“Nel petto dell‘uomo stanno le stelle dei suoi destini”
(Johann Christoph Friedrich Schiller)
(Johann Christoph Friedrich Schiller)
Noi siamo sulla terra per crescere ed evolvere poiché, all’origine noi eravamo spirito e luce ma, per poter vivere nel mondo materiale, fu necessario creare l’anima che discese dallo spirito della energia indifferenziata per qualificarsi come individualità. Della discesa l’anima conserva il trauma del distacco nel senso di separazione percepito nella condizione duale in cui sentiamo la mancanza dell'unitarietà, perciò questo sentimento è esistenziale essendo insito nell‘animo dell’uomo.
L’anima è la parte più elevata dell’essere umano, ed è l’aspetto più raffinato che possiamo percepire nella densità vibrazionale della materia. Nell’anima sono riuniti l’aspetto emozionale e quello mentale più raffinati che, se adeguatamente centrati nel pieno equilibrio, garantiscono uno sviluppo pieno e una vita felice, poiché vengono sostenuti dal libero arbitrio sulla qualità delle esperienze che facciamo, sulla modalità di viverle, e sulla durata delle fasi evolutive conseguenti alle nostre scelte.
Per tutti questi motivi la discesa nel mondo è considerata una impresa eroica, poiché vi è il rischio che la materialità ci possa invischiare nelle maglie della sua rete infatti, è ciò che in maggioranza avviene, e noi siamo costretti a rifare lo stesso percorso in un cerchio chiuso ad ogni prospettiva e via d’uscita. Ramana Maharshi dice che le vite umane sono un errare nel sogno infatti, l’uomo vive di percezioni e non di consapevolezze, perciò vaga nel tempo-spazio senza trovare la strada per illuminarsi e uscire dal Samsara.
Il tempo e lo spazio assumono tanta importanza che l’individuo disintegra ogni sua unitarietà, e vive narcotizzato in un contesto che sembra reale, ma che non lo è. La vera conoscenza inizia quando comprendiamo che il tempo e lo spazio non sono i perni del nostro vero Essere, in modo che esso perde ogni importanza fondamentale: è così che l’individuo si reintegra e il sogno finisce: è allora che gli occhi dei ridestati possono vedere.
E’ ignoranza spirituale credere che un Essere sia un corpo fisico, un corpo emotivo e un corpo mentale, poiché il corpo mentale reagisce a ogni percezione che lo sollecita, il corpo emotivo reagisce a ogni vibrazione che lo attraversa, e il corpo fisico reagisce allo spazio-tempo in cui è collocato. Noi siamo attratti dal mondo che crea i nomi e le forme, perciò viviamo nell’oblio della nostra vera natura che è quella del Sé sempiterno che non nasce e che non muore, e che non viene creato perché da sempre Egli è.
Nella nostra ignoranza pensiamo di iniziare, di trasformarci e di morire ma, in realtà, noi siamo sempre stati perciò non nasciamo e non moriamo mai, perché la nostra realtà è eterna: è il silenzio delle menti svuotate da questa ignoranza che persegue l’illuminazione a tale verità. La mente crea l’oblio poiché l’uomo si identifica con il mentale in quanto la mente concettuale è la parte più alta e potente nella realtà materiale. Per concepire il fascino della mente basti pensare alle meraviglie che l’uomo ha prodotto nel tempo sfruttando il suo ingegno per competere in bellezza con la natura, e comprenderemo la verità della sua origine divina.
La mente umana è quella che conserva il ricordo delle esperienze che abbiamo avuto nel mondo fisico, infatti la mente conserva le nostre memorie ma contiene anche tutte le tracce delle nostre vite passate: la mente umana è un sistema di registrazione e di archiviazione di dati, e il suo ruolo dovrebbe limitarsi a questo. Colui che registra deve riportare solo i fatti, e la mente dovrebbe essere il Testimone neutrale che registra le cose che accadono ripetendo, in sottofondo, il ricordo di ciò che noi siamo realmente, cioè gli esseri di amore e di luce originari.
Il contributo più importante della mente concettuale dovrebbe essere il mantenimento costante del ricordo che la nostra essenza è “Io sono Quello” che trascende ogni dualità, esistente nella stessa Unità principale e ontologica. Questa è l’unica “essenza della conoscenza di sé,” ed è conseguente all’entrata nel Quarto Stato di coscienza che è Turiya, il quale è lo stato reale e assoluto che costituisce il sostrato non duale a tutti gli stati relativi che sono sovrapposti e contenuti nel mondo materiale: in questo stato contempliamo Brahman nirguna.
Colui che ritrova l’equilibrio interno riconosce la malattia dell’uomo che ignora che la realtà concettuale è diventata la padrona della percezione dell’uomo, invece di compiere il suo ruolo di servizio, ma sugli effetti della tirannia mentale la maggioranza si lascia trarre in inganno. Chi vive con un Sé ridestato non concepisce il giudizio sulla realtà esteriore poiché concede a tutti il diritto di vivere le proprie esperienze, e di trovare le proprie realizzazioni: nessuno può essere mai giudicato sulla qualità del suo cammino evolutivo.
Colui che è desto, è vivo alla consapevolezza del ruolo che l’aspetto mentale svolge nel giudizio che noi ci facciamo in merito al dolore, in cui vi è il messaggio che la nostra Via non è più centrata su di noi, e che non percorriamo più una via d’amore. Le esperienze emotive sono registrate nella mente e il pensiero unito al sentimento si coagulano in una forma più densa diventando una memoria complessiva che ha compito di fare il “memento” di ciò che è stato già vissuto precedentemente.
Ciò che è male è la presunzione della mente che si sente la sovrana del mondo infatti, invece di usare il pensiero come uno strumento per penetrare la comprensione del mondo materiale, essa cattura le emozioni superficiali trasformandole in sentimenti, e noi diamo sempre un'eccessiva importanza a quello che l’ego ci indica come mondo esclusivo. Ogni meccanismo doloroso e faticoso della vita ordinaria vede l’insorgere del lato mentale che ne amplifica il significato emotivo collegandolo alle esperienze negative precedenti della nostra vita.
L’acutezza mentale viene sviata dalle forme-pensiero che vivono coagulate in noi, ed esse vengono ingrandite nel loro significato perché sono amplificate dalla potenza del ricordo, infatti le emozioni presenti vibrano riecheggiate dal passato, e sono doppiamente infuocate dal presente e dal ricordo emotivo passato. Così la sofferenza accrescere a dismisura fino a dominare la nostra vita con la potenza del doppio fissativo.
Questo meccanismo dell’eterno ritorno non è la vera realtà della vita umana, ma è il lato mentale che c’inganna a crederlo per non lasciare il trono su cui domina il mondo: noi questo lo dimentichiamo perché la mente impone le sue ragioni impedendo l’ascolto del nostro cuore. E' nel cuore che cui sentiamo il senso delle vere passioni che ci rappresentano permettendoci di realizzare la melodia che siamo, cioè di vivere nella materialità come esseri di luce perfetti e felici.
L’esperienza del mondo è orientata dalle emozioni poiché sono il primo impatto con la realtà ma, noi dobbiamo lavorare pensando che esse sono degli impeti transitori se non sono raffinati in veri sentimenti. Il sentimento non appartiene al dominio mentale essendo conservato nel muscolo che batte nel nostro petto, e il mondo materiale ha una trasmissione energetica molto lenta proprio per permetterci di sperimentare ciò che è meglio per noi, sentendolo internamente come giusto.
Collegata al libero arbitrio vi è la necessità umana di sperimentare per poter cambiare idea se sentiamo che quella intrapresa non è la via più giusta per la nostra realizzazione, è così che l’uomo cambia il suo orientamento interno sperimentando il giusto equilibrio. Questo cambiamento di prospettiva è opportuno alla saggezza, poiché un cammino non è una certezza assoluta. Nel mondo esistono altri dotati del loro arbitrio, esistono delle variabili esterne su cui non possiamo influire, e le nostre evoluzioni progressive ci aiutano ad accordarci a ciò su cui non possiamo agire.
Nella vita umana insieme al pensiero va disciplinato anche il sentimento affinché, nel nostro crogiuolo interiore siamo distillate le convinzioni profonde che affondano le radici nella nostra essenza più intima. Così possiamo evolvere facendo il riconoscimento dei sentimenti che sono inscindibili alle nostre convinzioni mentali più elevate, poiché entrambi sono della natura della nostra anima, e nella nostra essenza profonda è conservato il ricordo del nostro obiettivo.
Buona erranza
Sharatan
L’anima è la parte più elevata dell’essere umano, ed è l’aspetto più raffinato che possiamo percepire nella densità vibrazionale della materia. Nell’anima sono riuniti l’aspetto emozionale e quello mentale più raffinati che, se adeguatamente centrati nel pieno equilibrio, garantiscono uno sviluppo pieno e una vita felice, poiché vengono sostenuti dal libero arbitrio sulla qualità delle esperienze che facciamo, sulla modalità di viverle, e sulla durata delle fasi evolutive conseguenti alle nostre scelte.
Per tutti questi motivi la discesa nel mondo è considerata una impresa eroica, poiché vi è il rischio che la materialità ci possa invischiare nelle maglie della sua rete infatti, è ciò che in maggioranza avviene, e noi siamo costretti a rifare lo stesso percorso in un cerchio chiuso ad ogni prospettiva e via d’uscita. Ramana Maharshi dice che le vite umane sono un errare nel sogno infatti, l’uomo vive di percezioni e non di consapevolezze, perciò vaga nel tempo-spazio senza trovare la strada per illuminarsi e uscire dal Samsara.
Il tempo e lo spazio assumono tanta importanza che l’individuo disintegra ogni sua unitarietà, e vive narcotizzato in un contesto che sembra reale, ma che non lo è. La vera conoscenza inizia quando comprendiamo che il tempo e lo spazio non sono i perni del nostro vero Essere, in modo che esso perde ogni importanza fondamentale: è così che l’individuo si reintegra e il sogno finisce: è allora che gli occhi dei ridestati possono vedere.
E’ ignoranza spirituale credere che un Essere sia un corpo fisico, un corpo emotivo e un corpo mentale, poiché il corpo mentale reagisce a ogni percezione che lo sollecita, il corpo emotivo reagisce a ogni vibrazione che lo attraversa, e il corpo fisico reagisce allo spazio-tempo in cui è collocato. Noi siamo attratti dal mondo che crea i nomi e le forme, perciò viviamo nell’oblio della nostra vera natura che è quella del Sé sempiterno che non nasce e che non muore, e che non viene creato perché da sempre Egli è.
Nella nostra ignoranza pensiamo di iniziare, di trasformarci e di morire ma, in realtà, noi siamo sempre stati perciò non nasciamo e non moriamo mai, perché la nostra realtà è eterna: è il silenzio delle menti svuotate da questa ignoranza che persegue l’illuminazione a tale verità. La mente crea l’oblio poiché l’uomo si identifica con il mentale in quanto la mente concettuale è la parte più alta e potente nella realtà materiale. Per concepire il fascino della mente basti pensare alle meraviglie che l’uomo ha prodotto nel tempo sfruttando il suo ingegno per competere in bellezza con la natura, e comprenderemo la verità della sua origine divina.
La mente umana è quella che conserva il ricordo delle esperienze che abbiamo avuto nel mondo fisico, infatti la mente conserva le nostre memorie ma contiene anche tutte le tracce delle nostre vite passate: la mente umana è un sistema di registrazione e di archiviazione di dati, e il suo ruolo dovrebbe limitarsi a questo. Colui che registra deve riportare solo i fatti, e la mente dovrebbe essere il Testimone neutrale che registra le cose che accadono ripetendo, in sottofondo, il ricordo di ciò che noi siamo realmente, cioè gli esseri di amore e di luce originari.
Il contributo più importante della mente concettuale dovrebbe essere il mantenimento costante del ricordo che la nostra essenza è “Io sono Quello” che trascende ogni dualità, esistente nella stessa Unità principale e ontologica. Questa è l’unica “essenza della conoscenza di sé,” ed è conseguente all’entrata nel Quarto Stato di coscienza che è Turiya, il quale è lo stato reale e assoluto che costituisce il sostrato non duale a tutti gli stati relativi che sono sovrapposti e contenuti nel mondo materiale: in questo stato contempliamo Brahman nirguna.
Colui che ritrova l’equilibrio interno riconosce la malattia dell’uomo che ignora che la realtà concettuale è diventata la padrona della percezione dell’uomo, invece di compiere il suo ruolo di servizio, ma sugli effetti della tirannia mentale la maggioranza si lascia trarre in inganno. Chi vive con un Sé ridestato non concepisce il giudizio sulla realtà esteriore poiché concede a tutti il diritto di vivere le proprie esperienze, e di trovare le proprie realizzazioni: nessuno può essere mai giudicato sulla qualità del suo cammino evolutivo.
Colui che è desto, è vivo alla consapevolezza del ruolo che l’aspetto mentale svolge nel giudizio che noi ci facciamo in merito al dolore, in cui vi è il messaggio che la nostra Via non è più centrata su di noi, e che non percorriamo più una via d’amore. Le esperienze emotive sono registrate nella mente e il pensiero unito al sentimento si coagulano in una forma più densa diventando una memoria complessiva che ha compito di fare il “memento” di ciò che è stato già vissuto precedentemente.
Ciò che è male è la presunzione della mente che si sente la sovrana del mondo infatti, invece di usare il pensiero come uno strumento per penetrare la comprensione del mondo materiale, essa cattura le emozioni superficiali trasformandole in sentimenti, e noi diamo sempre un'eccessiva importanza a quello che l’ego ci indica come mondo esclusivo. Ogni meccanismo doloroso e faticoso della vita ordinaria vede l’insorgere del lato mentale che ne amplifica il significato emotivo collegandolo alle esperienze negative precedenti della nostra vita.
L’acutezza mentale viene sviata dalle forme-pensiero che vivono coagulate in noi, ed esse vengono ingrandite nel loro significato perché sono amplificate dalla potenza del ricordo, infatti le emozioni presenti vibrano riecheggiate dal passato, e sono doppiamente infuocate dal presente e dal ricordo emotivo passato. Così la sofferenza accrescere a dismisura fino a dominare la nostra vita con la potenza del doppio fissativo.
Questo meccanismo dell’eterno ritorno non è la vera realtà della vita umana, ma è il lato mentale che c’inganna a crederlo per non lasciare il trono su cui domina il mondo: noi questo lo dimentichiamo perché la mente impone le sue ragioni impedendo l’ascolto del nostro cuore. E' nel cuore che cui sentiamo il senso delle vere passioni che ci rappresentano permettendoci di realizzare la melodia che siamo, cioè di vivere nella materialità come esseri di luce perfetti e felici.
L’esperienza del mondo è orientata dalle emozioni poiché sono il primo impatto con la realtà ma, noi dobbiamo lavorare pensando che esse sono degli impeti transitori se non sono raffinati in veri sentimenti. Il sentimento non appartiene al dominio mentale essendo conservato nel muscolo che batte nel nostro petto, e il mondo materiale ha una trasmissione energetica molto lenta proprio per permetterci di sperimentare ciò che è meglio per noi, sentendolo internamente come giusto.
Collegata al libero arbitrio vi è la necessità umana di sperimentare per poter cambiare idea se sentiamo che quella intrapresa non è la via più giusta per la nostra realizzazione, è così che l’uomo cambia il suo orientamento interno sperimentando il giusto equilibrio. Questo cambiamento di prospettiva è opportuno alla saggezza, poiché un cammino non è una certezza assoluta. Nel mondo esistono altri dotati del loro arbitrio, esistono delle variabili esterne su cui non possiamo influire, e le nostre evoluzioni progressive ci aiutano ad accordarci a ciò su cui non possiamo agire.
Nella vita umana insieme al pensiero va disciplinato anche il sentimento affinché, nel nostro crogiuolo interiore siamo distillate le convinzioni profonde che affondano le radici nella nostra essenza più intima. Così possiamo evolvere facendo il riconoscimento dei sentimenti che sono inscindibili alle nostre convinzioni mentali più elevate, poiché entrambi sono della natura della nostra anima, e nella nostra essenza profonda è conservato il ricordo del nostro obiettivo.
Buona erranza
Sharatan
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