domenica 25 novembre 2018

La Sua Voce



“Un cammino è necessario.
Se non si può fare in ascesa
di finisce col farlo in discesa.
Questa è la fatale legge della vita.”
(Pietro Ubaldi)

Pietro Ubaldi nasce a Foligno il 18 agosto 1886 da una antica famiglia della “mistica Umbria” quasi “all’ombra di san Francesco, una figura che giganteggiò nel suo spirito” come scrisse nell’opera autobiografica “Storia di un uomo”. Nacque sul tardi di una sera d’agosto “in una semplice casa di un antico rione dalle anguste vie” come penultimo di molti fratelli. La sua famiglia era molto agiata, essendo una derivazione del ramo che diede i natali al famoso giurista Baldo degli Ubaldi.

Per questo il padre lo avviò alla professione di avvocato e, approfittando della propensione del giovane per le lingue che imparava come se emergessero da un sogno, gli aprì uno studio per clienti stranieri a Roma. Ma il ragazzo non era portato per il diritto e lasciò la professione legale dopo due anni. Visse di rendita per qualche tempo, poi rinunciò all’eredità paterna e iniziò a lavorare per mantenere la famiglia malgrado discendesse da una delle famiglie più famose e nobili dell’Umbria.

La scelta di rinunciare alla ricchezza fu vista da tutti come un sintomo di follia, ma fu una scelta matura, lucida e frutto della volontà di non assecondare l’ingiustizia della ricchezza eccessiva che egli vedeva come un’ingiustizia e uno sfruttamento del più debole da parte del più forte, per cui fece l'esperimento totale del dettato evangelico. Sfruttando la sua laurea qualificata ottenne una cattedra come insegnante di inglese a Modica, in Sicilia, dove restò nell’anno scolastico 1931.

Nel 1932 ottenne il trasferimento dalla Sicilia al Liceo Ginnasio “Mazzantini” di Gubbio dove restò fino al 1952 quando decise di trasferirsi in Brasile dove lo reclamava un numeroso gruppo di estimatori che lo conosceva per merito di un ciclo di conferenze metafisiche che aveva tenuto nel paese. Dal 1952 fino alla morte visse in Brasile dove morì il 29 febbraio del 1972 a 86 anni e mezzo come egli stesso aveva predetto.

Ubaldi ebbe la prima esperienza delle sue facoltà medianiche la notte di Natale del 1931 mentre era a Modica. Dopo quel evento Ubaldi iniziò a scrivere messaggi che gli venivano suggeriti da un Essere Superiore, tramite quella che egli chiamò “La Sua Voce” che gli dettò opere che saranno tradotte nelle più importanti lingue compreso l’arabo. La sua esperienza iniziò come la percezione iniziale di una Voce che gli sussurrava all’orecchio destro ma, con gli anni, essa divenne sempre più interiore fino ad affiancare, con la sua presenza, la coscienza cosciente dell’udente.

La comunicazione si fece tanto intima che non furono più necessarie le parole, ma diventò un’intuizione istantanea di concetti e di idee che gli sorgevano repentine nell’intimo. Ubaldi lo racconta nell’opera “Le Noùri” in cui difese le sue idee e che vinse un concorso bandito per una collana di biosofia diretta da Gino Trespioli. Nello scritto afferma la tesi che il pensiero si trasmette per onde e che è possibile captarlo. Anzi, scrisse che questa sarebbe stata la scoperta futura che, dopo la scissione dell’atomo, avrebbe offerto la novità più importante che avrebbe unito la scienza alla religione.

Secondo Ubaldi, l’organo preminente per la ricezione delle “noùri” o “correnti di pensiero” è l’epifisi cioè la ghiandola pineale. Organo preminente ma non il solo, perché l’intera scatola cranica ha la funzione di essere la cassa di risonanza per la ricezione di noùri. La ghiandola pineale è situata al di sopra degli occhi e anche Cartesio credeva fosse il centro dell’anima. Ubaldi afferma che la ghiandola pineale ha la funzione di mettere in contatto l'uomo con tutti gli esseri viventi dell’universo.

Quello che accomuna tutti gli esseri senzienti è il fatto che siamo dotati di mente, la nous greca, perciò la noùri è “vibrazione di pensiero” e unità di intelligenze, perché il pensiero si trasmette per mezzo di onde. Ubaldi conferma l’ipotesi secondo cui, migliaia di anni fa, la ghiandola pineale era molto sviluppata e permetteva un contatto telepatico tra tutti gli esseri della terra. Ma, con la progressiva materializzazione del corpo umano, la facoltà telepatica era regredita, perciò la ghiandola si era atrofizzata ed era rimasta attiva solo in pochi uomini che dicono cose sublimi ma sono incompresi, emarginati e uccisi.

La stessa tesi la afferma Julian Jaynes in “La mente bicamerale” dove dice che, in origine, esisteva solo la “forma mentale dei micenei o mente bicamerale”. Le due camere della mente erano occupate, rispettivamente, dal dio-guida e dall’uomo-oggetto che era il suddito a cui tale dio impartiva ordini o direttive che sembravano giungere dalla “voce” del dio. A quei tempi, dice Jaynes, prevaleva il senso dell’udito e l’oracolo, la divinità, lo spirito, parlavano all’orecchio umano per cui l’umanità restava in ascolto. Oggi, invece siamo dominati dal senso della vista per cui crediamo solo a ciò che vediamo come lo scettico Tommaso.

Anticamente dominavano i vati, i profeti e la poesia orale, perciò faceva testo la parola e si credeva a quello che si udiva, e ciò spiega la struttura bicamerale della mente con i due emisferi specializzati in funzioni diverse. Questo fu intuito da Roger Sperry che ebbe il Nobel per aver scoperto le specializzazioni dei due emisferi cerebrali: per cui l’emisfero destro è la sede del sentimento, di assonanze, melodie, suoni, colori, spazi, mentre l’emisfero sinistro è la sede del ragionamento, cioè di “peso, calcolo e misura” ovvero delle facoltà logiche.

Cosa rivelò la “Voce” la prima volta che parlò a Ubaldi? Gli disse:«Nel silenzio della notte sacra ascoltami. Lascia ogni sapere, i ricordi, te stesso, tutto dimentica, abbandonati alla mia voce, inerte, vuoto, nel nulla, nel silenzio il più completo dello spazio e del tempo. In questo vuoto odi la mia voce che dice: sorgi e parla: SONO IO. Esulta della mia presenza: essa è gran cosa per te, è un gran premio che hai duramente meritato… Non domandare il mio nome, non cercare di individuarmi. Non potresti, nessuno potrebbe; non tentare inutili ipotesi. Tu mi conosci lo stesso».

L’originalità del fenomeno vissuto da Ubaldi è questo manifestarsi di una medianità attiva, ispirativa e cosciente molto diversa da quella passiva, spiritica che conosciamo in cui il mezzo presta il suo corpo all’entità disincarnata che, il più delle volte, è dello stesso livello evolutivo del medium per cui, i suoi messaggi, spesso provengono da un livello meschino e basso. La sua medianità è cosciente, attiva perché la Voce come scrisse: “era distinta da me, dalla mia normale coscienza quotidiana, poiché essa guidava, consigliava e predicava, e questa seguiva e obbediva, poiché tra le due sorgevano anche discussioni e divergenze in cui cedevo sempre…”

La sua facoltà medianica è il frutto di un raffinamento interiore e di una ferrea disciplina morale a cui si sottopose che lo fece ascendere alle frequenze più elevate a cui potesse ascendere, così che le noùri potessero essere captate. Il suo è un “fenomeno ispirativo” che avviene per una “sensibilizzazione per evoluzione biologica continuata per superiori stadi di evoluzione psichica e ascensione spirituale”.

Scrive in “Le Noùri” che “le religioni sono un orientamento dato dall’Alto allo spirito umano per guidarlo nella via delle sue ascensioni, sono una discesa dello spirito divino attraverso le rivelazioni. In fondo a tutte queste rivelazioni vi è una sola ed unica religione che cammina e in cui, adattandosi alla psicologia dei popoli nelle forme del tempo, l’idea di Dio avanza” quindi i maggiori “creatori del pensiero umano hanno attinto alla sorgente unica. Krishna, Zoroastro, Hermes, Mosè, Buddha, Orfeo, Pitagora fino a Cristo che supera tutti. La verità è una.”

Per Ubaldi, l’intima natura della realtà è pensiero. Quindi “basta un mutamento di coscienza per mutare e spostare tutta la gamma delle mie risonanze interiori, per farmi percepire l’universo quale è nella sua fase superiore … e psichismo esso diventa, come sua reale nuova forma di essere, appena in quella nuova dimensione io abbia saputo coscientemente affacciarmi …” ma tale conquista e il raffinamento delle sue facoltà gli richiese anni.

Nel 1932, Ubaldi si trasferisce a Gubbio e affitta una casetta nella gola del Bottaccione, tra aspri picchi che dominano il tramonto. È una casetta isolata e semplice che egli sente in sintonia con la “forza dei grandi moti tellurici” di una “terra forte e ardita” che ha duramente lottato per assurgere a quelle altezze”. 

Negli ultimi anni si è data molta importanza a questa zona che è stata definita serie magneto-stratigrafica tipo, grazie alle proprietà della gola. Infatti, ogni 420.000 anni si invertono i poli magnetici della terra e le pietre della gola del Bottaccione conservano il ricordo di quell’antico magnetismo poi invertito.

Ubaldi inizia a scrivere la sua opera più importante “La Grande Sintesi” nell’estate del 1932 nella villa di Colle Umberto dove trascorreva le vacanze estive insieme alla famiglia. Chiuso nella stanza della torre, di notte e nel silenzio della campagna, egli gode della quiete necessaria per avere la concentrazione adatta per l'ascolto della voce e per la trascrizione di quello che gli comunica quella Voce che lo ispira.

Scrive velocemente e di getto mentre i suoi familiari dormono, alla “debole luce di una lampada” mentre “la penna scorre rapida e senza rumore” come scrisse nell'autobiografia “Storia di un uomo”.Durante l’anno non riesciva a scrivere, perché il lavoro e la quotidianità della vita familiare non gli consentono di avere la concentrazione necessaria.

Ne “La Grande sintesi” si espone un sistema filosofico di amplissimo respiro in cui si descrive l’architettura dei mondi, il ciclo evolutivo che la materia inerte deve compiere per ascendere fino a Dio attraverso la successione di vita minerale, vegetale, animale e infine esistenza umana. Ubaldi dice che sono necessarie molte vite per compiere questa lunga ascensione, e la reincarnazione è la prova lampante della misericordia di Dio che vuole che tutti siano salvi.

Ubaldi racconta che, la prima idea dell’opera gli venne a 27 anni: passeggiava in riva al mare, sulla spiaggia di Falconara, e: “guardando l’incanto del creato, sentii all’evidenza, rivelazione rapida come folgore, che il Tutto non poteva essere che Materia, Energia, Concetto e Spirito, e vidi che questa era la formula dell’universo: (M=E=C)=S. In cui M uguale a Materia, E uguale a Energia, C uguale a Concetto o Spirito, S uguale a Sostanza. È questa la grande equazione della Sostanza, cioè il mistero della Trinità in cui è incentrata tutta ‘La Grande Sintesi’”.

Ubaldi afferma che l’opera non è frutto della sua cultura essendo una cultura troppo limitata perciò insufficiente a giustificare la forte struttura metafisica e filosofica di un’opera così poderosa che si estende in territori allora inesplorati. È un'opera di alta cultura, tratta materie che egli non ha mai studiato, perciò non può venire dalla sua misera persona e dalla sua preparazione scolastica. La vastissima visione dell’universo e del suo funzionamento anticipa delle intuizioni che ampliano le teorie di Einstein.

Enrico Fermi definì quell’opera: “un quadro di filosofia scientifica ed antropologica etica che oltrepassa di molto i consimili tentativi dell’ultimo secolo” e anche lo stesso Einstein conobbe Ubaldi ed ebbe rapporti epistolari con lui, infatti gli scrisse da Princeton attestando il suo apprezzamento per l’opera. Di grande valore è anche l’aspetto profetico di Ubaldi e le sue idee sul cancro che, a distanza di alcuni decenni, vengono confermate dalla scienza.

Le sue idee vennero considerate incredibili, perché la Voce disse che, nella vita, la lotta è universale. Tutti sono in lotta, sia uomini che animali, perciò c’è lotta anche nella cellula che è come una fortezza positiva accerchiata da forze negative. Se questa fortezza non resiste, se non viene sostenuta da forze positive, la parte negativa che l’assedia prende il sopravvento, e interviene l’anarchia raffigurata dal cancro, la cui cura deve essere primariamente preventiva e psicologica.

Un’altra profezia famosa fu quella fatta in Brasile riguardante la caduta del comunismo in Russia e il risorgere del cristianesimo rinnovato che sarebbe iniziato in Russia, in un tempo futuro. Ubaldi era ben consapevole dell’importanza di conservare le sue opere infatti, nel 1953, scrisse dal Brasile ad una sua amica di Roma dicendo che aveva deciso di espatriare con la famiglia perché era stanco di non avere neppure il necessario per vivere e di seminare sui sassi. Ora viveva in un paese che aveva un terreno più fertile cioè maggiormente disposto ad accettare il suo messaggio.

“Per vent’anni ho elemosinato editori e non posso più logorarmi in questa lotta inutile … Invecchio e il tempo passa. Io devo produrre; è la produzione che resta e non le amicizie, gli articoli, le conferenze, i movimenti, ma i libri - diffusi nel mondo in modo che nessuna guerra possa distruggerli … I libri restano, e io parlo ‘alla gente del Duemila’ la quale, dopo strazi immensi potrà capire. Oggi non si può capire. Non è colpa mia!”

Ne “La Grande Sintesi” egli “insegna a seguire la legge dolorosa e faticosa che consente di ascendere attraverso errori e conseguenti rettifiche espiatorie, con il minore danno e con il maggiore vantaggio possibile, e insegna a sapersi muovere, in quel complesso organismo di forse che è l’universo, senza dolorosamente urtarsi a ogni passo” come scrive in “La nuova civiltà del Terzo Millennio”. Tali idee vanno diffuse, “il tempo e lo sviluppo nervoso e intellettuale umano” ne permettono la trasposizione effettiva nella prassi quotidiana e “questa comprensione oggi non solo è possibile, ma è necessaria.”

In “La nuova civiltà del Terzo Millennio” Ubaldi parla della nuova civiltà che seguirà quella attuale, che sarà una civiltà delle spirito, frutto del travaglio che stiamo vivendo, perciò essa mostrerà un nuovo gradino evolutivo. Ubaldi è un anticipatore dell'uomo del futuro che vivrà sulle vie dello spirito. “Per avanzare è necessario risvegliare, educare, sviluppare una grande sensibilità che vi darà modo di passare da una psiche estyeriore di superficie a quella interiore che è in noi. Questa strada porta alla conoscienza dell'Assoluto.

Fin dal 1972 Ubaldi ci sollecita a lavorare per sviluppare una nuova forma di coscienza che riesca a superare tutte le barriere e le differenze fra gli uomini, in modo che il genere umano possa acquisire una sapienza nuova, una conoscenza nuova. “Siamo ad una svolta nella storia del mondo - egli scrive - e la nuova civiltà del Terzo Millennio è imminente e urge gettarne le basi concettuali.”

Buona erranza
Sharatan

2 commenti:

Riyueren ha detto...

Come sempre, da te trovo spunti di riflessione. Grazie. <3

Sharatan ain al Rami ha detto...

Grazie a te carissima,
un forte abbraccio e tanti auguri di Buone feste :-)