martedì 28 dicembre 2010

Il nuovo che sta nascendo


“In ultima analisi, noi valiamo qualcosa
solo in virtù dell’essenza che incarniamo e,
se non lo facciamo, la vita è sprecata”

(Carl Gustav Jung)



Osho scriveva che, nei tempi odierni sta nascendo un uomo nuovo, anche se all’orizzonte non lo vediamo con chiarezza, anche se la luce dell’alba è ancora scarsa, e la luce è talmente incerta ed offuscata da non farne scorgere chiaramente i contorni. Effettivamente, dai tempi della scimmia antropoide l’uomo non è evoluto più, dai tempi in cui l’uomo subì il mutamento che lo vide acquisire la facoltà della mente e i rudimenti del pensiero, perciò dai tempi in egli diventò un uomo psicologico l’uomo è restato immobile nel suo sviluppo.

Nell’alba che sta nascendo nei nostri tempi moderni ci sarà un ulteriore mutamento, infatti nell’uomo verrà infusa l’anima, perché l’uomo da essere psicologico deve divenire un essere spirituale. Quest’uomo nuovo che ora giunge era già arrivato in frammenti di luce che sono passati nelle epoche precedenti come la primavera è anticipata da fiori isolati, infatti questi fiori son passati sulla terra sotto le spoglie di Zarathustra, di Krishna, di Lao Tzu, di Buddha e di Gesù, dice Osho.

L'uomo nuovo che verrà sorge con una diversa consapevolezza, infatti ognuno di noi deve far nascere il suo fiore interiore dai suoi propri orientamenti e dalle sue caratteristiche personali, perchè questa consapevolezza è dormiente in noi. Nulla può nascere dal nulla, infatti tutti siamo stati generati all’interno di un utero, perciò in un grembo e noi dobbiamo divenire quel grembo in cui viene incubato l'uomo, e in cui viene fatta crescere questa consapevolezza, infatti siamo noi che ci rigeneriamo e diventiamo l’uomo nuovo che esce alla luce.

Il vecchio uomo può essere spezzato solo quando il nuovo sorge e questo modo di pensare non potrà essere più ostacolato, poiché da lui dipende non solo il benessere del singolo, ma anche il benessere di tutto il pianeta: è solo dal mutamento individuale che può essere ottenuto un vero cambiamento collettivo. Adesso è il momento in cui abbiamo tutti gli strumenti, dice Osho, per comprendere che il concetto di uomo che sfrutta e che accumula, e che è disponibile a distruggere tutto, piuttosto che permettere l’avanzamento del futuro è equivalente a perseguire la morte.

E’ importante capire che è necessario difendere quest’uomo nuovo nascente, poiché l’uomo vecchio è assai determinato a difendere con tutti i mezzi le sue prospettive: oggi è il momento giusto per fare un salto di qualità. Il fatto è che l’uomo vecchio viveva con lo sguardo rivolto l’altro mondo e pensava costantemente a come ottenere un paradiso lontano, perciò agiva più per la vita dopo la morte piuttosto che per ciò che esiste nel vivere, in quanto non agiva in favore della vita.

La mente dell’uomo nuovo è molto attenta alla vita che viviamo infatti, nel prendersi cura della nostra vita noi viviamo bene e anche il nostro morire verrà di conseguenza. Nel vivere bene non si pensa alla morte, essa non ci può mai spaventare, e non è necessario essere la preda costante della paura e del timore divino. L’uomo passato adorava Dio solo per timore, perciò doveva sempre scegliere tra questo e quel mondo, e rinnegava la vita pensando troppo a “quello” senza curarsi di “questo” mondo, infatti se li faceva sfuggire e non si godeva nessuno dei due.

L’uomo nuovo comprende che il domani è nel presente e nel vivere odierno, perché è solo il suicida che vuole fuggire all’oggi rinnegando il presente e la persistenza del tempo. L’uomo vecchio desidera ciò che ha perso in passato, e desidera solo ciò che può avere nel futuro che non può vivere perdendo ogni gioia presente e la bellezza del mondo. Una mentalità che guarda l'inesistente non vede la bellezza del mondo. Colui che non conosce la beatitudine e la benedizione costituite da ogni attimo, non riesce neppure a vivere con la piena intensità dei suoi sensi e dei suoi sentimenti.

Ogni momento della vita va vissuto con spontaneità per essere in sintonia con tutto ciò che esiste in quanto nulla è sbagliato nel mondo, e tutto l’errore è nella mentalità con cui guardiamo il mondo. L’uomo nuovo non ha preconcezioni rispetto al modo di vivere la vita perché esso non si costruisce delle idee a priori ma osserva la realtà, in quanto la vita va guardata così come si presenta. Ogni idea può essere un filtro e un impedimento per conoscere la verità, perciò la realtà non va distorta per accomodarla ai nostri preconcetti se vogliamo essere obiettivi.

L’uomo nuovo non può coltivare idee precostituite perché vuole vedere, vuole osservare, vuole vivere con semplicità e spontaneità le sue esperienze. L’uomo precedente voleva degli idoli poiché viveva in funzione della sua paura, mentre il nuovo saprà vivere in funzione dell’amore. Se fondiamo la vita sulla paura, ricorda Osho, vivremo sempre in funzione della morte e, in preda a tale timore ricercheremo delle situazioni in cui tale paura è accentuata, così che la vita del pauroso assomiglia a un morire perenne.

Anche l’amore ricerca situazioni simili, infatti se amiamo troviamo situazioni in cui possiamo sperimentare l’amore, e la nuova consapevolezza ha il sapore dell’amore, perché la vecchia epoca aveva paura e nella sua storia non ha fatto altro che combattere per arginare ogni tipo di paura e contro ogni tipo di nemico. Dalla storia umana sappiamo la follia della guerra, perciò dall’uomo rinnovato avremo la pace e l’amore della vita, infatti tale uomo non vorrà le nazioni perché avrà un’anima universale, e non farà la guerra per le glorie politiche perché egli è intelligente, ed i primi sintomi di tale intelligenza sono prossimi all’orizzonte.

Per coloro che conoscono le follie del vecchio, e che credono nel nuovo che giunge nel mondo, per coloro che sanno che non tutti sono sempre disposti ad obbedire ciecamente perché vi è anche chi sa meditare per capire cosa sono le ideologie, perciò codesti sanno che è opportuno obbedire solo quando è giusto dire “si” e che possiamo negarci quando il mondo aspetta un consenso ingiusto. Nell’uomo che sorge non ha senso difendere delle ragioni perché il nuovo modo di pensare non si deve basare sulle rigide ideologie: in esso esiste una responsabilità spontanea che non può essere forzata esternamente, in quanto l’uomo nuovo vive sempre libero.

L’uomo vecchio è sempre schiavo perché la libertà non fa parte della sua essenza profonda, egli è un uomo serio che non ama il riso e il gioco, mentre quello nuovo è un homo ludens che sa giocare perché è gioioso, infatti egli sa godere tutte le gioie del vivere facendo tacere ogni senso di “dovere” e “sacrificio” perché fare vittime non è giusto per nessuna ragione al mondo. Non può esservi alcuna vittima da immolare su alcun tipo di altare, perché non è giusto che la vita umana vada sfruttata, infatti l’uomo nuovo vive in funzione dell'amore per la vita.

In un mondo consapevole non vi è alcun tipo di impegno se non quello di vivere felice e di godere dei doni che Dio ha dato all’uomo, perciò si deve celebrare la bellezza e la gioia che è nel vivere. Fino ad oggi l’uomo ha vissuto nel mondo con ben poca gioia e senza allegria, ha vissuto faticando e sentendosi sfruttato, perciò ha lavorato per dovere e continua a lavorare per produrre, e così avanza finché muore. Un processo vitale infelice dura da molto tempo ma, seppure l’uomo debba lavorare per vivere dice Osho, questo orientamento non deve divenire ossessivo, perché lo sfruttamento e l’accumulo ottuso non sono un modo autentico e sano di vivere.

L’uomo futuro è felice di sentirsi nessuno e, nella nuova generazione tale sensibilità sarà presente nella consapevolezza che non si può credere solo sul denaro perché ne siamo dominati, e non siamo padroni dei nostri possessi. L’uomo vive in modo inconscio tutto ciò che è in suo possesso perciò tende a pensarlo come uno mezzo, ma lui viene usato da tutto ciò che si illude di poter controllare facilmente: l’uomo nuovo saprà usare il denaro, le cose e le tecnologie restando il padrone del suo mondo.

I nuovi comportamenti saranno sciolti, fluidi e morbidi perché l'essere umano non è duro come pietra o ferro, ed è solo nella mente troppo ortodossa che la possibilità di cambiare e la flessibilità mentale sono pensate come tendenze eretiche. Nella nuova coerenza va inserito il concetto che la persona deve mantenersi elastica, poiché nella vita tutto scorre e resta immobile solo il corpo morto. Nella mentalità nuova, che è molto fluida vi è la possibilità di rispondere morbidamente alle situazioni che possono cambiare velocemente, perciò dare la risposta nuova e originale è più adeguato al momento presente.

Molti credono che la coerenza sia restare immobili come roccia sulle proprie opinioni e sulle idee, perciò diventano come piante che non crescono, infatti anche l’uomo deve avere una crescita continua ed evolvere perché l’uomo è un progetto che si perfeziona nel suo divenire. Vi è chi vive e invecchia senza avere la crescita in maturità e in saggezza, infatti crescono solo “coloro che fluiscono con la vita” dice Osho. Nella vita non si può restare immobili sulle idee che vengono ereditate, perché erano idee giuste al tempo, ma poi il mondo è cambiato e l'uomo va rinnovato da consapevolezze che lo facciano creativo, affinchè in “ogni momento troverà la sua filosofia.”

Se ossequiamo in modo troppo rigido il passato diventiamo degli uomini che coltivano la morte, in quanto viene richiesta una obbedienza cieca e assoluta, ma l'uomo che possiede un suo carattere definito non vuole essere vincolato, perché ogni vincolo costruisce una corazza che, da involucro difensivo, diventa l’armatura che costringe fino a soffocarci. La nuova mentalità non può essere puritana, non può essere schiavizzata e non può vivere delle doppie vite in cui coltiva l’ipocrisia, ma vive una vita integra e vera in cui vi è un medesimo aspetto all’interno e all’esterno.

L'uomo nevrotico vive sdoppiato tra la vita che desidera e quella che si costringe a vivere, perciò entra conflitto poichè si reprime e usa una maschera per coprire le sue fattezze, infatti non conosce il suo volto. Nella persona sana vi è integrità poiché tutte le sue pari sono identiche, infatti se egli ama lo fa intensamente, e se si arrabbia esprime la rabbia con passione, infatti nell’uomo autentico tutto è passione e calore nell'espressione dei suoi sentimenti. L’uomo che è vero possiede una natura terrena e carnale perché ama questa terra, infatti la nostra vita fisica è un dono che va celebrato, infatti nel corpo possiamo avere il Nirvana e sulla terra ipossiamo vivere come in Paradiso.

Un uomo che può ospitare un Buddha, dice Osho, può divenire un poeta e un artista che celebra tutti i misteri della vita, perché l’uomo è capace di amare e di vivere, egli sa essere sempre più quando entra in contatto profondo con la realtà, infatti egli sa entrare in sintonia con il suo essere e sa essere in armonia totale con il mondo. Più siamo in sintonia con l’esistenza e più siamo vicini a Dio, infatti nell’armonia totale noi diventiamo vulnerabili e ricettivi all’esistenza e non ci difendiamo dalla vita, ed è proprio in quell'istante che “l’esistenza ti penetra, e che Dio raggiunge il tuo cuore” dice Osho.

Buona erranza
Sharatan

sabato 25 dicembre 2010

Auguri di Buone Feste!


Auguro amore e felicità a tutti!

Sharatan


mercoledì 22 dicembre 2010

La nobiltà della natura umana


"Se io sono quello che ho, e posseggo quello che sono,
cosa divento quando perdo quello che sono?"

(Erich Fromm)


E’ innegabile che l’uomo abbia un istinto che lo spinge a lottare con accanimento per la sua sopravvivenza, ma questa caratteristica non è assimilabile alla condizione animale, infatti l'animale si accontenta della sopravvivenza fisica e della riproduzione della sua specie mentre, per l’essere umano, tutto questo non è sufficiente per essere felice. L’uomo possiede un’attitudine a realizzare che Erich Fromm chiama "attitudine umanistica," infatti il singolo uomo possiede la capacità di contenere in sé tutti i sentimenti della specie umana, poiché la natura e le prerogative dell’uomo sono identiche in tutti, ed è solo la cura che facciamo di noi stessi che differenzia i vari esseri umani.

Ogni uomo possiede la capacità di condividere tutto ciò che esiste nell’animo di un altro essere umano, infatti in tutti noi esistono dei sentimenti luminosi e dei lati oscuri, in tutti vivono tutte le sfumature e tutte le gradazioni di luce e di ombra, perciò dobbiamo vedere ogni altro essere umano come un essere che è uguale a noi. Purtroppo, raramente possediamo un simile orientamento mentale, infatti siamo condizionati da false ideologie sulla qualità della natura umana, perciò non sappiamo divenire esseri umani migliori.

L’uomo ha la necessità di realizzare sé stesso e di condividere la sua impronta dell’anima, cioè di costruire una differenziazione spirituale restando unito ai suoi simili, infatti tutti abbiamo la necessità di sentirci connessi e fondati sul mondo, e questo è un tratto caratteristico del solo genere umano. Nell’uomo esistono delle prerogative che sono molto superiori alla semplice sopravvivenza fisica, e che oltrepassano la semplice riproduzione della specie, in quanto in noi esiste una esigenza di realizzazione spirituale, infatti esiste la potenzialità dell’elevazione tramite la coltivazione delle più nobili qualità umane.

L’uomo sperimenta esperienze elevate se non fa prevalere il suo versante mentale a discapito del suo sentimento interiore, infatti usualmente veniamo educati ad apprezzare una materialità grossolana e un gretto utilitarismo nei riguardi del mondo che viene sfruttato per trarne solo del vantaggio pratico. Pochi riescono a coltivare delle qualità interiori utili per migliorarsi, pochi sanno apprezzare i veri sentimenti e i contesti superiori alla sopravvivenza fisica e alla soddisfazione degli istinti primari, perciò pochissimi riescono a nutrire lo spirito più elevato della migliore natura umana.

L’uomo possiede delle raffinate caratteristiche affettive prodotte dalla fusione dell’intelletto con l’empatia emozionale della nostra profonda “istintività animale,” infatti siamo creati per equilibrare coscienza e ragione, perciò siamo assai più complicati di animali che hanno perso un manto di pelo. Se riflettiamo sui tratti umani comprendiamo che il possesso di vizi e di virtù costituiscono due facce della medesima medaglia, e che è nell’errato dosaggio e nella instabilità delle caratteristiche umane che provengono i nostri comportamenti più aberranti con cui diventiamo peggiori dei più feroci animali.

Nell’uomo esiste l’avidità, assente nell’animale, ed è un sentimento in cui manifestiamo il nostro egocentrismo e la nostra presunzione, infatti l’avidità è un difetto del desiderio umano. Erroneamente crediamo che il desiderio sia inadeguato, infatti ignoriamo che il desiderio è insito nella condizione umana quando desideriamo stare meglio, quando desideriamo realizzare dei sogni e dare spazio alle nostre passioni, infatti desideriamo perché il desiderio è una forza dinamica che brucia ed è funzionale all’evoluzione. Per dinamizzare l’individuo è necessario essere spinti da un desiderio interno che ci motiva ad agire e ci fa godere nel riequilibrio che proviene dal godimento del frutto ottenuto con la fatica del nostro lavoro.

Se non vi fosse un difetto nel desiderio non avremmo l’avidità umana che è un desiderio vissuto in modo passivo, in quanto il soggetto non riesce ad apprezzare i frutti del suo sforzo, perciò richiede sempre più potere, più denaro, più cibo, più sesso, più alcol, perciò ricerca maggiori compensi per avere soddisfazione, però aumenta le sue voglie senza estinguere le motivazioni all’azione, infatti esse non sono mai estinte e viviamo senza quiete. L’avidità umana è prodotta dall’angoscia che non è mai mitigata dall’accumulo, poiché le paure, le ansie, la solitudine, l’insicurezza e la fragilità dell’autostima sono talmente enormi che tutti i tesori del mondo non potrebbero colmare la profondità abissale delle nostre paure.

Sono le insicurezze umane che ci spingono a possedere sempre più per rinforzare una potenza che non si sente interiormente, perchè tutto è materia, e anche le persone hanno un valore che è materiale e fanno parte dell‘accumulo indifferenziato. Colui che vive avidamente non discrimina ciò che ha valore da ciò che non ha alcun valore: da tutti i nostri possessi ricerchiamo la soddisfazione perchè ci sentiamo privi di ogni valore. Ma, se non ragioniamo come esseri avidi, possiamo svilupparci in modo poco egocentrico e sappiamo essere rispettosi, perché le esperienze che viviamo non servono per rinforzare il nostro valore personale.

I rapporti con il mondo e con le persone non sono delle rivalse alle nostre insoddisfazioni, perchè gli altri non esistono per divenire degli strumenti utili alla riduzione delle nostre angosce e delle nostre paure individuali. Le persone devono sentirsi libere e non devono impegnarsi nelle lotte con il mondo, infatti non dobbiamo vivere nel conflitto se vogliono essere aperti e sensibili, perciò dobbiamo controllare l’avidità originata dall’egocentrismo prepotente che è disinteressata alle esigenze del mondo.

Le migliori esperienze umane si sviluppano elevandoci da ciò che è insito nella sopravvivenza fisica, infatti nella vita dovremmo accrescere tutte le condizioni in cui vinciamo l’avidità e l’insaziabilità umane perché il gioco dell’avidità ci rende insaziabili, infatti usiamo il mondo come un materiale inerte per far trionfare la nostra arroganza egocentrica e per consolare lo scontento personale. Se tacitiamo l’avidità abbiamo in attività tutto ciò con cui l’uomo viene magnificato dalla sua natura umana più nobile ed elevata, e che proviene dell'armonica fusione della mente con l'istinto “animale” che è vivo nell'istintiva sensibilità affettiva, emozionale e sensuale umana: è così che l’uomo viene glorificato dal risveglio dello Spirito più elevato che è dormiente.

Nei sentimenti più elevati che proviamo vi è sempre una fusione di mente e cuore con cui conosciamo i sentimenti più puri poiché sono alieni dall'avidità egocentrica e dalla volontà di possesso, perciò conosciamo dei sentimenti nobili come la tenerezza che non pretende nulla, e che si offre spontaneamente senza volere alcun contraccambio dagli altri. La tenerezza non nutre dei fini personali e non persegue delle utilità pratiche essendo disinteressata al sesso, all’età e alle condizioni sociali di colui che la ispira, poiché è un sentimento delicato “come una poesia.“ La tenerezza si immagina nell’amore tra madre e figlio sebbene sia di molto superiore all’amore materno essendo più forte dei legami biologici che esistono tra consanguinei.

Per sentire tenerezza non è necessario avere un legame di famiglia o di sangue poiché non si può pretendere come obbligo, infatti la tenerezza è un sentimento tra i più nobili e i più liberi essendo superiore alla stessa necessità fisica e all'egocentrismo umano.La compassione e la comunicazione empatica sono capacità umane che demoliscono egocentrismo e paura, infatti dimostriamo di saper soffrire assieme perché siamo tanto connessi da non sentire alcun confine tra i nostri sentimenti essendo originati dalla medesima anima.

L’altro non mi è alieno perché “Io sono Te” in uno spazio in cui non esiste più “Io” e “Tu” ma esistiamo entrambi risuonando assieme, infatti siamo umani e possiamo conoscerci profondamente e intimamente infatti “io sento quello che senti tu.” Questa risonanza sottile e totale non potrebbe esistere se fossimo degli oggetti privi di carne, di sangue e di passione, e se non fossimo dei fratelli con la medesima origine. Nell’uomo esiste un terreno interno in cui vivono delle attitudini presenti in tutti gli esseri umani, perciò nulla di ciò che un uomo prova può risuonare come un concetto sconosciuto ad un altro uomo.

Saper conoscere gli uomini, scrive Fromm, significa conoscere quello che ci unisce a prescindere da età, sesso, nazionalità o religione, perciò significa saper vedere oltrepassando tutte le nostre preclusioni mentali. E, nel modo di vivere queste emozioni intime, dimostriamo esternamente la nostra maniera di vivere il mondo mentre, internamente, avvertiamo come il mondo risuona dentro di noi, dimostrando la raffinatezza dello sguardo con cui vediamo il mondo. Valutando i comportamenti umani conosciamo il maggiore o minore “interesse” che viene nutrito verso le persone e le cose esterne, infatti l’interesse è un “essere tra” cioè un modo di metterci in gioco dimostrando il maggiore o minore coinvolgimento che è collegato al nostro essere disponibili e recettivi verso gli altri, e nella volontà di essere dei soggetti attivi in tutte le sue componenti intellettuali, emotive e sensuali.

La persona che si interessa agli altri è sempre molto contagiosa, perciò trascina coloro che vivono passivamente nel mondo con il suo calore umano che rianima anche i materiali più inerti, in quanto il coinvolgimento affettivo aumenta la nostra gioia di vivere. Ma l’essere umano confonde l’interesse con la curiosità che sono delle attitudini opposte, infatti l’uomo curioso è un uomo passivo che è insaziabile di notizie e di pettegolezzi, e che ospita la bramosia di conoscere sempre più cose e più persone, ma con un approccio che è molto superficiale e che è assai diverso dall’interesse profondo che è insito nei migliori sentimenti umani.

Il curioso è interessato solo alla quantità delle notizie e all’accumulo delle esperienze amando tutte le cose superficiali e futili che non offrono alcuna difficoltà ad essere gestite e elaborate dallo sguardo comune e ordinario. Nell'individuo seriamente interessato vi è un pensare profondo e globale che gli permette di conoscere in modo completo e profondo. Colui che è interessato vuole sapere tutto sul suo mondo, vuole conoscere gli altri uomini, vuole conoscere tutti i fenomeni, vuole conoscere le piante e gli animali, perché nell’interesse vero non abbiamo alcuna preclusione ad una sfera esclusiva, e vogliamo sapere tutto perché dal tutto non ci sentiamo mai divisi.

Sarebbe opportuno che l’uomo si assumesse la responsabilità di sapere che esistono due poli che giocano in noi, perchè sono prodotti dalla coltivazione del tipo di coscienza che vogliamo fare accrescere, infatti esiste la voce rinforzata dalla coscienza autoritaria umana che ama vivere per obbedire senza pensare, che vuole essere un numero che è stato definito e che viene incasellato nell'ordine precostituito. Nell’essere umano esiste anche la possibilità alimentare la coscienza che vuole libertà e felicità, e su questo non dovremmo mai fare delle confusioni mentali, infatti siamo noi che scegliamo se nutrire la nostra coscienza umanistica quando crediamo che l’essere umano non viene guidato da alcuna autorità esteriore se lavora per fondare un “centro attivo interiore” che sia la struttura portante di future evoluzioni con potenzialità crescente.

Sapendo chi siamo, noi accresciamo la nostra “sfera dell’essere” che è il contesto su cui abbiamo un maggior controllo rispetto alla “sfera dell’avere” che è fondata su variabili esterne più complesse e incontrollabili. Questo concetto di “Io” è la realtà che sono quando mi sento vivo, è la somma che ottengo se sperimento i migliori sentimenti umani, ed è il valore aggiunto che mi rende sollecitamente interessato al mondo, ed è la mia possibilità di poter vivere dei rapporti in cui riesco ad amare sapendo ben discriminare tra cose e persone. Io "sono" se divento un'armonica fusione tra il sentimento interiore e la manifestazione esterna di ciò che credo: questa, secondo Fromm, è l’unica strada che possiamo fare per superare l’alienazione e l’infelicità umana, ed è l’unico percorso per conquistare la più nobile natura umana.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 17 dicembre 2010

Tra il cuore e la mente


“Abbiamo conquistato il cielo come gli uccelli e il mare come i pesci,
ma dobbiamo imparare di nuovo il semplice gesto
di camminare sulla terra come fratelli”

(Martin Luther King)


La società occidentale è disumanizzata perché l’individuo si sente come uno strumento e non come un fine dell’azione sociale, infatti abbiamo costruito una “megamacchina” globalmente omogenea, e viviamo in democrazie in cui l’uomo viene dissuaso dall’indipendenza intellettuale e dalla libertà di “essere.” Noi viviamo in un mondo in cui il controllo viene spacciato per ordine, e in cui tutti gli uomini sono considerati come dei semplici ingranaggi del meccanismo.

Il progresso tecnico si è costruito utilizzando del materiale umano, perciò ne usa la forza fisica, ne usa il tempo e infonde un determinato culto della personalità, poi l'uomo viene indottrinato, infatti viene racchiuso in limiti fisici, mentali e sociali che vanno in conflitto con lo sviluppo della nostra personalità, che è il requisito indispensabile per la libertà umana. La società è disinteressata alle esigenze dell’individuo, perché è il mercato che detta le sue regole, tra cui quella di poter fare tutto ciò che si vuole: se il mercato richiede una merce, quel tipo di merce va fornita, perché altrimenti i bisogni non sono soddisfatti.

Noi seguiamo anche il secondo dogma del consumismo che inneggia alla massima efficienza e alla massima produzione di beni materiali. E’ evidente che questo progetto di macchina sociale è più efficace se l’individuo viene svuotato del suo significato personale, e se viene ridotto ad una semplice unità di produzione e di consumo, che può essere più facilmente quantificata, perché le personalità-fotocopia sono facilmente prevedibili. Sull’efficienza va detto che è una variabile in aumento esponenziale, infatti si verifica una accellerazione sempre crescente per paura della quiete in cui poterci conoscere.

E’ in nome del materialismo e del culto dell’efficienza che l’uomo si è sempre più disumanizzato, poiché ha acquisito il concetto di essere un elemento irrilevante all’interno di un progetto di cui non può controllare nulla, perciò vive con un forte senso d’impotenza aggravato dalla crisi economica e politica. Oggi dobbiamo essere testimoni della nascita di una nuova concezione di natura umana e fare un salto evolutivo, perchè possiamo comprendere gli effetti che la nostra società esercita sull’individuo umano.

Secondo Erich Fromm, l’uomo è stato ridotto ad "un'appendice" che viene diretta nei suoi ritmi, nei suoi desideri, nei suoi sogni e nelle sue necessità, poiché siamo tutti “homo consumens” perciò dei consumatori totali con il comandamento di avere e di consumare sempre più. L’uomo è sempre più simile ad un oggetto inanimato poiché, se un ingranaggio non può essere individuo resta automatico, infatti egli trascorre il suo tempo a fare cose che non gli interessano, resta in compagnia di persone per cui non nutre il minimo interesse, perciò l'uomo è carente di calore e d'amore.

Un tale uomo vive per consumare e per produrre ripetendo all’infinito il processo circolare: sarà evidente che un uomo strutturato in tale maniera, possiede la mente del lattante che rimane meravigliato vivendo a bocca aperta, infatti viene abituato a consumare sempre più e desiderare sempre di più, perchè il desiderio consuma molto. Sull’oggetto del desiderio decide la pubblicità e la moda del momento, perciò l’uomo è completamente ignaro dei suoi veri desideri, e si “succhia” il mondo in modo indifferenziato senza saperne apprezzare alcun gusto.

L’uomo tecnologico non è fornito di adeguata discriminazione e vuole vivere senza sforzo, senza partecipazione e senza coinvolgimento, infatti l’uomo tecnologico è pigro a livello fisico, emotivo e mentale, quindi è preda della noia e vive pensando che tutto si può comperare avendone la disponibilità finanziaria. La passività dell’uomo dell’età industriale e tecnologica è uno dei tratti più evidenti nei casi patologici, infatti l’uomo vuole essere nutrito ma non possiede la minima iniziativa, perciò non sa assorbire in modo produttivo tutto ciò che ha ereditato, ma lo accumula per conservarlo gelosamente oppure ne dilapida ottusamente le risorse.

Nell’uomo che vive come ingranaggio abbiamo la sindrome da alienazione con l'apice nell’aumento di persone depresse nel mondo occidentale, poiché l’uomo si sente passivo, privo di forze e solo, esso si sente privo di valore, quindi non riesce a vivere autonomamente perciò si sottomette volentieri alla volontà e al gusto altrui. Un uomo così sviluppa un carattere poco autonomo e privo di integrità, perchè vive nel conformismo per poter sfuggire alle sue angosce ma, anche vivendo protetto dal gregge, lui non riesce a sfuggire al disagio della sua limitazione esistenziale.

Un uomo strutturato come un materiale e come uno strumento economico diventa come un pendolo che oscilla tra il desiderio della felicità e la spinta degli impulsi che giungono dall’esterno che vengono seguiti ciecamente, perciò si vive in perenne vibrazione in modo sostanzialmente inerte. Spiritualmente parlando, questo tipo di uomo è immobile perchè compie il giro intorno al perno di sé stesso reagendo in modo automatico alle spinte estranee, perciò non può mutare perché la spinta al mutamento proviene all’interno altrimenti si resta spiritualmente inerti.

Questo, avverte Fromm, è l'aspetto patologico dell’uomo moderno in cui convive la frattura tra l’aspetto razionale intellettivo e la parte affettiva ed emotiva, perchè viviamo dilaniati tra il pensiero e il sentimento, e siamo scissi tra mente e cuore quando in noi combattono verità e passione. Chiaramente non si tratta di lasciarsi andare all’emotività più irrazionale, ma l'uomo deve imparare a gestire le sue emozioni per farle divenire una risorsa di supporto per lo sviluppo della nostra struttura psichica, affinchè l’individuo sia armonioso nelle sue funzioni.

Qualsiasi azione di riequilibrio deve lasciare l’individuo libero e indipendente, perché solo così egli resta integro in tutte le sue parti e può ottenere l'armoniosa fusione di ragione e sentimento. Laddove essi siano divisi o sbilanciati, il pensiero diventa schizoide e il sentimento sfocia in nevrosi, infatti è che così che si vivono il mondo e i rapporti quando non ci riequilibriamo nel cuore e nel cervello. Di una schizofrenia simile vi è molta diffusione nella nostra società, e in forme poco sviluppate che sono condivise da milioni di individui.

Tutte queste persone vivono ed agiscono bene inseriti nel loro ambiente sociale, perciò sono individui che appaiono “normali” se non raggiungono dei livelli di guardia con l'esplosione in fenomeni e in casi di “follia inspiegabile” scritte sui giornali. Esistono anche dei comportamenti di malessere in coloro che “bruciano” una vita che disprezzano e avvertono priva di attrattiva, perciò si azzardano atteggiamenti e metodi da roulette russa facendo dei giochi di sfida alla morte.

E’ utile ricordare che nell’uomo coesistono la coscienza e l'immaginazione, e l’individuo non è nato per essere “un dado gettato” come diceva Einstein, perché nell’uomo vi è la coscienza di sé stesso e la capacità di fare scelte libere e consapevoli come la storia insegna. L’uomo può coltivare delle passioni che volano molto più in alto della sfera materiale, infatti il dinamismo della natura umana, nella misura più elevata del concetto di umano, possiede la necessità di manifestarsi e il bisogno “di esprimere le sue capacità in relazione al mondo, anziché di servirsi del mondo come di un mezzo per la soddisfazione delle sue necessità fisiologiche.”

La migliore trascendenza umana la ritroviamo nei nostri sogni, nei nostri ideali, nei nostri riti, nei nostri simboli e nell’arte, infatti nella pittura, nella poesia, nel dramma e nella musica l’uomo esplica le sue tendenze come se fossero un gioco. E’ nelle nostre passioni e nei nostri sogni che l’uomo diventa sempre più umano, poiché impara a creare bellezza per condividere la sua gioia, infatti l’uomo ha bisogno degli altri uomini e di avere dei rapporti sempre più umani con tutto il resto del mondo.

Buona erranza
Sharatan


domenica 12 dicembre 2010

Il ritorno del respiro animico


“Se non guardiamo il cielo, non ce la facciamo
a sopportare le cose che ci tocca vedere in terra.
Se non respiriamo in cielo, finiamo per soffocare nel nulla
ingombro di troppe cose,
nelle nostre spaziose e confortevoli prigioni”

(Alessandro Pronzato)


Secondo Steiner, noi crediamo erroneamente che l’evoluzione sia un processo che procede sempre in avanti, in realtà, ad una evoluzione ascendente fa sempre seguito una evoluzione discendente, e le due evoluzioni si osservano costantemente nell’esistenza umana. La nostra testa è in evoluzione discendente, e il nostro corpo è in evoluzione ascendente, infatti ogni sviluppo ha un suo ritorno, poiché nell’ascesa vi è inserita la potenzialità della fase discendente per la legge di azione/reazione che è vigente nella dimensione fisica ed è attiva anche nel mondo spirituale.

Nel mondo umano vi è sempre un gioco di alternarsi di ombra e di luce, vi è il fluire del bello e del brutto, del piacere e del dolore, del riso e del pianto, insomma esistono dei contrasti necessari, affinché l’occhio sia in grado di percepire la visione della natura fisica: così l’uomo può operare l’equilibrio e può apprezzare la vita, poiché è nell’assenza e nella presenza che si affina la percezione umana. Se non ci fosse la lotta tra l’ombra e la luce la nostra intelligenza non sarebbe incitata a discriminare tutte le sfumature della realtà.

E’ nella lotta per la discriminazione che si conoscono tutte le dissonanze del mondo, perciò siamo costretti ad essere vigili e agganciati alla realtà materiale, altrimenti l’uomo vivrebbe perennemente in fuga dal mondo. Tutto ciò non ci deve far pensare che l’uomo abbia una natura giustapposta tra il versante fisico e quello animico, infatti questo è errato. L’umanità ha subito un processo di impoverimento, poiché non attinge più alle forze sensibili terrestri, perciò l’umanità deve riappropriarsi delle forze spirituali che lo possano vivificare, e affinché la decadenza umana sia arrestata l’uomo deve acquisire la spiritualità nella sua vita come una coscienza vive e desta, perciò attiva.

L’uomo si è evoluto entro stadi diversi e, al livello attuale, esso è un organismo che presenta una parte fisica e una soprasensibile che ordinariamente non vediamo, anche se c’è chi può vedere l’aura che circonda il corpo umano, e che dimostra la qualità energetica e il livello di sviluppo dell’individuo. Secondo Steiner, vi sono poi anche degli esseri spirituali che circondano l’uomo, e che noi non sappiamo vedere ma che esistono esercitando un loro influsso sugli esseri umani, infatti essi posseggono una loro forza che si può paragonare alla forza della volontà umana.

Il pensiero umano si è evoluto per avere una maggiore padronanza sul mondo, perciò ha costruito dei confini definiti nelle categorie del tempo e dello spazio con cui può dominare l’orrore del vuoto e dell’indecifrabile, però ha ristretto il suo cervello. Negli uomini delle civiltà antiche queste categorie con il modo di ragionare che noi usiamo non esistevano, ed essi guardavano a spazi sconfinati e concepivano tempi in periodi incommensurabili senza alcun tipo di paura, infatti il tempo e lo spazio si perdevano beatamente uno nell’altro e non si fronteggiavano.

Nelle più antiche civiltà indopersiane di circa 5.000 anni fa si concepiva che la vita animica era compenetrata in tutta la realtà, poiché in tutte le cose si vedeva la manifestazione ritmica di elementi luminosi e chiari seguiti da elementi di buio e di oscurità. Quei saggi antichi possedevano una visione dell’universo che guardava l’alternanza di giorno e notte, perché si seguiva il corso del sole che nasce e che muore ogni giorno, perciò essi contemplavano in tutto, tutte le sfumature di quell’alternarsi di buio e luce che provengono dallo spirito, nel disegno tracciato dal ritmo universale che è insito anche nell’esistenza umana.

Nel mondo vi era un ordinamento morale in cui si percepiva la qualità costitutiva dell’individuo, perciò gli uomini discriminavano l’alternanza di luce e di ombra dell'individuo, infatti l’uomo buono, giusto e benevolo era visto come chiaro e luminoso, mentre l’uomo egoista, diffidente e malvagio veniva visto come oscuro e buio. I saggi sapevano vedere l’aura della specie umana, e sapevano “vedere e udire” usando delle facoltà che sono costitutive della natura umana: in loro vi era la capacità di discernere la luce e l'ombra in tutte le manifestazioni del mondo fisico, e persino nel suono poiché le note venivano percepite come oscure o luminose.

In tutto il mondo si scorgeva l'alternarsi di sorgere e di morire della luce, e in tutte le forze che entravano in gioco, l’uomo identificò delle energie con un potere immane perché erano delle potenze che dominavano il mondo naturale e che fornivano l'energia animico-spirituale, infatti esse si diffondevano senza entrare in conflitto, in quanto non vi è alcuna differenza tra i due tipi di forza. Noi uomini moderni differenziamo per conoscere meglio, infatti abbiamo la necessità di dividere tra il corso delle cose e la volontà umana ma, nei tempi antichi, non vi era affatto una tale differenza, perciò parlare di libertà umana sarebbe sembrato un discorso folle.

Tutto ciò che era nel mondo faceva parte dell’ordine naturale, perché tutto è una unica realtà, e in tutto vi è una integrità di fisico e di spirituale, poiché la concezione del mondo ci include completamente. Ciò che chiamiamo volontà e progetto divino si fondevano con la natura umana, infatti l’uomo credeva che in lui vi fosse un elemento divino che lo muoveva come muoveva tutto il resto della terra, infatti tutto è nel corso con cui l’ordine universale è improntato. In quei tempi antichi, dice Steiner, l’uomo percepiva tramite il processo della respirazione, poiché tramite esso egli aspirava l’anima della divinità che scorreva fluendo nel mondo.

Mentre l’uomo inspirava, vi era il dio esterno che fluiva nel corpo e che vitalizzava le fibre umane tramite il sangue che scorreva nelle sue vene e, nell’espirazione, vi era il nostro dio interiore che fluiva nell’universo manifestandosi nel mondo con la sua energia precipua. Perciò l’uomo era situato al centro del fluire e del defluire dell’energia animico-spirituale dell’universo, in un punto di perfetto equilibrio dell’interno e dell’esterno, infatti l’uomo credeva che stava respirando la natura spirituale del mondo, e che lui poteva comunicare la sua individualità nel fluire del corso naturale delle cose.

Oggi invece, si vede poco il nostro mondo interno e si vive all'esterno restando contrapposti alla parte restante del mondo naturale, e non si costruiscono dei punti d’incontro, perciò quello che l’uomo ha in comune con il resto della natura è scivolato via dalla coscienza e si è perso dalla memoria. Nelle concezioni yogiche del mondo tardo indoiranico si ricostruisce il respiro per ritrovare questa antica via di percezione sensoriale e di comunicazione spirituale con il mondo, perché lo yoga spinge verso l’interiorità.

Nello yoga vi è l’ambizione di richiamare nel corpo quell’arcaica modalità di percepire tramite la consapevolezza di aspirare il prana per poter attingere alle energie dell’universo, e così pure avviene in tutte le discipline con cui si acquista la consapevolezza del governo delle energie. Se noi usiamo solo la percezione del capo, cioè l’aspetto mentale per conoscere la realtà non conosciamo totalmente il mondo, poiché oggi la percezione umana è carente di questi elementi essenziali antichi con cui approfondire i processi del nostro funzionamento, che sono necessari per conoscere i processi dell’universo.

Secondo Steiner, noi dobbiamo aggiungere all’uomo quello che è andato perduto, così da pervenire al pieno recupero dell’antica sensibilità. Si tratta di “trovare di nuovo nell’interiorità dell’uomo qualcosa in cui ciò che troviamo in noi costituisca nello stesso tempo, un processo esterno” infatti si deve “trovare qualcosa in cui l’uomo raggiunga in sé un elemento che possa in pari tempo venir riconosciuto come processo universale” e che non si raggiunge facilmente solo respirando come nei tempi antichi.

Il fatto è che, nelle civiltà indo-persiane, gli uomini respiravano l’anima mentre stavano espirando l’aria fisica nei loro polmoni, e tutta la loro realtà era spiritualizzata continuamente dai flussi e dai riflussi animico-spirituali individuali e universali. Questo aspetto non è affatto secondario, poiché è nella respirazione dell’anima che si cercava lo spirito, e fluendo in noi anche lo spirito incontrava l’anima, perciò l’intero cosmo era rinforzato dall’impulso potente di quella unione armoniosa.

Ora la coscienza umana è molto cambiata, infatti l’uomo ha rinnegato sia l’anima che lo spirito, e crede nell’universo di sola materialità, perciò tutto è pensato come costituito di materia densa e priva di energie spirituali, perciò abbiamo ridotto la nostra riserva di energia vitale. Nell’uomo che respira oggi, non vi è la partecipazione consapevole alla respirazione, poiché si aspira solo l’ossigeno per espirare l’anidride carbonica, e non si concepisce che, nel respiro inspiriamo la forza dello spirito che vivifica le nostre fibre rimuovendo ed espirando il ristagno negativo che accumuliamo all’interno: ed è così che restiamo nell'equilibrio spirituale e fisico perfetto.

L’aria che circonda l’uomo odierno va risacralizzata, infatti dobbiamo imparare a vedere che tutte le cose che sembrano composte solo di materialità possiedono un aspetto animico-spirituale perché in tutte le cose vi è la medesima composizione, mentre veniamo abituati a vedere solo l’aspetto esteriore della materialità. Oggi dobbiamo tornare a credere alla verità che la materia è solo un aspetto vibrazionale più denso e pesante dello spirito il quale, al livello vibrazionale più elevato è talmente rarefatto da essere impalpabile, perciò diventa impercettibile per l’essere umano dallo sguardo ordinario consueto.

La Terra ha perduto la sua anima così che l’uomo non può più respirare la spiritualità universale, e questo fatto ha causato delle ripercussioni sull’evoluzione spirituale dell’intera umanità. Nella Genesi è scritto: “E Dio insufflù nell’uomo il respiro come anima vivente” infatti il “respirare animico” dava all’uomo antico il senso della pre-esistenza dell’anima, infatti essa è vivente prima della discesa nel veicolo fisico tramite l’incarnazione e la nascita. Di tutto questo l’uomo dovrebbe avere coscienza per poter attingere ad una forza che è sempre presente e che la volontà umana deve recuperare.

Dire che il mondo esterno ci spinge e che noi reagiamo all’azione, perciò ammettere che siamo esseri automatici, è assai limitante anche per l’orgoglio umano. Noi dobbiamo capire, dice Steiner, che la realtà è un processo in cui l’interno e l’esterno si devono intrecciare, e ci dobbiamo porre nell’incrocio tra la volontà umana e il pensiero dell’universo perchè la volontà umana sortisce sempre un effetto. L’uomo non è passivo rispetto al mondo, ma deve sviluppare una maggiore capacità di fare respirazioni yogiche che gli insegnino a non vedere solo rigidi dualismi.

E’ questo ciò che Steiner chiama "seguire l’impulso del Cristo", infatti dobbiamo tagliare con la nostra realtà e con il nostro modo di pensare diventando dei rivoluzionari che riscoprono delle antiche concezioni. Noi dobbiamo imparare a camminare per le strade del mondo vedendo in ogni soffio d’aria, in ogni pietra, in ogni suono e in ogni singola sfumatura di colore quel soffio dello Spirito che ci ha insufflato l’anima nelle narici. Noi dobbiamo sentire che il suo respiro scorre nelle nostre vene con il nostro sangue, e che la nostra essenza animico-spirituale risponde al suo richiamo, ma dobbiamo compenetrarci totalmente in questa verità per raggiungere la forma di coscienza molto elevata di cui l’umanità ha necessità per la sua futura evoluzione.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 8 dicembre 2010

Tra il sangue e le ossa


“Nulla vi può essere nell’uomo
che non gli sia dato dalla luce della natura,
e tutto ciò che è nella luce della natura
proviene dalle stelle”

(Teofrasto Paracelso)



Secondo Rudolf Steiner l’essere umano dovrebbe essere in grado di attraversare il velo illusorio del mondo fisico per giungere a vedere il panneggio del mondo spirituale che sottintende a tutta la nostra realtà: però è necessario acquisire la giusta sensibilità per vedere quest’aspetto sottile del mondo fisico. Gli spiritualisti dicono che la nostra evoluzione umana è inserita all’interno di una evoluzione cosmica che sta progredendo verso dei gradi di sviluppo sempre più avanzati.

Nell’universo esistono regni dei mondi superiori e mondi inferiori con le relative gerarchie di esseri: considerato l’uomo, all’inferiore abbiamo il regno minerale, vegetale e animale, quindi l’essere umano è situato al 4° gradino della scala evolutiva universale. Poi vi sono ulteriori livelli che sono superiori all’essere umano, infatti ci sono gli angeli, gli arcangeli e poi ci sono archai, che sono gli spiriti del tempo situati al 7° gradino evolutivo: superiori a tutti vi sono gli spiriti delle forme che sono esseri che sono all’8° gradino, perciò nell’Alto sono contrapposti all’uomo che, nel Basso è del 4° gradino.

Questi gradi non sono sovrapposti uno all’altro, ma vanno visti come compenetrati uno nell’altro, quindi gli spiriti delle forme, dall’8° grado sono il nostro livello superiore, infatti essi esercitano il loro dominio, perciò agiscono intorno a noi, e tramite noi. Osservando la forma del corpo umano dobbiamo sapere che lo sviluppo del capo, cioè della facoltà raziocinate e dell’intelligenza sono al 4° grado evolutivo, che è il livello odierno dell’uomo, mentre tutta la restante parte del corpo è governata dagli spiriti della forma dell’ottavo gradino.

Quando l’uomo sente l’influsso creativo, esso gli proviene dai signori della forma che esercitano il loro effetto, ma non avviene tramite il capo ma, queste forze, si esprimono con tutta la restante parte corporea dell’organismo. Questo è ciò che va conosciuto sulla qualità della costituzione fisica umana, poi esistono altre verità che vanno conosciute, e che sono inerenti alle energie che sono costitutive dell’essere umano, infatti esistono entità energetiche di tipo luciferino e di tipo arimanico che si fronteggiano.

Secondo Steiner, queste forze abitano nelle stesse sfere in cui vive l‘uomo, e sono due tipi di forze che agiscono sull‘animo umano esercitando due influssi diversi che agiscono su di noi. Le forze luciferine vengono avvertite dagli uomini quando si sentono fantasiosi, e quando l’uomo si lascia trascinare dall’impulso potente del fanatismo più sfrenato: quando l’uomo sente delle forze che lo portano al di sopra della testa e della sua razionalità, egli si sta abbandonando all’influsso delle forze luciferine.

Quando l’essere umano sente delle forze che lo premono e lo spingono fin dentro alla terra, quando l’individuo diventa arido e prosaico, quando si sviluppano solo le matematiche e il calcolo, perciò si elaborano delle ideologie troppo materialistiche ed autoritarie, l’uomo è in preda agli influssi delle forze arimaniche. Steiner afferma che l’uomo si trova collocato in una posizione intermedia tra quello che vuole il suo sangue e quello che vogliono le sue ossa, infatti è il sangue che ribolle, e sono le ossa che possono calcificare quando si sclerotizzano.

Ciò che vive nel nostro sangue risente dell’influsso luciferino che ci rende focosi e ribelli, invece ciò che tende a fermarsi e calcificarsi risente dell’influsso arimanico che tende alla conservazione e all’inerzia. Nell’uomo vi dovrebbe essere un giusto equilibrio tra queste due tendenze che devono due apici estremi nell’esaltazione e nell’opposta arida prosaicità: e questo è l’influsso se si valuta il livello inferiore dell’organismo umano.

Se osserviamo l’evoluzione superiore vediamo che, le due forze dimostrano due tendenze con interessi assai diversi per l’esistenza cosmica, infatti le forze luciferine hanno l’interesse affinché l’uomo rinneghi la sua divinità, infatti l’uomo è reso ribelle verso le tendenze che uniscono la specie umana a causa della sua forte individualità. Nelle forze arimaniche vi è l’opposta tendenza di costringere l’umanità dentro i vincoli del potere e della dominazione, perciò nelle spire del potere: il mondo in cui viviamo presenta dei fenomeni simili, e che rispecchiano queste tendenze che influenzano la nostra natura.

Chiaramente non è che l’uomo sia veramente di fronte ad una lotta reale tra due forze antagoniste, infatti il concetto è simbolico per indicare che questa lotta è compenetrata nelle tensioni opposte della mentalità umana che oscillano tra le libertà universali e l’esercizio del potere e della forza. Questi due estremi vengono manifestati da secoli nella storia delle vicende umane infatti, in questo mondo vi sono due forze in contrasto e che coesistono al nostro interno, poiché sono esse sono le due forze costitutive dell’essere umano.

Tra Lucifero e Arimane vi è l’uomo che è l’ago e il perno della bilancia, poiché la realtà viene equilibrata nella Triplicità, dice Stirner, infatti molti credono che l’esistenza umana sia un dualismo, e si crede nell’angelo o nel demonio che vivono solo nella nostra mente. Molte credenze si basano sul contrasto, sul conflitto e sulla lotta, e nell’opposizione della discordia che è sempre inganno: nell’esistenza del mondo noi dobbiamo vivere nella condizione equilibrata rappresentata dall’impulso del Cristo.

La condizione di spirito più giusta è quella in cui l’uomo si colloca nella triplicità del mondo, infatti la posizione divina è nell’intermedio, e la salvezza è nel saper distinguere tra l’oggetto e il nome che gli viene attribuito senza lasciarsi sviare dalle opinioni del mondo, infatti ogni rigidità è sempre limitante. L’uomo non riesce a strutturare il suo universo, e lotta perpetuamente tra il bene e il male, perciò il suo vero elemento divino è scivolato via dalla coscienza.

Noi crediamo nell’anima e nel corpo e cancelliamo lo spirito, perciò diventiamo duali anche nella spiritualità, poi suddividiamo lo spirito dalla materia rinforzando la frantumazione anche a livello filosofico, infatti siamo plasmati con una educazione che proviene da una civiltà antica di secoli che ha sempre conservato questa divisione dei due fronti.

Ci viene celata la verità che lo spirituale è ovunque, e che anche nel corpo lo spirito è vivente, perciò i due versanti non sono mai divisi: nell’essere umano vi è la ripartizione del capo e poi vi è la restante parte dell’involucro corporeo, ma la formazione del capo è molto antica ed è precedente allo sviluppo dell’intero organismo, infatti la formazione del pensiero risale ad un’arcaica formazione animale.

Si dice che nei tempi delle creazioni non esistevano ancora gli animali, ma esisteva solo l’uomo che ebbe una formazione animale e, dopo l‘evoluzione umana, furono creati anche gli organismi animali, perciò la razionalità che crediamo l‘elemento più elevato dell‘essere umano ha origine nell‘animalità, infatti il capo è la formazione più arcaica del nostro organismo e in esso, dice Stirner, vivono delle forze che perseguono la morte, infatti l’intelletto per conoscere deve frantumare la realtà.

L’intelligenza umana deve suddividere e frantumare il mondo per poterlo interpretare, perciò se vivessimo di sola intelligenza sarebbe un perpetuo morire, perché il pensiero non è un processo ascendente, ma esso vive del passato e va sempre a ritroso, e se lo seguissimo ciecamente verremo a cadere nell’involuzione che è un processo di morte, in quanto distrugge e demolisce le forme della materialità. Avviene che la materia deve essere demolita affinché sorga il processo del pensiero, perciò la crescita umana va compensata e pareggiata dalle risorse vitali della restante parte dell’organismo.

E’ la restante parte dell’organismo che si trova nel processo di salita, perciò in evoluzione ascendente in quanto partecipa all’elemento spirituale e animico umano, che è sottoposto al governo dei signori della forma. E’ nel nostro sangue che fluiscono le forme pensiero di tipo animico e spirituale di cui è intessuta l’intera trama dell’universo, perciò queste forze fluiscono nell’intero organismo umano. Noi pensiamo di essere addormentati nel tempo che si colloca tra la veglia e il momento del risveglio, invece con una parte del nostro corpo dormiamo perpetuamente.

Noi siamo desti solo nel nostro pensiero, perciò con il nostro percepire sensorio, e il nostro sogno diventa tutto l’universo dei sentimenti mentre siamo in coma letargico per quanto riguarda la volontà: conosciamo ciò che pensiamo, sentiamo le emozioni e i sentimenti, ma per quanto riguarda lo sviluppo della volontà siamo assolutamente analfabeti. Secondo Steiner, l’elemento divino non riesce a parlare all’uomo, poiché Dio non passa dal capo e l’intelletto, ma fluisce nella restante parte dell’organismo, infatti tramite la testa comunicano solo le entità luciferine.

Se usiamo un approccio con il mondo di rigido raziocinio non avvertiamo alcuno spirito divino, è solo quando l’uomo evolve da questo stato di coscienza per ascendere è solo allora che, nell’uomo, si rivela l’elemento che unisce il mondo umano alle atmosfere celesti. E’ evidente che l’uomo si è evoluto tramite l’elemento luciferino, infatti dall’animalità si evolve con l’illuminazione dell’intelligenza ma, la nostra parte divina deve ascendere includendo anche la sua corporeità, infatti è l’essere interamente desto quello che è ancorato meglio con la Terra, mentre l’uomo addormentato non conosce nessun legame e alcuno equilibrio.

Buona erranza
Sharatan


domenica 5 dicembre 2010

Le sculture della mente


“Difficile ad essere conosciuta, profondamente nascosta,
divagante e capricciosa, questa è la mente.
La persona intelligente la custodisce
perché la mente custodita è principio di gioia”

(Tao te Ching)


La coscienza umana agisce nello spazio mentale, infatti essa è primariamente intellettuale perciò deve utilizzare questo spazio in cui è libera dalla materia fisica: i materiali con cui la mente lavora sono i pensieri e le loro vibrazioni, cioè dei materiali che non posseggono delle forme visibili. Mentre le parole danno vita alle vibrazioni sonore, il pensiero umano dà vita ad una entità cosciente che possiamo definire un “pensante.” L’essere che è fornito della capacità di pensare utilizza un tipo di vibrazione molto particolare, che è quella del pensiero e dell’energia della mente umana.

Questo tipo di energia è un tipo di forza naturale che è fortemente attiva, poiché possiede una grande potenza di cui pochi sono pienamente consapevoli, infatti non ne riescono neppure a definirne le possibilità. La conoscenza ed il controllo dei fenomeni su cui l’essere umana ha pieno arbitrio costituiscono un punto di vantaggio per la costruzione della nostra personalità considerato che, la società attuale preferisce costruire delle masse ignoranti, affinché gl’individui siano maggiormente controllabili e malleabili.

Poiché l’uomo è imitativo è facile che subisca le influenze delle personalità che percepisce come dominanti, e che vi si assoggetti: e questo impulso è un tratto che ereditiamo dalla memoria atavica di quando vivevamo nei tempi antichi, tra i membri della tribù. Così facciamo anche nei tempi moderni se non abbiamo consapevolezza dell’influsso che esercita l’atmosfera mentale, e non facciamo il potenziamento della volontà di essere noi stessi e non la fotocopia dei pensieri degli altri. E’ l’attenzione che noi offriamo che ci rende recettivi a subire le influenze altrui, perché l’uomo tende a lasciarsi vivere in modo pigro, perciò si lascia cadere nell’inerzia.

Gli individui astuti usano questa tendenza dell’uomo di accondiscendere e la sfruttano ai loro fini: molti individui subiscono continuamente e in modo passivo, molteplici tipi di influenze e di suggestioni, e la folla impara a vivere come un branco di pecore. Ma queste suggestioni non riescono ad influenzare l’individuo che ha le sue idee, che non si fa sviare e che sa coltivare la sua individualità, infatti egli non risponde impulsivamente nelle situazioni, ma si concede il tempo per pensare prima di agire per non avere delle reazioni da macchina: infatti si vince facilmente chi ripete sempre lo stesso schema di gioco.

Se ci accorgiamo che cercano di influenzarci, oppure cercano di farci sentire inferiori dobbiamo alzarci e andarcene, così come dobbiamo allontanarci da tutti i contesti in cui percepiamo dei sentimenti negativi. Spesso le persone ci influenzano parlandoci delle nostre limitazioni personali e, così facendo, essi disturbano il nostro senso di stima per demolirci crudelmente: è vero che un essere forte dovrebbe essere in grado di reagire ma è accettabile, se siamo fragili, allontanarci per riflettere meglio sulla situazione. Le mentalità passive o fragili sono facilmente suggestionabili, perciò anche gl’individui deboli mentalmente tendono a soccombere alle pressioni esterne, quindi sapersi ritirare quando non si è pronti alla battaglia, è un segno di saggezza in cui viene tacitato l‘egocentrismo.

Dicono che il piano mentale sia il livello che riflette, nel microcosmo, il piano della Mente Universale in natura, cioè quello che gli indù chiamano Brahaman, infatti esso è il grande piano del cosmo in cui sono contenute tutte le idee archetipe che dovranno avere una evoluzione futura, perciò sono ancora “arupa“ in quanto senza forma, senza figura e senza corpo. Questi materiali energetici sono in grado di combinarsi in qualsiasi modo, per l’influsso delle vibrazioni di pensiero che agiscono per plasmarle. Con la facoltà creatrice del lavoro umano possiamo forgiare i metalli per produrre degli utensili o delle armi, similmente possiamo forgiare delle idee creative o distruttrici, infatti un pensatore può fare i due tipi di azioni, poiché la materia vibrante si adatta ai due lavori.

E’ la qualità delle vibrazioni del pensiero che causano tipi di sculture diverse, infatti sono le qualità intellettuali del pensatore che producono diverse qualità di energia, poiché l’uomo è in grado di nutrire delle diverse forme-pensiero originate dall’azione volontaria del suo pensiero. Il piano mentale astrale, secondo gli spiritualisti, possiede vari livelli con diversi gradi di purezza e di raffinatezza abitati da forze che ne caratterizzano l’atmosfera, infatti vi sono dei piani inferiori densi ed impuri, e delle regioni elevate più luminose e raffinate, fino all’apice della creazione.

E’ l’uomo che vive nelle regioni che sono più affini alla sua qualità energetica, e le forme-pensiero che egli costruisce sono affini a quelle del piano su cui lavora a livello mentale, perciò è il pensiero che muove il tipo di energia, mentre è nella nostra volontà umana la possibilità che si abbia o meno, ciò che si è pensato tramite la concreta realizzazione. Le regioni in cui si muove il pensatore sono indifferentemente le regioni più alte o più basse, anche perché nel suo interno l’uomo coltiva delle predilezioni per le materie più dense o per quelle più sottili, così plasmiamo e siamo plasmati dalle nostre affinità e dalle nostre antipatie.

Secondo la legge, le materie affini vanno in combinazione, infatti noi attiriamo ciò che ci assomiglia e ricerchiamo le vibrazioni che ci sono simili, e questo avviene in virtù della legge dell’Amore e dell’Armonia. Fra le anime che sono allo stesso grado di evoluzione avviene una comunicazione che è repentina, poiché entrambi sentono e il pensiero vibra tra l’uno e l’altro in modo simultaneo: e questo non dovrebbe essere dimenticato nella coltivazione del nostro pensiero e nell’accorta scelta della qualità delle nostre relazioni personali.

Bisogna sapere che, non è sempre possibile vivere in situazioni in cui ci sentiamo “ai massimi livelli delle regioni celesti“, ma dobbiamo saper vivere a tutti i livelli energetici, senza farci distruggere dalle cose del mondo, perciò dobbiamo padroneggiare le nostre risorse per essere adeguati a riconoscere, e saper rispondere a tutti i tipi di vibrazioni mentali con cui veniamo in contatto. Gurdjieff dice che l’uomo può scegliere di coltivare persino la più completa demenza, l’importante è essere consapevole del fatto che sta studiando da demente: perciò dobbiamo restare ricettivi, e imparare a capire in quale tipo di atmosfera ci troviamo per sapere agire adeguatamente.

Siccome attiriamo una materia affine dobbiamo curare scrupolosamente la qualità dell’ambiente in cui ci muoviamo cercando delle esperienze sempre più raffinate, in modo da elevare il nostro livello evolutivo apprezzando una materia sempre più pura, infatti il godimento pieno dell’esistenza deve saper vedere anche attraverso la materia più rarefatta e impalpabile. E’ evidente che bisogna esercitarsi in un’osservazione accorta di noi e degli altri, che bisogna sudare per costruire una volontà che ci sostenga, e che dobbiamo saper scegliere i valori e le aspirazioni da amare per diventare degli individui migliori.

Buona erranza
Sharatan


giovedì 2 dicembre 2010

La costruzione dell’automa


“Coscienti o incoscienti, in questa vita siamo tutti attori
che recitano per l‘uditorio in una parte,
e in uno stile da esso approvato...
L‘unica obiezione è che l‘attore può sostituirsi all‘uomo
e prenderne intero possesso.”

(Lin Yutang)


Noi viviamo ipnotizzati, perciò facciamo fatica a discriminare cosa ci appartiene e ciò che ci viene iniettato nella mente e che viene ad occultare la nostra autentica natura. Noi siamo rapiti alla nostra autenticità con un pieno e totale consenso, però possiamo imparare a fare una discriminazione di ciò che è nostro respingendo tutto quello che ci viene infuso, e che è alieno alla nostra più intima indole.

Nello sciamanesimo insegnano dei metodi per discriminare i due versanti e per imparare a vivere nel mondo presente senza caderne preda, poiché lo sciamano crede che la realtà sia falsata da uno specchio affumicato. Sulla scena del mondo avvengono tanti spettacoli, e ogni palcoscenico vede un diverso personaggio: tutti gli attori sono impegnati a rappresentare una commedia o una tragedia perché tutte le rappresentazioni costituiscono le varie vite umane.

Lo spiritualista, che è un individuo concreto, è consapevole che tutto inizia perché è già nel programma con cui il mondo ha deciso di funzionare, ed è vero perché ci ritroviamo in un ordine precostituito che esiste prima della nostra nascita, perciò facciamo attenzione, infatti quello che noi siamo non è quello che la nostra mente pensa, e noi non siamo ciò che crediamo perché il nostro modo di pensare subisce l’indottrinamento educativo.

Diventiamo buoni ed adattabili perché riceviamo le ricompense e restiamo al riparo dalle punizioni e dai sensi di colpa con cui vengono manovrati i burattini. Tutte le informazioni che il mondo c’invia vengono inserite nel nostro sistema, perciò s’imprimono nella nostra mente e diventano vere: quando siamo bambini, siamo ingenui e fiduciosi, perciò veniamo facilmente ingannati e manipolati.

Le persone che ci circondano conoscono il metodo di catturare la nostra attenzione e ci tengono avvinti usando il nostro interessamento che si attiva come una calamita: così restiamo avvinti dall’attenzione che dedichiamo agli altri. Secondo gli sciamani, il borbottio mentale che sentiamo dentro non è la voce della nostra vera natura, ma è la voce delle concezioni e delle storie che il mondo ci racconta da sempre, e che sono divenute la trama dei vissuti che vengono fondati su quello che altri credono riguardo a noi.

Se ci riflettiamo, è vero che noi ascoltiamo quello che già conosciamo, poiché non facciamo fatica a seguire un filo che ci conduce lungo una strada familiare: e questo è il motivo per cui scegliamo sempre gli stessi sentieri rifacendo i medesimi errori, e ripetendo i malanni che conosciamo. Credere che quello che pensiamo sia sempre vero, e non saper mettere in dubbio le nostre idee è un errore, infatti essere radicati nel mondo implica poter vedere quell’inimmaginabile, che credevamo impossibile solo perché la nostra mente ottusa non aveva saputo prevedere quella possibilità.

Prevalentemente accettiamo le opinioni altrui modificando atteggiamenti e comportamenti, mutando persino il nostro pensiero a causa di storielle che vengono infuse nella mente quando non siamo critici e vigili: e questo è normale poiché ci vogliono ignoranti e paurosi. La paura dell’isolamento ci rende fragili, perciò amiamo gli ideali di perfezione che sono socialmente prevalenti, infatti viviamo usando i residui di pensiero degli altri. “Dimmi quello che vuoi che io sia, e io lo divento!” questo è il motto delle personalità interscambiabili che non sanno chi sono e cosa vogliono.

Un tale messaggio è diffuso per affinare il talento che conduce verso la prostituzione della mente umana che impone il pensare “adeguato” per costruire un “soggetto integrato” nella società. Peccato che tutte le nostre tendenze naturali possano essere perdute in modo irreparabile, perciò va ricercato ciò che ci hanno rimosso e che resta nascosto nel nostro inconscio, poiché è stato rimosso mentre avveniva la costruzione dell’automa.

Se non ritroviamo la nostra indole costitutiva non possiamo sapere come liberarci dalle paure e dalle incertezze che ci hanno instillato, non possiamo iniziare a conquistare la felicità, e non possiamo coltivare ed apprezzare la bellezza che è nell’armonia e nella bellezza del mondo. Per fare un primo passo positivo valutiamo che la nostra realtà è illusoria, perciò è nel nostro radicamento e nella accorta osservazione del mondo che è il vantaggio per risvegliarci dall’ipnosi dei nostri falsi universi personali.

Nella totale padronanza del mondo, e nella piena attenzione diventiamo consapevoli, perciò dinamici nell’agire in modo adeguato alle trasformazioni del mondo: imparare a controllare la nostra attenzione è un fatto basilare poiché c’impone una valutazione obiettiva dell’essenza della natura umana. Gli uomini sono creativi, perciò usano le loro parole per costruire la loro personale immagine del mondo che utilizzano come verità da propinarsi e da far credere. Tutto ciò è inevitabile perché ognuno vuole il suo schema di orientamento per non correre il rischio d’impazzire in un mondo insensato.

Tutte le storie sono personali, perciò è opportuno comprendere che le parole diffondono pensieri e opinioni che manipolano gli ascoltatori poco accorti, infatti le opinioni degli altri entrano nella nostra mente: effettivamente molti usano le parole per diffondere pace o veleno, e altri scaricano il loro malessere scagliando giudizi e maldicenze. Sapere che i pensieri altrui sono le opinioni personali di coloro che parlano, e comprendere che esse non sono le vere immagini del mondo, rafforza la convinzione che non dobbiamo mai offrire il fianco alle negatività verbali altrui.

Siamo il soggetto più importante e il principale personaggio della rappresentazione, perciò distacchiamoci dalle opinioni degli altri, perché il mondo è pieno di predatori che si nutrono delle nostre energie vitali, infatti sono abili a catturare e predare la vitalità e le energie che dovremmo dedicare a nutrire la nostra vita. Disinteressiamoci di quello che gli altri dicono di noi e facciamo la nostra strada per costruirci una storia personale che venga dal nostro cuore: la verità di ciò che siamo la sappiamo solo noi.

Nell’apprendimento di un nuovo pensiero è previsto che la preconcezione venga valutata come un modo di pensare con cui ci hanno abituato, ed è un punto in cui il nostro egocentrismo ci dà lo scacco matto. In tutti coloro che costruiscono delle verità c’è la volontà d’imporle agli altri ma noi sappiamo che sono messaggi distorti e ce ne distacchiamo, perciò togliamo la nostra attenzione invalidando il loro gioco.

Dobbiamo rivedere la nostra verità sul mondo e imparare a non cedere alle supposizioni sulla realtà, dobbiamo avere il coraggio di sperimentare concretamente, di condividere le idee, di non “pensare” a ciò che gli altri credono ma saper chiedere e condividere i diversi punti di vista. E questo per non subire un isolamento mentale ma, nel contempo, dobbiamo saper restare autonomi nelle nostre opinioni personali rispettando gli altri. La mente umana viene plasmata con idee estranee, con schemi ripetitivi, con i timori che il passato possa farci del male anche al presente, perciò dobbiamo liberarci da questi modi errati di ragionare per riscoprirci meglio.

La nostra natura ha una dotazione completa e perfetta per farci godere la vita, siamo noi che che ne limitiamo la potenzialità per l’ignoranza della potenza della nostra natura, e per l’incapacità di limitare l’errore dell’auto-giudizio e della condanna alla completa inadeguatezza. Spesso ci abusiamo e veniamo abusati con le parole e con le azioni quando lasciamo spazio ai demoni della follia umana che coltiviamo e che costruiscono l’infelicità umana. Solo noi possiamo smantellare queste strutture sbagliate perché le conosciamo meglio di tutti gli altri.

E’ evidente che non possiamo avere da subito un’efficienza e un’efficacia massima, perciò dobbiamo persistere con determinazione e permetterci anche dei momenti in cui il nostro corpo e la mente non ci regge al massimo, perciò dobbiamo avere il coraggio di fare al meglio, anche se non sempre verrà bene come vorremmo. Il concetto di perfezione non esiste perché il nostro miglioramento lo possiamo guidare con il benessere emozionale di colui che vive bene mentre sta provando ad avanzare per giungere alla meta.

Noi dobbiamo sviluppare una maggiore comprensione per noi stessi mentre stiamo avanzando con delle incertezze, perché ci è necessario il tempo per imparare a vivere senza recriminare. L’insegnamento più difficile da acquisire è la capacità di disimparare tutto quello che ci hanno insegnato e che è inutile per la nostra vita, infatti fatichiamo a distaccarci dalla mente automatica che ci hanno programmato, ma questo è possibile, se sappiamo quali sono gli schemi errati che vanno eliminati dal nostro sistema.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 29 novembre 2010

Come risveglirsi umani


“Per arrivare all‘alba non c‘è altra via che la notte”

(G. Kalhil Gibran)


Sebbene non sia facile descrivere cosa significa essere umani, diceva Erich Fromm, possiamo farlo se non ci limitiamo a descriverlo solo tramite la psicologia, ma facendo ricorso a tutte le scienze che sono rilevanti per la comprensione dell’essere umano. L’uomo è prevalentemente indotto a credere che la sua natura sia quella che la società gli indica come tale, seppure dell’essere umano siano state coniate molte definizioni.

Si dice che l’essere umano è Homo faber, poiché costruisce i suoi utensili, ma anche i nostri antenati antropoidi lo facevano. Si parla di Homo sapiens e, se questo termine vuole alludere alla conoscenza di ciò che è celato dietro l’apparenza perciò nella realtà dei fenomeni, allora è vero che l’uomo è sapiente. Si è scritto anche che l’uomo è Homo ludens, poiché l’uomo gioca svolgendo un’attività che è diversa dalla pura sopravvivenza, ma il gioco era presente anche nell’uomo primitivo.

Perciò dobbiamo trovare ancora altre definizioni per connotare l’essere umano, dice Fromm, infatti ne troviamo altre due che bene qualificano l’essenza umana. L’uomo è Homo negans, poiché è in grado di dire “no” anche quando altri dicono “si” poiché l’essere umano sa andare oltre ogni regola della società se deve affermare la sua verità, il suo amore e la sua integrità morale. L’uomo dovrebbe essere anche Homo esperans perciò un uomo che possiede la speranza, perché la speranza è una condizione essenziale per la vita dell’essere umano.

Se un uomo ha rinunciato ad ogni speranza, allora è un uomo che ha superato i cancelli dell’inferno per lasciarsi alle spalle ogni sua umanità. Cosa significa essere umani? Essere umani significa capire che nulla di ciò che costituisce la natura umana ci può essere estraneo, come diceva Terenzio, infatti il pensiero più profondo sulla condizione umana ci porta a valutare piuttosto su tutte le diversità personali che ci rendono umani.

Aldilà delle differenze personali, vi sono due condizioni umane da valutare: la prima ci fa notare che l’uomo non è obbligato a rispondere agl'istinti in modo totalmente condizionato come gli animali. In secondo luogo il nostro cervello ha subìto una evoluzione che gli permette delle facoltà molto raffinate come il linguaggio, la simbolizzazione e la capacità d’immaginare e di fare astrazioni, che ci rendono molto più perfezionati degli animali.

L’uomo non ha un contatto immediato con gl’istinti, perciò la parte istintiva non governa totalmente la vita umana, infatti l’uomo può prendere decisioni autonome. L’uomo può fare delle scelte e avere delle alternative, egli non ha un percorso fisso e definitivo, perciò corre il rischio dell’errore. Il prezzo della libertà umana, qualora sia esercitata con piena consapevolezza è l’insicurezza, infatti facciamo scelte nella speranza di non compiere degli errori: la vita umana non è esente da errori e rischi, infatti la vita offre l’unica certezza nel suo inizio e nella sua fine.

L’uomo sembra essere uno scherzo della natura, afferma Fromm, poiché fa parte della natura ma può anche trascenderla, infatti l’uomo deve cercare in modo autonomo da ogni istinto biologico un suo schema di orientamento che gli permetta di avere una immagine del mondo che sia coerente, e in cui esso si senta inserito in modo coerente. Nell’essere umano non vi è solo la paura di perdere la vita, come per gli animali, nell’uomo vi è anche il rischio di perdere la mente se non si trova a suo agio nel mondo e se lui si sente impotente a dominare il suo mondo.

L’uomo che resta privo di orientamento, si sente impotente e privo di progetto di vita, perciò diventa preda del più totale sradicamento, infatti non può vivere se non come un pazzo. Molti cercano delle soluzioni per restare sani di mente, perciò dei rimedi che possono essere più o meno buoni: essenziale è valutare che i mezzi che ci fanno migliorare sono quelli che ci forniscono forza, chiarezza, gioia e indipendenza interiore. I mezzi che forniscono le condizioni opposte sono assolutamente ostili alla vita, perciò ne peggiorano le condizioni: l’uomo dovrebbe sempre cercare delle soluzioni che accrescono la sua vitalità umana.

Sulla malleabilità della natura umana, molti dicono che l’uomo è malleabile all’infinito: la società può influire sulla struttura umana e non si può negare che l’uomo influisce sulla società, ma l’uomo può essere piegato e imprigionato come un animale in un circo, seppure l’uomo sia malleabile solo in parte. Molti uomini sanno ribellarsi se le condizioni sociali sono talmente oppressive da causargli uno squilibrio troppo insopportabile, perciò l’uomo è in grado di ribellarsi se le sue condizioni vitali diventano penose.

Nell’uomo esistono due necessità fondamentali che vanno oltre la soddisfazione delle sue necessità fisiologiche e materiali. La prima risposta è la necessità di uno schema di orientamento e questa si ritrova anche nell’animale nel cui istinto vi è la necessità di un leader, perché il capo conosce il bene del gruppo, egli decide, sa programmare e sa dare ordini che sono finalizzati al bene del gruppo, perciò il capo agisce per il bene di tutti. Nella specie umana spesso si scelgono dei leader a cui si attribuiscono delle qualità soprannaturali e di superiorità fisica: nell’antichità molti sovrani vennero considerati di origine divina, perciò onnipotenti e sacri.

Ancora oggi molte qualità vengono attribuite a coloro che eleggiamo come capi, e queste sono le qualità carismatiche in cui la società crede, perciò essa le attribuisce anche al suo capo. I capi usano sempre minacce o lusinghe per ottenere la sottomissione, e gli uomini sono perlopiù bisognosi di un padrone, e questo avviene finché l’essere umano non giunge ad un elevato grado di evoluzione in cui sa governarsi senza necessità di lusinghe o di minacce. Gli uomini amano essere subordinati, poiché la guida del padrone offre molta sicurezza e garantisce la soddisfazione delle necessità materiali primarie, quindi fornisce ogni comodità materiale.

Sono tutte le incertezze della condizione umana che ci rendono malleabili alle istruzioni che ci vengono impartite tramite l’educazione, e che ci rendono fragili al lavaggio del cervello che viene spacciato come libertà di pensiero in una società di consumismo che sfrutta tutto ciecamente, e che chiamiamo democrazia. Nell’uomo però non vi è l’obbligo di essere pecora, poiché l’uomo può osservare la realtà e può conoscerla consapevolmente infatti, dice Fromm, è la capacità di vedere chiaramente e totalmente la realtà, ed è il nostro essere calati totalmente nel mondo che ci rende forti.

Finché l’uomo viene manipolato da una società che lo convince di essere pecora, la sua realtà è una finzione e l’essere umano vive come uno schiavo, infatti egli è un uomo debole. L’uomo debole viene manipolato facilmente, perciò ogni trasformazione lui la vive come una fonte destabilizzante e colma d’insicurezza, perciò dal malessere l’uomo può impazzire. Il rapporto dell’uomo debole con la realtà è di tipo falso, poiché l’immagine del mondo che lui si crea viene fornita dalla società, e le sue sicurezze e il suo equilibrio interiore dipendono dall’ordine sociale costituito all'esterno.

Nell’uomo forte e libero non vi è legame con le opinioni del mondo, poiché l’immagine che lui si crea dipende dalla realtà effettiva, perciò da ciò che esiste e che si può osservare nella realtà, perché chi osserva attentamente il reale perviene alla verità. Diventare consapevoli, ricorda Fromm, significa svegliarsi per vedere ciò che abbiamo davanti agli occhi, perciò equivale ad una eliminazione delle illusioni, e all’inizio della nostra liberazione. Nel mondo odierno vi è un enorme squilibrio tra l’intelletto e la sensibilità, per cui l’evoluzione tecnologica non ha saputo eliminare il paraocchi dell’essere umano.

Il quesito fondamentale è capire se il potere distruttivo della conoscenza umana sarà più veloce della capacità umana di sapere elaborare una visione della realtà più equilibrata, se saprà sconfiggere le contraddizioni sociali che travagliano la condizione umana, perché l’irrazionalità e l’insensibilità umane ci impediscono di vivere in un mondo felice e libero. Ma l’uomo non è solo mente esso è anche un cuore ed un corpo che devono avere dei rapporti emozionali con il mondo e con i suoi simili, e con la natura e con gli animali.

L’uomo sarebbe più fragile di un granello di sabbia se non sapesse costruire dei rapporti con delle emozioni e dei sentimenti che lo tengano collegato al cosmo e ai suoi simili: è questa la soluzione, dice Fromm, che permette di avere dei rapporti in cui l’uomo possa definirsi “sano.” L’uomo può assurgere a queste mete sublimi sviluppando pienamente le sue potenzialità umane che sono la capacità di amare, di creare e di godere della bellezza, e la capacità di condividere le sue qualità migliori con i suoi simili.

Buona erranza
Sharatan

venerdì 26 novembre 2010

Riscrivere la nostra vita


“Le opere d’arte sono sempre il frutto dell’essere stati in pericolo,
d’essersi spinti, in una esperienza, fino al limite estremo
oltre il quale nessuno può andare”

(Rainer Maria Rilke)


Dicono che l’uomo attraversa quattro fasi nella vita, e queste quattro fasi sono paragonate alle quattro stagioni che si susseguono nella natura che sono le fasi in cui si compie il ciclo di trasformazione della natura nel corso del tempo, perciò vi è un tempo in cui vi è la primavera seguito dalla piena fioritura, e vi è un tempo in cui vi è il degradare della maturazione fino all’arrivo dell’inverno che è l’età in cui sono rescissi i lacci che tengono avvinta l’anima all’ involucro materiale.

Secondo altri, queste quattro stagioni si susseguono lungo tutto il corso del nostro peregrinare di esseri racchiusi nell’involucro corporeo prima di ricominciare il nostro corso verso delle nuove reincarnazioni: perciò tutti devono conquistare questa saggezza sui vari aspetti della nostra esistenza. Accade, infatti, che le nostre quattro stagioni vengano vissute più volte nel corso della stessa vita: infatti nella vita umana vi sono primavere, estati, autunni e inverni, perciò bisogna imparare ad affrontare con dignità e con coraggio ogni stagione della nostra esistenza.

Vi sono persone che non riescono ad usare in modo costruttivo i loro pensieri negativi, perciò essi non elaborano adeguatamente i loro sensi di colpa, vi sono quelli che vivono con ipersensibilità emotiva, perciò si fanno ferire troppo profondamente dagli avvenimenti esteriori. Vi sono anche quelli che diventano le vittime dei loro stessi problemi perché non hanno sufficiente forza per affrontare e per risolvere i loro travagli, in quanto non hanno il coraggio di affrontare e di vincere il nemico.

Nessuno è un artista nel governo della mente e il pensiero umano può diventare folle e bizzarro, infatti il pensiero può divenire un agente disgregatore, qualcuno non riesce a diventare il padrone della sua vita e non riesce a sciogliere il filo della matassa troppo ingarbugliata, perciò non riesce a riscrivere la sua vita in modo creativo. Appare evidente che saper riscrivere la nostra storia è essenziale per risorgere quando cadiamo nella polvere, perciò comprendere questa verità è tanto essenziale per ricordare questa prerogativa umana che è conseguente alla nostra origine divina.

Essere in grado di risorgere dalle offese della vita è una prerogativa posseduta dalla persona forte e libera che è capace di risanarsi anche se viene gravemente ferito, infatti noi sappiamo risanarci da tutte le nostre ferite e dalle ingiurie subite dagli uomini e dagli avvenimenti della vita. Noi diventiamo grandi quando ci sentiamo liberi e forti in ogni momento della nostra vita, sebbene questo non sia facile, infatti vi è anche chi soccombe alla vita diventando i caduti gloriosi della guerra più dura.

Accade che, nella vita giungono dei momenti critici in cui subiamo sofferenze prodotte da problemi esterni o da difficoltà interiori perciò, in alcuni momenti attraversiamo dei periodi in cui è necessario affrontare delle intense sofferenze emotive che fiaccano l’animo umano. Per molti arriva il giorno in cui, al nostro risveglio, si deve indossare un’armatura fisica e muscolare, e un carapace emotivo che si conficca nella pelle, infatti i legacci vengono conficcati nella carne viva.

Nelle giornate in cui le cotte di maglia, che coprono l’essere umano non riescono a ridurre l’impatto con il metallo delle protezioni fisiche, mentali ed emotive, e il nostro carapace difensivo si aggancia alla nostra pelle che è marchiata dalle cicatrici di tutte le ferite che abbiamo subìto. Nel mondo vi sono molte persone che subiscono sofferenze fin dalla più tenera infanzia, vi è chi vive in paesi travagliati dalle carestie e dalle guerre, e vi è chi non conosce un solo giorno in cui sia vissuto libero dalla fame, dalla violenza e dalla paura.

Tutti costoro sono i veri combattenti della vita, poiché essi vivono nel più profondo e nel più buio dell'inverno per la maggioranza della loro vita. A noi tutti piacerebbe vivere perennemente nella primavera, perciò in una vita che possa trascorrere felice e beata sotto un sole luminoso di gratificazioni e di successi. In qualsiasi modo vada la nostra vita, non esiste alcun essere umano a cui non accade di attraversare più di un inverno nel corso della stessa esistenza. Chi non ha mai avuto una fragilità? Chi non ha dovuto superare dei momenti di crisi e di sconforto profondo?

Tutti siamo provati da periodi di tensione e di stress, perciò anche la vita ordinaria scorre con difficoltà, e la tensione prevale sulla nostra razionalità, perciò perdiamo la nostra serenità: molto spesso l’uomo diventa la vittima piuttosto che l’artefice del suo destino. Le persone che riescono a risorgere da tutte le sofferenze sono le persone più belle, poiché conquistano la saggezza essendo riusciti a risanarsi felicemente dagli avvenimenti della vita: in queste persone che hanno conosciuto tanta intensità di esperienze vi è una bellezza che si accresce nel corso del tempo.

In tutti coloro che hanno trovato la forza e il coraggio per rinascere, in quelli che hanno saputo vedere i profondi significati degli avvenimenti vi è lo sviluppo della saggezza di vita. Riscrivendo la vita in modo costruttivo si riesce a sviluppare la saggezza, l’amabilità, la tranquillità, la comprensione e il sentimento caritatevole verso il prossimo, perciò diventiamo dei veri vincitori. Molti credono che i vincitori devono conquistare delle medaglie oppure devono avere dei riconoscimenti tangibili, perciò si crede che vince colui che viene riconosciuto come tale dalla società.

Ma è solo in colui che sa cadere, e che riesce felicemente a rialzarsi ogni volta, è in costui che vi è la vera natura del vincitore, infatti egli manifesta la migliore tempra del combattente, in quanto possiede il coraggio, la determinazione e l'indomabilità d‘animo. E’ evidente che non sempre riusciamo ad uscire indenni dai fatti della vita, e che le nostre perdite possono essere anche molto dolorose, ma sapersi risollevare è sempre possibile, ed è questo pieno risanamento che sappiamo fare di noi stessi, che può trasformare in un'arte d’arte tutta la nostra vita.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 22 novembre 2010

La storia della nostra vita


“ Gli stranieri siamo noi,
erranti alle porte della nostra mente”

(George Steiner)


La scuola in cui impariamo continuamente è la vita, che è una scuola che frequentiamo dalla nascita alla morte, perciò la vita è la testimone di ciò che siamo. E noi cosa siamo? Cosa siamo noi, se non le nostre storie, i nostri sogni, le nostre aspettative, i nostri progetti, le nostre frustrazioni, i nostri piaceri, le nostre insicurezze e tutti i momenti di massima gioia e di crisi? Noi siamo noi stessi in ogni momento di coraggio, e siamo noi in tutte le occasioni in cui diventiamo inadeguati a quello che viviamo, perciò siamo perfettamente veri anche nell’errore.

E’ nella trama della nostra vita che ci riconosciamo, perché i nostri pensieri e le nostre emozioni non sono racchiusi solo nei fatti, ma anche nel modo in cui viviamo perciò nelle caratteristiche con cui reagiamo agli eventi, perché sono i fatti quelli che contano nella vita delle persone. Nella scuola della vita si impara l’ascolto e la condivisione, infatti dialogare equivale a condividere la vita degli altri da cui si può imparare molto anche senza diretta esperienza.

Nel racconto siamo disposti a ritornare amorevolmente a casa, infatti facciamo il ritorno interiore, perché io sono l’attore principale della mia vita: noi conosciamo soltanto alcuni dei frammenti che formano ciò che siamo mentre, nella maggioranza delle persone, non vi è consapevolezza alcuna della propria intima natura. Molti credono che lasciare andare sia equivalente a dimenticare i fallimenti per conservare solo i ricordi migliori: certamente tutti vorremmo avere una vita densa di successi e di splendide realizzazioni.

La vera soluzione non può produrre la nostra disintegrazione poiché, in ogni parte della nostra vita, è racchiusa una parte di noi, nella storia personale vi è la traccia della nostra essenza e delle caratteristiche del nostro essere, perciò nessuna parte di noi può essere sbagliata, e nessun avvenimento che abbiamo vissuto è privo di senso, se sappiamo guardare con attenzione e con giusta prospettiva, all’interezza della nostra vita.

La cabala insegna che nessun frammento della nostra anima va lasciato andare, nessuna scintilla va dispersa perché dobbiamo diventare i cacciatori delle nostre scintille per ricostruire il fuoco che siamo: è nella caccia che facciamo la nostra ricostruzione, poiché ci reintegriamo alla situazione in cui eravamo prima di essere dispersi per divenire delle faville sfavillanti di fiamma e di luce che sono alla ricerca della loro integrità.

Spesso ripercorriamo il nostro passato cedendo alla tentazione di farci belli dei successi e trascuriamo i danni e le esperienze dolorose. Pochi amano ammettere una vita difficile, perlopiù si amano i vincenti, coloro che non sono mai caduti, coloro che vincono tutte le competizioni: la competizione e il confronto sono gli strumenti con cui la società di rende schiavi delle opinioni vigenti, e ci nega la nostra importanza essenziale. L’unicità di una persona non equivale ad avere compiuto imprese eccezionali, la nostra unicità personale è racchiusa nel nostro modo di vivere, in quello che sentiamo, nel modo con cui il nostro carattere reagisce e nel modo con cui viviamo l‘ordinarietà.

Essere unici è racchiuso nel modo con cui dormiamo, e in tutte le nostre azioni, perché manifestiamo il nostro essere singolare e prezioso: tutto quello che siamo è frutto della nostra storia: ecco perché siamo il prodotto di ciò che abbiamo vissuto, e perché la nostra trama è in quello che stiamo vivendo. Nel passato abbiamo sperimentato delle emozioni, abbiamo compiuto delle azioni, e abbiamo avuto interazioni che hanno creato la luce che siamo, e la storia della nostra vita è l’origine, in essa vi è il flusso che alimenta la nostra fiammella.

Questa luce viene nutrita in ogni momento in cui viviamo e in cui respiriamo, perciò la vita è il momento presente che è in ogni giorno in cui siamo un modo di dormire, un modo di mangiare, un modo di studiare, un modo di discutere, un modo di soffrire e un modo di fare l’amore, e che sono sempre dei prototipi unici, e solo nostri. Noi siamo nel totale di tutte queste esperienze che ci hanno strutturato, e su cui noi ci rifondiamo, e a cui facciamo un ritorno alla ricerca di noi stessi. La nostra storia personale, il filo di ciò che ci ha strutturato, la sorgente della vita che siamo è un cammino esistenziale che dura per sempre: ecco la nostra storia che diventa l’epopea personale di cui dobbiamo sentirci eroi vittoriosi e mai vinti.

Nelle vite più semplici vi è un significato stupendo che nessuno conosce ma che esiste ugualmente, infatti negare le Galapagos non significa che le isole non esistono, ma è il segno che si viaggia troppo poco, e che il proprio pensare è troppo ristretto. Allora ammettiamo che, nel modo con cui le persone percorrono la loro vita vi è il loro stile personale, e le loro caratteristiche più uniche ed irripetibili: e se esiste il sommo peccato è nel rinnegare noi stessi, poiché facciamo il tradimento alla nostra più profonda natura.

Rinunciando al conformismo che vuole vite da gossip, possiamo apprezzare le vite di coloro che hanno avuto una strada dura e disagevole, che percorrono camminando su spine e su pietre, e saperli vedere come i veri combattenti della vita. Coloro che escono indenni dalle vite più dure vanno onorati, perché sono riusciti a cadere più volte e hanno saputo rialzarsi ogni volta con maggiore determinazione. Questo ci insegna il saper guardare la storia della nostra vita, e ugualmente impariamo se sappiamo ascoltare la storia degli altri che diventano degli specchi con il racconto della loro vita.

Evidentemente non possiamo credere di poter emulare le vite degli altri, come pure è impossibile imitarne lo stile, e la cabala lo considera un furto dell’impronta dell’anima, come pure viene severamente proibito diminuire il proprio valore personale, che è equivalente alla blasfemia, poiché si disprezza la divinità che siamo. Tutti devono essere e devono impersonare ciò che sono, infatti viene detto che ognuno ha un servizio a cui viene chiamato, perciò fa un percorso quando prende l’orientamento e conosce la sua direzione.

Molti confondono la loro storia con il borbottio mentale a cui siamo abituati, ma ricordare noi stessi è essenziale per ogni tradizione spirituale e consiste in una riconnessione, in un risanamento, ma anche in una riconciliazione con quello che siamo. Nel momento in cui ci ricordiamo ci concediamo al gusto della nostra considerazione, perché noi siamo il soggetto, mentre ci abituano a vederci tramite gli altri, ma il nostro sguardo diventa libero di vederci.

Molti non riescono a percepirsi come persone complesse e sfaccettate, e non sanno costruirsi come persone solide ed integre che sanno realizzarsi indipendentemente, e anche in virtù della qualità del loro vivere passato, perciò vivono la loro storia come un alibi, invece che come un punto di partenza. Per molti la vita equivale ad un fatto esteriore, un apparire e un inseguire delle conferme esterne, in quanto si è carenti di un solido senso di noi stessi, perciò non siamo in grado di esistere senza l’ausilio degli altri.

Quando ci ricordiamo a noi stessi è come se rimettessimo assieme il corpo, la mente e la nostra anima tramite i nostri sensi che vengono potenziati da questa percezione profonda che costruisce in noi una superiore sensibilità e una raffinatezza maggiore che è prodotta dallo sguardo interno ed esterno, che è sempre totale. Quello che ci connota in modo unico è la nostra storia personale in cui sono racchiusi i nostri drammi e le nostre tragedie, in cui vi sono i pensieri, le opinioni, le scelte: tutto quello che siamo è narrato dalla nostra storia, che è la trama che è tracciata sulla nostra pelle fisica, emotiva e mentale, e che plasma la nostra personale impronta dell’anima.

Buona erranza
Sharatan