martedì 4 marzo 2008
L’erranza
Nella vocazione all’erranza si manifesta il nomade, colui che è curioso di nuove terre e di nuove conquiste.
La vocazione errante è come un sigillo, come un’impronta, una marcatura che viene impressa alla nascita e conservata fino alla morte …e oltre.
Se è vero che siamo in viaggio da tante vite e che siamo anime raminghe, alla perpetua ricerca della nostra liberazione dalla catena delle reincarnazioni, allora la condizione umana è fondamentalmente errante.
L’erranza può essere fisica ma ancora meglio interiore e, quest’ultima assume il significato di un viaggio ininterrotto verso nuovi orizzonti, alla ricerca di territori sempre più vasti, e per il vero errante è irresistibile e fatale.
E’ amore per una conoscenza sempre maggiore e l’attrazione per nuovi luoghi, per nuovi pensieri e per nuove conoscenze.
Il viaggio vede lo spostamento del corpo ma anche della mente o forse solo dell’anima, gli spazi sono quelli vicini, quelli lontani ma anche quelli infiniti.
I tempi sono quelli presenti ma anche quelli passati e tutti i possibili futuri.
Le direzioni che si seguono sono tracce impercettibili, impronte quasi invisibili se osservate con gli occhi di ogni giorno.
Anche lo sguardo è quello del nomade che studia il paesaggio perdendosi nell’esplorazione dell’orizzonte.
Il sentimento dell’erranza offre il più grande momento di conoscenza e di libertà che l’uomo possa sperimentare.
Buona erranza
Sharadan ain al Rami
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