venerdì 27 novembre 2009

Per ritrovare il paradiso perduto


Il misticismo ebraico viene conosciuto anche con il nome di Cabala, ed esso si occupa dello studio simbolico della Tanakh, cioè dei 24 libri che costituiscono la Bibbia ebraica e soprattutto del Pentateuco, ossia dei primi 5 libri della Bibbia ebraica che conosciamo come Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deutoronomio, e che vengono chiamati Torah. Questi testi sono la Torah scritta a cui si aggiunge tutta la tradizione di commenti che costituiscono la Torah orale, e che sono sempre in continua crescita ed elaborazione.

Infine vi è un terzo nucleo di testi ebraici, che sono quelli cabalistici, cioè lo Zohar (Il libro dello splendore), in cui si commentano i 5 libri di Mosè, il Sefer ha Habir (Il libro della chiara Luce) e il Sefer Yetzirà (Il libro della formazione), che sono dei testi simbolici dal linguaggio molto criptico e complesso.

Secondo i maestri cabalistici esistono 4 livelli di comprensione e di interpretazione della Torah. Il primo livello che è detto semplice, inizia con la lettera Peh, ed è quello dell’analisi letterale delle scritture, mentre nel secondo, che è detto omeletico ed inizia con la lettera Resh, si ha una diversa visione secondo la quale, le storie narrate dalla Bibbia sono potenti insegnamenti per colui che riesce a superare la comprensione letterale e arriva a coglierne il senso simbolico e la metafora nascosta.

Al terzo livello, quello omiletico, che inizia con la lettera Daleth, vi è l’implicazione scientifica degli studi cabalistici, cioè l’analisi degli eventi biblici per ritrovarne il riscontro effettivo e insieme, anche l’aspetto didattico della cabala, cioè il modo con cui si insegna a esporre e commentare i testi sacri. Vi è infine il quarto livello, che inizia con la lettera Samech, ed è il livello segreto in cui si arriva al misticismo e alla Cabala: qui esiste un codice segreto della Torah che va conosciuto e utilizzato con gli strumenti giusti.

Per comprendere questi concetti dobbiamo riflettere sul fatto che i testi della Torah sono scritti in un alfabeto costituito da un flusso di consonanti, senza l’uso delle vocali, e che esse si susseguono senza le pause degli spazi della scrittura: è un linguaggio estremamente criptico. Per questo la sua comprensione veniva riservata a coloro che avevano gli strumenti per comprenderla.

Secondo la concezione cabalistica, nella Bibbia vi sono due aspetti occulti: il primo collegato al tema della Creazione e di come Dio abbia creato il mondo dal nulla, ed il secondo aspetto occulto, che è costituito dall’uso di varie tecniche meditative note dai tempi più antichi, basate sul canto e sulla visualizzazione delle lettere dell’alfabeto ebraico: queste tecniche possono farci sperimentare diversi stati di coscienza.

Questa è la strada che la mistica ebraica indica per ritornare da dove siamo venuti, nel percorso a ritroso dalla realtà manifesta alla fusione con il Divino. La tradizione cabalistica ci spiega come sia avvenuta la discesa dall’unità alla divisione ma, soprattutto, indica come fare per operare la risalita dalla materialità che è stato di scissione fino alla completa reintegrazione nell’Unità divina.

Se esaminiamo l’acrostico che si viene a formare dall'accorpamento dei quattro livelli di comprensione dei testi sacri, avremo il termine Pardes, che è formato dall’unione di Phe-Resh-Dalet-Samech: così la somma dei livelli ci porta al Pardes, che in italiano significa Paradiso. Colui che riesce ad interpretare tutti e quattro i livelli della cabala può ritrovare il paradiso perduto.

Una delle tecniche usate per lavorare sui testi sacri è la tecnica della permutazione, che è un vero e proprio lavoro alchemico con cui si lavora una materia grezza per portarla allo stadio elevato di oro purissimo. Questo processo alchemico inizia con un livello di analisi che riesce a comprendere delle parole tutte le accezioni positive come pure quelle negative, per arrivare ad illuminarle di una nuova luce e così realizzare dei livelli sempre più raffinati e complessi di comprensione spirituale.

In questo metodo si scompongono le parole ebraiche nelle singole consonanti e si ricombinano nuovamente, fino a scorgerne il maggiore numero possibile di significati; ogni vocabolo ebraico può essere sottoposto a questo tipo di analisi, cioè alla scomposizione e alla ricombinazione, ai fini dell’elaborazione dei nuovi significati simbolici.

Esiste poi un ulteriore metodo di analisi e di ricombinazione basato sulla matematica, e che costituisce la ghematria, che è chiamata la “mistica dei numeri.” Nell’alfabeto ebraico ogni lettera è collegata ad un valore numerico perciò, ogni singola parola come pure ogni singola frase può essere calcolata facendo la somma del valore numerico delle lettere che la compongono. Così si avrà una determinata somma numerica che corrisponderà ad un numero, che dovrà essere confrontato con quello delle parole che posseggono la medesima somma numerica.

La ghematria fa compiere un giro circolare alle parole, perché si parte da un significato segreto nascosto nel valore matematico delle parole, per ritrovare delle nuove parole che hanno un collegamento con le prime e un nuovo significato segreto. Dal confronto viene rivelato un ulteriore significato nascosto, in cui ne vengono ampliati i legami dei vari termini, per assonanza o per opposizione di significato.

Per capirne il senso facciamo l’esempio del termine ebraico “ra” che significa “il male” il cui termine permutato diviene “er” che significa “sveglio” nell'azione del risvegliarsi. Questo significato equivalente ci indica che ogni volta che ci capita qualcosa di brutto e di negativo, in realtà questo accade per risvegliarci dal nostro torpore di vita. La perturbazione del male è uno sprone che ci spinge a ricercare qualcosa di superiore e di più puro delle soddisfazioni legate agli istinti inferiori e alle cose materiali.

Non è un caso che la parola amico in ebraico sia “rea” che è composto dalle stesse lettere che compongono la parola “ra” che è il male. Le due parole danno la somma 270 che equivale a “quetzef” e che significa rabbia o ira. Perciò sta a noi la libertà di scegliere se, una volta che il male ci colpisce, adottare la via della rabbia e quindi patirne tutte le conseguenze, oppure vedere il male come un amico rude ma premuroso, che ci ferma sull’orlo del baratro, urlando: “Attenti! Svegliatevi!”

Buona erranza
Sharatan


2 commenti:

ishin ha detto...

interessantissimo........

Sharatan ain al Rami ha detto...

Ti ringrazio, sei tanto cara.
Un abbraccio affettuoso