi d’aquila, ma nessuno oserebbe avvicinarsi a quelle aperture perché tutti temono tutto quello che riguarda la tribù santa. Talvolta si dice che la Città Santa è sommersa, come avviene nel folclore della Svizzera e dei Paesi Bassi. Questo folclore coincide con le vere scoperte nei laghi, sulle sponde degli oceani e dei mari, e in Siberia, Russia, Lituania e Polonia vi sono molte leggende sui giganti che vivevano in tempi antichi in terre che poi scomparvero.

In questi miti vi sono le basi tipiche dei clan antichi, infatti si dice che i giganti sono fratelli, e che le sorelle dei giganti vivono sulle sponde dei laghi e dall’altra parte delle montagne. Molto spesso essi non desiderano abbandonare i luoghi in cui vivono, ma degli eventi eccezionali li spingono lontano da casa: molto spesso degli uccelli e degli animali sono vicini ai giganti e li seguono annunciando la loro partenza.

Tra le storie delle città sommerse c’è quella della città di Kerjenetz, nella regione di Nijni Novgorod, che è veramente meravigliosa, infatti la leggenda è così amata che, ogni anno la gente fa una processione intorno al lago in cui è sommersa la Città Santa. Tutto il lago viene illuminato dalle torce della processione e dai fuochi dei bivacchi, perché la gente attende intorno ai fuochi finché non risuonano le campane ed echeggiano i canti dedicati alle sante genti, e le campane delle chiese invisibili risuonano a festa. Questa processione ricorda la festa sacra del lago Manasarowar sull’Himalaya.

La leggenda russa di Kerjenetz del periodo tartaro racconta che le orde dei mongoli si avvicinavano all’antica città di Kerjenetz che era incapace di difendersi, perciò il popolo si chiuse nel tempio a pregare. Davanti agli occhi stupiti dei conquistatori si vide che la città sprofondava solennemente nel lago che, da quel tempo, è considerato sacro. Sebbene la storia si riferisca all’epoca del giogo tartaro si possono distinguere le basi della storia molto più antica delle migrazioni: la bella opera di Rimsky-Korsakoff, “La città di Kitege” è dedicata a questo fatto.

Molti kurgan delle steppe meridionali sono circondati da storie di un misterioso guerriero di cui nessuno conosceva la provenienza, e anche le zone dei monti Carpazi, in Ungheria, conservano le storie di tribù sconosciute, di guerrieri giganti e di città misteriose. Se potessimo raccogliere tutte le storie simili, dice Nicholas, potremmo compilare un catalogo di leggende che seguono la mappa di antiche migrazioni.

Un vecchio missionario cattolico disse che il luogo dove sorge Llassa era un tempo chiamato Gotha, e nella zona himalayana a circa 15.000-16.000 piedi ci sono parecchi menhir che in Tibet sono assai strani. Una volta, nel corso di un viaggio Nicholas vide delle lunghe pietre che sono assai significative per gli archeologi. Chiese alla guida tibetana cosa fossero quelle pietre, e la sua guida rispose che erano dei doring, cioè delle pietre lunghe che contrassegnavano un luogo sacro.

I tibetani mettevano del grasso sulla cime delle pietre per ingraziarsi le divinità locali che aiutavano i viaggiatori. Nessuno sapeva chi avesse posato quelle pietre, ma esse erano molto antiche, e si narrava che fossero la traccia del passaggio di un popolo sconosciuto. Sui rilievi trans-himalayani Nicholas vide lunghe file di pietre verticali che terminavano con altre tre pietre nel centro: la direzione di questa configurazione era ovest-est.

Una volta che ebbero messo il campo, Nicholas andò a osservare le pietre e si rese conto che erano proprio dei menhir, molto simili a quelli del famoso campo di pietre di Carnac. Nei pressi non c’erano oggetti, ma c’era solo un ruscello che scorreva, ma altro non poté scoprire, perché i tibetani impediscono gli scavi credendo che il Buddha impedisca di ferire la terra rivoltandone le zolle. Ma a Nicholas non furono necessari scavi per riconoscere la tipica costruzione druidica, infatti nei giorni seguenti ritrovò altri 4 gruppi di menhir.

Alcuni erano con il viale di pietre, mentre altri erano delle semplici pietre di forma allungata circondate da pietre più piccole, e quando la comitiva avanzò verso il Brahmaputra le costruzioni scomparvero. In rapporto con gli antichi santuari scoprì vecchie tombe in quadrato delineate da lunghe pietre, e di nuovo erano una perfetta replica delle tombe viste nell’Altai e nel Caucaso. In esse Nicholas aveva trovato una fibula con l’aquila a due teste, l’emblema riconoscibile delle tombe del Caucaso settentrionale, e anche nelle tombe tibetane Nicholas trovò delle spade identiche a quelle delle tombe gotiche.

Le donne di quel distretto portano dei copricapo simili a quelli dei popoli slavi, detti kokoshnik. Viaggiando sugli altopiani del Tibet, se osserviamo bene i tibetani, riflette Nicholas, si possono vedere dei volti che poco hanno a che fare con la fisionomia del tipo mongolo cinese, e che riconducono ai tratti europei deformati dall’incrocio di razze, ma che ricordano molto gli spagnoli, gli ungheresi oppure i francesi del sud.

I ghiacciai himalayani sono impietosi, perché il suolo è crudele, le rocce sono nude e vi scarseggiano anche gli animali, infatti anche le aquile in quei luoghi sono rare, perciò si può comprendere come i popoli volessero partire da quei luoghi per andare verso i deserti. Ma il loro spirito era nostalgico delle montagne, perciò quei popoli cercarono nei monti Altai un luogo simile a quello della loro origine, ma i ghiacciai allora erano ancora troppo vicini, perciò cercarono le terre più fertili del Caucaso e della Crimea.

Ancora una volta cercavano delle montagne che offrissero uno spazio sufficiente per respirare senza dover combattere contro i ghiacciai, e perciò anche i Carpazi divennero un territorio di felicità più invitante. Quei popoli pellegrini avanzarono oltre il verde dei monti e arrivarono fino alle coste dell’oceano, perciò oggi vediamo i menhir della Bretagna e di Stonehenge delle isole britanniche.

Ogni grande ricerca, scrive Nicholas, possiede delle finalità ma non possiede una fine, perché la fine equivale alla morte, però ogni ricerca vuole aggiungere sempre una nuova perla alla lunga collana della ricerca. Quando gli chiesero perché fosse così felice per il menhir, Nicholas rispose che era felice perché la carta geografica della sua fiaba si arricchiva, e aggiunse: ”Se avete trovato un filo incantato a Carnac, non è forse una gioia scoprire l’altro capo del filo magico, il capo iniziale, nella regione trans-himalayana?”

Si potrebbe obiettare che i costruttori di menhir trans-himalayani forse venivano da altrove, e che quella zona fosse un luogo fortuito di transito, e non la loro terra d’origine. Nulla lo può impedire, e nessuno può negare che fosse così. Delle conclusioni saranno tratte in futuro, perciò se il popolo di cui si dice corrisponde ai Goti, non sappiamo con certezza. Per Nicholas questo non ha importanza, cioè il fatto che fossero Goti oppure dei pronipoti. Erano in legame con i Celti, gli alani o gli Scitii?

Le indagini certe verranno in futuro, ma la sua felicità è grande per aver trovato un’incarnazione di Carnac nella regione trans-himalayana. Le denominazioni non sono importanti, soprattutto da quando scavò in un kurgan del 10° secolo e trovò nella mano dello scheletro una moneta del 15° secolo. Le fluttuazioni possono essere anche di secoli, ma i popoli risolvono i problemi dicendo che tutto ciò che scompare va sotto terra, perciò se chiediamo ai nonni il loro passato raccontano qualcosa di fantastico assieme alla verità.

Quando chiediamo alla gente di raccontare il passato, essa narra degli antenati perché è ancora in grado di farlo e ci dirà la verità. Le più antiche leggende tibetane narrano di popoli che costruirono menhir e dolmen, e dicono che erano popoli di sconosciuta origine. Le memorie tibetane raccontano di grandi viaggiatori. Dicono che due principi lasciarono l’India per andare verso il nord.

Durante il viaggio, uno dei due fratelli morì, e l’altro fratello ne onorò la memoria costruendo sul suo corpo una risplendente dimora per l’ultimo sonno usando delle enormi pietre. Dopo averlo fatto, esso riprese il suo lungo viaggio verso terre sconosciute. Perciò, conclude Nicholas, la memoria del popolo sa che le migrazioni delle genti avvengono nella speranza di trovarsi a vivere in modo migliore!

Buona erranza
Sharatan

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