martedì 15 aprile 2008

Costruire i confini


Spesso indugiamo a maltrattarci e ad abusarci sia fisicamente che psicologicamente. Naturalmente non mi riferisco alla pratiche masochistiche o alla tendenze estreme, mi riferisco piuttosto alle pratiche di abuso in cui tutti possiamo restare impantanati.
Gli atteggiamenti si maturano negli anni e si consolidano in noi, si stratificano, in modo tale da sembrare delle parti costituenti della nostra personalità. Creiamo un copione che poi ripetiamo ossessivamente. Agiamo non come vorremmo, ma come siamo abituati a fare, ci lasciamo vivere ripetendo abitudini e consolidando risposte che divengono ovvie e che riteniamo naturali. Si costruiscono così relazioni familiari e poi amorose, rapporti di lavoro e relazioni amicali, scambi e frequentazioni, in cui la nostra volontà non viene nemmeno più interpellata. Siamo dei bravi ragazzi e ci comportiamo e agiamo così come gli altri si aspettano che dobbiamo fare. Ma quanto ci costa questa approvazione che negoziamo con il mondo esterno? Quanto costa il sacrificio di noi stessi?
Nel concetto di sacrificio è sempre sottinteso un atteggiamento mortificativo e abusivo di noi stessi, poichè usiamo o lasciamo usare la nostra persona senza concederle il libero arbitrio. In tali situazioni dimostriamo di non saper porre delle barriere, delle salutari frontiere a quello che siamo disposti a concedere, agli altri e a noi stessi. Costruire confini è essenziale per stabilire il senso del nostro essere.
Spesso invece abusiamo di noi anche fisicamente, abusiamo di cibo, di sigarette, di alcool, di droghe o di altre esperienze sia legittime che illegittime, che usurano la salute o umiliano la persona. Comunque e sempre l’abuso ed il maltrattamento di noi stessi, dimostra una mancanza di amore e di autostima, una limitata capacità di osservarsi e di ascoltarsi, una disattenzione letale che attenta al nostro benessere.
Invece è opportuno ribadire i confini che ci competono, il rispetto delle regole che abbiamo posto a salvaguardia della nostra e della vita altrui, dobbiamo fare capire agli altri chi siamo e cosa vogliamo: è un segno di consapevolezza.
Se le nostre volontà sono solide in noi stessi, ci accorgeremo che non è necessario urlarle o imporle, è sufficiente attuarle, con un’azione rispettosa ma risoluta. Lo stesso Gandhi diceva che "La forza non viene dal vigore fisico. Viene da una volontà indomabile." Dobbiamo quindi avere il coraggio di saper dire di no anche se, spesso, il diniego scatena in noi profondi sensi di colpa. Ricordiamoci sempre che i migliori amici di noi stessi, siamo solo noi … come pure i peggiori nemici. Basta cambiare il punto di vista.
Va avviata un’opera di ridefinizione della nostra vita e della nostra persona. Se prima abbiamo dato poco ascolto a noi stessi, ora viene il momento di imparare ad ascoltarci. Primariamente dovremmo concederci il silenzio sia esterno che interno, poi ridare forza alla voce interiore e chiedersi quale cosa vorremmo veramente, cosa ci piace e ciò che vorremmo fare. Impariamo a valutare le esperienze in base al sentimento che ci procurano: benessere, malessere, gioia, vergogna, colpa etc. così potremo capirne il significato reale. I nostri sentimenti sono un barometro sensibile ed affidabile, è necessario essere disponibili all’ascolto.
Dobbiamo dedicarci del tempo, ritagliarsi degli spazi quotidiani in cui poter pensare a noi stessi, alle nostre cose. Dobbiamo ricavare dal tempo a nostra disposizione, dei momenti in cui ci coccoliamo, concedendoci qualcosa che ci piace. Dobbiamo attuare dei rituali di benessere: questo ci aiuta a riprendere contatto con il nostro corpo e con la nostra sfera intima.
Diamoci anche i tempi giusti per fare le cose, quindi organizziamoci in modo da seguire un ritmo che ci permetta di riflettere mentre agiamo, ricordiamo che tutte le esecuzioni automatiche hanno un’effetto alienante, non a caso si delegano alle macchine.
Per il grande psicanalista Wilfred Ruprecht Bion, la “preconcezione” corrisponde al concetto kantiano di pensiero vuoto, è ogni concezione che suppone, ed ha un significato di modello mentale, di struttura mentale che predispone al pensiero. Ma la preconcezione è una struttura e non il suo contenuto, per cui il fatto che alcuni comportamenti vengano o meno consolidati, dipende solo da noi. Siamo noi che creiamo l’ abitudine a pensare in un certo modo piuttosto che in un altro.
Dobbiamo ridarci fiducia, concederci delle opportunità positive, dobbiamo convincerci che i limiti personali sono creati dalla paura, sono i prodotti delle nostre preconcezioni, non sono reali.
Sentire che abbiamo dei limiti invalicabili è il segno che stiamo usando uno schema di vecchie preconcezioni, preconcezioni costruite sulla forza dell’abitudine e non corrispondenti alla previsione di sicura realtà. Impariamo e rivalutiamo la curiosità, il saper guardare il mondo in tutte le sue sfumature, il sapere osservare piuttosto che guardare, impariamo ad elaborare preziose informazioni da un ambiente esterno di apparente nulla: impariamo ad esaminare le tracce.
Diceva di sé Walt Whitman “Sono immenso, contengo moltitudini, mi contraddico” descrivendo il magma affascinante e ribollente della creatività che gli pulsava dentro. Whitman non a caso, sin dall’infanzia, fu oppresso da una forte pericardite "immensa in passione, pulsazioni e forza", emblematica e non fortuita somatizzazione della sua eccezionale spinta affettiva ed emotiva.
Dobbiamo sentire in noi questo magma incandescente e queste moltitudini, dobbiamo avere il coraggio di riscoprire le passioni e gli interessi che ci aiutino ad apprezzare la vita, dobbiamo volere ritrovare la voglia di vivere senza la quale nessun progetto di vita può essere vittorioso. Il saper vedere il bicchiere mezzo pieno è un’arte che si apprende, non è innata. Per avere la voglia e la gioia di vivere, è però necessario essere convinti che siamo veramente degni di essere vivi e felici.
Diffidiamo delle concezioni che affermano l’indegnità dell’uomo e la sua naturale condizione di peccatore, poiché sono modalità collettive e distruttive di concepire la persona; pericolose perché in grado di trascinare ottuse masse.
Scegliamo eroi o modelli positivi da cui trarre spunto, da vedere come figure di arricchimento per il cuore e la mente, meglio se già morti e scelti nel passato: sono maggiormente affidabili come guru. Serviranno come fari per i tempi duri, quando potremmo avere tutti contro mentre cerchiamo di fare la scelta che per noi è più giusta.
Cerchiamo anche le occasioni e le persone che ci aiutino a ridere e divertirci e facciamolo da subito, senza aspettare che scompaiano i problemi per essere felici. La felicità e la gioia vanno afferrate quando si presentano. Diceva Gandhi “Perché cambiare il mondo quando possiamo cambiare noi stessi? Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.”
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

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