martedì 28 luglio 2015

L’estate e l’inverno scompariranno?



Un'intervista del 2004 a Ervin Laszlo di Elisabeth A. Debold

"Per il mondo del futuro Ervin Laszlo sarà l’uomo del Rinascimento. Se questa vi sembra un’affermazione priva di logica, valutate quanto segue: Laszlo ha iniziato la sua carriera come pianista; successivamente è diventato il principale sostenitore della filosofia dei sistemi; è andato oltre Darwin elaborando la teoria generale dell’evoluzione; ha teorizzato il “quinto campo fisico”, a dimostrazione dell’esistenza di una dimensione assoluta al di là del tempo e dello spazio; ha insegnato in varie università in America, Europa e Asia; e adesso si fa portavoce della sostenibilità globale.

Che cosa lo ha portato dal palcoscenico al laboratorio, in tutto il mondo e attraverso le più diverse discipline? L’interesse, nient’altro che il puro interesse. “Mi interessano i problemi, i rompicapo, mi interessano quelle che la scienza chiama anomalie,” afferma con grande concretezza. “Provo un reale interesse per le cose che non capisco.” E grazie all’incredibile portata del suo interesse, stiamo per risvegliarci per vedere l’intero cosmo in una nuova luce – come un sistema vivente di cui siamo parte integrante.

Nato in Ungheria tra le due guerre mondiali, Laszlo era un bambino prodigio – un brillante pianista la cui mente si librava mentre le mani scorrevano sopra i tasti. Quando finiva di suonare, correva alla sua macchina da scrivere per catturare le intuizioni e le domande che erano sorte in lui. Comprendendo alla fine che “non puoi essere un pianista di professione mentre la tua mente è impegnata con problemi scientifici e filosofici,” Laszlo ha detto addio alla musica per lanciarsi all’inseguimento della scienza.

E così è stato: da allora ha cacciato la scienza fuori dai laboratori e dai confortevoli circoli scientifici, perché le più recenti scoperte potessero aiutare a dare una risposta agli interrogativi fondamentali dell’esistenza. Anni fa Laszlo ha fondato il prestigioso Club di Budapest, attorno al quale si sono riunite le più importanti menti nel campo dell’arte, della scienza, della religione e della cultura, al fine di elaborare una nuova etica per un mondo sostenibile.

Al termine di una ormai lontana lezione tenuta all’Università di Yale, WIE [la rivista What is Enlightenment?] ha avuto il privilegio di parlare con il dott. Laszlo della sua visione di un rivolgimento paradigmatico che potrebbe cambiare il futuro.

Elisabeth A. Debold per WIE: Lei ha scritto che ci troviamo in una fase di “macrorivolgimento” – nella quale i sistemi economici ed ecologici su questo pianeta attraverseranno una crisi, una trasformazione totale che porterà o a un totale disfacimento o a uno straordinario progresso. Qual è la sua visione di quanto sta accadendo? E quanto in fretta ritiene che tutto ciò si verificherà?

Ervin Laszlo: Questo è quello che non sappiamo. È evidente che non è possibile che un numero sempre maggiore di persone continui ad utilizzare una quantità sempre maggiore di risorse, rendendo sempre più ineguale la distribuzione di queste risorse, senza che si sia raggiunto un punto di rottura. In questo preciso istante, ad esempio, lo scioglimento dei ghiacciai continentali, che è all’origine della deviazione della Corrente del Golfo, potrebbe, nel giro di alcuni anni, modificare il clima dell’Inghilterra rendendolo rigido come quello del Labrador, che si trova alla stessa latitudine.

La primavera e l’estate scomparirebbero. Il punto della questione è che noi viviamo su un pianeta in cui ogni cosa è circolare – tutto ciò che facciamo agli altri, o alla natura, alla fine tornerà a noi. Ma se è vero che è sempre stato così, è altrettanto vero che solo da un paio di secoli abbiamo iniziato a vedere le cose in quest’ottica. Un ulteriore fattore ha a che fare con il comportamento dei sistemi complessi: non cambiano in modo uniforme. È impossibile dire, anche in linea teorica, quando un sistema complesso raggiungerà il suo limite – ci sono talmente tante retroazioni, talmente tanti meccanismi di auto-correzione all’opera.

Ma se la sollecitazione continua ad aumentare, presto o tardi si giungerà sull’orlo del precipizio o a un punto di biforcazione, e tutto a un tratto il sistema semplicemente non sarà in grado di correggersi. Ci limitiamo ad ignorare questo accumularsi di pressione nel sistema. Di conseguenza, siamo posti di fronte a una crisi “ecol-nomica” – ecologica ed economica al tempo stesso – con potenziali problemi catastrofici come cambiamenti climatici e aumento del livello del mare, che potrebbero minacciare la nostra sopravvivenza.

WIE: Si tratta di problemi di enorme portata e complessità, problemi che l’umanità non ha mai dovuto affrontare prima. È affascinante che lei, in quanto scienziato, non sia alla ricerca di soluzioni scientifiche, ma, al contrario, sia proiettato verso un cambiamento radicale del nostro modo di pensare. Che cos’è questo nuovo modo di pensare e in che modo potrà aiutarci?

Ervin Laszlo: Ha a che fare con una nuova visione del mondo, con nuovi valori adatti alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo su questo pianeta. L’aumento della spiritualità e l’aumento delle tecniche di meditazione, e il rapporto con la crescita interiore, fa tutto parte di questo fenomeno. E sta già accadendo, ma è un processo che deve essere accelerato.

E’ possibile arrivare a questa nuova visione del mondo attraverso mezzi razionali o intellettuali. È possibile arrivarci intuitivamente, attraverso l’arte, la spiritualità, o la religione. E ci si può arrivare attraverso la scienza. Se guardiamo agli sviluppi nel campo della scienza, scopriremo che la scienza sta diventando sempre più consapevole del fatto che tutto è strettamente connesso a tutto il resto. Tutto ciò che esiste è un sistema aperto. Nulla è completamente chiuso o indipendente – tutto è connesso in maniera molto sensibile.

Le implicazioni sono enormi ovunque si guardi. Così, ad esempio, noi non siamo soltanto ammassi di cellule, come un edificio è un ammasso di mattoni. Ancora più importante, il nostro tessuto vitale non è costituito di elementi dal nocciolo duro – atomi e molecole – è costituito di onde. Pertanto, noi siamo sistemi viventi che ricevono e trasmettono informazioni costantemente.

Questa trasmissione delle informazioni è più rapida di qualsiasi meccanismo biochimico concepibile, perché ciò che accade a una parte dell’organismo accade contemporaneamente all’altra parte. Vi è una costante interazione su dimensioni multiple. È una cosa notevole – andare ben oltre qualsiasi concetto tecnico, biologico, meccanicistico e materialistico dell’organismo.

Come affermano gran parte degli scritti spirituali: non siamo limitati a cinque aperture nella torre – intendendo che non ci limitiamo a vedere il mondo attraverso i cinque organi di senso. Per quanto mi riguarda, è assolutamente ovvio che la consapevolezza non è un sottoprodotto del cervello, fabbricato da un insieme complesso di neuroni. È qualcosa che pervade l’intero universo. È lì in tutto il corpo, in tutti i sistemi viventi, probabilmente lungo tutto il percorso, giù fino al livello quantico.

Viviamo in un universo che è esso stesso consapevole. E perciò, possiamo lasciare che il cielo entri dal tetto. La creatività porta a schiudersi – offre la possibilità di lasciare che il cielo entri dal tetto. E in quel momento non saremo più soli. Ho vissuto momenti come questi durante i concerti quando ero un giovane musicista – la sensazione di essere parte di un universo più grande. Di essere unito a qualcosa più grande di te.

Credo che queste cose ci daranno un nuovo paradigma di un universo che è connesso. Siamo molto più interconnessi l’uno all’altro e a tutti gli elementi di quanto potremmo mai immaginare. Un amico che ammiro molto, Jonas Salk, ha detto che un nuovo paradigma nella scienza e nella società è come una risposta del sistema immunitario, perché ti permette di pensare a modi più adatti per fare fronte ai nuovi problemi.

Pertanto, se questo paradigma comincerà a penetrare nella società, ci sarà più solidarietà, più umanità e un rapporto migliore con la natura e tra gli esseri umani, perché riconosceremo quello che William James ha detto in The Varieties of Religious Experience [Le varie forme dell’esperienza religiosa- Morcelliana 1998] – che siamo separati in superficie ma connessi in profondità. O ciò che sanno i buddisti – che siamo connessi al cosmo.

È anche ciò che intendeva Gesù quando disse: “Amatevi come io vi ho amato perché voi siete una cosa sola.” Tutti i grandi profeti lo hanno affermato. Ma noi abbiamo perso questa interconnessione, ammaliati dalla tecnologia, dall’economia e dal potere. Riconoscere il sottile elemento che connette la natura tutta e l’effetto che esso ha sulla nostra mente, la nostra consapevolezza, potrebbe aiutarci a divenire più umani – e, per inciso, aiutarci a sopravvivere alla crisi che ci troviamo oggi ad affrontare."

domenica 26 luglio 2015

Che cosa ti è stato dato?



Che cosa ti è stato dato?
Intendo dire della perdita,
di quello che ti è stato tolto.
Una cosa senza cui non si può vivere.
Una persona o un luogo;
il segreto, o la circostanza -
ora che non c'è più,
o che è stata scoperta,
e non si può chiamarla più un fondamento.

Che cos'è che hai ricevuto?
Io lo so, e so che lo sai anche tu,
che è in questo modo:
c'è uno svuotamento.
Qualcosa arriva e ti apre
diritto
verso il basso
il
centro.

E da quel momento in poi
non sei più immune da questo mondo.
Ci si sveglia, si vaga,
ogni cosa familiare ormai è divenuta straniera.
Camminiamo come attraverso l'acqua
finché ti ritrovi nuovamente nel tuo letto
ed infine, persino lì -
Le tue lenzuola; il profumo del tuo cuscino
è diverso,
come se qualcuno ogni giorno
ridipingesse la tua stanza,
spostasse qualcosa,
turbasse un caro ricordo.

Vedi, a volte, siamo svuotati.
Veniamo svuotati
perché
la vita ci vuole conoscere
molto più
più
Illuminati

(Em Claire, 2007)

giovedì 23 luglio 2015

Il sorriso di Zarathustra



“Un compagno allegro è una carrozza
in un viaggio a piedi.”
(Johann Wolfgang Goethe)

Gli elementi spirituali più profondi non vanno cercati nelle situazioni può lontane e anomale, ma sono osservabili nei fenomeni più comuni e semplici del mondo, dice Steiner. Solo quando siamo capaci di vedere e comprendere le piccole cose possiamo comprendere le cose più grandi. Dovremmo imparare sempre a partire dalle cose più semplici. Invece di solito amiamo la spiegazione dei più incredibili misteri e disprezziamo le ragioni e i meccanismi delle piccole cose che ci legano alla realtà quotidiana perché le giudichiamo troppo poco importanti.

Ma, chi cerca di indagare sul lato spirituale del mondo, non dovrebbe fare questo grave errore concettuale! Solo chi comprende che non c’è nulla che può essere giudicato come poco importante si potrà convincere del fatto che i piccoli progressi fatti a passo lento partono da piccole cose che ci portano a grandi conoscenze. Ridere e piangere sono due fenomeni molto comuni nella vita di tutti i giorni, ma possono farci penetrare nei misteri più profondi dell’entità umana.

Se esaminiamo la cosa nel modo opportuno vediamo che ridere e piangere devono essere dei fenomeni molto importanti se, la leggenda racconta che uno dei maestri più grandi del mondo orientale, Zarathustra, entrò nel mondo sorridendo. La leggenda narra che, davanti al sorriso di Zarathustra, tutte le creature del mondo furono felici e risero insieme a lui. Invece, davanti a quel sorriso, continua la leggenda, fuggirono tutti gli spiriti malvagi della Terra che lo sentirono come un nemico.

Il ridere e il piangere ci collegano alla terra perché sono due modi con cui l’essere dello spirito reagisce al mondo che lo circonda. Queste manifestazioni dell’anima sono l’espressione della vita intima dell’essere spirituale dell’uomo. Se esaminiamo l’io dell’uomo vediamo che non resta indifferente e reagisce al mondo perciò si esprime mostrando che qualcosa gli piace oppure non gli piace. Quando un oggetto piace si crea un legame che sentiamo come un sentimento che riscalda e l’oggetto entra a far parte dell’io. Invece quando qualcosa non piace o disturba l’io cade nell’afflizione o nella paura.

Tutto quello che viviamo si riflette nella vita dell’anima, perciò si dice che il mondo non influisce solo sul corpo fisico. Il mondo si ripercuote anche in tutte le altre parti che sono connesse con l’io. Infatti si ripercuote anche nel corpo astrale dove si percepiscono le emozioni, e poi mette in movimento le correnti del corpo eterico che si ripercuotono sul corpo fisico.

Tutto questo è evidente quando vediamo come la circolazione del sangue si modifica nei casi di emozioni positive o negative. L’io cerca sempre di creare un legame giusto ed equilibrato con la realtà perciò si sente unito con gli oggetti che vuole comprendere. Se non riesce a capire qualcosa oppure se incontra un essere con cui non vuole avere nessun rapporto, l’io pensa che non vale la pena di sciupare le forze che sono necessarie per la sua comprensione.

Allora l’io crea una sorta di barriera divisoria e si rifiuta di dedicare la sua forza di conoscenza e di comprensione a quell'essere. Il sentimento che sorge è il desiderio di liberarsi di quell’essere perciò l’io si ritrae, mentre con l’essere che vuol comprendere e vuole conoscere non sente quel ritrarsi, ma si sente attratto.

Questi stati di coscienza sono osservabili come un ritrarsi del corpo astrale a causa dell’influsso che l’io esercita sul corpo astrale. Nell’uomo si osserva un dilatarsi oppure un comprimersi del suo corpo astrale: tutto questo si riflette nel sorriso e nel pianto. Quando vogliamo liberarci di qualcosa non ci resta che sollevarci al di sopra dell’oggetto o perlomeno sull’impressione che l'oggetto esercita sul corpo fisico, perciò reagiamo elevando e dilatando il nostro corpo astrale.

L’io trasferisce tutto ciò che sente più intimo, nel suo involucro più intimo cioè nel corpo astrale, e la dimostrazione fisiognomica del fenomeno è il riso. Succede pure che possiamo subire la perdita di una persona molto amata, perciò la nostra anima sente il legame di quel ricordo. Ma la separazione comporta che il legame venga a mancare, e non si possa più riavere.

Qualcosa è stato strappato all’io, e quella sensazione di mancanza si trasferisce nel corpo astrale che cerca un collegamento che non riesce più a trovare. Il corpo astrale allora si ritrae in se stesso o meglio, è l’io che comprime il corpo astrale. Tutto questo accade quando subiamo una perdita, in cui sentiamo la tristezza e il dolore della perdita come qualcosa che ci comprime dentro. Perciò, il corpo astrale che si dilata diventa più labile e leggero esprimendosi come riso o sorriso.

Invece, quando il corpo astrale si comprime per il dolore e per la tristezza, esso penetra sempre più profondamente nell’essere. Per questo avviene che il corpo astrale sempre più compresso vada a comprimere il relativo corpo fisico finché si produce lo sgorgare delle lacrime. Ma cosa sono le lacrime? Le lacrime sono il segno che l’io ha smarrito qualcosa perciò piangendo mostra il suo dolore.

L'io si comprime, dice Steiner, perché è diventato più povero e la sua individualità si sente più debole di prima. Infatti l’io si sente sempre più forte e più ricco se può accumulare molte esperienze. Non soltanto offriamo qualcosa a tutto quello che amiamo, ma con quell’amore arricchiamo anche la nostra anima. Quando ci vengono strappate le nostre esperienze d’amore il corpo astrale sente un vuoto perciò si comprime in se stesso.

Tutto questo avviene a causa della diversa pressione, perciò il corpo astrale cerca di ritrovare le forze che ha smarrito. Esso cerca di arricchirsi concentrandosi, perché ha perso qualcosa che lo colmava. Quello che accade tramite le lacrime è un fluire verso l’esterno per scaricare la tensione. Le lacrime sono il surrogato dell'io divenuto più povero. Mentre prima l’io si sentiva ricco di ciò che aveva, adesso si sente più forte producendo le sue lacrime.

La persona cerca di sostituire l’autoconoscenza che ha perso spiritualmente. Ora produce la creazione interiore che si mostra nella produzione di lacrime, dice Steiner. Le lacrime sono un’occasione per risentire una sorta di godimento interno. Quando siamo infelici per una perdita, le lacrime divantano una consolazione perché offrono un surrogato di quello che ci viene a mancare. È noto che, in quelli che hanno difficoltà a piangere è più difficile sopportare il dolore, mentre gli altri si creano con le lacrime un’occasione di benessere.

Vediamo come l’io sia il centro dell’uomo e come si esprima tramite il ridere e il piangere. L’io è l’elemento che rende veramente uomini, ed è la premessa del vero ridere e del vero piangere. Se osserviamo un bambino appena nato vediamo che, nei suoi primi giorni di vita, quel bambino non può ridere. Per vedere il sorriso sono necessari almeno 40 giorni di vita. La ragione è che, sebbene sia deciso quale incarnazione vivrà in quel bambino, l'essere proveniente da una incarnazione precedente, l’io non riesce ad agire in modo formativo nei primi giorni di vita.

Solitamente l’io del neonato non riesce ancora a creare un nesso con il mondo esterno. Noi siamo inseriti nella vita in modo che in noi agiscano due parti. La prima parte che agisce in noi contiene tutte le caratteristiche che abbiamo ereditato dai genitori e dagli antenati cioè tutte le capacità che provengono dalla nostra linea ereditaria. E dietro questo lavora anche l’individualità cioè l’io umano che passa di vita in vita, di incarnazione in incarnazione e che forma alcune caratteristiche dell’anima.

Il bambino appena nato mostra caratteristiche indistinte perché, in un primo momento, restano indistinte le disposizioni ed i talenti che si mostreranno in futuro. In seguito l’io sarà sempre più creatore perciò elaborerà i suoi tratti distintivi mostrandoli in modo più distinto così da riuscire a modificare anche la sua linea ereditaria. Vediamo che l’io del bambino si deve attivare perciò è necessario che passi del tempo affinché sia in grado di trasformare il corpo e l’anima.

Nei primi giorni di vita l’io resta ancora nascosto nel profondo e aspetta di potersi inserire nella fisionomia indistinta del nuovo nato mostrando il nocciolo di ciò che ha portato con sé dalle sue vite precedenti. Questo è quello che dovrà imprimere nella sua nuova vita. Naturalmente deve far conto su tutto quello che può influire sulla sua anima, perciò vediamo che il ridere e il piangere possono diventare anche un modo per educare la nostra anima.

Quando ci si eleva con il sorriso vediamo che l’io fa appello alle sue forze di autoliberazione. Nelle lacrime invece vediamo che l’io può educarsi e può arricchire in un modo diverso la sua individualità. Steiner dice che quando l’io si educa con il riso e con il pianto può elevandosi in libertà e può ampliare il suo legame con il mondo. Chi riesce a guardare con attenzione vede che non c’è nulla di poco importante nella natura umana, infatti l’io è ben modulato quando trova l’equilibrio tra i due poli alterni della gioia smodata e della tristezza mortale.

Il sorriso umano è la manifestazione spirituale del fatto che l’uomo tende alla sua liberazione, che non si lascia intrappolare da cose che sono indegne di lui. Perciò il suo sorriso dimostra che egli è superiore a tutto quello che non lo può imprigionare. Il sorriso di Zarathustra viene compreso solo se lo vediamo così: il grande maestro era totalmente consapevole di se stesso fin dalla nascita. Zarathustra sorrise perché era il simbolo dell’elevarsi dell’io totalmente libero che è al di sopra di tutto quello che lo vorrebbe costringere e comprimere. E tutta la Terra rise perché poteva elevarsi per mezzo dell'entità che viveva in Zarathustra.

Buona erranza
Sharatan

martedì 21 luglio 2015

Distorsioni mentali



“Le circostanze oggettive sono sempre neutre.
È il modo in cui reagisci che le fa apparire
tristi o felici.” (Paramhansa Yogananada)

L’organizzazione del nostro cervello e la struttura del nostro sistema nervoso ci spinge a definire tutto quello che proviamo in base a due tonalità affettive: buono o cattivo. Questo funzionamento ci accomuna agli organismi più semplici con cui condividiamo un approccio alle sensazioni che è basato sulla divisione in positivo o in negativo. Gli studiosi dicono che questa struttura istintiva ha lo scopo di facilitare la specie e di difenderla dai pericoli.

Secondo i neuroscenziati, l’origine dei nostri stati d’animo è dovuta al fatto che ci offre un vantaggio evolutivo. Il nostro cervello è stato programmato come quello degli animali ma, in seguito, gli uomini sono diventati più sottili e complessi. Secondo le teorie evoluzionistiche tutto quello che esiste nel fisico e nel mentale possiede una utilità finalizzata alla sopravvivenza della specie. E la questione che emerge da questi studi è quella che esisterebbe la predominanza delle sensazioni negative perché esse sono molto più efficaci per la sopravvivenza della specie.

La negatività sembra avere una necessità primaria, infatti molte lingue hanno molte più espressioni dedicate alla descrizione delle sensazioni negative piuttosto che a quelle che descrivono le emozioni positive. Esprimendoci in modo più semplice, possiamo dire che il nostro cervello sembra strutturato in modo da farci percepire e individuare più velocemente i pericoli e le situazioni ostili. Sappiamo vedere meglio quello che è negativo, infatti lo vediamo molto più velocemente e presentiamo una reazione di maggiore intensità.

Sembra confermato che il cervello dei soggetti a cui vengono presentate delle situazioni emozionali e delle situazioni neutre reagiscono maggiormente nelle situazioni che hanno un valore più emozionale. Davanti a quest’ultime si producono delle reazioni più significative e sentiamo un maggiore impatto perché abbiamo emozioni e stati d’animo più intensi e persistenti. Noi siamo “cablati” per rispondere con maggiore attenzione, con più intensità e con un ricordo più persistente alle situazioni che producono delle reazioni e emozioni negative?

Siamo condannati dalla macchina cerebrale a diventare dei depressi pieni di angoscia? Poiché altri studiosi affermano che il cervello umano ha la capacità di analizzare meglio le informazioni positive facendolo in modo più veloce rispetto a quelle negative, cosa dobbiamo credere? La verità è che le informazioni positive non sono percepite come minacciose, perciò non abbiamo bisogno di mantenere una vigilanza eccessiva. Per analizzarle possiamo avere più tempo, perciò non siamo vincolati a produrre una reazione veloce come accade per le situazioni negative.

Le idee e le immagini positive sono più facili da memorizzare, infatti la memoria trattiene più volentieri le cose positive rispetto a quelle negative. Le emozioni ci spingono a percepire, in modo più istintivo, la paura e la tristezza. Ma i nostri stati d’animo mutevoli possono salvarci se sappiamo agire bene su di loro. Secondo alcuni studiosi, saremmo degli animali con un’istintiva attitudine a percepire meglio le cose negative, ma il mutare dei nostri stati d’animo può farci riflettere sulla vera natura delle nostre emozioni.

Gli automatismi che ci spingono a percepire maggiormente il lato negativo possono avere anche un'origine diversa. E questo si vede nel famoso “effetto Zeigarnik” in cui si vede che abbiamo una tendenza a ricordare meglio le azione che non abbiamo completato perché fummo interrotti mentre le eseguivamo. La psicologa sovietica Bluma Zeigarnik fece un famoso esperimento in cui chiese a un gruppo di circa 20 bambini di fare dei piccoli lavori con la pasta da modellare, con le perline e con altri tipi di materiali. Ma la studiosa fece in modo che alcuni lavori fossero completati mentre impedì che altri lavori fossero completati.

Alla fine, quando la dottoressa chiese ai bambini di ricordare quali lavori avessero svolto, potè verificare che i lavori incompiuti si ricordavano nel doppio dei casi rispetto ai lavori che erano stati finiti. L’ipotesi della Zeigarnik fu che la piccola tensione indotta dalla sensazione di avere molti lavori da svolgere non veniva sempre placata dalla realizzazione del lavoro stesso. La conclusione fu che la realizzazione del lavoro comporta un oblio cosciente e non certo inconscio, e che questo costruisce un apporto interiore positivo.

Si confermò così il detto che il ricordo dei successi avuti nel passato forma un prezioso deposito di esperienze positive che può farci comodo avere a nostra disposizione nel futuro. Se non riusciamo a completare qualcosa tendiamo a memorizzare la tensione che è legata a ciò che resta incompiuto, perché l'ansia non viene placata dal piacere del successo. Questo è il fattore che associa il ricordo con l’emozione negativa e che facilita il suo riaffiorare alla coscienza. E lo stesso meccanismo sostiene anche il rancore e il rimuginare interno che è così comune nella scontentezza.

Questo meccanismo perverso investe, condiziona e riguarda tutta la vita moderna, perché la nostra vita è piena di molte tensioni e frustrazioni. Le persone svolgono troppe attività diverse perciò sono sottoposte a molte interruzioni e frustrazioni di cui non sono assolutamente consapevoli. L’eccessiva frammentazione delle nostre attività ci sottopone a uno stress eccessivo, perciò tendiamo a indugiare negli stati negativi che ci fanno soffrire. E c’è anche da riflettere sul fatto che le persone sanno piangere forte quando la vita li fa soffrire, ma non sanno ridere convinti quando si sentono felici.

Siamo incapaci di vedere le occasioni di felicità che esistono nella vita. Tendiamo a vedere meglio le occasioni di infelicità e di disagio piuttosto che quello che ci rende felici. Forse dovremmo imparare a rendere grazie per la bellezza che ci circonda, e dovremmo imparare a fare ogni giorno questo semplice esercizio di felicità. Sembra che, all’origine degli stati d’animo negativi più forti e persistenti ci siano degli eventi molto stressanti. Invece, all’origine degli stati positivi c’è un benessere corporeo e delle interazioni sociali positive piuttosto che eventi positivi notevoli o memorabili.

È chiaro che poter avere eventi positivi intensi e memorabili è importante, ma i grandi avvenimenti non sono necessari per essere felici. Si è provato che, a lungo termine, è più importante avere la percezione di un insieme di benessere fisico e di benessere nel trascorrere dei momenti belli con gli altri esseri umani. E questo riporta ancora all’atteggiamento umano che è basato sulla polarità positiva o negativa. Gli stati mentali positivi vengono associati all’avvicinarsi, mentre quelli negativi vengono collegati all’evitare e al ritrarsi.

Questa è la chiave per capire la funzione che si attiva in modo preferenziale, per capire qual'è il primo riflesso che attiviamo nelle situazioni di disturbo e in quelle molto improvvise. Sappiamo che gli stati d’animo legati all’avvicinamento sono la curiosità, l’interesse, l’entusiasmo, mentre quelli associati al ritrarsi sono l’irritazione, il disprezzo e il disgusto. Se accade che le nostre reazioni vengono collegate a esperienze passate in cui l’avvicinamento ha causato gioia, piacere e buon umore avremo con maggiore facilità un approccio positivo. Se in passato abbiamo avuto dei fallimenti e delle frustrazioni reagiremo con tristezza, rabbia e rancore.

L’approccio positivo amplia il nostro sguardo sul mondo, invece quello negativo ci fa vedere prima quello che porta i problemi e le preoccupazioni. Se osserviamo il mondo con uno spirito aperto, curioso e fiducioso troveremo le cose più belle e più buone. Se guardiamo il mondo con uno sguardo chiuso e timoroso troveremo solo cose brutte e paurose. Se guardiamo tutto con sospetto diventiamo degli esseri limitati e infelici, perché la positività ha il potere di allargare il mondo mentre il negativo lo restringe.

Generalmente si dice che l’accellerazione, l’apertura e l’espansione sono le naturali conseguenze della nostra positività interiore. Perciò le persone positive sono adatte agli ambienti sicuri e sanno vivere in pace. La positività ci dona molte altre virtù, infatti ci consente di avere un migliore autocontrollo sulla nostra vita. Ci offre la possibilità di avere degli obiettivi più a lungo termine con la fiducia di poterli perseguire. Invece le persone che restano coinvolte solo nelle situazioni dolorose rischiano di fare scelte che sono al di sopra delle loro forze e delle loro capacità.

Esistono molte idee sbagliate come quelli di alcuni leaders che pensano che il buonumore e il benessere possono causare il lassismo perciò impongono ritmi troppo stressanti credendo che il lavoro possa migliorare con un clima molto competitivo. Ma la scienza dice che il benessere attiva meglio la memoria, rende più aperti alle critiche e stimola un maggiore amore per il proprio lavoro. L’unica cosa che ci rassicura è sapere che, se più siamo consapevoli e più informati su questi meccanismi, non verremo abbindolati dagli ignoranti che ci vogliono condannare a essere una struttura mentale immutabile.

Sappiamo che il negativo ci fa fissare troppo sui dettagli, che ci fossilizza sulle inezie e che favorisce la mania per le verifiche eccessive. Perciò il negativo stimola lo sviluppo di comportamenti molto ossessivi e compulsivi. Se le persone vengono spinte a rallentare l’interesse per il mondo, vengono spinte a prendersi minor cura di loro stessi perciò trascurano anche la loro salute. La tristezza ci induce a cercare stimoli allettanti nel cibo, nell’alcool e in altri piaceri che vengono percepiti come “piaceri proibiti.”

Lo stato depressivo ci spinge verso i comportamenti autodistruttivi che sono seguiti dai sentimenti di colpa. E, un senso di colpa inconscio o cosciente, ci rende ben poco indulgenti verso noi stessi e molto più inclini a punirci duramente per tutte le nostre trasgressioni: questo è il rischio innescato dalla negatività. Il rischio è quello di restare invischiati nel circolo vizioso dell’autopunizione e di avere l'aggravarsi del male. Per tutte queste ragioni non dobbiamo trascurare di coltivare ogni minimo piacere che ci proviene anche dalle cose più semplici come una bella passeggiata oppure la compagnia dei nostri più cari amici.

E dobbiamo farlo, soprattutto se pensiamo che stiamo cadendo nella malinconia. Al contrario di quello che si crede, la sensazione di star male non ci impedisce di vivere dei momenti molto positivi. Molti stati d’animo sono composti di un alternarsi di negativo e di positivo. Al contrario di ciò che si crede non è strano sentire la vita con un misto di sensazioni di benessere e di malessere. Per molte persone anche lo stress diventa un'occasione per sentire delle sensazioni eccitanti seppure molto logoranti.

La felicità non è mai una condizione definitiva, fissa e statica. Il benessere può essere anche un'alternarsi di benessere e di malessere sentiti in modo molto intenso. Al contrario di ciò che sembra è la bassa tonalità della percezione che ci getta nel vuoto dell’apatia. Per fortuna la vita ci offre più facilmente degli stati d’animo fluttuanti piuttosto che emozioni molto intense, e questa è la nostra maggiore benedizione.

È una grande fortuna poter vivere una vita che ci consenta di costruire una visione sensibile e acuta con avvenimenti poco stressanti. Avere un approccio delicato con la vita e saper costruire una percezione sottile e più acuta è una vera rarità. Per questo motivo tutti i maggiori maestri ci raccomandano di imparare ad accogliere pure gli stati più negativi, perché saper accettare e coltivare tutti i propri stati d’animo è una enorme fonte di ricchezza.

Buona erranza
Sharatan

domenica 19 luglio 2015

Il dono dell'Immortale



Due pescatori vivevano in misere capanne nei pressi di un ponte che attraversava il Fiume Giallo. Il primo dei due pescatori non si alzava mai prima di mezzogiorno e pescava pigramente, mentre l'altro era operoso infatti si alzava all’alba e trascorreva tutto il giorno a pescare. Ma, per quanto lavoro facessero, uno alacremente e l’altro più pigramente, il pesce che pescavano non sopravviveva a lungo fuori dal fiume.

Sebbene lo mettessero subito in secchi pieni d’acqua, il pesce moriva perciò portavano ben poco pesce al mercato. I negozianti non compravano volentieri il loro pesce. O meglio, si può dire che lo compravano solo se non c’era del pesce migliore da comprare. I due non se la cavavano molto bene, e anche quello che lavorava più duramente per tutto il giorno stentava a sopravvivere. Una notte, quello che lavorava tanto fece uno strano sogno che era destinato a trasformare la sua vita.

Il pescatore sognò che era seduto sull’uscio della sua capanna impegnato a rammentare le sue reti, quando vide avvicinarsi un vecchio con una gran barba bianca. Il vecchio lo chiamò e gli disse: “Pescatore, bada che domani all'alba vedrai passare il gruppo degli Otto Immortali che attraverseranno il ponte vicino alla tua capanna. Tu resta ad aspettarli e, se riconoscerai qualcuno, fermalo e digli che desideri un dono. Se farai ciò che ti dico, la tua sorte muterà per sempre.”

Al risveglio, il pescatore non sapeva se credere o meno allo strano sogno, ma decise di fare quello che gli aveva detto il vecchio. Si alzò all’alba e si nascose accanto al ponte e aspettò finché vide arrivare un gruppo di persone vestite alla maniera antica. Il gruppo camminava lentamente perché impegnato in piacevole conversazione, inconsapevole che qualcuno li stesse osservando. Il pescatore li osservava con attenzione, ma non riusciva a riconoscere nessuno di loro.

Quando stava per abbandonare ogni speranza di avere il dono vide un uomo curvo che si attardava perché zoppicava. L’uomo aveva il viso tutto butterato e portava al collo una zucca appesa a una tracolla di pelle e camminava appoggiato a una stampella. Il pescatore lo riconobbe e gli corse incontro chiamandolo per nome: “Tu sei Ti Kuai Li, ti conosco! Un uomo in sogno mi ha detto che mi avresti fatto un dono.”

L’Immortale osservò con attenzione l’uomo che parlava. Vide un povero pescatore vestito miseramente che calzava sandali di paglia sfondati, con il viso segnato dall’onesto lavoro. Capì subito che era un uomo generoso e leale che avrebbe fatto un uso saggio del dono di un Immortale. Allora prese la sua zucca e la colpì leggermente, poi ne trasse una perla nera che donò al pescatore dopo avergli detto di custodirla con giudizio. Poi scomparve al canto del primo gallo del mattino.

Da quel giorno il pescatore prese la stessa quantità di pesce, ma il pesce che metteva nei secchi non moriva. A differenza di prima, il pesce restava vivo e arrivava al mercato anche più grosso e più bello di quando nuotava nel fiume. Tutti i giorni molti compratori si fermavano davanti ai suoi secchi per comprare il suo pesce e, lui iniziò a guadagnare bene. In poco tempo mise da parte una piccola fortuna, perciò il vicino diventò invidioso della sua fortuna.

Il pescatore pigro si era insospettito perché il pesce del fiume era più piccolo di quello che l’amico pescava. Anche la quantità del pesce era molto più limitata di quella che l’altro vendeva. Dove andava a prendere tutto quel pesce? E poi come mai il pesce dell'amico era vivo mentre il suo pesce moriva come prima? La cosa era molto strana perciò decise di spiarlo. Una notte penetrò nel giardino del vicino e si mise a guardare da una fessura della finestra del lato posteriore.

La stanza era illuminata da due lampade a olio perciò si vedeva bene tutto ciò che accadeva. L'invidioso vide che il vicino prendeva una perla nera da una custodia di paglia che portava appesa al collo e la avvicinava al secchio pieno di pesci morti. Vide che appena la perla veniva avvicinata al secchio, i pesci resuscitavano e iniziavano a nuotare. Notò pure che i pesci tornati in vita erano più grossi e belli di prima.

Allora il pescatore pigro non riuscì a trattenersi e irruppe nella stanza dicendo: “Adesso capisco perché ti stai arricchendo!" Poi continuò con tono lamentoso: “Siamo amici di tanti anni e sai come sono povero. Per favore prestami qualche giorno la tua perla miracolosa. Prometto che la terrò solo per tre giorni, e che poi te la renderò.”

Il pescatore industrioso ricordò che Ti Kuai Li gli aveva ordinato di custodire con cura la perla, ma non se la sentiva neppure di lasciare l’amico nel bisogno. Allora propose di andare insieme al ponte e di aspettare l’Immortale per farsi aiutare. Ma l'amico invidioso non poteva staccare gli occhi dalla perla. Non riusciva a vedere altro finché la sua cupidigia ebbe il sopravvento, e aggredì l’amico per strappargliela di mano.

Quando il pescatore industrioso si vide aggredito furiosamente dall’amico, non vide altra soluzione che inghiottire la perla nera. In quell'attimo preciso, un tuono ruggì cadendo dal cielo e una folgore irruppe nella casa rompendo varie suppellettili, dopo aver sfondato il tetto. Al grande boato, il pescatore pigro corse a nascondersi sotto un tavolo dove restò immobile come un morto.

L'amico restò in piedi mentre la folgore lo colpiva nel petto. Ma invece di crollare a terra folgorato iniziò a sollevarsi in aria, e scomparve nel cielo stellato dove raggiunse il mondo degli dei e degli Immortali. Quando l'amico ebbe il coraggio di uscire corse al ponte sperando di incontrare l’Immortale, ma non lo incontrò mai. Non ebbe la costanza di aspettarlo a lungo e tornò alla sua vita consueta, perciò morì povero come era vissuto.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 16 luglio 2015

Maschere



È tragico ma vero che alcune persone
non hanno mai posseduto la loro anima.
Costoro possiedono ogni cosa
all'infuori di se stessi,
in questo modo, ovviamente,
diventano semplici cose
confuse tra tutte le altre cose
che possiedono.

Colui che possiede
diventa la cosa posseduta.
Niente è più raro in un uomo,
disse Emerson,
che un gesto veramente suo.

Ma non ci si può aspettare nient'altro
perché nessuno appartiene a se stesso.

La maggior parte degli individui
sono qualcun altro.
Non vivono realmente,
recitano solo dei ruoli
imposti loro dagli altri.

I loro pensieri sono opinioni altrui
e i loro volti sono semplici maschere.

Essi non hanno alcun volto.
Non hanno alcuna essenza autentica.
Le loro vite sono un mimetismo -
e le loro passioni, una citazione.

Spazza via questo circolo vizioso,
altrimenti non sarai mai.
spezzalo con la meditazione -
e null'altro lo potrà mai spezzare
perché non può essere infranto
usando la mente.

La mente è la prigione,
la meditazione, la porta.
Ed è l'unica porta.

(Osho Rajneesh)

martedì 14 luglio 2015

Tendenze arimaniche



“Il male di cui siamo inconsci in noi stessi
s’introdurrà subdolamente in ciò
che ci sta intorno e lì agirà.”
(Carl Gustav Jung)

Steiner diceva che si sta preparando l’incarnazione di Arimane e che esistono alcune forze che agiscono sull’uomo favorendo la sua venuta. Ma quali sono le forze spirituali e non spirituali che lo facilitano? Uno dei suoi mezzi è quello di non far conoscere la realtà della sua esistenza, e questo è un tratto dominante della nostra epoca. Oggi gli uomini non vogliono saperne nulla di spirito. Anche le persone che si dicono religiose non sentono alcun impulso spirituale interiore.

Anche per loro sentire l'impulso dello spirituale interiore non ha valore perciò negano la spiritualità e la combattono. Ma l’uomo è un’unità fatta dalla parte fisica e dalla parte spirituale, perciò entrambi agiscono durante la nostra vita. Anche se rinneghiamo la nostra parte spirituale essa agisce ugualmente.

Va saputo che, dall’ultimo terzo del 18° secolo, siamo totalmente circondati di forze spirituali che dirigono l’evoluzione, anche se l’uomo non lo vuole ammettere. Proprio in quelli che negano e che rifiutano lo spirito con maggiore forza, lo spiriti si infiltra con più forza. Noi mangiamo spirito insieme con il nostro cibo, ma non lo sappiamo. E la nostra ignoranza ha causato la prevalenza del materialismo.

L’uomo pensa che l’universo sia un enorme meccanismo che è retto da leggi matematiche e mosso da impulsi meccanici. La corrente materialista è iniziata nel 1840 anche se venne preparata per molto tempo. L’uomo non riesce più a vedere l’azione di forze spirituali che influiscono dietro ai fatti del mondo sensibile.

Ma lo spirito che penetra in uomini inconsapevoli infonde nuova forza all’elemento luciferino che aiuta Arimane. Gli uomini devono sapere questo fatto altrimenti mangeremo lo spirito senza saperlo e, nel farlo, ci consegneremo alle potenze luciferine. Una corrente di uomini che siano mangiatori inconsapevoli d’anima e di spirito rinforzano sempre l'azione di Arimane.

Arimane potrà ingannarci sempre di più e confonderci, perché tutto lo spirituale sarà privato di calore umano e senza l’entusiasmo si alimenta Arimane. L’uomo antico sapeva di essere parte del cosmo perciò la sua coscienza era completamente inclusa nel mondo spirituale. Nell’anima umana esiste ancora questo ricordo che proviene dalla profondità dell’anima anche se l’uomo non lo ricorda, almeno in modo cosciente.

Ma questa verità esiste ancora. Molti conflitti umani derivano dalla diversità tra quello che sentono coscientemente e quello che sentono incosciamente. Arimane ha tutto l'interesse che l’umanità creda a una realtà meccanica, matematica e atomistica anche se è tutto falso. Arimane ha interesse che gli uomini credano solo alle scienze esatte e le credano come verità assolute.

Lui non vuole che le credano come verità che fotografano solo un lato, un aspetto, un punto di vista parziale di una verità maggiore. Arimane vuole che venga sviluppato il nostro aspetto razionalistico e intellettuale perchè i limiti della mente amano le illusioni. Arimane vuole che non si capisca perché l’ignoranza facilita il suo trionfo..

Il suo successo sarebbe che una visione fosse riconosciuta come verità unica, e che questa divenisse opinione dominante. Ma questo non significa che la scienze siano false perché si deve riconoscere che c’è del buono nel progresso scientifico. Dobbiamo capire che l’illusione è un elemento necessario per educare l’umanità. Dobbiamo avere illusioni per poter trovare le forze per superare e vedere che una mentalità veramente scientifica non può offrire solo la rappresentazione parziale del mondo.

Uno degli strumenti più efficaci di Arimane è quello di farci credere che la scienza possa spiegare ogni cosa. Il secondo mezzo è quello di istigare i motivi di discordia che spingono gli uomini a farsi la guerra. Basta osservare la natura dei partiti che si combattono tra loro, perché quelle lotte tra partiti non si spiegano solo come risultato di tendenze distruttive presenti nella natura umana.

I conflitti mondiali si spiegano solo se ammettiamo l’azione di forze soprasensibili e precisamente di potenze arimaniche. Queste potenze sono diffuse ovunque e scatenano le lotte tra gli uomini usando le divisioni e la confusione finché scatenano un conflitto. La confusione è uno dei mezzi più usati da Arimane. Il caos e la confusione spingono gli uomini a non accorgersi che molte ragioni possono essere usate per giustificare ogni cosa e anche il perfetto contrario presentando entrambi le opzioni come verità assolute.

La ragione rende logica ogni cosa e la mente scientifica rende valida ogni ipotesi. Arimane ama il pensiero rigido, la visione unilaterale e il pensiero meccanico e superficiale. Ma per accrescere la conoscenza e ampliare il sapere umano va cercato profondamente cioè vanno esaminati gli strati più profondi delle cose se non vogliamo essere usati e vinti dalle seduzioni arimaniche.

Arimane vuole confonderci perciò strumentalizza le differenze che vengono da famiglia, da razza, da stirpe e da popolo. I popoli vengono facilmente istigati uno contro l’altro per ottenere quel caos che favorisce l’arrivo di Arimane. Oggi è divenuta dominante il tipo dell’uomo economico. Nelle epoche antiche era dominante la casta degli iniziati e, in seguito, divenne dominante la casta dei sacerdoti.

Invece nell’età moderna sono diventati dominanti i clan degli uomini economici. Dal 19° secolo è diventato dominante il tipo dell’uomo banchiere e quello che ruota intorno al traffico del denaro. Attualmente abbiamo la signoria del denaro inteso come segno di quello che si possiede, di quello che si produce perché il denaro è uno dei migliori strumenti usati dalle potenze arimaniche per illuderci.

Se non riconosceremo che l’ordinamento economico ed etico che viene imposto dall’uomo economico e dalla casta dei banchieri si deve contrapporre il vero diritto, Arimane avrà le condizioni migliori per vincere. Potrà sedurre molti uomini o almeno un certo genere di uomo, perché ci saranno altri che lo serviranno in modo diverso. Ci sono molti che amano le mezze verità e interpretano la realtà solo con i testi sacri perciò rifiutano altri modi di vivere.

Se crediamo che un solo testo abbia tutta la verità crediamo alla mezza verità e avremo la mente ottenebrata che ama Arimane. Anche chi usao l’apparente modestia dei Vangeli si esprime con una superbia che viene da Arimane perciò anche loro lo amano. Ai tempi dei Vangeli, gli uomini erano molto diversi perciò scrissero un testo che, se viene compreso male può allontanarci da Cristo qualora sia inteso nel senso antico.

Cristo va cercato per mezzo di una visione spirituale del mondo e con la conoscenza diretta dello spirito. Chi cerca la conoscenza che esclude ogni aspetto spirituale entra nel gregge che seguirà Arimane quando verrà in forma umana. Anche se il messaggio dei Vangeli fosse la cosa migliore del mondo non è detto che sia buona in modo assoluto. Una cosa può essere buona o cattiva a seconda di come è usata, perciò anche la verità più elevata può diventare cattiva.

Si dovrebbe guardare con maggiore attenzione nelle correnti spirituali e religiose che agiscono nel tempo presente per sapersi orientare con il più giusto atteggiamento. Molti parlano di spiritualità ma la vera spiritualità va vissuta concretamente, va sentita in modo sincero e non va mai praticata solo a parole. Non facciamoci incantare da chi predica di elevate questioni spirituali senza conoscere affatto quelle realtà.

Molti descrivono lo spirito come si descriverebbe il mondo sensibile perché lo vedono solo nell’aspetto esteriore e ottengono l’effetto di allontanare gli uomini dallo spirito. Ma tutto quello che abbiamo nell’anima come intelligenza e sensibilità è solo il riflesso di quello che il nostro corpo riesce a rispecchiare. E ciò che si comprende, per quanto possiamo essere intelligenti non sarà mai lo spirito, ma sarà solo il riflesso dello spirito.

Non possiamo sperimentare lo spirito usando la mente, anche se la mente trova allettante la possibilità di poterlo fare. Si può parlare di spirito ma offriremo solo un’immagine, una teoria dello spirito che non potrà far emergere alcuna visione spirituale positiva in chi ascolta. Anche su questo fatto conta Arimane, perché la sua forza è direttamente proporzionale alla limitazione della vita intellettuale degli uomini, e alla grettezza della loro visione spirituale.

Steiner dice che, in futuro, l’uomo dimostrerà un’enorme ingegno e faremo molte scoperte utili al nostro benessere. Faremo delle scoperte che riguardano lo sviluppo materiale dell’intelligenza e scopriremo che il cibo è collegato con lo sviluppo degli organi della mente, ma non ha contatti con quelli dello spirito.

Si scoprirà che cosa sarà preferibile mangiare e bere per diventare molto intelligenti. Ma non potremo diventare più spirituali usando il cibo materiale anche se potremo essere molto più acuti e intelligenti. E dall'uso che faremo della conoscenza dipenderà la posizione che avremo nell’evoluzione futura.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 10 luglio 2015

L’incarnazione di Lucifero



“La verità non è venuta nuda in questo mondo,
ma in simboli e immagini. Non la si può afferrare
in altro modo.” (Vangelo di Filippo, 67-10)

Attualmente la nostra epoca sta assumendo una sfumatura particolare che, nel futuro, si mostrerà sempre più evidente. In futuro, la Terra subirà un’involuzione, un declino, una regressione, perché è passato il tempo in cui l’umanità poteva progredire con forze fisiche sempre più raffinate. L’umanità futura potrà fare solo un progresso spirituale, uno sviluppo che si innalzerà al di sopra degli avvenimenti del mondo fisico che non saranno più sufficienti ad appagare gli uomini, se l’umanità si dedicherà solo ad essi.

Steiner diceva che ci avviciniamo all’epoca della “lotta di tutti contro tutti” che non sarà solo un fatto teorico perché questa lotta avverrà nella pratica. In futuro si proverà ben poca felicità dalla conquista dei beni materiali perché aumenterà sempre più l’insoddisfazione per le cose che offre il mondo materiale. Anche nel passato ci sono state epoche di oscuramento. Uno degli ultimi periodi oscuri prima di una nuova fase di sviluppo avvenne alcuni millenni prima della nascita del Cristo.

Prima del mistero del Golgota accadde un fatto molto importante che ha influito sugli uomini almeno fino ai primi secoli del cristianesimo. Da questo evento è nata la cultura pagana che si inserì nella cultura ebraica da cui è sorto il cristianesimo. Va saputo che tutta la cultura pagana era composta da una conoscenza, una contemplazione, una pratica che fu ispirata da forze sovrumane che si fusero con le forze terrestri. Questa saggezza era fredda perché era fatta solo di idee e aveva poco contenuto emotivo.

Ma le cose si capiscono meglio se sappiamo tutto quello che avvenne nel 4°-5° millennio prima del Cristo. A quei tempi, gli uomini che vivevano sulla Terra erano molto diversi da quelli di oggi. Essi vivevano di una vita interiore molto istintiva che assomigliava alla vita istintiva degli animali più che a quella degli uomini. Sulla Terra vivevano esseri umani che, interiormente, erano simili agli animali, e quei corpi umani venivano usati da entità spirituali superiori. Quegli uomini percepivano che i loro corpi erano strumenti piuttosto che sentirsi dentro dei corpi.

Quando erano svegli erano istintivi come animali, e la loro vita interiore era nello stato di coscienza dell’uomo che vive in un sogno a occhi aperti. Pur vivendo come in sogno, quegli uomini sapevano che erano scesi in basso, perché vivevano in corpi che si comportavano come animali. La condizione che percepivano traspariva nei culti e nei riti dedicati al dio Mitra che veniva rappresentato mentre cavalcava un toro. Mitra è visto come l’elemento celeste che cavalca l’elemento terrestre simboleggiato dal toro.

Sappiamo che i simboli non sono concetti oscuri e astratti ma rappresentano realtà che avvennero realmente nel passato. Poi venne un’epoca di oscuramento che comportò un’involuzione dell’umanità. La vita umana si fece sempre più confusa e indistinta perché finirono i sogni legati agli esseri spirituali e agli eventi cosmici. E così diventò sempre più potente la parte istintiva nell’uomo, finché l’animalità prese il sopravvento. Ma la condizione spirituale precedente restò invariata per quelli che restavano nei circoli dei misteri, soprattutto in Asia.

In quei circoli si continuava a manifestare il mondo spirituale, ma venne coinvolta solo una minima parte di umanità. La maggioranza viveva in modo istintivo e bestiale, perché non poteva servirsi delle sue facoltà mentali. Il cervello e gli organi dell’intelletto esistevano già, ma la componente animico-spirituale umana non riusciva a servirsene. Perciò l’uomo non poteva acquisire la conoscenza per mezzo del pensiero e del giudizio, perciò l’umanità si poteva arricchire spiritualmente solo se entrava nei culti dei misteri. Questo avvenne durante tutto il 4° e il 3° millennio prima della venuta del Cristo.

E, all’inizio del 3° millennio, avvenne un fatto molto importante perché, da una illustre famiglia dell’Asia, molto vicina agli ambienti delle cerimonie religiose e i culti misterici nacque e crebbe un bambino che, almeno all’inizio, crebbe inosservato. Quel bambino aveva la possibilità di partecipare alle cerimonie dei misteri, perché i sacerdoti dei misteri sapevano che dovevano farlo crescere all’interno di quei culti. E quando la persona che era vissuta nel bambino giunse all’età di circa 40 anni, avvenne un fatto straordinario.

O meglio, si rese evidente un fatto che i sacerdoti sapevano avendolo saputo a livello profetico. L’uomo iniziò a capire il significato di quello che si trasmetteva all’interno di quei misteri, e fu il primo uomo che riuscì a usare l’organo dell’intelletto. Ma riuscì a farlo solo per mezzo dei misteri e perché, a 40 anni, avvenne in lui una reale incarnazione di Lucifero. Infatti, all’inizio del 3° millennio prima di Cristo, Lucifero si incarnò in Cina.

Dalla sua incarnazione derivò la cultura precristiana pagana che sopravvisse nella gnosi dei primi secoli dell’era cristiana. Questa cultura fu prodotta per merito dell’incarnazione di Lucifero che venne per insegnare agli uomini. Questo impulso spirituale che derivò dalla saggezza luciferina fu molto utile all’umanità, perché è alla base della terza cultura post-atlantica. Si diffuse in tutta l’Asia e più tardi nella cultura egizia, poi in quella babilonese e fu alla base della civiltà greca.

Tutto il pensiero, la volontà e il modo di agire vennero profondamente condizionati dall’impulso luciferino da cui derivò anche la civiltà classica greca. Ma non si creda che la cultura pagana sia malvagia o negativa perché è provenuta dall’azione di Lucifero. La bellezza e l’arte nascono da Lucifero così come la filosofia e la cultura classica. E la sua incarnazione condizionò anche la cultura dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale e dell’Asia occidentale per tutti i primi secoli della cristianità.

Anche l’evento del Golgota, secondo Steiner, fu compreso per mezzo della sapienza che fu sviluppata dopo la venuta di Lucifero. La gnosi è totalmente pervasa di questa sapienza luciferina, perciò anche Cristo fu capito con una mente che si era plasmata per mezzo delle forze e degli impulsi di Lucifero. Tra l’incarnazione di Lucifero e quella di Cristo erano passati 3.000 anni, perciò 3.000 anni dopo la nascita di Cristo avverrà una terza incarnazione, cioè l’incarnazione di Arimane.

Lucifero aveva insegnato la capacità di usare l’intelletto e le facoltà del giudizio. Lucifero visse per insegnare il significato dei misteri, e ora si prepara l’incarnazione di Arimane. Dalla metà del 15° secolo, l’anima sta attraversando una fase evolutiva che la renderà capace di entrare in possesso della piena coscienza. E questo fatto è correlato alla futura incarnazione di Arimane, perché l’uomo diverrà pienamente cosciente solo dopo che è avvenuta l’incarnazione di Arimane.

L’incarnazione di Lucifero fu comprensibile solo tramite la forza profetica dei sacerdoti dei misteri, perciò fu accolta in modo inconsapevole. L’incarnazione di Cristo non fu compresa in modo cosciente, infatti non abbiamo ancora compreso quello che voleva insegnare. Ma l’incarnazione di Arimane dovrà essere affrontata in piena coscienza perché avverrà nel corso di grandi sconvolgimenti che accadranno sul piano fisico. In futuro avremo delle guerre continue e accadranno delle grandi calamità, perché lo spirito umano sarà molto ingegnoso nel campo della vita fisica.

Nel futuro si avrà lo sviluppo di un grande ingegno che sarà usato solo a vantaggio della vita fisica. E nessuna cosa e nessun comportamento di altro genere potrà evitare che tutto questo avvenga. Allora sarà possibile che avvenga l’esistenza di una individualità umana adatta per l’incarnazione di Arimane. Ma l’umanità dovrà essere in grado di affrontare l’incarnazione di Arimane in modo consapevole. La potenza arimanica prepara anticipatamente la sua venuta facendo in modo che gli uomini siano sedotti da lui. Il compito degli uomini del futuro sarà quello di usare la venuta di Arimane per conquistare un’evoluzione superiore.

La venuta di Arimane deve servire per capire che cosa si può ottenere o non si può ottenere con la sola vita fisica. E questo avverrà tramite Arimane. Gli uomini devono diventare maggiormente consapevoli in ogni ambito, perché devono saper riconoscere le correnti che provengono da Arimane. Devono imparare da sé e da soli capire cosa devono accettare di imparare da lui. Ma non potranno farlo se non riconosceranno le forze spirituali e non spirituali di cui la potenza arimanica può servirsi. Altrimenti sarà Arimane che potrà usarle a suo vantaggio.

Buona erranza
Sharatan

martedì 7 luglio 2015

La conoscenza



“È sempre possibile comprendere ogni cosa,
ma a condizione di usare il centro appropriato.”
(Georges I. Gurdjieff)

Un giorno chiesero a Gurdjieff perché la conoscenza fosse tenuta segreta. Se si era conservata una conoscenza che si può considerare superiore a tutte le scienze, gli chiesero, perché non diventa una proprietà comune a tutti gli uomini? Gurdjieff rispose che a quella domanda c’erano due risposte, di cui la prima era che la conoscenza non è tenuta segreta e, in secondo luogo, la conoscenza - per sua natura - non può diventare proprietà comune. Il secondo punto va esaminato con molta attenzione, perché la conoscenza è molto più accessibile di quanto si creda.

Piuttosto, andrebbe detto, che la gente non vuole conoscere perché la conoscenza è molto accessibile a chi è in grado di assimilarla: il guaio è che la gente non la vuole oppure non la può ricevere. Va detto che la conoscenza non può appartenere a tutti e non può appartenere neppure a molti: questa è la legge. La conoscenza non si comprende perché non ci si rende conto che essa è materiale, e che possiede tutte le caratteristiche della materialità.

Una delle caratteristiche della materia è quella di essere limitata, perché in ogni situazione la materia è definita. Anche la sabbia del deserto e l’acqua dell’oceano che sembra infinite possiedono una quantità che è invariabile e misurabile. Si può dire che, in un certo secolo e in un certo periodo, l’umanità dispone di una certa quantità di conoscenza.

Ma sappiamo che la materia della conoscenza possiede parti interamente diverse a seconda che sia assorbita in piccole o in grandi dosi da ognuno dei singoli che compongono una massa di uomini, perché potrebbe non dare alcun risultato. Oppure potremmo avere risultati negativi o opposti a quelli che vorremmo avere.

Infatti, se una piccolissima parte di conoscenza viene distribuita tra milioni di singoli, ognuno ne avrà una porzione piccolissima. E quella infinitesima parte di conoscenza non potrebbe cambiare nulla, né nella vita e neppure nella comprensione del singolo. Ma se, la stessa porzione di conoscenza viene distribuita ad un piccolo gruppo di persone, allora quella conoscenza produrrà dei risultati enormi.

Valutando questo fatto, è preferibile che la conoscenza resti preservata in un piccolo gruppo piuttosto che venga diffusa tra le masse. Se abbiamo poco oro per dorare una cornice è chiaro che, se pretendiamo di dorare due cornici, otterremmo una doratura imperfetta e avremo sprecato il nostro oro. La distribuzione della conoscenza si basa su un principio analogo.

Se venisse elargita a tutti, nessuno ne trarrebbe beneficio, per questo viene riservata a pochi. A prima vista sembra un fatto ingiusto, triste e più crudele di quanto dovrebbe avvenire. Ma la verità è che la maggioranza si disinteressa della conoscenza, perciò avviene che pochi uomini prendono quello che gli altri si rifiutano di prendere: e non c’è nulla di ingiusto o crudele in questo, concluse Gurdjieff.

Se alcuni accumulano la conoscenza è perché altri la rifiutano e, spesso, rifiutano pure la minima quantità che sarebbe necessaria per vivere meglio. Le conseguenze di questo rifiuto le vediamo ogni volta che l'umanità viene trascinata da forze che trasforma tutti gli uomini in automi che si massacrano, perché hanno smarriscono pure l’istinto di conservazione.

Dai periodi di distruzione emerge sempre una enorme massa di conoscenza, perciò diventa necessario fare un lavoro di recupero della conoscenza, e non può andare in modo diverso. L’altro lato della questione è il fatto che nessuno nasconde nulla, perché non c’è nulla di misterioso da scoprire. Il fatto è che la conoscenza richiede molta fatica e lavoro, sia da parte di chi la offre che da parte di chi la riceve.

La verità è che colui che possiede la conoscenza fa di tutto per trasmetterla a molte persone. La conoscenza richiede l’uso di un linguaggio che deve essere ancora trovato. È facile avere la conoscenza soggettiva che è quella ordinaria basata sui concetti dedotti dai fatti che possiamo conoscere con lo stato di coscienza ordinaria. Invece la conoscenza oggettiva è fondata su metodi oggettivi e sulla conoscenza delle cose in sé stesse perciò è una conoscenza basata su uno “stato oggettivo di coscienza.”

La conoscenza del Tutto che chiamiamo conoscenza oggettiva, spiega Gurdjieff, possiede una idea centrale ossia l’idea dell’unità di tutte le cose, unità che esiste oltre le diversità che si mostra. Fin dai tempi più antichi, gli uomini compresero il vero significato di questa idea primaria perciò cercarono di realizzarla e di trasmetterla a tutti gli altri uomini.

La giusta trasmissione della conoscenza oggettiva ha sempre fatto parte del compito di chi la possedeva, perciò tutti i maestri si sono sforzati per offrire la giusta forma di comprensione. L’idea andava trasmessa in modo integrale ed esatto, perciò si metteva in forme tali da poter assicurare la giusta percezione da parte degli altri, infatti si cercò di evitare le corruzioni e le deformazioni.

A questo scopo, le persone che dovevano diffonderla ebbero una preparazione adeguata. L’idea fu messa in modo che si presentasse in forma logica sia come teorie che insegnarono l’archetipo o il principio primo delle cose. Altre volte, l’idea unitaria prese la forma di un insegnamento religioso che voleva creare l’elemento di fede che potesse creare l’onda emozionale capace di portare le persone al livello della conoscenza oggettiva.

Vennero fatti molti tentativi diversi di un genere o dell'altro, come vediamo nei casi disseminati nella storia dell’umanità. Ma la conoscenza oggettiva appartiene solo alla coscienza oggettiva e l’idea dell’unità, che vi è inclusa è anch'essa nella coscienza oggettiva. Se le idee della conoscenza oggettiva vengono percepite dalla coscienza soggettiva è normale che siano distorte e producano molti errori.

La coscienza oggettiva vede l’unità di tutte le cose, invece la coscienza soggettiva non sa vederlo perché vede solo una serie di fenomeni separati, dissonanti e insensati. Tutti gli sforzi che vengono fatti per creare uno scopo ai fenomeni di un mondo frantumato diventano un insuccesso, perché non possiamo ricostruire un Tutto partendo da frammenti isolati, afferma Gurdjieff.

È certo che l’idea dell’unità esiste anche nel pensiero razionale, ma la relazione tra diversità e uguaglianza non trova una spiegazione logica. Perciò resta primario il problema dell’insormontabile limite del linguaggio inadatto. Non abbiamo ancora sviluppato un linguaggio adatto ad esprimere diversità e pluralità in modo da comprenderlo con uno stato di coscienza soggettivo.

Non riusciamo a trasmettere, in modo chiaro e completo, il concetto dell’unità e dell’interrelazione del Tutto. A causa dell’imperfezione del linguaggio, gli uomini che raggiunsero la coscienza oggettiva si sono espressi in forma di miti, di simboli e di aforismi particolari. È noto che, negli stati superiori di coscienza funzionano i centri psichici superiori, cioé il centro emozionale superiore e il centro intellettivo superiore.

Lo scopo dei miti, dei simboli e degli aforismi è quello di raggiungere i centri superiori per trasmettere idee che sono inaccessibili alla ragione, e possono trasmetterle in modo che non è possibile fraintenderle. I miti sono rivolti al centro emozionale superiore, invece i simboli sono rivolti al centro intellettivo superiore. Per questo motivo non possiamo usare la ragione per spiegare il significato dei miti, dei simboli e degli aforismi che riassumono il loro contenuto.

La preparazione necessaria per ricevere la conoscenza oggettiva si ottiene per mezzo del pensiero, perché un pensiero ben addestrato riesce a comunicare con i centri superiori. I simboli che vengono usati per trasmettere la conoscenza oggettiva racchiudono i diagrammi delle leggi fondamentali dell’universo. Essi non comunicavano la conoscenza stessa ma indicavano la via per raggiungerla. Lo studio dei simboli era una parte molto importante della preparazione che permetteva di avere la conoscenza oggettiva.

La comprensione letterale o formale dei simboli rende impossibile avere altra conoscenza, perciò i simboli vanno visti come test. I simboli venivano divisi in fondamentali e in secondari. I fondamentali riguardavano i rami della conoscenza, invece i secondari riguardavano la natura essenziale dei vari fenomeni in relazione all’unità.

Tra gli aforismi che riassumevano il più alto significato c'è quello inserito nella “Tavola Smeraldina” da Ermete Trismegisto in cui si dice che: “Come in alto, così in basso.” Il significato dell'aforisma è che tutte le leggi del cosmo si trovano anche nell’uomo, e in ogni fenomeno esistente come qualcosa di completo che è in accordo con certe leggi. Lo stesso significato è contenuto nel paragone usuale tra il microcosmo umano e il macrocosmo cioè con l’universo.

Buona erranza
Sharatan