domenica 30 gennaio 2011

Il duplice sviluppo dell’uomo


“Per essere certi di venir accolti con favore dagli uomini,
è meglio offrire loro cibo per lo stomaco che per la mente”

(Albert Einstein, Lettera ad un fabbricante di cioccolata,
19 marzo 1954)



Secondo Gurdjieff, il problema dell’uomo è che ancora non è, perciò non è ciò che potrebbe e che dovrebbe essere: in quanto l’uomo dovrebbe acquisire una maggiore elevazione di sé stesso, infatti il sapere è collegato all’essere. Il solo sapere non può elevare la condizione umana se non viene congiunto ad una maggiore consapevolezza, e se entrambi non sono sostenuti da una potente volontà di cambiare sé stessi: nessuna concezione intellettuale ci può guidare, se non questa scelta volontaria che ci conduce ad un livello di umanità più elevato.

Avere coscienza di noi stessi significa entrare in uno stato in cui siamo presenti a ciò che siamo, ma l’uomo riesce a sostenere questo livello di coscienza per un periodo di tempo molto ridotto, perché l’attenzione umana è labile se non è rafforzata da risorse che la motivino, e che la aiutino, infatti l‘essere umano è molto pigro ed è immemore di sé. Nell’uomo esistono due linee evolutive che devono essere sviluppate contemporaneamente, ed esse sono la linea dell’essere e quella del suo sapere, perché entrambi i versanti sanno spingere l’individuo ad una maggiore evoluzione.

Nell’uomo esiste la possibilità di poter scegliere se vivere automaticamente e fisiologicamente, oppure se divenire un individuo cosciente e consapevole: ed è questo il bivio di cui parlano tutte le tradizioni spirituali. Per questo si dice che solo dal nostro interno può sgorgare la giusta scelta sul modo di vivere la vita, perciò la scelta è preliminare all’inizio del nostro lavorare sulla consapevolezza. Nel mondo pochi individui hanno il coraggio di scegliere una via senza cedere alla tentazione della meccanizzazione, pochi sanno volere una vita che sia superiore al livello fisiologico, perché una vita basilare è molto comoda e facile perciò l‘evoluzione è una strada rischiosa.

Una macchina che vuole imparare a conoscersi diventa meno meccanica e condizionabile, perciò la meccanica e la psicologia aiutano a comprenderci, e la macchina che diventa meno automatica e più consapevole diventa anche un meccanismo responsabile del “senso” delle sue azioni. L’uomo tende a vedere la vita come ciò che gli accade, e non come ciò che vuole e che sceglie di fare, infatti l’uomo ignora e non comprende che noi possiamo dirigere il pensiero e le azioni in modo da conquistare il senso della vita: lo sviluppo dell’uomo deve avvenire lungo le due linee “del sapere” e “dell’essere” che devono scorrere e sorreggersi vicendevolmente.

Ma, se il sapere umano oltrepassa il suo essere diventa un sapere nocivo, perché diventa inapplicabile nella vita concreta, in quanto l’uomo sa, ma non sa fare, perciò tutto il suo sapere è inutilizzabile. Se invece nell’uomo prevale il suo essere avremo colui che sa di avere il potere di fare, ma non conosce la cosa che deve fare: un eccesso di sapere produce un individuo che non comprende, perché non possiede il gusto per apprezzare e per discriminare la differenza tra un sapere e l’altro. Anche uno sviluppo eccessivo dell’essere, che non è seguito dal sapere, è assai dannoso perché produce uno “stupido santo” che è pur’esso un vicolo cieco.

In ogni caso la conoscenza è una cosa mentre la comprensione di ciò che si apprende è ben altra cosa, e l’uomo che accumula soltanto delle nozioni senza usarle concretamente per elevare il suo livello di comprensione interiore assomiglia ad un pappagallo ammaestrato. Dobbiamo sapere che, il solo sapere non comporta anche una maggiore comprensione delle cose, perché questa consapevolezza totale è il frutto dell’unione del sapere e dell’essere, ed è per questo che i due versanti non possono essere troppo distanti uno dall’altro nell‘uomo che voglia sviluppare in modo equilibrato.

La relazione che esiste tra il sapere e l’essere non cambia perché vi è un semplice accrescimento del sapere, anche se spesso i due livelli si confondono, in quanto si reputa che più sappiamo e più sappiamo comprendere perciò, seguendo questa falsa concezione, le persone accrescono il loro sapere ma non ottengono l’accrescimento della comprensione di ciò che studiano. In occidente si attribuisce una importanza eccessiva al sapere intellettuale rispetto all’essere, perciò si ammirano delle persone ricche di cognizioni anche se sono carenti di essenza, infatti noi ammiriamo dei sapienti anche se sono degli individui egoisti, invidiosi e meschini a cui tutto il loro sapere non ha apportato alcun arricchimento interiore.

Ogni squilibrio tra sapere ed essere apporta un sapere parziale che privilegia la forma a discapito dell’essenza, poiché ad ogni livello di essere corrispondono delle determinate possibilità di sapere che vi sono collegate, infatti all’interno di una determinata qualità di essere non possono esserci che determinate capacità di sapere, e se l’essere è limitato sarà limitato anche il livello del sapere che può venire accumulato in lui. Dobbiamo sapere, dice Gurdjieff, che il cambiamento della qualità del nostro essere è sempre collegato al cambiamento di natura del nostro intero essere.

L’uomo può avere una molteplicità di caratteristiche e di qualità ed è in grado di ospitare ogni tipo di sentimento, dai più meschini ai più elevati, e queste prerogative possono essere presenti in modo automatico e inconsapevole, oppure possono essere ospitate interiormente in modo consapevole. Nell’uomo automatico tutto ciò che si vive è un fatto che accade, perciò lui subisce e non sceglie quello che vive: nell’uomo moderno non vi è una qualità troppo elevata anzi, spesso vediamo una qualità molto scadente da cui difficilmente potremo ottenere una elevazione adeguata, perciò da questa condizione non vi è alcuna via di fuga.

Per un uomo che è inconsapevole e scadente non si può sperare in alcun tipo di cambiamento, infatti poter cambiare è una grande fortuna, e vi sono al mondo tante “macchine guaste” per cui non si può fare più nulla, dice Gurdjieff. Pochi sono coloro che possono ricevere un vero sapere perché tanti non possono averlo, infatti la loro natura interna si oppone al cambiamento, perciò essi non possono avere uno sviluppo ottimale e le due tendenze si sviluppano in modo unilaterale perché l’uomo riesce a sviluppare più facilmente in modo squilibrato.

Tutti conoscono la differenza di prospettiva che è prodotta dallo stesso avvenimento che viene analizzato con un livello diverso di conoscenza, se il medesimo fatto viene analizzato in tempi diversi con un diverso livello di consapevolezza analitica, infatti è il livello di comprensione dell’individuo che si è elevato, perciò la comprensione del fatto è mutata insieme all’individuo. Il nostro sapere è sempre collegato allo sviluppo dei nostri centri interni, infatti la comprensione è sempre il risultato ottenuto dall’integrazione di mente, di cuore e di azione.

Gli uomini credono di comprendere, ma essi non sanno come “sentire” quello che capiscono intellettualmente, perciò non riescono ad agire in conseguenza al loro comprendere, infatti si limitano nell’utilizzo di un solo livello di funzionamento del centro intellettivo, emotivo o motore. Le persone usano le parole senza pensare a quello che è il loro vero significato, molti parlano senza sapere cosa poter fare, e tanti agiscono senza capire lo scopo delle loro azioni, in quanto fanno ciò che gli hanno insegnato a fare. Uno dei motivi di divergenza tra il sapere e l’essere dell’uomo è nella mancanza di comprensione del linguaggio, è nell’inconsapevolezza dell’agire e nella carenza di chiarezza delle strategie da usare nell‘agire concreto.

Solitamente le persone vedono solo la personalità che nasconde l’essenza umana, perché l’essenza si nasconde dietro la personalità, infatti le due parti si nascondono una dietro l’altra. La maggioranza delle persone, dice Gurdjieff, non possiede alcunché di suo proprio, perché tutte le idee che mostrano è ciò che viene rubato dall’ambiente esterno, perciò tutte le idee e tutte le convinzioni, tutti i pensieri e tutte le teorie sono il frutto di ciò che è stato arraffato da ogni parte. Prevalentemente è con il furto che viene creata la personalità umana, perciò nessuno può lavorare su una materia che gli è estranea e sconosciuta, perché essa corrisponde al progredire in terra straniera, e in tali uomini si registra l'arresto ai livelli più bassi di sviluppo.

Un lavoro evolutivo è sempre possibile, ed è fattibile fin da subito, ma la condizione giusta è che l’uomo accetti di lottare per fuggire al destino della ripetizione dei comportamenti collettivi, infatti persino le influenze planetarie possono essere modificate, in quanto esse non sono immutabili nel tempo. Per tutti esistono delle possibilità che giungono, ma sono gli uomini che scelgono di nutrire i gusti di personalità costruite con le qualità che sono state rubate agli altri, infatti sono gli uomini che trascurano lo sviluppo della loro vera essenza. Sono gli uomini che non vogliono essere perciò non riescono ad agire secondo i loro desideri, infatti lasciano che una personalità fittizia agisca nella loro vita facendo delle scelte per conto loro, ed è questa la ragione per cui gli uomini non evolvono, e perché essi non conoscono il senso di una vita che non scelgono.

Buona erranza
Sharatan

2 commenti:

salvo ha detto...

Ciao Sharata, la riflessione che segue, l'avevo fatta nel lontano 1981, da allora alcune risposte le ho trovate, ma il tuo scritto su: sapere collegato all'essere è molto esauriente.
Riflessioni del 1981:

Immersi in una realtà complessa e contraddittoria che si scontra con la complessità e le contraddizioni dell'io
La semplicità, l'umiltà, la sincerità sono valori sempre più rari, si è sospinti ad assumere atteggiamenti che non rispecchiano il vero essere dell'individuo.
Chi a tentato di essere solo se stesso, ha dovuto convincersi che in questa società non è possibile essere se stessi, ma bisogna essere quello che gli altri vogliono che siamo.
Quindi dimostrarsi sicuri quando mille dubbi ci rodano, essere allegri quando vorremmo urlare dalla disperazione.
L'ipocrisia è il valore negativo che domina tutti.
Come uscire da questa situazione? Come rompere l'andazzo esistente che sempre di più fa chiudere gli individui in se stessi?

Da le suddette riflessioni sono trascorsi trentanni. oggi credo di avere superato alcuni dubbi di allora, ma tanti ne ho ancora.
Grazie a te penso che potro superarli. almeno cerchero.
Un abraccio da Errante ad Errante
Salvo

Sharatan ain al Rami ha detto...

Carissimo Salvo,

sono convinta che un valido essere umano è sempre orgoglioso dei suoi valori interiori, e che gli inconsapevoli sono dei burattini che vengono manovrati. La verità è che abbiamo paura di essere, e molti fingono di non vedere, mentre altri non riescono ad essere per mancanza di cervello e di critica.

Oggi tutto spinge ad apprezzare l'apparenza a discapito della "sostanza" e tutti plaudono a coloro che si arrogano un valore che non possiedono, solo perchè hanno dei titoli accademici o gestiscono il potere.

Scegliere "valore e sostanza" è una scelta "scomoda" ma io non so rinnegarmi. La qualità delle persone si vede dalla coerenza pensiero-azione, anche se troppi sono una massa acritica e cieca.

Dovremmo dire che, oltre alla chiarezza mentale tra l'essere rispetto all'apparire, è necessario il coraggio di vivere così, pur sapendo di essere in pochi a credere in questo.

Per il resto ciò che accade nel nostro paese dovrebbe fare riflettere tutti sulle apparenze e sulle qualità personali. Io non ho coraggio, ma di vivere così ottusamente non mi va, perciò seguito ad essere me stessa per paura di diventare ridicola. Spero che la paura del ridicolo sia sufficiente a salvarmi.

Come sempre ti mando un abbraccio tra amici di erranza.
Sharatan