lunedì 30 agosto 2010

Come una canna di bambù


“Dio dice: Se qualcuno cerca di avvicinarsi a Me di un palmo,
Io cerco di avvicinarmi di un cubito.
E se qualcuno cerca di avvicinarsi a Me di un cubito,
Io cerco di avvicinarmi a lui di due braccia.
E se qualcuno cammina verso di Me, Io corro verso di lui.”

(Maometto)


Lavorare sullo spirito significa conoscere sé stessi, conoscere come funziona la nostra mente, imparare a discriminare le nostre emozioni, e dare equilibrio ai nostri sentimenti per vivere con un maggiore benessere. Se osserviamo “dal balcone dell’introspezione” comprendiamo come sia salutare prendersi in giro per le nostre imperfezioni, per le nostre carenze, per le nostre forme maldestre di vivere, e così saremo ancorati alla coscienza divina. Yogananda dice che nel prendersi gioco delle nostre abitudini ci divertiamo come nel guardare un film.

Quando comprendiamo che il mondo è Lyla cioè gioco divino, ci divertiamo e non siamo più turbati da quello che ci appare come bene o male, in quanto entrambi fanno parte dello spettacolo cosmico. Noi dobbiamo sapere apprezzare sia le esperienze negative che quelle positive poiché esse sono sogni e soltanto sogni, e se facessimo solo dei sogni bellissimi non vorremmo mai svegliarci. Noi dobbiamo imparare a fare entrambi i giochi pensando che sono un gioco, ossia una sperimentazione di vari livelli di realtà per poter comprendere la migliore direzione nel cambiamento futuro.

Dio vuole che tutti escano dall’incubo per comprendere che tutto è un grande spettacolo cosmico, lui vuole che noi comprendiamo che siamo una parte di Lui e, per questo manda delle anime illuminate che ci additano i sentieri, infatti loro vengono per svegliarci, ci dicono che stiamo dormendo alla realtà del mondo, e se sappiamo che stiamo sognando allora il sogno svanisce immediatamente. Secondo Yogananda i santi stanno nel mondo per una metà mentre, per il resto, scivolano nella vita restando in Cielo poiché in parte sono desti al mondo, e in parte sono desti in Dio.

Dio sta sognando il mondo e, se entriamo in sintonia con Dio vivremo una vita concreta di ebbrezza divina, e nessuna cosa potrà mai turbarci. Nell’immagine di “essere come una canna di bambù vuota” è contenuto lo stesso concetto di assenza di desiderio, e il costruirci come una cosa ricettiva poiché concava diventando un vuoto che possiede una sua lucentezza e una purezza essenziale, senza pregiudizio o aspettative. Se ci riflettiamo anche l’atteggiamento spirituale di non voler provare dei desideri, è un desiderio esso stesso.

Se guardiamo con attenzione sappiamo che ogni cosa che richiede uno sforzo, e anche l’astensione dal desiderare ci fa ricadere nell’inganno ma questo non avviene se noi diventiamo come la canna di bambù recettiva che non desidera, e che non nutre aspettative. E’ nel desiderio che noi siamo scissi tra quello che siamo e quello che vorremmo divenire e quindi proviamo l’angoscia perché siamo strappati al presente che è il solo centro: lasciarsi andare a questa verità significa divenire la canna che si dispone a contenere, essere la potenzialità per contenere il Tutto.

Se siamo oppressi dalle limitazioni possiamo chiudere gli occhi e ripeterci che siamo parte dell’infinito, che siamo in grado di avere tutto il potere che vogliamo, perché l’energia divina ci da forza. Ma l’unica cosa che Lui non può avere è il nostro amore, dice Yogananda, infatti siamo noi che dobbiamo concederglielo abbandonandoci a Lui. L’uomo ha la libertà di vedere che Dio è sempre giusto, Lui concede ogni libertà ai suoi figli, infatti noi possiamo negarci oppure rifiutarci a Lui: ed ecco il significato della parabola del figliol prodigo che raccontò Gesù.

E il senso della “canna di bambù vuota” è proprio quello dell’insegnamento dell’abbandono e della rinuncia. Molti credono che la rinuncia sia un rinunciare alla propria identità, ma la rinuncia non si rivolge alla propria persona, e l’abbandono è quello della chiusura mentale e finisce ogni separazione dalla vita. La rinuncia è fatta nei riguardi delle false immagini che l’uomo ha riguardo al mondo, perciò si rinuncia ad una chiusura, e si rinasce ad una nuova visione della realtà.

Restare chiusi in un mondo limitato è sempre sintomo di follia o di coma letale: mollare la presa e rinunciare a questo tipo di mente è il principio di una disciplina con cui evolviamo. Chiaramente dobbiamo nutrire un grande amore per l’energia creatrice da cui proveniamo, dobbiamo avere voglia di vivere bene, credere nella bellezza della vita, e saper concepire la bellezza e l’armonia in tutto il Creato, in quanto siamo parte di questo Tutto, e non siamo degli organismi separati dal resto del mondo.

Lo sviluppo del nostro potenziale di vita, e quindi la potenza della nostra energia vitale è dovuto alla coltivazione di queste convinzioni mentre restiamo nel centro, come la “canna di bambù vuota” e non proviamo alcun desiderio e nessuna aspettativa che godere del momento in cui avviene l’abbandono alle chiusure del mondo ordinario. Diceva Yogananda che la mente è come un elastico, per cui più la tendi e più essa ti segue, infatti essa inventa delle strategie sempre più sottili e insidiose per non perdere terreno.

Alla necessità, la mente inventa delle informazioni false o errate con cui ricostruisce i meccanismi che abbiamo disinnescati, infatti il ridimensionamento delle sue strutture viene visto con grande sofferenza, e la rinuncia viene spesso fraintesa dalla mente come un attacco, un impedimento al compimento del suo dovere, cioè la fine della sua esclusiva interpretazione del mondo. L’atteggiamento della mente è il comportamento del generale che si sente ingiustamente privato del comando, infatti noi lottiamo ferocemente prima di rinunciare a coltivare il nostro pensiero.

Il vero problema della personalità egoica, dice Eckhart Tolle, è che vive una “compulsione inconscia di esaltare la propria personalità mediante l’associazione con l’oggetto” che la spinge a ritenersi sovrana, e non serva della consapevolezza umana. La disciplina viene vista come una limitazione ulteriore sebbene essa non indichi affatto il volere la nostra ristrettezza, sebbene non sia una forzatura della nostra volontà, e non preveda alcun sacrificio delle nostre prerogative.

Se ci discipliniamo educhiamo il nostro carattere con l’insegnamento della presenza a noi stessi, e alla nostra semplicità ordinaria celebrando un sentimento di abbandono e di fiducia. Lasciamo stare gli stupidi giochi mentali di volere essere questo o quello, ridendo dell’inganno della negazione del desiderio, e diventiamo come la canna che è flessibile a contenere tutto ciò che viene.

Celebrando il momento in cui si lascia andare ogni aspettativa diventiamo uno stelo flessibile, infatti siamo noi che ci creiamo le nostre difficoltà volendo essere diversi da come siamo, ed aspirando a divenire altro. E’ in questo modo che restiamo ego e il viaggio dentro di noi diventa un inganno, perché viaggiamo sulle vele delle illusioni. E allora smettiamola di giocare alla fune con la mente poiché essa possiede l’adattamento dell’elastico, perciò noi diventiamo una canna, e la tagliamo fuori dal gioco creando un vuoto.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 27 agosto 2010

Il ritorno all’equilibrio interno


“Nel petto dell‘uomo stanno le stelle dei suoi destini”

(Johann Christoph Friedrich Schiller)


Noi siamo sulla terra per crescere ed evolvere poiché, all’origine noi eravamo spirito e luce ma, per poter vivere nel mondo materiale, fu necessario creare l’anima che discese dallo spirito della energia indifferenziata per qualificarsi come individualità. Della discesa l’anima conserva il trauma del distacco nel senso di separazione percepito nella condizione duale in cui sentiamo la mancanza dell'unitarietà, perciò questo sentimento è esistenziale essendo insito nell‘animo dell’uomo.

L’anima è la parte più elevata dell’essere umano, ed è l’aspetto più raffinato che possiamo percepire nella densità vibrazionale della materia. Nell’anima sono riuniti l’aspetto emozionale e quello mentale più raffinati che, se adeguatamente centrati nel pieno equilibrio, garantiscono uno sviluppo pieno e una vita felice, poiché vengono sostenuti dal libero arbitrio sulla qualità delle esperienze che facciamo, sulla modalità di viverle, e sulla durata delle fasi evolutive conseguenti alle nostre scelte.

Per tutti questi motivi la discesa nel mondo è considerata una impresa eroica, poiché vi è il rischio che la materialità ci possa invischiare nelle maglie della sua rete infatti, è ciò che in maggioranza avviene, e noi siamo costretti a rifare lo stesso percorso in un cerchio chiuso ad ogni prospettiva e via d’uscita. Ramana Maharshi dice che le vite umane sono un errare nel sogno infatti, l’uomo vive di percezioni e non di consapevolezze, perciò vaga nel tempo-spazio senza trovare la strada per illuminarsi e uscire dal Samsara.

Il tempo e lo spazio assumono tanta importanza che l’individuo disintegra ogni sua unitarietà, e vive narcotizzato in un contesto che sembra reale, ma che non lo è. La vera conoscenza inizia quando comprendiamo che il tempo e lo spazio non sono i perni del nostro vero Essere, in modo che esso perde ogni importanza fondamentale: è così che l’individuo si reintegra e il sogno finisce: è allora che gli occhi dei ridestati possono vedere.

E’ ignoranza spirituale credere che un Essere sia un corpo fisico, un corpo emotivo e un corpo mentale, poiché il corpo mentale reagisce a ogni percezione che lo sollecita, il corpo emotivo reagisce a ogni vibrazione che lo attraversa, e il corpo fisico reagisce allo spazio-tempo in cui è collocato. Noi siamo attratti dal mondo che crea i nomi e le forme, perciò viviamo nell’oblio della nostra vera natura che è quella del Sé sempiterno che non nasce e che non muore, e che non viene creato perché da sempre Egli è.

Nella nostra ignoranza pensiamo di iniziare, di trasformarci e di morire ma, in realtà, noi siamo sempre stati perciò non nasciamo e non moriamo mai, perché la nostra realtà è eterna: è il silenzio delle menti svuotate da questa ignoranza che persegue l’illuminazione a tale verità. La mente crea l’oblio poiché l’uomo si identifica con il mentale in quanto la mente concettuale è la parte più alta e potente nella realtà materiale. Per concepire il fascino della mente basti pensare alle meraviglie che l’uomo ha prodotto nel tempo sfruttando il suo ingegno per competere in bellezza con la natura, e comprenderemo la verità della sua origine divina.

La mente umana è quella che conserva il ricordo delle esperienze che abbiamo avuto nel mondo fisico, infatti la mente conserva le nostre memorie ma contiene anche tutte le tracce delle nostre vite passate: la mente umana è un sistema di registrazione e di archiviazione di dati, e il suo ruolo dovrebbe limitarsi a questo. Colui che registra deve riportare solo i fatti, e la mente dovrebbe essere il Testimone neutrale che registra le cose che accadono ripetendo, in sottofondo, il ricordo di ciò che noi siamo realmente, cioè gli esseri di amore e di luce originari.

Il contributo più importante della mente concettuale dovrebbe essere il mantenimento costante del ricordo che la nostra essenza è “Io sono Quello” che trascende ogni dualità, esistente nella stessa Unità principale e ontologica. Questa è l’unica “essenza della conoscenza di sé,” ed è conseguente all’entrata nel Quarto Stato di coscienza che è Turiya, il quale è lo stato reale e assoluto che costituisce il sostrato non duale a tutti gli stati relativi che sono sovrapposti e contenuti nel mondo materiale: in questo stato contempliamo Brahman nirguna.

Colui che ritrova l’equilibrio interno riconosce la malattia dell’uomo che ignora che la realtà concettuale è diventata la padrona della percezione dell’uomo, invece di compiere il suo ruolo di servizio, ma sugli effetti della tirannia mentale la maggioranza si lascia trarre in inganno. Chi vive con un Sé ridestato non concepisce il giudizio sulla realtà esteriore poiché concede a tutti il diritto di vivere le proprie esperienze, e di trovare le proprie realizzazioni: nessuno può essere mai giudicato sulla qualità del suo cammino evolutivo.

Colui che è desto, è vivo alla consapevolezza del ruolo che l’aspetto mentale svolge nel giudizio che noi ci facciamo in merito al dolore, in cui vi è il messaggio che la nostra Via non è più centrata su di noi, e che non percorriamo più una via d’amore. Le esperienze emotive sono registrate nella mente e il pensiero unito al sentimento si coagulano in una forma più densa diventando una memoria complessiva che ha compito di fare il “memento” di ciò che è stato già vissuto precedentemente.

Ciò che è male è la presunzione della mente che si sente la sovrana del mondo infatti, invece di usare il pensiero come uno strumento per penetrare la comprensione del mondo materiale, essa cattura le emozioni superficiali trasformandole in sentimenti, e noi diamo sempre un'eccessiva importanza a quello che l’ego ci indica come mondo esclusivo. Ogni meccanismo doloroso e faticoso della vita ordinaria vede l’insorgere del lato mentale che ne amplifica il significato emotivo collegandolo alle esperienze negative precedenti della nostra vita.

L’acutezza mentale viene sviata dalle forme-pensiero che vivono coagulate in noi, ed esse vengono ingrandite nel loro significato perché sono amplificate dalla potenza del ricordo, infatti le emozioni presenti vibrano riecheggiate dal passato, e sono doppiamente infuocate dal presente e dal ricordo emotivo passato. Così la sofferenza accrescere a dismisura fino a dominare la nostra vita con la potenza del doppio fissativo.

Questo meccanismo dell’eterno ritorno non è la vera realtà della vita umana, ma è il lato mentale che c’inganna a crederlo per non lasciare il trono su cui domina il mondo: noi questo lo dimentichiamo perché la mente impone le sue ragioni impedendo l’ascolto del nostro cuore. E' nel cuore che cui sentiamo il senso delle vere passioni che ci rappresentano permettendoci di realizzare la melodia che siamo, cioè di vivere nella materialità come esseri di luce perfetti e felici.

L’esperienza del mondo è orientata dalle emozioni poiché sono il primo impatto con la realtà ma, noi dobbiamo lavorare pensando che esse sono degli impeti transitori se non sono raffinati in veri sentimenti. Il sentimento non appartiene al dominio mentale essendo conservato nel muscolo che batte nel nostro petto, e il mondo materiale ha una trasmissione energetica molto lenta proprio per permetterci di sperimentare ciò che è meglio per noi, sentendolo internamente come giusto.

Collegata al libero arbitrio vi è la necessità umana di sperimentare per poter cambiare idea se sentiamo che quella intrapresa non è la via più giusta per la nostra realizzazione, è così che l’uomo cambia il suo orientamento interno sperimentando il giusto equilibrio. Questo cambiamento di prospettiva è opportuno alla saggezza, poiché un cammino non è una certezza assoluta. Nel mondo esistono altri dotati del loro arbitrio, esistono delle variabili esterne su cui non possiamo influire, e le nostre evoluzioni progressive ci aiutano ad accordarci a ciò su cui non possiamo agire.

Nella vita umana insieme al pensiero va disciplinato anche il sentimento affinché, nel nostro crogiuolo interiore siamo distillate le convinzioni profonde che affondano le radici nella nostra essenza più intima. Così possiamo evolvere facendo il riconoscimento dei sentimenti che sono inscindibili alle nostre convinzioni mentali più elevate, poiché entrambi sono della natura della nostra anima, e nella nostra essenza profonda è conservato il ricordo del nostro obiettivo.

Buona erranza
Sharatan

martedì 24 agosto 2010

Come semi di luce


“Immersi in mezzo all’ignoranza
gli stessi intelligenti, reputando se medesimi dotti,
si aggirano brancolando confusi,
come ciechi guidati da un cieco”

(Kathaka Upanisad - pt. 2, v. 5)


E’ innegabile che non è facile sviluppare una personalità matura e soddisfatta di se stessa perché nessuno ci aiuta in questa costruzione, infatti la società moderna preferisce le persone omologate e acquiescenti come l’uomo medio che è la pietra di paragone a cui tutti dobbiamo assomigliare. A questo duro lavoro di scavo interiore e di rettifica della nostra personalità si aggiungono i rumori di fondo che ascoltiamo nel mondo in cui viviamo, infatti l’umano è sempre attirato dalla confusione del mercato.

Ammettendo che ognuno di noi vive in una realtà fittizia in cui, quello che crede sia vero non lo è, in quanto ognuno impersona il copione di ciò che pensa sia la vera realtà, scopriamo che in tutti vi sono delle immagini fittizie che restano fin quando non andiamo a disinnescarle, e che sono la nostra visione del mondo. La nebbia che ci acceca viene creata dalla famiglia, dalla scuola e dalla società, le quali fecondano la nostra mente di idee che diventano delle concezioni, quindi tutti ci sommergono di parole e di idee, e ci plasmano per anni con le loro opinioni.

Con questo meccanismo si creano le credenze diffuse dei popoli, infatti le parole ci entrano nella mente e la fecondano con la loro forza riuscendo a plasmare le nostre opinioni, e creando delle concezioni che noi pensiamo essere il nostro vero pensiero. In tutte le sapienze è scritto che la parola ha questo sommo potere creatore, perciò la sua potenza è veramente eccezionale infatti, il mondo usa la sua opinione per agganciare la nostra attenzione ed entrare nella nostra mente.

Valutiamo che la parola è un seme con cui diffondiamo delle energie, infatti con l‘accettazione della parola noi apriamo la porta al dialogo, e diventiamo recettivi ai veleni emozionali degli altri: siamo noi che apriamo al loro rancore e alla loro rabbia. La parola è un seme di luce o di buio perciò, con le nostre parole possiamo diffondere il nostro veleno emozionale, oppure noi diventiamo ricettacolo dell’immondizia e dei veleni interni degli altri: è così che si diffonde l’inferno emotivo umano.

Se teniamo chiusa la porta del nostro orgoglio e del nostro egocentrismo personale possiamo renderci immuni da un veleno che perturba e inquina l'atmosfera energetica che circonda il nostro mondo. Il primo passo è rendersi immuni ai condizionamenti delle opinioni del mondo, in quanto ognuno segue il suo personale punto di vista e afferma le idee in cui crede, poiché ognuno coltiva le sue concezioni mentali. Un pensiero che aiuta questa evidenza è sapere che ognuno lotta per sé stesso quando parla della sua immagine del mondo: ognuno crede in quello che pensa come verità, per cui persino il nostro giudizio dovrebbe essere escluso, poiché anch’esso è opinabile per gli altri.

Nella via spirituale usiamo il rispetto di tutte le forme di pensiero, in quanto la cosa essenziale è lasciare ad ognuno la libertà di fare ciò che vuole della sua vita, ma dobbiamo fare noi le scelte giuste per noi stessi, infatti non dobbiamo affatto convertire o risanare il mondo. Valutando che ogni verità è personale ricerchiamo la nostra verità personale mentre ci stiamo liberando, poiché la verità elimina le illusioni del mondo.

Con una maggiore maturità usiamo la moderazione e il rispetto quando parliamo di noi, poiché non dobbiamo mortificarci in quanto un essere vivente è un ricettacolo della divinità. E' questo il motivo per cui non possiamo umiliare la dignità di nessuno, perché siamo Figli dell'energia universale. Se usiamo la parola per distruggere, per biasimare e per condannare gli altri noi diffondiamo l'ira, la gelosia, l'odio e il rancore diffondendo delle energie negative nel mondo, e tutto questo cattivo uso energetico si ritorce contro di noi avvelenando il nostro ambiente interno ed esterno.

Noi possiamo disperdere le nostre energie per aumentare la confusione di un mondo che vive di pettegolezzi, di rancore, di dolore e di dubbi angosciosi, e facciamo un cattivo uso energetico anche contro la nostra persona quando ci pensiamo brutti, goffi, e inferiori agli altri: anche questo è un pessimo uso delle energie. Uscire dalla confusione del mondo è ridestarsi dal torpore, e lo facciamo se restiamo indipendenti dai condizionamenti delle opinioni altrui, ma non perché esse siano errate o giuste ma perché sono la loro visione del mondo.

Noi non facciamo il processo al mondo, noi facciamo il nostro cammino con l'equilibrio depurando la nostra atmosfera emotiva e il livello vibrazionale delle nostre energie, affinché salgano su alte frequenze e non restino soffocate dai veleni del mondo. Se vogliamo usare la magia della parola, che essa diventi una potenza benefica e creatrice in cui ci si astiene da ogni maldicenza sugli altri, ma anche su di noi.

Quando siamo arrabbiati o feriti possiamo dominare le nostre parole e imparare a parlare bene, oppure possiamo usare il controllo della lingua per tacere al momento opportuno: anche questo è un riequilibrio delle energie, in quanto ripulisce l’ambiente in cui facciamo crescere i fiori che stiamo coltivando. Se sappiamo diffondere le parole come dei semi di luce e di amore, questi semi diverranno sempre più numerosi, e potranno sostituire l’odio, il rancore, la rabbia e il dolore che c'inquinano la mente.

Allora asteniamoci da maldicenze e da pettegolezzi, poiché sono delle immondizie e dei residui emozionali inferiori, e poi ascendiamo a una dimensione superiore in cui le nostre parole diffondono conforto e amore. Iniziamo amando noi stessi, accettiamoci per come siamo poiché il nostro essere è perfettamente adeguato a noi e alle nostre esigenze evolutive in quanto, i modelli e gli inganni del mondo sono usati per catturarci, e non per renderci liberi.

Siamo come siamo ma siamo perfetti e unici, perciò meravigliosi e meritevoli di ogni bene, noi dobbiamo smettere di soffrire perché ci meritiamo ogni felicità come nostro diritto naturale. Da ognuna delle parole amorose che sapremo dedicare a noi stessi verrà anche il potere di spezzare le parole di maldicenza che gli altri ci inviano, poiché la loro parola non avrà più alcuna presa, in quanto saremo ormai lontani dall'offrire il fianco ai loro livelli vibrazionali.

Ricordiamo che, una mente è sempre recettiva a recepire ciò di cui si nutre, perciò coltiviamo solo delle energie positive se vogliamo avere un mondo di positività intorno a noi. Questo atteggiamento non significa non vedere il male del mondo, ma significa iniziare ad imparare come ogni piccola goccia di luce possa diventare un contributo per aumentare l’oceano di energia positiva che pervade il mondo. Nulla ci tocca di ciò che altri dicono perché rispettiamo anche la loro prospettiva mentale, noi non possediamo alcuna importanza personale per poter convertire il mondo, noi possiamo solo lavorare affinché non si moltiplichi l’inquinamento.

Buona erranza
Sharatan

sabato 21 agosto 2010

Il nostro pane di vita


“Il futuro non esiste, siamo noi che lo creiamo”

(Lev Nikolaevic Tolstoj)


Ogni cosa che fa parte di noi si imprime nella nostro interiorità attivando un certo tipo di energia: il tipo di energia su cui ci accordiamo è quello affine e quello a cui ci vogliamo adattare, e la nostra vita segue sempre il ritmo che noi gli imprimiamo. Molti perdono il tempo della loro vita andando alla deriva, poiché non conoscono il funzionamento del flusso energetico, essi si baloccano perdendo delle occasioni di miglioramento delle condizioni in cui vivono, pensando di avere tutto il tempo che vogliono.

Il tempo che viviamo non lo sappiamo però, un ottimo modo per trascorrere la porzioni di anni che ci vengono offerti, è che la vita va considerata sempre come un’occasione da non sprecare. Non dovremmo sprecare neppure un solo istante di questa occasione presente, poiché è vero che ciò che è nostro non ci può essere sottratto ma, è anche opportuno coltivare sempre il nostro seme se vogliamo avere la maturazione di un frutto.

Viviamo dunque intensamente i nostri istanti come se fossero eterni e unici, poiché questa somma attitudine spirituale è bene espressa nell’aforisma zen dell’adepto che cadde in un crepaccio, in fondo al quale lo attendeva una tigre affamata per sbranarlo. Nella caduta egli vide una fragola matura, e l’afferrò al volo degustandola pienamente a occhi chiusi. Poi disse: “E’ sopraffino il sapore di questo frutto! Esso possiede un gusto divino!”

Ma cosa voleva dire la storia, se non che la vita va assaporata fino in fondo e pienamente in ogni istante, come se esso fosse l’ultimo ricordo con cui si va incontro alla morte? Nel palato resta solo quel sapore come ricordo di una vita vissuta, questa diventa l'ultima completezza di senso e di sentimento di una raffinata degustazione e allora, che tale ricordo sia goduto in modo sublime.

Un’altra sensazione sulla nostra vita è che essa sia diretta da una volontà superiore che la governa, e che la trascina dove vuole lasciando l’uomo in balia di una provvidenza superiore e estranea al nostro arbitrio, oppure crediamo che siamo vessati dal fato e dalla sorte che c’ingiuriano usandoci come dei burattini, ma sono delle negazioni del nostro libero arbitrio, mentre siamo liberi di fare o non fare quello che vogliamo della nostra vita.

Nella sapienza è scritto che, prima della discesa nell’involucro corporeo noi facciamo un progetto con l'obiettivo di evoluzione spirituale che desideriamo conseguire, perciò scegliamo il corpo, il contesto e i personaggi che entreranno nella nostra vita, infatti sappiamo quali relazioni interpersonali avremo, e su quali legami karmici dobbiamo riflettere e lavorare, compreso il livello evolutivo terrestre nell’epoca in cui nasciamo: la nostra parte spirituale conosce e accetta tale patto evolutivo di vita.

L'Io che noi pensiamo individuale è inserito in un Sé superiore che è un corpo collettivo di energia, in cui sono scritte le memorie di tutto ciò che noi siamo stati fin dall'alba dei tempi. Questo Sé superiore possiede una coscienza illimitata di noi stessi, conosce il funzionamento del piano fisico, e conosce tutte le forme di energia con cui verremo a contatto nella vita, perciò possiede il ricordo di tutto ciò che può servirci sapere.

Tutto l’universo è pervaso da una forza vitale, che è una maestosa energia che si evolve eternamente: essa è una forza imponente e generosa che qualcuno chiama Dio. Essa è una incommensurabile energia da cui deriviamo tutti, da lei discende lo spirito che chiamiamo il nostro Io, prima di rivestire l'involucro fisico per il determinato periodo di apprendimento che è il tempo della nostra vita.

Il Sé superiore è in rapporto con questo spirito vivente, che è la Forza universale che ha un impulso interno irresistibile che la spinge a crescere sempre più per il desiderio inarrestabile di manifestare se stessa: è questa la Fonte di vita e di energia. Questa forza universale, per manifestare più ampiamente la potente energia che la pervade, si suddivide in varie forme di definizione con delle qualità sempre più differenziate, così cresce e si moltiplica, espandendosi sempre più, con un aumento di potenza che avverrà per l’eternità.

La forza vitale pervade tutto ciò che esiste sul piano fisico, perciò è interna ai pianeti, alle stelle, alle galassie, esiste in tutto ciò che possiamo immaginare. Per sua natura essa è immortale e infinita e brilla come una luce interna, essa è la scintilla dell’energia vitale contenuta in ogni cosa, perciò è universale. Per noi è difficile immaginare la quantità di forza di un insetto minuscolo come un’ape infatti, l’energia che viene infusa nel corpo è sempre dosata opportunamente.

Infatti il dosaggio è sempre rapportato alla grandezza dell’involucro fisico che lo deve contenere perciò manifestare: esiste una gerarchia di dosaggio della forza vitale, a seconda del regno a cui appartiene l’organismo. Nella gerarchia, la potenza del regno minerale è inferiore a quella del regno animale, mentre l’uomo ha più forza vitale di tutte le altre creature dei vari regni. Comunque la chiave è che tale forza è dentro ogni cosa che vediamo, seppure con dosaggio e con potenza diverse: questa è una grande verità spirituale che insegna la piena sacralità della materia fisica.

Anche il nostro Sé superiore possiede una forza che vuole espandersi e crescere per manifestare la maestà della sua potenza tramite delle esperienze evolutive. Queste esperienze sono tutte le vite che abbiamo vissuto ma, ancora prima di poter sperimentare l'involucro fisico, il nostro Io viene istruito sulla forza della vibrazione della materialità.

Prima di essere uomini siamo stati una diversa forma di energia fisica, forse siamo stati un fascio di luce o un suono, ma è con l’incarnazione umana che sperimentiamo la forma più evoluta di esistenza, in quanto abbiamo la possibilità di crescere e manifestare la nostra consapevolezza evolutiva tramite il libero arbitrio, e in modo fattivo: in quanto uomini abbiamo potenza, discernimento consapevole e piena libertà di azione.

Comunque è vero che noi siamo stati un bruco, un femore di leone, o anche un fiore o una pietra comune ma, ogni volta, da queste forme di esistenza noi abbiamo imparato sempre più, fino a maturare al punto di poter diventare degli esseri umani, che è la massima espressione di forza nella dimensione fisica.

Ogni volta che finiamo il ciclo di una vita, noi ritorniamo alla nostra Fonte originaria e facciamo il riepilogo della vita sperimentata, perciò valutiamo il valore evolutivo delle esperienze che abbiamo sperimentato. Il soggiorno e la dimensione in cui avviene questo riassorbimento di energia è il mondo dello spirito.

Anche questo mondo possiede la natura e il comportamento della Forza universale, perciò esso si scinde e si accresce seguendo la stessa volontà del mondo superiore. Tutto il mondo spirituale segue questa volontà creando delle forme-pensiero che partecipano della forza dello spirito universale, anche se ognuno rappresenta questo mondo nei modi, negli usi e nei costumi della sua religione. L'ignoranza di questo fatto è il motivo per cui diventiamo intolleranti verso le religioni diverse dalla nostra, perciò non dobbiamo essere dogmatici e onorare tutte le religioni esistenti umane.

Se noi moriamo, perciò entriamo nel mondo spirituale come coloro che sentono l’inquietudine e il tormento del desiderio insoddisfatto, se noi siamo tormentati dall’inesprimibile e non troviamo la pace, allora ci troveremo in un mondo oscuro tra i tormenti delle fiamme dell’inferno. Se invece moriamo nella tranquillità dell’equilibrio interno, poichè viviamo nella beatitudine interiore, noi arriviamo nella terra meravigliosa che chiamiamo paradiso: ecco perché a un buon vivere segue sempre un buon morire.

Le vibrazioni delle esperienze che proviamo, e le nostre esperienze di dolore o di pace ci fanno illudere che ci siano questi due luoghi ma, in verità, esistono in noi le potenzialità di sperimentare entrambi i tipi di esperienza quando sintonizziamo il nostro mondo spirituale su tali lunghezze d’onda. Ogni manifestazione esterna a noi proviene dalla scelta vibrazionale della nostra volontà interiore, perciò essa origina dalla nostra dimensione interiore: siamo noi che decidiamo se essere angeli o demoni nella nostra vita.

Il nostro “giudizio universale” spirituale avviene quando noi esterniamo il lato interno in una forma determinata di energia e la proiettiamo nel mondo esteriore, perciò la scagliamo intorno a noi: è in questo senso che ciò che è interno diventa esterno. Con questa conoscenza comprendiamo che l’energia funziona per assonanza vibrazionale, perciò l’uomo è sempre calamitato dove vuole andare, come si afferma nel Talmud.

Noi siamo calamitati da tutto ciò che entra in sintonia con la nostra essenza interiore, e con il livello evolutivo a cui siamo arrivati. La forza universale ha una logica superiore in quanto ci fa sperimentare emozioni e sentimenti interiori che poi dobbiamo usare per calamitare a noi quelle che sono le forme di energia simili, con cui noi facciamo la nostra volontaria creazione del mondo.

La chiave di volta di questa logica è che noi possiamo accordare il nostro strumento interno e decidere su quale ritmo vibrazionale agire, infatti siamo dotati del libero arbitrio, per cui possiamo agire sulla qualità della nostra vita. E’ vero che non possiamo conficcare un chiodo nel cielo però possiamo vedere con piena consapevolezza i sassi su cui i nostri piedi potrebbero inciampare lungo il nostro cammino e decidere se evitarli.

Il fatto importante è che possiamo fare un controllo della qualità dei nostri flussi energetici e della velocità vibrazionale tramite una paziente coltivazione delle energie mentali e delle risorse fisiche umane, cioè delle forze di cui possiamo disporre nell’involucro corporeo in modo da poter avere il migliore dosaggio degli ingredienti per preparare il nostro pane di vita.

Buona erranza
Sharatan

martedì 17 agosto 2010

Alla fonte dello spirito


“La nostra miniera è quella che scaviamo per ultima”

(F. Nietzsche)


Il risveglio dello spirito avviene con gli occhi che si aprono per scorgere l’eccezionale paesaggio che ci circonda, poiché il sacro è sempre presente, ed è la forza della vita che vediamo intorno a noi che illumina tutto il mondo. Noi immaginiamo che andare oltre, per allargare lo sguardo spirituale sia una strategia per fuggire dal mondo, ma è una illusione. Nessuna spiritualità viene a rapirci dal mondo per farci volare lontano, infatti il vero gioco è nel mondo materiale.

E’ qui che dobbiamo stare, è qui che dobbiamo imparare cosa fare, poiché questo avviene solo nel mondo materiale, e nella concreta esperienza della materialità, anche se la mente duale fatica a concepire queste antiche verità. E’ nel mondo materiale che il Sé divino si può manifestare pienamente, poiché è nella carne che facciamo il percorso che ci aiuta a capire, e questo avviene tramite il vincolo che lo spirito stringe con la carne.

Un tale concetto si comprende solo se sappiamo zittire tutte le voci che il mondo ci rimanda, e che sono il rumore di fondo, cioè il perpetuarsi degli usi e costumi con cui riempiamo le nostre giornate: è così che ci anestetizziamo con delle futili cose che annichiliscono la nostra mente razionale e l’intelligenza intuitiva.

Tutto questo impedisce di vedere, poiché la realtà è che nel mondo in cui viviamo esistono tutte le prerogative migliori per noi, ma noi non sappiamo vederle. Se la nostra concezione della condizione umana include il concetto di evoluzione progressiva, la migliore comprensione che possiamo avere è il riconoscimento che affrontiamo il mondo con uno spirito negativo.

Noi viviamo con degli atteggiamenti sbagliati, e con delle abitudini dannose collegate al giudizio e alla condanna impietosa di ciò che siamo e alla sfiducia nella bellezza del mondo, poiché così ci viene insegnato a pensare. Ma, se ricerchiamo con un sincero intento il risveglio, un altro tipo di mondo si aprirà davanti ai nostri occhi, e anche le condizioni materiali in cui viviamo diventeranno più felici.

L’umano aumenta la consapevolezza se scava all’interno, così che affronta una nascita diversa da quella fisica ordinaria, e tutti abbiamo la prerogativa di poter nascere e rinascere molte volte nella vita, anche se pensiamo di poter morire una sola volta nel corso dell’esistenza. E’ nella consapevolezza, e nella forza che ne deriva, che troviamo l’energia necessaria per raggiungere tale maturità spirituale, ma ciò avviene solo se sappiamo conoscere il corretto uso dell’energia, e se troviamo il modo giusto per dosarne l’equilibrio.

E‘ questo il motivo per cui non è possibile definire un giusto percorso, poiché esso è personale e va trovato personalmente da ognuno di noi, nel corso della sua vita. E‘ per questo che un unico sentiero non esiste e, l'ottimale maturità spirituale e umana implica il rispetto di tutte le vie di conoscenza che vediamo percorrere dagli altri. E’ solo nella condizione duale umana che facciamo esperienza di percorsi e di vie, poiché la vita si dipana sempre lungo vari percorsi che vanno sperimentati per l'espansione della nostra comprensione operando un opportuno discernimento.

La sofferenza e il dolore non sono contenute in alcun piano divino, non sono scritte in nessun disegno prefissato, piuttosto per noi viene tracciata la mappa di base recuperabile tramite il ricordo delle qualità che sono utili nell’esistenza presente. La sofferenza che proviamo è il frutto della qualità vibrazionale che mettiamo in moto, ed è una libera scelta il farlo o meno, come pure vi è la libertà del contesto in cui preferiamo vivere.

Lo scopo della vita è sperimentare e superare al meglio le situazioni in cui ci possiamo trovare. Il nostro percorso, il nostro essere, e tutto ciò che incontriamo fanno parte integrante del gioco: è l’atteggiamento del giocatore che fa la differenza, poiché tutti siamo veramente liberi di agire come vogliamo. E’ solo la maturità della consapevolezza personale che sa capire la maggiore efficacia di una condotta di vita piuttosto che un’altra: è questo il campo di battaglia su cui il Sé interno deve lottare per riconquistare la forza offerta dallo spirito.

E’ in questo modo che impariamo come vivere, in quanto la consapevolezza è conoscere chi siamo, da cui deriva l’accettazione della responsabilità delle nostre azioni: è così che superiamo la nostra visione ordinaria della dualità. Se non ci fosse questa spontanea accettazione nulla si potrebbe aprire al nostro interno, e non potremmo avere la certezza e la fede di avere tutte le migliori condizioni e i migliori requisiti per controllare la nostra vita.

Senza questa convinzione, non avrebbe alcun senso incarnarsi poiché non ci sarebbe nulla da sperimentare, perciò nulla da imparare e da realizzare. Il problema è che il nostro addestramento è antico di molti secoli, infatti ci viene insegnato a demandare il nostro governo alle istanze superiori del severo giudizio di un Dio che possiede tutte le cattiverie, e tutti i difetti del tipo umano peggiore.

In realtà la forza e la bontà della Fonte interna è talmente grande da potersi disinteressare di quello che noi chiamiamo “male” poiché esso è la proiezione dell’animo deviato dell’Umano che ha creato un mondo malato come lui. In ognuno di noi giace un talento particolare, o una serie di competenze e di abilità con cui possiamo approcciare alla vita in modo gioioso e creativo, e la creatività è la prerogativa divina di poter creare i mondi.

In un determinato campo possiamo ritrovare talenti e attitudini che sono nascosti nelle pieghe e nelle incrostazioni impure del nostro carattere. I talenti che noi ritroviamo sono intrappolati nelle nostre pigrizie fisiche e mentali, essi sono incatenati alle nostre paure, spesso sono negati dall’inettitudine alla ricerca spirituale derivata dall'indole materiale da cui ci facciamo ingannare.

Il nostro equilibrio e la nostra crescita spirituale sono sempre un fatto interiore che si riflette successivamente in un migliore equilibrio nel nostro mondo materiale. Nulla viene controllato dall’esterno, nulla viene guidato in noi se non lo vogliamo, ma è l’uomo che ama vivere nei drammi controllati dalla volontà degli altri per sentirsi vivo.

Esso ama vivere cullandosi nell’illusione di poter controllare il corso degli eventi altrui, ma nessun equilibrio interno si raggiunge nella dilatazione dell‘egoismo. Molti credono di avere le Chiavi del Regno, e di essere in grado di risolvere i problemi e i drammi altrui dimenticandosi completamente di loro stessi. Questo è un meccanismo che accresce il nostro smisurato egocentrismo, poiché ci fa sentire forti e importanti offrendo la conferma della nostra importanza e del nostro valore personale.

Un meccanismo che aiuta la fuga dalla guerra più dura è normale, poiché è dovuto alla fragilità della nostra visione duale. Andare oltre il mondo mentre si vive sulla terra è sempre molto duro, infatti dobbiamo avere la forza di tenere alta la fronte davanti a tutte le paure, davanti a tutte le incertezze che ci verranno poiché non vedremo mai la fine del nostro percorso: un sentiero si percorre per tutta la vita.

Sarà duro rinunciare a tutte le illusioni con cui facciamo fronte alla freddezza della vita, per questo è necessario avere il coraggio di ricercare il giusto equilibrio, poiché esso è necessario per affrontare le sfide della vita ordinaria senza angoscia e paura. E’ solo quando accettiamo la verità di chi siamo, e il libero arbitrio sulle azioni della nostra vita che andiamo oltre l’approccio ordinario della realtà: è solo in questo modo che noi sbucciamo tutti gli strati che ricoprono la nostra vera identità per ritrovare il nocciolo del seme che siamo.

E' nel recupero dell’energia del contatto con la fonte interna che noi percepiamo tutte le informazioni che abbiamo in noi, da sempre incise nel nostro DNA che è il terreno da cui vengono i nostri frutti migliori. Nello scorrere dell’energia della forza interiore che ci esalta ci giungono tutte le risorse necessarie per successivi gradini evolutivi e, nel contempo, anche la nostra vita materiale sarà migliore, e nulla ci verrà a mancare.

Tutto diventa molto più facile quando padroneggiamo tutte le nostre potenzialità, ma questo avviene quando i nostri occhi diventano adatti a contemplare l’infinita ebrezza di una superiore consapevolezza. E' solo allora che ci possiamo chiedere perché abbiamo impiegato tanto tempo per avere il risveglio alla consapevolezza di questa sublime e profonda verità interiore.

Buona erranza
Sharatan

martedì 3 agosto 2010

L’ordine del mondo


“La paura o la stupidità sono sempre state
alla base della maggior parte delle azioni umane”

(A. Einstein - Lettera a E. Mulder, aprile 1954)



Michel Foucault affermava che tra le parole e le cose non esiste più un significato di corrispondenza, poiché tra il 18. e il 19. sec., il modo di essere delle cose è stato profondamente trasformato. L’ordine su cui si basava il pensiero ha avuto una profonda rivoluzione impostagli dal corso storico degli avvenimenti, così che si è prodotta una cesura che produce nell‘uomo una lacerazione tra il mondo e la sua rappresentazione dello stesso.

Questa è la ragione per cui è apparsa la soglia costituita dall’uomo che cerca di fornire un significato alle cose che rischiano di non offrire più l’ordine e la coerenza al mondo, e la mente umana che cerca di ricostruire un ordine in cui non sente più inserita: così nasce un luogo silenzioso, scisso, instabile e imperfetto in cui è consegnato il nostro pensiero.

La civiltà tolteca ha offerto la stessa immagine del mondo e dell’uomo affermando che l’uomo assume dei simboli e delle convenzioni per agire sul mondo, perciò utilizza il linguaggio per dare dei nomi alla realtà al fine di creare un significato e una coerenza, così da poter agire sulle cose. Di questo ordine noi siamo autori e creatori: queste sono le regole del gioco, e sono il frutto delle convenzioni che accettiamo sul senso delle cose e del mondo.

Ciò che nominiamo non ha altro senso che quello offerto dall’attribuzione di una simbologia condivisa, infatti tutta la verità che conosciamo del mondo è un’immagine a cui diamo un significato convenzionale: e questi simboli sono necessari per spiegare a noi stessi il senso e l’ordine del mondo. Infatti i modi di pensare e le concezioni non sono che una creazione a cui diamo la connotazione di realtà: i simboli che crediamo veri lo sono soltanto perché li riteniamo tali.

Allora c’è un oggetto che viene percepito, che è un dato oggettivo perciò reale, e c’è una interpretazione dell’oggetto che è soggettiva poiché è frutto delle convenzioni umane. Tutto ciò che l’uomo può acquisire è necessario che passi attraverso dei semi di significato, cioè engrammi dotati di significato pregnante e completo, poiché solo così l’uomo può “mentalizzare” la realtà soprattutto quando essa raggiunge un livello complesso di difficoltà.

Nella mente umana vengono seminate le idee fin dai tempi più precoci della vita tramite il nostro addestramento alle regole del mondo, cioè alle verità con cui i nostri padri e i nostri antenati hanno sempre concepito le cose, infatti ascoltiamo tante voci del mondo che ci dicono cosa va bene e cosa non va, abituando la nostra mente a sentire delle voci interne che guidano le azioni che compiamo.

In questo modo accogliamo tutte le concezioni create nel tempo e che si sono stratificate fino a divenire la verità sul mondo e delle cose che avvengono. L’uso del linguaggio e della simbologia culturale crea una realtà virtuale che viene percepita come vera sebbene sia frutto di un accordo fittizio a cui prestiamo fede e attenzione, poiché siamo addestrati a farlo fin dal primo sviluppo. Queste sono le preconcezioni che troviamo definite dal mondo: accettare questa consapevolezza significa poterci ribellare e liberare dal gioco.

Ciò che possiamo fare con la consapevolezza è eccezionale poiché conoscere la verità su noi e sul mondo ci libera e ci porta alla padronanza sulla nostra vita, negando ogni alibi e ogni incertezza sulle nostre concrete capacità di divenire i veri signori e i veri padroni della nostra realtà. E’ la responsabilità che connota l’azione dell’uomo che è padrone e maestro nell’arte di rappresentare e di agire sul mondo.

E' questo il motivo della paura e della resistenza al cambiamento e al mondo, poiché l‘uomo è abituato a vivere come uno schiavo, perciò teme una libertà che non sa come gestire. In realtà la mancanza di consapevolezza nasconde il timore di lasciare i posti tranquilli in cui siamo stati addestrati a vivere, infatti temiamo tutti i territori sconosciuti perché inquietanti e primitivi.

Ammettere che noi siamo i maestri della realtà che viviamo non è facile e privo di fatica, perciò richiede molto coraggio. E‘ necessaria l‘audacia e la fiducia nella bontà e nella bellezza della vita: questo fa la differenza, perciò è il limite di salvezza. Tutti nascono con questa consapevolezza ma poi essa viene obnubilata dal fumo del mondo, che ci offre una visione limitata e falsata guardando oltre lo specchio opaco e affumicato in cui contempliamo la nostra realtà, che è uno specchio offuscato dalle concezioni e dalle visioni a cui siamo abituati a credere.

Il fatto che l’uomo soffra non impedisce di perpetrare l’illusione di un mondo sbagliato, sebbene questa condivisione sia una concezione punitiva della vita. L’addestramento del mondo avviene seminando nel terreno della mente i semi delle idee, da cui germoglia il sistema di credenze e di preconcezioni da cui nasce il sacro Libro della Legge in cui sono tutte le istruzioni sulle giuste regole, e sulle norme del mondo.

Questa è la ragione per cui, molte delle verità create dalle persone passate non muoiono con loro, ma gli sopravvivono nella mente e nel cuore di coloro che vengono dopo di loro, e che le coltivano ancora. Che colpa abbiamo se siamo ammalati perché contaminati dal sogno angoscioso del mondo?

Nella contaminazione comune a tutti, gli altri diventano degli specchi in cui impariamo a vedere rappresentato ciò che vogliono che noi facciamo per loro: è in questo modo che impariamo a vivere credendo che le gioie e le soddisfazioni interne provengano dal plauso e dal consenso del mondo esterno, e non dallo sviluppo della nostra vera essenza interiore.

Così impariamo a vivere cercando di piacere a tutti ma non riuscendo a piacere veramente a nessuno e, soprattutto, rendendoci infelici e limitati poiché impariamo a usare la nostra magia di creazione e il nostro potere contro noi stessi. E’ per questo che la nostra prima padronanza è rivolta alla consapevolezza di questo funzionamento.

Nell’individuo viene inserito un Giudice che osserva e condanna ogni azione, vi è una Vittima che è condannata perché inadeguata e indegna. La nostra mente è abitata da un Parassita che sfrutta le nostre migliori energie vitali sabotando la felicità che per noi è possibile e naturale. L’uomo è nato con lo scopo di vivere bene e di essere felice, ha il diritto di amare, di godere della vita, e di condividere l’amore, e questo si ottiene se impariamo ad essere noi stessi, cioè esprimendo ciò che siamo e facendolo al meglio di come possiamo.

Questo è il seme migliore da piantare nella nostra mente e ci permette di essere vivi, di amarci, di amare la vita e di amare anche gli altri, perché dire “Ti voglio bene!” è la massima parola divina. Le vecchie abitudini sono dure a morire e difficili da estirpare, perciò non dobbiamo sentirci in colpa e giudicarci male se non riusciamo a cambiare con la velocità che vorremmo però, insistendo si ottengo delle sicure modifiche poiché è la pratica costante che crea il Maestro.

Ogni cosa si impara facendo delle continue ripetizioni, perciò bisogna ripetere molte volte prima di diventare esperti e sicuri: è solo questione di tempo, di metodo e di pazienza. Per cambiare non è sufficiente meditare ma è indispensabile muoversi ed agire, perciò bisogna onorare praticamente ciò che siamo.

Si inizia con l’amare e il rispettare il nostro corpo, perché esso va amato, accettato, accudito, curato e stimato perciò va ben nutrito, va esercitato con una buona disciplina fisica, e va gratificato in tutte le sue necessità: esso va celebrato poiché è il tabernacolo in cui vive il Dio che abita in noi. Nello stesso modo va onorata la nostra mente con un adeguato nutrimento mentale e, infine, va curato anche l’ambiente energetico in cui viviamo poiché anche esso nutre o avvelena l‘uomo.

Tutti cercano di impedire le trasformazioni usando la paura e il dubbio, perciò ogni elemento può divenire un reale impedimento perché l’abitudine al vecchio pensiero è molto profonda e potente. Tutto il pianeta è governato da patti e accordi con cui dirige le cose, ed essi sono sostenuti da tante persone perciò la forza della sua energia è veramente imponente poiché è viva e ci circonda completamente: l‘opposizione a tante forze richiede un intento eccezionale.

I Toltechi affermano che dobbiamo diventare dei grandi Cacciatori di energia per essere dei Guerrieri che hanno la forza di difendere il loro modo di vivere. La meta del guerriero è fuggire dall’inferno del mondo per non tornarci più, e la sua meta è trascendere il sogno sbagliato del pianeta che ha creato l’inferno sulla terra: la sua ricompensa è la fine della sofferenza per divenire in vita una incarnazione di Dio.

La cosa centrale è mantenere il potere di cui possiamo disporre per mantenere il nostro accordo positivo sul mondo. E’ certo che questa diventa una vera e propria guerra spirituale di guerrieri che vogliono costruire dei sogni che siano dei capolavori di gioia e di amore, cioè di veri uomini che possono controllare i sogni poiché sanno fare delle scelte, accettando di pagarne il giusto prezzo.

Una volta che sappiamo le regole del gioco possiamo divenire consapevoli perciò decidere se vivere come fanno tutti oppure costruire il nostro sogno personale: i guerrieri toltechi sono coloro che hanno il coraggio della ribellione e della guerra al Parassita emozionale che dirige il sogno imposto dal mondo. Il guerriero è colui che ha il coraggio di ribellarsi contro la schiavitù per iniziare la guerra contro ciò che controlla la sua mente togliendogli la libertà.

Come in tutte le guerre, non abbiamo la certezza di poter vincere perché in ogni guerra si può perdere o vincere ma non è questo l’importante: essenziale è non avere chiuso gli occhi, è essersi permessi di osservare fino in fondo ciò che è vero, è avere capito come vanno le cose e avere scelto la nostra strada con coraggio. E‘ la scelta della strada che dimostra il coraggio di essere noi stessi: noi abbiamo il coraggio di entrare in guerra se non vogliamo essere più vittime.

E se anche questo sogno non potesse essere realizzato nel guerriero resta immutato l’orgoglio di non avere piegato il capo davanti alle ingiustizie e alle violenze del mondo senza essersi neppure ribellato. In una guerra dura è possibile restare uccisi, perciò il vero guerriero non lotta per la vittoria in campo, ma lotta per avere l’opportunità di poter trascendere il mondo e di ottenere il suo paradiso sulla terra. E anche il solo tentativo merita il rispetto e l’onore per colui che lo compie.

Buona erranza
Sharatan