martedì 28 settembre 2010

L’equilibrio della creatura d’argilla


“ O Maestro, guarda questo grande esercito dei figli di Pandu,
schierato in ordine di battaglia dal figlio di Drupada,
tuo discepolo di grande talento.”

(Bhagavad Gita, Il Canto dello Spirito, v. 3)



All’origine vi era una materia cosmica primordiale che è il veicolo della vita dello Spirito, ed è questa la composizione dell’etere celeste che si espande nello spazio illimitato: questa è la Sostanza del Mondo da cui germogliano tutti gli esseri che furono creati da atomi e da molecole formando la Materia.

L’elemento universale è omogeneo nella sua origine eterna e, una volta che le sue radiazioni furono diffuse nello spazio le forze centrifughe e centripede del movimento di attrazione e repulsione ben presto polarizzarono le particelle sparpagliate, e gli comunicarono le particolari proprietà che le resero eterogenee e differenti una dalle altre: così nacque il cosmo.

Questa materia omogenea del mondo, allo stato primordiale è perfetta mentre, quando viene disintegrata, perde tutte le sue proprietà di potere creatore incondizionato, e va alla ricerca dei suoi contrari per differenziarsi. E’ per questo motivo che i primi mondi, e i primi abitanti che furono creati in essi non furono perfetti, poiché nessuno corpo aveva in sé stesso la forza del potere creatore.

Tale forza si rende necessaria per poter proseguire l’evoluzione personale in modo indipendente da tutto, perciò questa anima non era immortale infatti, per vivere aveva bisogno dell’apporto di altre energie esterne. Lo Spirito dell’Anima del Mondo (Purusha) era in loro troppo debole per potergli consentire una coscienza con cui fare l’evoluzione e con cui poter vivere, infatti ci furono dei mondi che ebbero fine ancor prima di completare la loro esistenza: essi erano senza forma materiale, e furono chiamati “scintille” e questi sono i mondi primordiali.

Secondo lo Zohar, questi mondi ebbero fine, poiché in essi non vi era nessun uomo con le 10 sephirot, infatti l’uomo deve essere completo nello spirito, nell’anima e nel corpo, in quanto questa è la forma umana completa: poiché non vi era quell’uomo perfetto quei mondi antichi furono distrutti prima del loro compimento finale.

Dicono che, al livello attuale della terra, il migliore compito sarebbe che l’uomo sviluppasse la sua autoconoscenza, e che riuscisse a collaborare saggiamente con le forze costruttrici della natura. Se un uomo pienamente consapevole fosse in grado di allinearsi sull’attività della Madre Terra, il nostro pianeta sarebbe un paradiso in cui tutta la famiglia umana potrebbe vivere felice: il grande compito si ottiene con l’allineamento perfetto del cuore, della testa e della gola dell’uomo superiore.

Nella spiritualità si afferma che l’uomo funziona ancora in modo rudimentale, poiché non conosce nemmeno il funzionamento della sua struttura fondamentale, infatti l’umano è analfabeta rispetto al meccanismo del triplice affinamento, che è chiamato lo sviluppo del Loto dei Nove Petali dell’Uomo Macrocosmico, e di quello microcosmico.

Il nostro riequilibrio inizia sempre dai fuochi dei livelli inferiori, cioè dall’equilibrio della parte positiva e della parte negativa che vive in noi, quella che Jung chiamava il lavoro sull’Ombra che vive al nostro interno. Questo riequilibrio non è possibile senza che l’uomo lo senta come autoindotto, e perciò deve provenire da una esigenza interiore che spinge dall’interno, da cui sgorga l’esigenza di compiere una evoluzione superiore.

Dal punto di vista energetico questo è il risveglio dell’energia Kundalini che è raffigurata come un serpente che dorme alla radice della colonna vertebrale. E’ per questo motivo che tale energia può rivitalizzare tutti i canali energetici del veicolo fisico se viene fatta risalire dalla base della colonna fino al plesso solare, e poi portata sino alla gola, risalendo al cuore per culminare alla testa: questo tipo di energia deve fluire equilibrata in tutti i chakra del corpo umano, affinché vi sia una piena armonia fisica e psico-mentale.

Se viene opportunamente ridestata la Kundalini sorge e poi si ritira infatti, se l’attivazione delle tendenze fondamentali umane viene trasformata in energia che arriva alla gola per vitalizzare anche la parte superiore del corpo eterico, Kundalini arriva al livello del chakra della fronte, e ridesta il Sé superiore.

La difficoltà del mondo nell’epoca presente è che l’uomo è perlopiù inconsapevole, e fa malamente funzionare i centri inferiori della sua natura animale più incontrollata, perciò non riesce a comprendere che, ogni livello di funzionamento va attuato : ognuna delle tre guaine deve essere evoluta, infatti ogni involucro va usato pienamente, liberamente e consapevolmente.

Parlando del polo positivo e negativo della realtà, noi arriviamo a contemplare la Madre di tutte le cose, che è la causa della dualità della natura umana, e l’esempio maggiore è nella scissione tra Spirito e Materia, che è il fatto più tangibile su cui poter riflettere, e che la coscienza umana riesce a comprendere. Lo sviluppo dell’occhio fisico dovrebbe poter vedere il duplice fuoco che anima sia la forma densa che la forma eterica, ma questo si ottiene con uno sviluppo spirituale ottimale.

Nel piano immenso dell’universo vi è una realtà vivente abitata da innumerevoli forme di energia e di vita, così come la vita scorre in ogni minuscola creatura vivente, perciò l’uomo abita sulla terra mentre, in lui, scorrono delle miriadi di cellule viventi che scorrono nelle sue vene con il sangue e che lo costituiscono. L’uomo è collocato a metà strada tra il Cielo e la Terra abitando nello spazio che pulsa di luce ed energia, per questo vi è una profonda affinità tra ciò che è vivo e l’essere umano.

A tale riguardo è necessario che l’uomo senta che questa è una profonda verità, infatti la coscienza umana deve imparare ad ascoltare con l’anima raffinata dall’entusiasmo, perciò la nostra anima va purificata dalle limitazioni materiali facendo una elevazione dei componenti di tutti i suoi piani di manifestazione. Secondo Aristotele nel corpo naturale vi sono tre principi, cioè la materia, la forma e la privazione infatti, la privazione è “ciò che dovrà divenire” nell’uomo, ed è quello che i cabalisti chiamano il “Bambino che sarà” ma, nella cabala, questo concetto non è una carenza, poiché indica una sicura potenzialità futura.

Questo Bambino, che è l’Embrione d’Oro del taoismo, deve ancora nascere perciò la sua idea è un concetto astratto che dovrà divenire concreto in seguito. Nel momento in cui la potenzialità è trasmessa dall’energia all’Etere Universale, essa diviene una forma materiale, poiché il pensiero si trasmette tramite l’Etere che è Coscienza Assoluta. E’ in questo modo che il Pensiero divino si concretizza materialmente rivestendosi di coagulazioni atomiche e molecolari, e perciò il Pensiero origina la Materia.

Similmente avviene nell’uomo poiché tutto viene da un potere centrale che è il calore prodotto dal dio Agni, infatti la vita umana viene dal sole che illumina, e conforta tutto il nostro sistema planetario compresa la terra: è questa la Fiamma di Vita che vediamo nel Cielo. L’energia solare è il calore di Brahman che arde nella volontà umana, e nei tre involucri o guaine materiali che sono vitalizzate da fuochi interni ed esterni.

I fuochi dormono in noi e ci animano, essi vengono a rivitalizzarci quando sappiamo accumularli adeguatamente ma, il fuoco più attivo è quello che noi manifestiamo all’esterno, e che si dimostra sempre tramite una manifestazione triplice, poiché essa rivitalizza tutte le nostre tre guaine. Nell’uomo esiste un Fuoco interno che vivifica e sostenta, e che è costituito dalla totalità delle Kundalini individuali che danno energia alla forma corporea, e che mantengono la personalità umana, cioè che infondono energia all’involucro materiale, e che sono sottoposte all’adattamento nel tempo.

Vi è poi il Fuoco o Scintilla della Mente ed è l’attività cosciente dell’uomo, perciò costituisce l’anima umana, ed è il nostro Sole interno. Questo sole risponde alle legge dell’attrazione vibrando, al livello più basso, come la personalità infusa nel veicolo fisico mentre, al livello superiore, essa è la potente Mente che infonde l’energia alle forme-pensiero che vengono costruite dal Pensatore.

Generalmente l’uomo va errando in mezzo ai desideri e agli istinti meno elevati, ma la potente influenza del piano astrale si può elevare mirando agli istinti più nobili e giusti, in modo che le brame dei desideri diventino un amore ardente per gli ideali universali, e per le migliori passioni umane. La materia e la vibrazione astrale è il campo di battaglia più duro, poiché le sensazioni umane sono sempre potenti, e la vibrazione astrale è la più importante causa delle azioni umane.

E‘ soltanto elevando la nostra coscienza con una vista più sottile, con dei nervi più sensibili, con uno spirito pronto e aperto, e con una indomabile volontà che noi possiamo divenire acuti come il re cieco Dhritarashtra che, munito di vista spirituale viaggiò nell’etere, e vide gli eserciti dei disonesti Kaurava schierati contro i giusti figli di Pandu, che si affrontavano sul sacro campo di Kurukshetra.

Buona erranza
Sharatan


venerdì 24 settembre 2010

L’evoluzione delle guaine umane


"Nessuno può insegnarvi nulla,
tranne ciò che è già assopito
nei prati della vostra conoscenza."

(Gibran Kahlil Gibran)


I pitagorici insegnavano che la razza da cui discendono gli Dei e gli uomini è unica, ed è per questo che il mondo umano è indicato come un microcosmo, poiché il macrocosmo è il mondo divino, ed entrambi i due mondi hanno la medesima origine. Si dice che l’uomo sia composto dalla sovrapposizione di tre corpi, di tre guaine o tre veicoli, perciò egli è costituito da diverse modalità di costituzione per poter sperimentare l’esistenza fisica in modo differenziato, infatti l’uomo vive contemporaneamente nel corpo fisico, nel corpo eterico e nel corpo causale che è intessuto di luce, e che è il vestimento dell’immagine karmica dell’anima.

Il nostro corpo causale è quello che transita in tutte le nostre vite, quindi conserva tutti i “semi” delle cause e della natura “dell’anima filo” che manteniamo in tutte le nostre incarnazioni, e che è la vera immagine che ci accompagna sempre. L’uomo è stato fatto ad immagine divina, perciò l’involucro carnale è il “tempio di Dio” o il “tabernacolo” in cui dorme la Divinità che si dovrà ridestare con la nostra progressione evolutiva.

Dicono che l’uomo conferma questo suo destino inaugurando una opera creativa che scuote come un fulmine tutta la sua struttura, poiché l’azione costruttiva dello spirito è inarrestabile, in quanto al Magnete Cosmico noi dobbiamo fare ritorno. Le immagini delle forme esistenti nel mondo sono ben poca cosa rispetto alla bellezza che avrà il corpo perfetto dell’essere illuminato spiritualmente, il quale arriverà a risuonare come un’arpa sotto il tocco delle mani divine.

Si narra che, nella formazione dei nostri corpi fisici, ci venga concessa una forma determinata affinché possiamo godere di determinati stati di equilibrio, e questa forma corporea è tenuta insieme da una forza centrale che è molto densa, poiché essa è costituita da atomi di materia fisica. Con il nostro corpo fisico possiamo vivere nel mondo e ricevere delle sensazioni e delle impressioni, e trasmetterle al nostro interno, affinché questi materiali costitutivi possano divenire mattoni o lastre di pietra con cui costruire le abitazioni della mente, ed accrescere la nostra potenza conoscitiva.

Nella parte che costituisce il nostro doppio eterico noi abbiamo il veicolo con cui usiamo le energie che catturiamo nel mondo, e perciò possiamo usufruire di risorse che il corpo eterico assimila e ridistribuisce per nutrire il nostro organismo. Il corpo umano può essere costituito da strutture e da sostanze delicate, oppure da materiali molto più grezzi e grossolani che dimostrano il livello qualitativo del materiale con cui abbiamo costruito e manteniamo il nostro corpo. Sono questi materiali che determinano la qualità energetica più o meno elevata, poiché i nostri corpi sono composti di leghe metalliche di minore o di maggiore pregio.

Il nostro corpo subisce delle continue trasformazioni, poiché ogni particella di cui siamo formati rinnova continuamente il suo ciclo vitale, e le trasformazioni dell’uomo vanno e vengono come le sue vite, infatti essi sono i cicli evolutivi umani esterni e interni. Tutte le cose esistono per merito delle trasformazioni che noi subiamo nel fisico, nella mente e nell’anima, ed esse sono necessarie per compiere la nostra rettificazione, in quanto ogni corpo deve attirare solo ciò che gli è simile, e respingere ciò che non si accorda con la sua melodia. Sono le modifiche che noi apportiamo a noi stessi che ci aiutano a trasformare le nostre tonalità interne ed esterne per migliorare la nostra vita.

Le leggi spirituali insegnano che vi è sempre l’attrazione o la repulsione cooperativa nella vita umana, in base alla medesima legge fisica che regola anche il mondo naturale, infatti i saggi dicono che la natura provvede affinché l’azione dei materiali vibranti attiri degli identici corpi fisici e mentali facendo così un’azione selettiva, affinché ognuno giunga al luogo che gli è destinato. Secondo tali sapienze noi dobbiamo sempre ritornare alla nostra dimora originale, e questo costituisce l’elemento fisso del nostro destino, poiché è solo la qualità del cammino che noi scegliamo con il libero arbitrio, in quanto la destinazione è identica e fissa per tutte le anime.

E nella corsa noi percorriamo le vie che la nostra creatività spirituale vuole sperimentare, poiché la nostra anima le riconosce come percorsi adeguati alle sue tendenze costitutive interne. Ci insegnano che il Signore della forma ci plasma con l’immagine che ci appartiene, infatti noi recuperiamo il ricordo della nostra manifestazione completa rammentando quello che siamo sempre stati, e lo riconfermiamo anche nell’esistenza presente. E' questo il ritorno alla nostra fisionomia primigenia, che è il nostro Volto originale: con questo ricordo noi possiamo conoscere l’obiettivo della missione della nostra vita.

Ogni suddivisione degli individui vede una crescente tendenza evolutiva in cui vengono elevati i materiali più grossolani per una operazione di raffinamento dei suoi componenti fisici, per cui si inizia elevando le qualità di scala delle sensazioni e dei sentimenti che noi proviamo nel corpo. E’ nel corpo fisico che iniziamo il percorso di risalita, poiché è tramite le afferenze sensoriali ed emotive che si costruiscono, e si ripuliscono i materiali di cui sono costituite le nostre abitazioni mentali, infatti è il corpo che percepisce le vibrazioni più potenti con i suoi materiali più densi e più pesanti.

La spiritualità insegna che l’uomo è spietato con sé stesso quando dimentica che è lui che si infligge le pene più severe e spietate diventando il Costruttore della forma del karma che si trascina nel corso di tutte le sue vite, infatti noi tendiamo a ripetere ossessivamente i medesimi comportamenti errati e distruttivi: così ripetiamo sempre gli stessi errori per ottenere le medesime sofferenze. Il corpo fisico percepisce le vibrazioni che riceve, e poi le ritrasmette ai corpi affini, perciò avviene che le entità crescono tramite questi canali di informazione che gli fanno conoscere le forme energetiche che egli preferisce.

E’ così che noi ci nutriamo di materie più dense o più affinate, poiché ognuno sceglie la qualità dei cibi con cui vuole accrescere la propria vita ottenendo un involucro corporeo più denso, o più raffinato a seconda dei componenti con cui viene riempito, e questo condiziona anche il tipo di comprensione e di apertura spirituale a cui si diviene adeguati e recettivi. Ricordiamo che l’uomo prende dimora dentro tre tipi di involucri o guaine differenziate che sono il fisico, il mentale e l’astrale, poiché esse devono essere sempre in perfetto accordo coordinato, infatti tutte le scale evolutive devono avere degli accordi armonici reciproci.

Le vibrazioni esterne si ripercuotono all’interno, ed entrano in risonanza con le strutture dei materiali di cui siamo composti, perciò tali musiche risuonano nel nostro intimo riecheggiando le musiche che amiamo, infatti noi sappiamo eseguire perfettamente le sinfonie che abbiamo imparato sugli spartiti che ci sono consueti. Nel mondo astrale tutti gli oggetti sono costruiti da materie che non sono oggetti fisici, sebbene astrale e fisico siano affini, poiché l’astrale è il doppio eterico perfetto, infatti esso è la copia del corpo fisico, ed è per questo che questi due mondi restano sempre fusi nelle loro assonanze.

La differenza, tra i due livelli, è che la coscienza di percezione astrale non ha le medesime possibilità della coscienza di natura fisica, perciò gli oggetti si percepiscono con più difficoltà in quanto il flusso energetico astrale avviene al ritmo di una vorticosa trasformazione delle forme e dei pensieri che mutano di continuo per preparare le realtà che saranno attualizzate in futuro. La vita astrale è costituita da materie che sono impalpabili, poiché viaggiano in un ambiente aereo che è come un oceano in cui vi è una superficie in continuo movimento, infatti tutte le onde sono le maree di pensieri che riempiono l’atmosfera che circonda il nostro mondo.

In questi vortici di energie noi vediamo mille colori, infinite sfaccettature, e multeplici scale di colori che vanno dai più cupi ai più puri, fino all’iridescenza della madreperla: queste sono le indicazioni delle qualità energetiche che sono circolanti nell’atmosfera. Dicono che le forme che il mondo eterico assume sono condizionate dalla forza dell’impulso che viene originato dal pensatore, e che la nettezza e brillantezza delle immagini e dei colori che si possono vedere superi le più ardite fantasie sfumando dalle immagini più incantevoli a quelle più repellenti.

I pensieri confusi e incerti sono il frutto della mente di coloro che non sono sufficientemente sviluppati, e che vivono errando in questi spazi eterni superiori mentre raccolgono delle forme di pensiero elementale, perciò delle forme di pensiero non differenziato e confuso a cui essi si sentono affini. Poiché tutti gli elementi entrano in vibrazione con le nature che essi conoscono, tutte le qualità della nostra natura interna vanno conosciute ed elevate affinché noi possiamo riconoscere la scala su cui vogliamo ascendere per ottenere l’armonia che vogliamo far risuonare nella nostra vita.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 20 settembre 2010

Il suono della parola sacra


“Scorre e scorre il succo di Soma
puro, benefico, produce visibile pienezza.
Accresci per noi lo splendore
della terra e del cielo.
Sii il Signore che tutto può!”

(Rg-Veda IX, 31, 1-2)


Nelle scritture dei Veda vediamo ombra piuttosto che luce, poiché i testi furono scritti dalle divinità che crearono il mondo, infatti quei testi sono immortali ed eterni, e coloro che fornirono le loro voci per tramandarne la sapienza furono uomini saggi che si resero disponibili come intermediari della parola sacra. Veda significa “conoscenza” che è acquisita tramite l’esperienza pratica, perciò essa è una percezione superiore e consapevole che è molto più della semplice comprensione intellettuale dei concetti.

Questa conoscenza viene tramandata insegnando le verità che abbiamo acquisite, infatti la radice sanscrita “vid” racchiude il duplice significato della conoscenza e dell’insegnamento di essa. Colui che conosce la vera saggezza non resta in ascolto di molte parole, egli non disperde la sua mente nell’ascolto futile, poiché ode solo una voce superiore che dice la suprema verità.

La vera conoscenza inizia dalla parola sacra, che non è la comprensione del significato letterale delle parole, ma è un suono che “veicola” il profondo significato, poiché il significato dell'essenza profonda possiede tutta la forza di ciò che si sente intimamente: infatti è il senso trascendente che infonde alla parola tutta il potere del suo significato creatore.

I saggi vedici dicono che la realtà si è attualizzata con la pulsazione segreta del mantra che è una formula magica e sacra, infatti esso contiene le parole che infondono la vita. Nel mantra è racchiusa la forza della formula sacrificale, esso possiede l’efficacia del consiglio di un maestro spirituale o di una guida superiore, infatti il mantra non è un semplice suono, ma esso pulsa dell'energia e della potenza dal dio Vak.

I rishi indiani erano dei veggenti che si proclamavano testimoni e intermediari della volontà divina, perciò essi si ponevano nella condizione di un vaso totalmente ricettivo alla parola del Dio, poiché il mistico è il testimone della divinità. Il suo linguaggio è inconscio, e le sue parole sono prodotte dallo stato inebriante causato dal Soma che è la bevanda allucinogena e inebriante con cui lo stato di coscienza viene ottenebrato per ottenere dei vaticini divini.

Quello che è detto il Soma rappresenta anche la quintessenza dell’estasi spirituale, poiché esso è l’elisir o bevanda dell’immortalità, infatti i mistici avevano delle visioni prodotte dalla loro percezione visionaria o dal loro pensiero intuitivo oppure tramite il brahman, che è anche il potere fornito dalla preghiera che noi offriamo a Dio.

Tutte queste percezioni superiori erano ispirate dal contatto con la magnificenza della natura cosmica, poiché i mistici non percepivano alcuna opposizione tra la ragione e la fede, infatti essi sperimentavano l’estasi usando il canto e la preghiera, e il fondamento delle loro visioni era vissuto con concretezza nella realtà che proclamavano.

Gli oggetti esteriori sono visibili solo come materia ma, nei momenti d’intima e d’intensa concentrazione estatica, tutti questi oggetti rivelano le loro più potenti energie interiori: è così che si solleva il velo illusorio della materia, e si apre il nostro sguardo alla luce trascendente oltre l'aspetto materiale delle cose. Le forze, le energie e le materie sono espressioni degli dei, perciò il mistico deve entrare in intima comunione con loro per potergli dare un nome esatto.

E’ solo dopo l‘attribuzione del giusto nome che si può creare l’ordinamento superiore, perciò le cose prendono la loro giusta collocazione nell'ordine del mondo: è questo il motivo per cui i rishi contribuivano all’Ordine supremo diventando gli Architetti del Mondo, cioè i Costruttori. La divinità viene conosciuta entrando nello stato trascendentale di una consapevolezza molto intensificata: i rishi usano questo potere per indagare oltre il velo dei fenomeni, e per trovare le radici divine nascoste dietro le manifestazioni concrete.

Il mistico non teme le forze naturali, poiché vede in esse una forza potente e benefica che tutto sostiene e che tutto pervade: l’illuminazione superiore che permette di vedere nel mondo la divinità è offerta dall’immagine dello splendere del sole, e dall'impatto con la potenza del lampo e con il fragore del tuono che imprimono il potente impulso di superiore luce che illumina il mondo.

Tramite l’azione della preghiera e del canto possiamo entrare nella visione meditativa in cui contempliamo le più profonde verità ma esse, non devono essere proclamate come un vuoto fondamento esterno, poiché esse devono sorgere dalla nostra più profonda intimità, perciò esse devono sgorgare dal nostro cuore.

Rivolgendoci all’interno noi possiamo organizzare un perfetto ordine cosmico, in quanto vediamo la nascita di una luce interna che ci dona la conoscenza, l'illuminazione, il potere e l’ordine. Nei Rg-Veda si afferma che, nell'uomo, l’ordine interno nasce dalle buone opere, dal sacrificio e dall’accensione del fuoco interno, in quanto queste sono le opere con cui si scopre la luce che è nascosta nel nostro intimo, infatti esse rendono onore al divino che si ridesta al profumo di quegli omaggi.

Nei testi vedici si narra che i sette Saggi distrussero le fortezze in cui le vacche sacre erano state imprigionate, e fecero uscire gli animali scoprendo così il sentiero della verità. Chiaramente l’immagine è simbolica per indicare che il canto e la preghiera possono abbattere tutte le prigioni del nostro subconscio, poiché esso è simile ad una roccia o una caverna in cui si nascondono degli splendidi tesori ma, a causa della profonda oscurità degli antri di pietra, ci viene impedito di scorgere la luce del sole che splende in noi.

La caverna nasconde quei raggi ma, se essi vengono liberati, il loro splendore si riversa sulla coscienza umana illuminandola portando l’aurora della percezione spirituale: è così che i patriarchi “si svegliano” al “tesoro assegnato dal cielo” e possono comprendere che la divinità dimora presso ogni abitazione umana, in quanto il Divino vive nel corpo dell‘uomo.

L’uomo è il tabernacolo dello Spirito che concede il suo battesimo di fuoco, ed è la magia dei mantra e la profonda meditazione che aprono la mente umana all’aurora: è solo così che i saggi possono prendere il loro posto nell’ordine cosmico. L’aurora interna è quella della nascita spirituale che illumina la mente, e che proviene da brahman che deriva dalla radice “bhr” che significa “crescere, irrompere.”

Quando preghiamo dobbiamo sapere che la preghiera costringe gli dei ad accontentare i desideri dei suoi devoti: il sacro canto corrispondente all’uscita dell’inconscio dalla psiche, perciò noi possiamo guarire alla nostra vita se ci colleghiamo al superiore spirito "atman" e lo onoriamo. Se ci immergiamo nello profondità della coscienza la nostra mente entra in uno stato calmo e rilassato di profonda consapevolezza che sfocia nella folgorante rivelazione che assomiglia alla visione del rishi.

In queste epoche antiche si afferma che la mente e i sensi possono divenire il mezzo per raggiungere la meta, infatti noi facciamo il nostro percorso sul carro della mente, perciò tramite il nostro potere mentale possiamo innalzarci. Il nostro pensiero è la barca o il carro con cui veniamo traghettati verso l’altra riva fino a raggiungere i mondi superiori in cui si diviene il recipiente delle visioni: in quei luoghi il rishi diviene veggente.

Le preghiere degli uomini salgono agli dei del cielo, ma poi ridiscendono sugli uomini che hanno pregato trasformate in tante benedizioni divine, infatti le divinità ricevono con piacere le nostre preghiere, perciò le parole sacre diventano delle potentissime armi che vengono offerte a “coloro che sono aggiogati alla preghiera” e che conoscono profondamente il Brahman.

Le voci degli inni vedici rendono omaggio allo splendore delle cose create, poiché tutto il creato è perfuso del respiro del Supremo, che è in tutto quello che esiste: Egli è nel sole, nel cielo, nella terra, nel vento e nel fuoco, quindi tutto ciò che vediamo è l'alito della Divinità, in tutto vi è una volontà divina superiore.

Fu quando la parola del Supremo divenne Logos, perciò diventò creazione razionale che furono colmati gli abissi del nulla, infatti il mondo sensibile nasce sempre da una manifestazione di volontà mentale che si attualizza diventando concreta: tutta la realtà nasce da questa “condensazione” del desiderio dell‘Assoluto che lo espresse usando la sua Parola.

Queste sapienze dicono che i nostri organi sensoriali ordinari non sono in grado di creare alcuna realtà, e le parole dell'uomo non sono in grado di denominare il mondo se non usiamo un linguaggio sacro, perciò il sanscrito antico viene considerato la lingua del suono sacro in quanto, nella sua radice linguistica si esprime la necessità dell’azione mentre, nella desinenza ottativa, vi è la sollecitazione a realizzare ciò che si afferma con la parola pronunciata.

Le parole dei Veda incitano e proibiscono in modo attivo per loro natura interna mentre, nei linguaggi ordinari, l'azione viene spinta dall'esterno, perciò deve essere seguita dalla volontà di attuare ciò che si afferma nel discorso. Nel sanscrito antico nessuno viene a parlarci dall’esterno, ma tutto viene emesso dall'interno infatti, la parola possiede nell'intima struttura linguistica la duplice forza dell'intenzione di creare, e della volontà di realizzare ciò che viene emesso dalla Mente Divina.

Buona erranza
Sharatan


giovedì 16 settembre 2010

L’illusione di Brahman


“La goccia di rugiada penetra nel mare scintillante
quando lo spirito individuale
torna nel grande oceano dello spirito”

(Aforisma buddista)


I maestri vedantini dicono che l’universo fu creato dalle emanazioni di Brahman, poiché egli, che è l’Assoluto, ha emanato tutto l’universo e, come questo avvenga, la sapienza antica lo spiega affermando che il Nirguna non ha creato dal nulla poiché il Tutto, si suddivise in molti emanando vari gradi di qualità differenziate in anime individuali. L’Uno è indivisibile, perciò non si divise nella sua emanazione e nessuna idea di scissione potrebbe essere contemplata in questa verità.

Nell’inno dell’Atharva Veda dedicato al Pilastro dell’universo, Skambha, si afferma che vi è un Pilastro solare, poiché Brahman viene identificato come il Sole, che viene definito come Fuoco o come triplice cigno, ed è questo l’Uno. Egli è la pienezza, è vicino e lontano, egli non muore e non diviene vecchio poiché è il Non-generato. E’ Brahman che sorregge ogni cosa, che conosce tutto ciò che è, infatti tra le sue braccia riposano gli esseri viventi perciò egli resta, mentre tutto scompare con il tempo che distrugge le generazioni degli uomini.

Brahman crea le stagioni e divide il tempo in anni e in mesi, perciò è l’unica realtà stabile: egli è il Misuratore del Tempo e dello spazio. Rappresentando la Verità risplende in Alto, con la Parola sacra controlla il Basso e con il suo respiro alita il soffio di vita nei mondi, perciò Brahman Nirguna è il Supremo. Gli uomini credono che sia eterno, pur tuttavia si rinnova ogni giorno, poiché sono innumerevoli le forme del Sé che giacciono in Lui.

L’Uno è Brahman, che è completamente invisibile e, tuttavia è il più vasto di tutto l’universo: chi conosce il filo sottile che unisce tutte le creature, e chi conosce il filo di questo filo, conosce Brahman il Supremo. Splendendo nel cielo il sole è il Misuratore del Tempo ed avanza verso il Supremo facendo in basso ciò che Brahman fa in Alto. Contemplando il Loto delle nove Porte, se siamo attorniati dai tre fili che portano la verità superiore vedremo che esiste il grande prodigio del Sé: e questo è il profondo mistero di cui i conoscitori di Brahman hanno conoscenza.

Chi conosce il Sé vede che è “saggio, giovane, mai vecchio” perciò il Sé non teme la morte essendo libero dal desiderio, infatti il Sé è immortale ed eterno perciò, colui che dipende soltanto dal proprio Sé, è “colmo di fresca linfa, nulla gli manca.” Brahman è il Signore della Parola sacra ed è l’Artefice divino che originò i Sette grandi veggenti che erano gli “esseri che parlavano con sette voci sacre” e che furono i sette artefici materiali della creazione.

All’origine vi era solo un oceano di acque che ondeggiavano, perciò dal Fuoco venne covato l’Uno che desiderò creare e generò il mondo materiale che vediamo: nei Rg-Veda si afferma che fu così che venne creato il Macratropo, che è l’Uomo Cosmico che è l’immagine increata dell’universo, ed è il punto di partenza della creazione destinata a svolgersi su piani diversi, essendo la realtà costituita di microcosmo e di macrocosmo: l’universo nasce dal sacrificio del Purusha che venne offerto in sacrificio dagli dei, perciò egli venne suddiviso essendo l'Indifferenziato.

Nell’ordine umano vediamo il brahmano che è divenuto la sua bocca, mentre le braccia sono il guerriero, le sue cosce sono l’artigiano e l’agricoltore, infine dai suoi piedi furono originati i fuoricasta: ecco il frutto della divisione del Purusha nel mondo umano. C’è un filo che crea un ordito che unisce l’uomo, la società e il cosmo ed è una fitta rete di corrispondenze tra il mondo inferiore e superiore, perciò l‘assoluto è come un fuoco da cui hanno origine delle scintille che provengono da Lui, e che a Lui ritorneranno.

Anche quando queste scintille sembrano separate dal fuoco originario non lo sono affatto, poiché esse ardono del fuoco che posseggono all‘interno: questo è il vero significato dell’emanazione che assume il senso di un riflesso meno intenso della sua origine primigenia. Il rapporto che lega Brahman alle anime individuali si può paragonare al profumo di un fiore che lo rappresenta, infatti il profumo appartiene al fiore che non vediamo: l‘immagine dell‘origine è quella del riflesso del sole che illumina un vaso pieno d‘acqua con il suo riflesso, e che manda queste rifrazioni di luce tutto attorno a sé.

Sarà chiaro che il vaso rappresenta il veicolo corporeo, l’acqua è la mente, la luce è lo spirito: e questa immagine ci spiega anche come furono creati i tre elementi primari del mondo materiale. I maestri vedantini dicono che le molteplici anime individuali, indipendentemente dalla loro emanazione prescindendo dal fatto che siano un riflesso o una creazione divina, vivono prigioniere della sostanza della realtà che è fatta di velo sottile e impalpabile e che riveste il Prakriti rendendo falso l’universo, perciò il mondo sensibile offre un Brahman offuscato.

Lo stesso Brahman è restato affascinato da Maya, e si separa in innumerevoli anime individuali e in spiriti naturali definiti e numerevoli che costituiscono un mondo materiale e sensibile che ci beffa sempre più. Ecco la più audace verità che rivela come lo stesso Infinito è avvolto dall’illusione, e crea il sogno dell'universo limitato e fenomenico in cui Egli perde la sua identità dimenticando di essere uno spirito unico per credersi un numero illimitato di identità.

Questa è la teoria vedantina più ardita di tutte le filosofie che vollero spiegare l’origine del mondo, e fu considerata eretica poiché essa afferma che lo stesso Brahman viene avviluppato dal fascino del velo di Maya che genera l'illusione, perciò Brahman si perse nel Samsara. Gli antichi saggi rivelano che anche il Samsara viene creato nell’universo materiale diventando esso stesso una illusione, poiché è il frutto del sogno di Brahman.

La prima illusione materiale è il senso di distacco da un nucleo centrale, a cui segue l’illusorietà della percezione dell’universo così come viene percepita dalle anime individuali che sono ugualmente l'illusione e il sogno di Brahman. Guardandosi riflesso nelle gocce d’acqua contenute nei vasi di Maya, Brahman si vede suddiviso e non ricorda di essere l’Uno, infatti crede di essere una molteplicità. Il dio si vede riflesso dai mille occhi della realtà materiale, e l’illusione del Samsara tiene avvinte le molteplici anime individuali che non ricordano di essere Brahman, perciò perseverano nel loro errore.

Tutta l’illusione di forme e di organismi manifesta infiniti personaggi, infinite ruoli e forme infinite per cui Brahman si muove sul palcoscenico di Maya per interpretare mille ruoli e mille personaggi, ma anche essi vivono nel suo sogno e nell‘illusione. Se noi ci rendiamo consapevoli di questa grande illusione siamo liberi, perciò ogni anima si divincola dalla rete di Maya e ci ridestiamo dal sogno del Samsara: così noi ci liberiamo e ritorniamo ad essere Brahman.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 13 settembre 2010

Finzioni


“Per vedere la luce bisogna avere la luce negli occhi”

(Platone)


L’uomo è un organismo che ha potuto dominare il mondo poiché è stato dotato della capacità dell’adattamento infatti, quando le condizioni del pianeta furono dure ed impraticabili per altre forme viventi, queste non riuscirono a far fronte ai cambiamenti della terra, perciò furono condannate a soccombere mentre l‘uomo riuscì a sopravvivere. L’uomo riesce ad adattarsi in quanto, usa il suo ingegno per piegare l’ambiente alle sue necessità, e in questo utile comportamento adattivo all’ambiente ha superato anche degli organismi molto più potenti e grandi di lui.

Ancora oggi, nel comportamento umano resta questa grande capacità di adattarsi alle condizioni in cui vive, e la personalità che noi sviluppiamo fa parte del comportamento adattivo. In ogni momento della nostra vita facciamo nuovamente la scelta atavica che ci ha permesso di sopravvivere sulla terra sebbene non fossimo gli animali più forti, ma certamente ci siamo dimostrati i più opportuni poiché più intelligenti, cioè in grado di prevedere ciò che era più conveniente per la nostra collettività.

E’ questo il motivo per cui sopravvive in noi la gregarietà infatti, nell’animo umano, vive il desiderio dei suoi simili perciò si sente il richiamo del calore del gregge, che è il più potente e il più antico di tutti gli istinti. L’essere umano è consapevole che la sua sopravvivenza è il frutto della collaborazione di tutta la famiglia umana, e che uniti in gruppo si vince più facilmente che combattendo da soli. Il prezzo che noi paghiamo al conforto collettivo, il pedaggio dovuto per avere la sicurezza nel mondo è il sacrificio della nostra individualità, infatti se non vogliamo essere esclusi dobbiamo rinnegare la nostra particolarità.

La società umana mantiene la sua promessa di sicurezze interiori richiedendoci in cambio degli adattamenti e delle limitazioni ai nostri istinti naturali, essa ci addomestica a regole e comportamenti che strutturano la nostra intima personalità. Cosa sia una personalità è difficile capire se, nella psicologia, il termine ha assunto fino a 50 significati diversi, sebbene il concetto indichi l’unità integrativa dell’umano con tutte le caratteristiche permanenti che ne accentuano le differenze costitutive, che sono rappresentate dall’intelligenza, dal carattere, dal temperamento e dalla struttura fisica: questa struttura dinamica di caratteristiche offre l’immagine di noi.

Le nostre caratteristiche sono plasmate dalla famiglia, dalla scuola e dalla società tramite le concezioni di ciò che è giusto, di ciò che possiamo concepire, e di quali possibilità abbiamo di vincere sul palcoscenico del mondo, noi possiamo facilmente capire come all’uomo siano fornite solo le condizioni di base affinché egli possa divenire un individuo funzionale alle istituzioni sociali, infatti più che educati noi siamo normalizzati per stare al mondo.

Questa prospettiva è affermata dalla psicologia sociale americana secondo la quale la strutturazione della personalità di base è funzionale alla prevedibilità della natura di certe istituzionali sociali perciò, in definitiva, alla previsione dei nostri futuri comportamenti. E’ chiaro come l’uomo venga addestrato in modo che i suoi sentimenti, le sue reazioni, e i suoi stessi sogni siano controllati dal sogno, o dal gioco cosmico del mondo.

Nell’antichità greca gli attori teatrali indossavano delle maschere che rappresentavano il carattere, la parte e il personaggio che l’attore doveva rappresentare, perciò indossavano una immagine triste o sorridente sul volto in modo da far capire che stavano mettendo in scena una personalità da tragedia o da commedia: i romani chiamavano queste maschere “persona.” Da questo antico espediente scenico deriva la concezione della "personalità" anche come uno stato o una condizione interna, la personalità è anche assumere una parte o rappresentare una fazione o una componente politica: tutti questi significati sono fusi nello stesso termine.

La nostra personalità è l’abito che indossiamo quando entriamo in relazione con il mondo, e il condizionamento dovuto alla nostra educazione è talmente profondo che diventa tutto noi stessi, e così anche noi impariamo a indossare le maschere dei teatri antichi. Noi viviamo diventando un tutt’uno con la nostra maschera sociale, noi proviamo solo i sentimenti che ci hanno abituato a sentire, noi vediamo con gli occhi che non arrivano neppure ai limiti delle diottrie fisiche, e difendiamo tutti questi limiti poiché sono opportuni, accettabili e consentiti dal mondo.

Noi abitiamo con i fantasmi delle aspirazioni altrui, noi proviamo il consenso solo per ciò che la società definisce come adeguato, infatti il mondo esterno entra nelle nostre più profonde strutture e abbatte le foreste e i boschi che vivono in noi, così vengono prosciugate le paludi e i fiumi interni, perciò vengono uccisi tutti i sogni che ci abitano, e si spegne il nostro sole interno. E’ così che il mondo entra a plasmare la parte più istintiva che abita in noi per consegnarci, in cambio, solo delle finzioni che ci fanno diventare degli esseri artificiali che abiurano al loro istinto.

Il mondo ci afferra usando le nostre più antiche paure, che sono quelle stesse che ci hanno spinto alla ricerca del calore del gregge umano, infatti l’uomo ha sempre bisogno di sapere quello che gli riserverà il futuro avendo paura dell’energie nuove che potrebbero sopraggiungere, egli le vive come delle onde enormi e potenti che suscitano panico e orrore dell‘annegamento. L’uomo ha poca pazienza, e non riesce a restare sereno, egli non sa governare le ondate emozionali per restare calmo nell’affrontare l’attesa dell’evoluzione futura.

Molti non vogliono cambiare per paura di ciò che può avvenire e, in questa chiusura limitano la portata delle evoluzioni che potrebbero sperimentare se fossero maggiormente liberi da non farsi condizionare da ciò che possono concepire di poter fare, o non fare nel loro futuro. Molti non hanno neppure la forza di sostenere con ferma determinazione l’obiettivo finale, perciò le loro intenzioni sono spuntate, e non hanno l'energia di plasmare la realtà materiale del mondo, infatti essi dicono ma non agiscono all’esterno facendo azioni concrete.

Troppi hanno sfiducia nella bellezza e nella bontà della Fonte che ci dona forza e vita, poiché non credono di essere una divinità in panni carnali, infatti essi vivono accecati dalla realtà duale del mondo, e non sanno pervenire alla saggezza che il miglior sostentamento è nell’interno dell’anima nostra quando essa gode di pace, e di forza interiore. Gli uomini hanno paura di restare soli ad affrontare i drammi del mondo, infatti essi temono di essere esclusi, e di restare indifesi davanti alla freddezza del mondo.

Molti vivono ignorando che il mondo ci istruisce con delle concezioni insulse e artificiali che servono solo a limitare la nostra affermazione personale, perciò noi veniamo limitati nella gioia di vivere. Se riconosciamo l’inganno del mondo vedremo che esso ci ruba i nostri sogni migliori e, in cambio, restituisce una truffa poiché ci dona solo dei simulacri che crediamo essere la vera vita, ma queste sono soltanto finzioni.

Buona erranza
Sharatan


giovedì 9 settembre 2010

Oltre il velo delle energie


“Io sono un seme che ingloba
Tutto quello che si può sognare.
E’ questo quello che Io sono,
è questo quello che Tu sei.”

(Prem Rawat)


E’ scritto nel Katha Upanishad (VI, v. 17) che l’uomo è simile a un filo d’erba che viene sfilato dalla sua guaina, perciò l’uomo interiore deve estrarre sé stesso dal suo fodero corporeo per evolvere. E’ lo sviluppo dello spirito che produce il “corpo di luce” o “corpo radiante” della filosofia induista che è il “corpo rilucente” della filosofia neoplatonica: ed è così che l’uomo s’innalza a ritrovare il Sé spirituale.

Il Sé superiore viene riconosciuto nella mente purificata da una conoscenza maturata internamente con cui entriamo nello spazio Turiya, in cui cessa ogni separazione poiché percepiamo noi stessi negli altri, e in cui possiamo conoscere la nostra profonda radice divina che è il substrato immateriale di ogni manifestazione materiale. Se in ogni cosa vi è il seme del Tutto è pure vero che, in tutti gli aspetti della manifestazione reale si può vedere la totalità spirituale che è insita nella molteplicità.

Se tale luce risplende di noi, ovunque possiamo ritrovare questa luce malgrado il fatto che, in ogni cosa materiale ci sia una differente qualificazione di tale energia infatti, in ogni cosa predomina una qualità e “tutte le cose sono visibili in ciascuna.” Sono queste assonanze energetiche che ci offrono l’immagine, seppure incompleta e confusa, della magnificenza onnipotente della Fonte di energia della nostra radice originaria, in cui esiste la massima potenza espansiva.

Dicono che la Mente Universale è un immenso archetipo in cui vive tutta la potenzialità della realtà e tutte le possibili evoluzioni ulteriori, e che costituisce l’unica origine della creazione materiale che avviene tramite la dualità primordiale che è articolata sull’equilibrio dei poli opposti di luce/ombra, male/bene, alto/basso, etc., e da cui sorgono tutti gli esseri, e tutto il mondo materiale.

E’ da questa Fonte che sgorgano le energie che producono la forma della realtà spazio temporale, e in cui vengono rispecchiati anche i diversi livelli di qualità con cui sono stati creati tutti i mondi e gli universi che si sono succeduti nei cicli evolutivi, e che si susseguiranno per l’eternità. E’ in questi archetipi che sono conservati i ricordi dei mondi creati e conclusi prima di quelli attuali.

E‘ da questa Fonte radicale che sgorgano i semi delle nostre possibilità future poiché, nelle manifestazioni e nelle forme di ciò che è presente vi è conclusa e definita solo una limitata tipologia di spazio e di tempo, ma in essi vi è anche una prima radice che è onnipotente ed eterna evoluzione futura. La radice della realtà materiale è mulaprakriti, che è come un sottile velo gettato sul Supremo Brahman, ed è solo tramite quel sottile velo che noi possiamo contemplare la realtà materiale.

Così è evidente che una totalità può manifestarsi solo tramite un’autolimitazione della sua natura, poiché è solo da una riduzione di virtù illimitate e infinite che si origina una esistenza specifica di materia che costituisce una determinazione di qualità. E’ questo il motivo per cui avviene che è solo tramite tale velo che si possa rielaborare la materia che costituisce gli universi, poiché l’Entità Suprema è contemporaneamente la vita che informa, la vita che governa, e la vita che domina l‘universo materiale.

E’ questo il motivo per cui il velo è detto il “Signore di Maya” in quanto Maya è l’illusione e il principio di una forma sempre illusoria per la struttura e la durata limitata e transitoria, seppure essa sia perfusa di possibili trasformazioni che si imprimono sulla realtà percepita. Secondo l’induismo l’energia dell’Entità Suprema equivale ad “un moto vorticoso di rapidità inconcepibile” che produce dei fori nello spazio, cioè è una forza che imprime il suo sigillo nella radice della realtà materiale.

Questo vortice di energia viene ricoperto dalla forma costituita dagli atomi, che sono le radici, o i semi della realtà materiale che si diffondono tramite le loro aggregazioni e le loro diffusioni in tutto l’universo, similmente nell’Alto e in Basso. E’ così che l’induismo ci insegna che tutta la materia universale è vivente, e che ogni forma di vita partecipa della natura e dell’energia dell’Entità Suprema, perciò c’insegna che non esistono delle forme materiali che mancano di tale energia vitale, seppure la vita dello spirito non possa limitarsi alla materialità.

E se ci pensiamo a fondo sapremo pure che lo spirito può fare a meno della materia, mentre la materialità abbisogna sempre dello spirito per essere animata dalla vita. L’energia dell’Entità suprema è nella creazione di vari mondi, in cui tale fonte energetica assume una specifica forma vitale, ed in cui la forza universale si autolimita per poter essere contenuta nella struttura atomica del mondo e delle cose materiali originate. Queste creazioni sono delle involuzioni riduttive della Ineffabilità Primaria e originaria dell’Archetipo Supremo di ciò che è sempre stato, e di ciò che sempre sarà per tutta l’eternità.

Dal deflusso dell’unica realtà si esprime una potenzialità innata che attiva dei successivi poteri concreti attivi che hanno lo scopo di farci evolvere dalle forme più primitive fino a divenire delle tipologie sempre più raffinate per rispecchiare tutta la maestà della Divinità. In questo modo sappiamo che le evoluzioni materiali sono possibilità e modalità in cui vengono preparati i materiali dei mondi, da cui si ottiene la successiva strutturazione di abitazioni materiali per una conclusiva finalità nell’evoluzione degli esseri che abitano tali mondi creati.

Nella struttura degli esseri che abitano questi mondi vi è l’obiettivo di far evolvere lo spirito insito nell’involucro della materia tramite delle successive mutazioni per la progressiva opera di perfezionamento dei suoi materiali costitutivi potendo così elevare il livello di coscienza e di consapevolezza spirituale, e la qualità materiale della creatura. E’ così che noi affiniamo la nostra arma per affrontare il mondo in cui viviamo, e lo facciamo imparando ad apprezzarlo in tutta la sua compiutezza tramite l’ausilio di occhi più raffinati spiritualmente, poiché essi vedono più profondamente nella potenzialità evolutiva della realtà materiale.

Nel mondo esistono molti tipi di materiale e vi sono delle enormi differenze nella costituzione dei diversi organismi viventi, in quanto vi sono differenze di consapevolezza negli esseri minerali, vegetali e animali fino all‘essere umano. Tutto ciò avviene sebbene vi siano degli elementi primari comuni in cui sono combinati gli elementi solidi, liquidi e gassosi che si completano trasmutando poiché hanno conservato il ricordo, nel loro midollo, del germe o del seme radicale che è l’essenza della loro natura originaria divina. In questo mondo osserviamo vari stati di esistenza materiale e delle diverse gradazioni di qualità energetica causanti la varietà e l’iridescenza del mondo materiale.

Questa molteplicità di forme viene prodotta dalla modalità in cui sono assemblati gli atomi fisici, poiché la combinazione degli elementi primari è costituita da ossigeno, idrogeno, azoto, cloro, etc., cioè da una mistura di elementi chimici di cui tutta la materia è fatta. Nel modo fisico abbiamo un modello preciso che, per assonanza, struttura similmente anche ogni altro piano della realtà superiore, poiché la medesima struttura organizza sia il microcosmo che il macrocosmo che si rispecchiano in Alto e in Basso.

Sarà poi dall’evoluzione dei materiali essenziali di tali mondi che produrranno delle forme vitali sempre più evolute, in cui si attualizzeranno delle potenzialità che sono insite nell’essenza della Fonte radicale che esprime il desiderio di originare un mondo. Tale Fonte è sempre invisibile nella sua azione ma tutte le forme che essa produce la condividono nella loro anima, ed è questa la via regolatrice per poter aggiustare il tiro del nostro pensiero sulla consapevolezza della circolazione energetica delle guaine materiali.

Nella forza energetica vi è una gerarchia ai cui diversi gradini corrispondono delle omogeneità e delle stabilità nelle forme, e una diversa qualità di sensibilità e di coscienza: queste sono le prerogative della struttura energetica degli organismi viventi. E’ questo il motivo per cui esistono dei livelli crescenti di complessità e di potenza evolutiva nei regni minerali, vegetali, animali fino all‘uomo in quanto, anche l’uomo è costituito di elementi solidi, liquidi e gassosi ma, in lui, tali costitutivi primari si uniscono ad una struttura superiore spirituale eterea e potente, in quanto è nello spazio dell’etere che ogni energia spirituale fluisce liberamente per agire.

E’ con un duplice meccanismo energetico simile che l’essere umano usa le sue impressioni sensoriali, e poi le trasmette nello spazio esterno e interno affinché siamo utilizzate come materiali costitutivi della sua consapevolezza, e del suo mondo. La potenza della duplice proiezione è proporzionata alla qualità energetica che viene prodotta dalla disciplina personale di coltivazione di essa per elevare la sua efficacia qualitativa, e questa Energia Creativa è un talento di cui tutti siamo dotati sin dall‘origine.

Questa è la natura della nostra vita più specializzata, che l’induismo chiama prana, da cui viene la potenza energetica, e che è l’alito vitale divino da cui ogni vivente trae il suo nutrimento, poiché tale forza viene infusa direttamente dalla Fonte della Vita universale che la fornisce ad ogni singola creatura, perciò essa si manifesta nel mondo materiale e ci offre tutta l’energia necessaria per farci evolvere fino alla nostra più perfetta evoluzione, che è la forma umana divinizzata.

Buona erranza
Sharatan

domenica 5 settembre 2010

Lungo le strade del mondo


“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nel cercare nuovi occhi”

(Marcel Proust)


Per ricordare ciò che siamo possiamo praticare l’arte del camminare, così come fece Henry David Thoreau, filosofo, scrittore e naturalista, pensatore libertario e figlio ribelle dell’America ottocentesca, vissuto in tempi in cui i coloni bianchi strappavano le terre ai nativi americani, anni duri in cui si abbattevano le foreste e si condannavano alla morte tante specie animali e vegetali che ostacolavano la folle corsa alla civilizzazione di frontiere sempre più ampie, verso l'Ovest.

Thoreau sapeva di essere solo contro la follia di quel dissennato sviluppo, perciò decise di rifugiarsi nella natura per ricercare le sue radici esistenziali, e iniziò a camminare per divenire un vagabondo, un moderno Pietro l’Eremita in “cerca della Terra Santa” perciò un sans terre. Il sentirsi un senza terra, quindi senza casa, ci consente di “sentirsi a casa propria ovunque, pur non avendo una casa in nessun luogo,” ed è il segreto dell’autentico vagabondare. Colui che è vagabondo può restare seduto in casa ed avere girato l’intero mondo, in quanto viaggiare non è discendere il corso del fiume per scoprire gli angoli più segreti delle sue rive.

Thoreau si schiera a favore della natura devastata, propugna l’assoluta libertà dello stato selvaggio per contrapporla alla cultura e alle ipocrisie della civiltà civile di allora, infatti dice: "vorrei considerare l’uomo come abitante della Natura, come sua parte integrante, e non come membro di una società,” egli non difende il tipo di civiltà del suo tempo, poiché essa “ha fin troppi paladini.” Nel vagabondaggio tra la bellezza della natura diventiamo quel Pietro l’Eremita che vive in noi, e che vuole “indurci a uscire e riconquistare la Terra Santa dalle mani degli infedeli.”

E’ nella natura che noi ritroviamo le nostre radici, poiché i tempi moderni creano dei crociati miserabili, e dei camminatori che “non affrontano imprese tenaci e di lunga durata.” I tempi che viviamo offrono solo delle piccole spedizioni che assomigliano a quelle gite in cui, alla sera, si ritorna al “vecchio focolare da cui siamo partiti.” E’ così che percorriamo solo metà del cammino per ritornare sempre sui nostri passi, mentre dovremmo avanzare anche facendo percorsi brevi, ma conservando “un imperituro spirito di avventura, come se non dovessimo mai far ritorno, preparati a rimandare, come reliquie i nostri cuori imbalsamati nei nostri desolati regni.”

Essere un Camminatore Errante significa essere fuori dalla Chiesa, fuori dalla Nazione, e fuori dal Popolo, in quanto diventiamo il rappresentante di un quarto stato che pratica la nobile Arte del Camminare. E’ questa un’arte che si ottiene solo per Grazia divina, e il capitale che apporta all’uomo che vi perviene, è l’agio necessario, la libertà e l’indipendenza, perciò per farsi camminatori è necessaria una espressa dispensa celeste, e occorre essere nati nella famiglia dei Camminatori: Ambulator nascitur, non fit! afferma Thoreau.

E’ chiaro che il camminare a cui egli allude, non ha nulla a che fare con l’esercizio fisico, anche se il camminare avviene davvero, ma la pratica vera è nell’atto fisico che si attua nel progredire per andare alla ricerca delle sorgenti della vita, perciò si cammina come il cammello che rumina mentre procede. Vivere all’aria aperta rende la pelle più sensibile al sole, alla luce e al calore, perciò siamo esposti anche alle intemperie, ma una pelle più spessa o una pelle più sottile non è il quesito più importante del camminatore.

La nostra mente deve essere più aperta e luminosa per poter concepire come le mani del lavoratore, e dell’uomo concreto sono callose e dure, ma il loro tocco esalta il cuore molto più delle languide dita di un essere ozioso, infatti l’artigiano ha “dimestichezza col sottile tessuto del rispetto di sé e dell’eroismo.” Anticamente, ricorda Thoreau, vi erano dei filosofi che amavano passeggiare mentre istruivano i loro discepoli sulle verità antiche, perciò è inutile passeggiare nei boschi se non sono i nostri passi stessi a condurci verso quei boschi, perché nel bosco si cammina solo con il corpo che ascolta lo spirito nell'avanzare.

Nel camminare noi ritorniamo a noi stessi, lasciando fuori dalla mente tutte le preoccupazioni quotidiane e le faccende dell‘uomo, cancellando i traffici e i commerci usuali, perciò senza preoccupazione o ansia sui fatti del mondo. E' per questo che, mentre camminiamo, i nostri pensieri diventano limpidi, puri ed eterei come il cielo, e anche la nostra comprensione si allarga ad abbracciare la vastità del panorama che contempliamo per diventare più pregnante, fino a dilagare sulle pianure su cui si posa lo sguardo.

La nostra intelligenza si rinvigorisce e diventa come lampo e tuono, mentre i nostri cuori eguagliano la vastità, la profondità e la grandezza dei laghi, dei fiumi e delle montagne, e anche i nostri volti risplendono di gaiezza e di serenità mentre respiriamo tra le meraviglie della natura. I fondatori di ogni stato, afferma Thoreau, hanno tratto il loro nutrimento e la loro forza da una simile fonte selvaggia, infatti “dalla natura selvaggia dipende la sopravvivenza del mondo. Ogni albero tende le proprie fibre in cerca di essa.”

Nel mondo, quello che pulsa di maggiore forza vitale è quello che vi è di più naturale e selvaggio in noi, infatti questa forza rinvigorisce e, questo è il motivo per cui l’uomo si trova sempre arricchito dal materiale grezzo e puro della sua natura. Nella corteccia degli alberi, dice Thoreau, “nella semplice scorza di quegli alberi ruvidi e primitivi c’era, io ritengo, qualcosa di fondamentale che rinvigoriva e consolidava le fibre del pensiero umano” infatti “ci attira solo ciò che è selvaggio. Quel che è domestico annoia.”

Nella vita il pensiero libero e selvaggio non si può imparare a scuola, poiché esso vive solo se è svincolato dagli schemi imposti dalla cultura o accettati dalla comunità. “Il genio è una luce che squarcia le tenebre, come il balenare del fulmine che può distruggere il tempio stesso della conoscenza; non è un lumicino acceso al focolare della razza umana, che impallidisce al sopraggiungere della luce di un giorno qualunque.” I sogni dell’uomo che coltiva il pensiero selvaggio sono veri, anche se non affondano le loro radici nel buon senso dell’uomo comune che crede in altre verità.

Nelle “fantasticherie selvagge, che trascendono l’ordine del tempo e dell’evoluzione“ si nasconde “una ricreazione intellettuale sublime” perché nella brutalità di quello che riteniamo “selvaggio” non vi è che un pallido fantasma della ferocia che contraddistingue l’essere umano evoluto e civile che vive in guerra perenne con i suoi simili. La vita dei civilizzati non è altro che una vita meccanica, e l’uomo civile vive con minore consapevolezza del nobile giaguaro che ha degli attributi perfetti nel suo vigore, e nella sua selvaticità naturale.

E’ vero che tutti gli uomini generalmente si assomigliano, ma poi ognuno è un individuo particolare, ed è questo che è il senso selvaggio che vive in noi, e che “serba nascosto dentro di sé l’appellativo primordiale conquistato nella foresta” in cui “è registrato il nome primitivo che ci appartiene.” Questa natura non può essere conosciuta, perciò non può aderire a noi mentre dormiamo, nè quando siamo travagliati dalla collera o dalla tempesta delle passioni umane, infatti si riconosce solo camminando in mezzo alla pace della natura.

Nell’uomo non tutto andrebbe coltivato, in quanto dovremmo lasciare almeno un acro di terra non dissodata, e dovremmo lasciarlo ricoperto di prati e di foreste, affinché sia lasciato all’utilizzo immediato nelle emergenze della vita, poiché costituisce “un terreno fertile per l’avvenire attraverso l’annuale decomposizione delle sue componenti vegetali.” Questa conoscenza primitiva è la “grammatica oscura” che è l'istinto che ci deriva dalla nobiltà di animali come il giaguaro con cui dobbiamo fondare una Conoscenza Meravigliosa molto lontana dalla presunzione che ci priva del beneficio della nostra “effettiva ignoranza” del mondo.

Noi dobbiamo sapere che, una vita vissuta solo nella mente pascola nei soliti campi del pensiero, perciò ogni desiderio di conoscenza deve sempre essere rigenerato in atmosfere sconosciute, in un camminare di vita che è perenne e costante. Noi abituiamo il nostro cervello a funzionare al di sotto delle sue effettive capacità, e le esperienze che proviamo sono inesistenti, perciò giacciamo nella più piatta monotonia: è questa l’inerzia che va evitata, anche affrontando dei momenti di sconforto se percorriamo un sentiero in “notti lunghe, umide e oscure,” e non vediamo alcun “mondo a noi familiare.”

Quando il nutrimento scarseggia, nei boschi troviamo meno animali e, similmente, quando l’uomo è visitato da meno pensieri è come se il bosco che vive nella mente umana fosse devastato da una carestia, in quanto il nostro legname è “venduto per alimentare inutili ambizioni o andato in fumo” e non abbiamo un ramoscello su cui far posare i nostri pensieri. E’ così che i pensieri migliori non nidificano e non proliferano più in noi, perché i “nostri alati pensieri si sono fatti pollame,” perciò l’uomo vive inchiodato alla terra, e raramente ha voglia di saltare per elevarsi più in alto.

E‘ il contatto con la natura che ci fa schiudere come i germogli della foresta che crescono dirigendosi verso il cielo “sopra la testa degli uomini” ma, per camminare così va imparato il “vangelo dell’attimo presente” in cui si rinnega ogni passato abiurando al futuro, e in cui l’udito è desto al canto del gallo che ci chiama al risveglio mentre il sole sorge oltre lo steccato che segna il confine della nostra casa. E’ così che camminiamo verso la Terra Santa per giungere fino al sole che “illuminerà le nostre menti e i nostri cuori, e rischiarerà l’intera nostra vita con una grande luce che ci ridesterà, calda, serena e dorata come un raggio autunnale sulla riva di un fiume.”

Buona erranza
Sharatan

giovedì 2 settembre 2010

Angeli che vivono nel sonno


"Gli dei non rivelano tutto in una volta agli uomini,
ma sono questi che indagando nel tempo
scoprono quello che è meglio"

(Senofane di Colofone)


Non vi è nessun potere oscuro che combatte per avere la nostra anima, vi è piuttosto l’oscurità che opprime l’interno dell’animo umano, e che c’impedisce di vedere la luce e l‘amore. E’ la nostra energia che sceglie di usare la luce o l’ombra, perciò sceglie di andare verso una delle due polarità per accrescerne il potere: è l’uomo che sceglie di usare dei livelli molto bassi di energia, e il male che ne segue è solo una sua libera scelta.

Credere che sia possibile risanarsi e saper fare un miracolo della nostra vita, credere di poter avere l’oggetto di tale desiderio è la chiave per ottenere tutto questo, è solo il senso dell’ingannevole funzionamento spazio-temporale che ci impedisce di ottenere questa superiore maestria di vita. Il nostro lavoro evolutivo deve partire dalla certezza interiore assoluta che noi siamo un frammento di Dio.

Il risultato della completa maestria nell‘arte del ben vivere è che possiamo avanzare senza avere paura della vita, noi possiamo essere sereni anche quando gli altri non riescono ad esserlo, poiché le situazioni drammatiche non ci possono toccare, anche se il mondo è nel caos noi ci sentiamo sicuri nella nostra saggezza di vita, perciò restiamo autocontrollati al nostro interno.

Se noi crediamo e sentiamo di essere questi frammenti, quei semi di pace e d’amore divini noi possiamo vivere in piena beatitudine mentre ancora siamo calati nell’involucro carnale. Tornare a ciò che è fondamentale, tornare all’essenziale è ciò che avvia la piena guarigione della nostra vita, ma è solo nel silenzio che si scopre che noi siamo parte della potente forza che permea tutto l’universo.

Considerando vero che il percorrere questo sentiero è il cammino di tutta una vita, noi dobbiamo avere la perseveranza di coltivare questa prospettiva: ecco perché abbiamo la necessità di esercitare una disciplina evolutiva. Allora vediamo fisso solo il nostro obiettivo finale, e nulla ci impedisce di raggiungere quel punto anche se il passo a volte può rallentare per ritemprare le energie di colui che avanza nel cammino.

Se amiamo camminare con entusiasmo allora sappiamo che non dobbiamo mai decidere in anticipo dove ci conduce la nostra vita, perché ad ogni passo un sentiero può modificarsi e infatti si vede quando ci siamo, perciò nulla deve essere stabilito in anticipo, poiché un vero maestro cerca di raffinare continuamente l’arte, in quanto un superbo sentiero personale è sempre più originale ed evolutivo.

Ogni evoluzione o mutazione è solo un potenziale dell’essere, infatti esso non può essere predefinito in anticipo, in quanto è un fatto nuovo che non è mai esistito in precedenza, perciò non limitiamoci facendo delle supposizioni preliminari sui passi che faremo nel corso della nostra vita.

Il non fare delle supposizioni riguarda anche la consapevolezza che tutto quello che viene predefinito è sempre un frutto o un inganno della mente, infatti un vero futuro deve essere pensato come un momento in cui sapremo oltrepassare i limiti dei più ambiziosi desideri evolutivi, infatti è ciò che va attuato nel divenire degli esseri divini.

Sul perseguimento di obiettivi tanto ambiziosi è segno di saggezza non definire un limite temporale preliminare, perciò non dobbiamo mai forzare gli avvenimenti in quanto la dimensione divina non è legata alle concezioni temporali umane, e l’accettazione di una trasformazione spirituale accellera sempre il corso della nostra vita perciò, anche se le cose sembrano immobili, in realtà esse sono in incubazione per manifestarsi pienamente nella materialità.

Nella manifestazione materiale la trasmissione energetica avviene in modo più lento, perciò non vediamo nelle pause della vita un dramma, ma valutiamolo come segno che è in preparazione il migliore corso per la nostra vita: ecco il significato vero dell’invito a non forzare il corso degli avvenimenti del mondo. Ma il rispetto per il giusto equilibrio va primariamente rivolto verso il rispetto dei nostri migliori istinti interni, in quanto è nel nostro petto che sentiamo queste verità.

La trasformazione spirituale profonda migliora e accresce la nostra energia vitale, essa ci dona una migliore salute in quanto riequilibra i nostri canali energetici interni, infatti lo spirito scioglie le “vene del drago” e un corpo ben sintonizzato esprime sempre agilità, potenza ed energia. E’ evidente che va evitata ogni inerzia fisica oltre che ogni limitata prospettiva mentale, perciò la nostra dinamicità deve essere sempre sia interna che esterna.

Se noi crediamo che lo spirito ci possa condurre al nostro migliore posto possiamo accettare il fatto che ciò che la vita ci propone è solo quello che noi possiamo affrontare, in quanto ognuno ha le spalle adatte per poter sostenere il peso che gli viene assegnato. Nell’animo di coloro che affrontano il risveglio spirituale più alto si nasconde lo spirito del Guerriero dell’iniziazione sciamanica che è in grado di coltivare continuamente la forza energetica necessaria per affrontare la vita in modo indomito, e di vivere senza provare alcuna paura.

La nostra Fonte energetica interiore è veramente inesauribile, noi dobbiamo solo crederlo anche quando il mondo materiale ci impedisce di sentirne la profonda connessione, noi dobbiamo conservare nel petto e nella mente la certezza che esista, per poter accedere alla sua forza e alla sua luce. Noi così possiamo divenire degli esseri equilibrati poiché sappiamo di essere divini, e allora siamo in grado di sostenerci adeguatamente, in quanto siamo degli angeli in un veicolo materiale. Ma questi angeli stanno ancora dormendo perciò non ricordano la loro origine.

Buona erranza
Sharatan