domenica 27 giugno 2010

Il migliore sogno di noi stessi


Dicono che il massimo momento di apertura spirituale avvenga quando la mente è assente, e quando il pieno controllo è esercitato dall’armonia dell’essere che siamo: è così che emerge alla luce tutta la purezza del vero Intento, e tutta la potenza dell’Energia che sgorga dalla memoria del cuore, che è la parte atavica dormiente in noi.

Nella vita umana nessun Dio e nessuna potenza superiore può intervenire per fare al posto nostro, infatti l’uomo è libero di programmare il momento del suo Risveglio, perciò noi viviamo liberi di scegliere l‘ora ma, su delle libertà ulteriori, cosa poter dire? Quanta libertà possediamo non sappiamo in quanto, come può essere libero un essere inserito in un disegno preesistente, in un progetto risalente all’origine del tempo? E’ un complesso dilemma decidere quanto siamo liberi di essere ciò che vogliamo veramente!

Una volta che abbiamo saltato il fosso spinti da ciò che sentiamo, l’arbitrio diventa relativo se seguiamo la corrente del fiume della vita, infatti noi non sappiamo quale direzione prenderà il “fiume di consapevolezza” e dove saremo condotti dal corso della corrente. Sappiamo solo di essere stati catturati nel flusso inarrestabile da cui non si ritorna, in cui sappiamo che l’immagine che conosciamo, ciò che credevamo di essere, è alterata dalla trasformazione che segue la sua linea evolutiva.

In tutto questo non vi è carenza o difetto, non vi è alcun passo falso nel cambiare se sentiamo di stare meglio, se sappiamo di amare tutto ciò che sta sorgendo alla vita poiché era sempre vivo in noi, e il nuovo noi ora si ridesta pieno della forza generativa del Nuovo nato. Evidentemente tutto ciò che vive si muove per mantenere l’evoluzione delle energie vitali, per cui la nostra immagine nuova può anche essere migliore, e più vitale di quella precedente.

Avviene che iniziamo a provare un amore grande per alcune cose che ci piacciono, e ciò che riconosciamo viene rinnovato dal nostro stupore, e dalla nostra meraviglia, perché sentiamo lo stupore di quello che risorge fresco e vivo quando arriviamo al riconoscimento della nostra natura: stiamo assaporando la nostra vera essenza. Noi ci sentiamo come un viaggiatore che torna a casa stanco per un viaggio ai limiti della sopravvivenza.

E’ quando torniamo alla vita tranquilla dopo dei grandi disagi, che noi sappiamo apprezzare tutte le comodità di casa nostra, è allora che sappiamo guardare con riconoscenza anche all’uso delle posate se siamo stati costretti a mangiare con le mani, è allora che sappiamo apprezzare l’acqua calda e il letto confortevole soprattutto se abbiamo dormito a lungo, sotto le stelle, sulla nuda terra.

Allora i nostri occhi riescono a vedere in modo nuovo quello che abbiamo da sempre, poiché la privazione può rinnovare anche l’apprezzamento dell’agio consueto, e delle comodità ordinarie della quotidianità. Solo a questo punto sappiamo vedere i suoni, i sapori, e le vere condizioni in cui scorre la nostra vita. In modo simile abbiamo la possibilità di sentire il pulsare della vita, e la pura gioia delle emozioni che vivono in modo dinamico, poiché avviene nel momento del risveglio del dormiente.

A questo punto nasce il sentimento di profonda gratitudine per il nuovo che sta sorgendo, sgorgato dal livello da cui proviene l’intimità di ciò che c’è di più vero, poiché esso ci rappresenta totalmente, e sentiamo che le cose che amiamo sono parte di noi come la carne e il sangue, esse sono la vera linfa della nostra vita, infatti sono la radice del nostro essere più profondo. E chiedersi cosa sia vero o falso, se stiamo bene con queste passioni, è irrilevante!

Le persone posseggono le emozioni per riconoscere la qualità delle esperienze della vita ma le emozioni, se non vengo addestrate diventano come un’altalena che trascina in alto per farci ricadere in basso, in una follia di vertigine che procura la nausea. La sensibilità personale si manifesta tramite le emozioni, e le emozioni non sono negative, ma lo divengono nell‘errato uso dello strumento emotivo.

Una persona con un grande ventaglio emozionale possiede una profondità particolare, e questa sensibilità sviluppa l’enorme potenzialità di connettersi con ogni forma di energia esistente, perché tale persona è molto ricettiva perciò l’emozione non va negata ma rinsaldata, essa va educata a manifestarsi correttamente, in modo da farne un migliore uso per la nostra pratica di vita.

L’emozione è rinsaldata dal cuore fermo, dal dosaggio oculato del fuoco cioè dell’energia interna che possediamo, e dall’equilibrio bilanciato dei due emisferi del cervello che devono sempre procedere insieme: è dal cuore fermo, dal dosaggio delle energie, e dall’equilibrio dell’emisfero creativo e dell’emisfero razionale che nasce il vero sentimento. Ecco come le nostre emozioni si solidificano in modo più costruttivo dell’altalena emozionale, ecco come impariamo a sviluppare dei veri sentimenti, ecco come conosciamo le nostre vere passioni.

I sentimenti più elevati degli esseri umani sono la compassione che vede con gli occhi del cuore, da cui nasce la capacità di amare. Da tutto questo deriva la capacità di divenire un essere creativo quando impariamo a conoscere e amare ciò che siamo, così impariamo cosa ci fa bene veramente. Ecco il vero significato di fare ciò che ci piace, nato dall’apprezzamento che nutriamo per noi, perciò sappiamo rispettarci e non farci del male infatti, fare ciò che piace non significa non rispettare nulla per usare tutto come uno strumento da manovrare a nostro capriccio.

Se abbiamo definito che il livello di ragionamento è del tipo più elevato, sappiamo capire come i veri e i più profondi sentimenti hanno il potere di operare sempre delle trasformazioni positive, infatti producono sempre dei frutti duraturi nel tempo, poiché sono dotati del valore giusto per donarci il senso della meravigliosa bellezza della vita.

E’ per questo che dobbiamo coltivare l’emotività affinché divenga una qualità percettiva di livello e raffinatezza opportune, affinché finiscano di stordirci con la vertigine dell’altalena, perciò coltiviamoci per trasformare l’altalena emozionale in una permanente qualità di percezione viva di noi. La nostra emozionalità può essere sviluppata fino al livello in cui nulla e nessuno può ferirci, poiché nulla può farci del male se non lo permettiamo noi, infatti colui che si dichiara ferito è chi si ferma alla valutazione fugace del primo impatto con gli avvenimenti.

Se è molto sciocco dichiarare che l’esito di una scaramuccia possa definire il risultato di una intera guerra, altrettanto limitante diventa fermarsi al primo impatto emozionale. Nel primo impatto con le cose noi proviamo delle emozioni, e queste possono essere positive o negative ma, se il dato rimane “cristallizzato” in questo delimitato elemento, l’esistenza diventa priva di qualunque possibilità evolutiva perciò, sarà evidente che non è questo il modo giusto per vedere il senso del vivere umano, e non si affrontano in modo così superficiale gli accadimenti seri della vita.

Se tutti gli avvenimenti diventano fini a sé stessi, allora tutta la realtà della vita perde di significato evolutivo, e la nostra emozione non diventa un approccio educativo, efficace e duraturo. Se l’emozione deve insegnarci a percepire il bianco e il nero, che sono il positivo e il negativo delle cose, deve intervenire anche il saldo sentimento che consolida le prime emozioni conservando solo il “senso” del fatto, che è il significato vero di ciò che serve al nostro miglior sentiero.

Per l’educazione al sentimento non serve fare l’elenco delle nostre colpe, di tutte le occasioni in cui abbiamo fallito, di tutte le occasioni in cui siamo stati mortificati dal mondo per le nostre carenze vere o presunte. Sappiamo bene che l’uomo viene addestrato dal mondo come una bestia da circo, e questo viene fatto usando la sferza della paura, o il ricatto della perdita dell’amore.

E se lo sappiamo siamo responsabili del vantaggio che concediamo al mondo per perpetuare i suoi ricatti e le sue minacce, infatti è sempre sui relitti delle nostre guerre interne, e sulle nostre più recondite paure che i nostri nemici vengono a banchettare, e non lo fanno sempre alle nostre spalle! Sapere questo, e non porre rimedio equivale a concedere un libero arbitrio su di noi, affidandoci ciecamente agli altri, e questo è sempre errato.

Allora smettiamola con il gioco della vittima e del carnefice perché possiamo rovesciare le regole del gioco quando le conosciamo, e davanti ai fatti della vita, smettiamo di soffrire e di colpevolizzarci facendo la tregua alla nostra guerra interna in modo da non offrire più alcuna presa al mondo. Se lo vogliamo fare dobbiamo smetterla di soffrire e di colpevolizzarci, piuttosto dobbiamo amarci con tenerezza, e avere maggiore cura di noi stessi.

Se troviamo la nostra vera chiave interna facciamo meno fatica a rovesciare il gioco poiché sappiamo fare una chiara rassegna di tutte le emozioni, di tutti i sentimenti, di tutte le occasioni e di tutte le circostanze in cui abbiamo la condizione in cui abbiamo provato vera gioia, vero amore e profonda compassione, in cui siamo andati in sintonia con il nostro ritmo interno quando è coincisa la nostra mente con il nostro cuore.

Definendo quali sono le cose veramente positive e che ci fanno stare bene, e avvertendo ciò che ci piace fare di più noi sviluppiamo la percezione della via, infatti conosciamo la direzione del “servizio” come diceva il Mahatma Gandhi. A noi viene data la libera scelta di trovare il migliore sentiero in cui agire ma, alla condizione che esso sia una nostra sincera disposizione, e che sia praticata con la dimostrazione chiara di tutta la nostra compassione unita all’energia dell’Amore in Azione, perciò esso deve divenire una pratica da usare attivamente nella vita.

Su tutto questo ci viene concessa libera scelta, è dentro tali parametri che ci viene chiesto di ricercare la nostra vera passione di vita, che è la nostra essenza e il senso della nostra manifestazione, infatti dobbiamo costantemente chiederci cosa ridesta l’appassionamento. Cosa amiamo maggiormente? Cosa vogliamo condividere di noi stessi? Quali sono i nostri migliori talenti, quali i nostri doni, quali sono le migliori qualità che abbiamo in noi?

Quali sono le potenzialità che vogliamo mettere in gioco per migliorare la nostra Terra interna ed esterna? Con quali qualità noi vogliamo costruire un futuro di gioia, pace ed armonia per noi e per gli altri? Qual’é la puntata che mettiamo sul tavolo della vita? E’ solo così che comprendiamo quando siamo entrati nel nostro retto orientamento interno, quando siamo pienamente sincronizzati con le nostre più intime convinzioni, e con i nostri migliori valori. E’ così che diventiamo il nostro migliore sogno di noi stessi.

E’ così che mettiamo in campo tutto il nostro potere, e tutte le migliori energie di cui siamo forniti perché viviamo bene, e siamo soddisfatti di quello che facciamo con cuore e con passione uniti alla convinzione della bellezza della nostra piena realizzazione. Noi ci sentiamo potenti nel nostro saldo convincimento interno, per cui oltrepassiamo ogni libero arbitrio e l’apparenza di bianco e nero, in modo che la nostra Via sappia oltrepassare ogni yin e yang della vita.

Buona erranza
Sharatan

sabato 19 giugno 2010

Nella memoria evolutiva …


“Io sono tu, e tu sei io,
e in tutte le cose io sono dispersa.
E ovunque tu vuoi, tu mi raccogli;
ma raccogliendomi,tu raccogli te stesso.”

(Vangelo gnostico di Eva,
cit. in: Epifanio di Salamina “Panarion haeresion“, 26,3)



Se sappiamo acquietare la mente e abbandonare ogni resistenza a vedere e capire, noi permettiamo alle risposte di giungere alla nostra consapevolezza, poiché noi siamo il perno di noi stessi e possiamo acquisire il “centro di gravità” di cui diceva Gurdjieff. Per facilitare tale concezione dobbiamo anche credere che non siamo degli esseri fatti di carne alla ricerca dello spirito, ma di essere costituiti come Esseri di Luce divina che sperimentano l’esistenza materiale.

Ma, a questo punto, avviene la selezione del livello evolutivo a cui siamo pervenuti, infatti per riconoscere questa verità dobbiamo sentire che essa è vera, poiché nessun vantaggio si ottiene se ci proclamiamo spirituali solo nell’apparenza senza che la spiritualità esprima una nostra reale sostanza, cioè un’essenza dotata di passione e di cuore. Si dice che l’anima abbia compiuto molte corse, nelle dimensioni spazio temporali di mondi e universi diversi, perciò viviamo sicuramente molte vite.

Poiché noi andiamo e torniamo più e più volte, appare evidente il vantaggio del “memento,” che è libretto d‘istruzioni che ci viene allegato quando nasciamo, e che dobbiamo usare per poter più facilmente ricordare chi siamo, e cosa siamo chiamati a fare in questo corso esistenziale: questa è l’acutezza consapevole con cui impariamo a riconoscere il percorso migliore per la nostra esistenza ed è anche il sublime segreto della vita. Questa è la chiave con cui noi apriamo lo scrigno contenente il segreto: ecco l’elisir d‘oro!

Infatti abbiamo un libretto che è il promemoria di noi stessi, un riepilogo di ciò che serve sapere ma, per non perderlo, siccome nasciamo nudi, ce lo incidono all’interno affinché sia al sicuro nel segreto, e perché sia conosciuto solo da noi stessi che dobbiamo realizzare lo scopo. Per dissodare il terreno del nostro sentiero dobbiamo sapere, e avvicinarci alla verità con la disponibilità interna a darci torto, poiché crediamo fermamente nel lavoro che possiamo fare con coraggio.

Quando nella ricerca della verità più profonda siamo disposti a darci torto, perciò a rinnegare la mente, si attua la dimostrazione che sappiamo usare e percorrere la via del cuore per non rinnegarci a noi stessi. E questa via di coraggio impone tutto il rispetto, poiché va onorato sempre con rispetto chi si affaccia a contemplare tali verità spirituali tanto profonde.

Quando abbiamo il livello di coraggio di voler leggere nei nostri tatuaggi si dissodano terreni duri e impervi, e sono sempre dei sentieri faticosi: è questa fatica e ostinazione, è questa audacia coraggiosa che merita l’onore del nostro rispetto. Così iniziamo rispettando noi stessi come esseri di luce in costante evoluzione, e il rispetto che offriamo a noi, riesce a trasmutare i nostri successi e anche i nostri fallimenti, perché ci amiamo nei nostri pregi e nei difetti, perché stiamo imparando lungo le strade del vivere.

E il rispetto che sappiamo darci lo sappiamo allargare ai grandi accadimenti, ma anche ai piccoli fatti quotidiani, e lo trasmettiamo agli altri: è tutto questo ci rende adatti a progredire perché eleva la nostra sensibilità ad un livello di raffinatezza maggiore. Ciò che s‘impara con la compassione rivolta a noi stessi è una sensibilità spirituale maggiore che ci offre la capacità di scoprire il sacro che si manifesta intorno a noi: essa apre gli occhi dello spirito.

Se sappiamo percepire la sacralità della manifestazione otteniamo un dono talmente grande da lasciare senza fiato. Pazientiamo nel fare questo percorso poiché non possiamo ultimare un lavoro se esso non viene mai avviato, perciò facciamolo costantemente e pazientiamo continuamente nell’apprendimento di esso, considerata la grandezza dei vantaggi che ci offre immediatamente.

Essere fiduciosi, umili e modesti è il vuoto disposto a contenere, perciò è opportuna una centratura che abbia la freschezza e la semplicità dell’anima dei bimbi, infatti la spontaneità è recettività piena a contenere il Tutto. Se restiamo così centrati, allora accettiamo anche di poter avere torto su di noi, e osiamo rimettere tutto in gioco. E’ con questa mentalità aperta che sappiamo conquistare l’audacia e il coraggio necessari per leggere la verità tatuata all‘interno: è questo il coraggio di fissare il volto che avevamo prima della nascita.

E’ solo la mente quella che vuole la ragione, è lei che si duole quando viene colta in torto, è lei che valuta con il metro dell’orgoglio, mentre il cuore è quello che sa guardare con gli occhi della compassione superiore, che non è falsa pietà di colui che si sente superiore, ma è l'amore incondizionato per ciò che siamo nell‘essenza: è la presunzione egoica del mentale che ci blocca nelle pre-concezioni che occludono lo sguardo dello spirito sull'essere divino che noi siamo.

Abbiamo paura perché, potrebbe avvenire che la verità che crediamo di conoscere su di noi non sia affatto tale, ma conoscerci può rivelare degli aspetti sconosciuti ancor più belli di noi, e talmente maestosi da farci ripensare l’intero senso della nostra vita. E‘ evidente che queste verità sono vere solo se le reputiamo come tali, e non se gli altri ce le inoculano forzatamente nel cervello, infatti solo le verità interiori radicalizzate solidamente sanno divenire delle vere e profonde realtà di vita.

Dicono che la conoscenza delle vite passate sia ingannevole per basarci su di essa per fare scelte, e io sono d’accordo poiché, facendo un consuntivo in giro per il mondo conosceremmo delle decine di Giulio Cesare, delle centinaia di Cleopatra, una dozzina di Alessandro Magno, e una tale accozzaglia di strani personaggi da riempire mille bestiari umani, se non fosse che i folli si disperdono nel mondo diradando il bestiario, e manifestano la qualità della mente umana quando viene deviata dal suo giusto corso.

Per una prospettiva di tal genere appare evidente, come avere la presunzione di agire correttamente con la visione del massimo livello dell’esistenza, cioè con il corollario delle vite passate, sia un'eccessiva e presuntuosa prospettiva. Allora pensiamo piuttosto che, se una storia personale non si ricostruisce a partire dalle mille vite che abbiamo vissute, dobbiamo divenire modestamente adeguati a vivere consapevolmente e al meglio, almeno il tempo presente che è quello su cui abbiamo arbitrio.

Per questo motivo ci vengono fornite le istruzioni per l’uso costituite dai nostri talenti, ci lasciano un ricordo nelle cose che sappiamo fare meglio, e allegano in noi un condensato della nostra migliore essenza che è poi anche il senso della missione che siamo chiamati a compiere nella vita, è la mappa del percorso da fare con la carrozza. Quando il tempo degli esami è limitato si usano i riassunti, cioè delle essenze concentrate di conoscenza, come elisir di senso ed essenza di conoscenza per trarci d'impaccio.

E’ questo il tipo di sigillo che è inciso nel nostro cuore, ed è situato nel luogo in cui nulla andrà mai perso perché il cuore ha un sistema che riesce a ricordare, come insegna l’iniziazione sciamanica, per cui la vera via possiede sempre cuore e intento, perciò testa e cuore in armoniosa sintesi. Quando meditiamo nel cuore noi facciamo la discesa ma, contemporaneamente, facciamo anche l’ascesa dello spirito elevandoci al cielo. Quando siamo al centro dei due movimenti, quando siamo situati tra Cielo e Terra noi restiamo nel posto da cui contempliamo facilmente le nostre vere capacità interiori, e le nostre migliori qualità: è qui che diventiamo Uomini veri!

Dalla contemplazione delle grandi cose così come si rivelano nell‘esistenza, noi sviluppiamo una maggiore raffinata sensibilità, e un’acuta percezione consapevole che ci mostra la nostra verità interna, ma è solo quando discriminiamo ciò che è falso da ciò che è vero, che siamo aiutati sia dal Cielo che dalla Terra, infatti conquistiamo sia l’intelligenza intuitiva che la più profonda coscienza. E’ l’intelligenza intuitiva che si eleva al cielo mentre la coscienza profonda s'immerge nel pensiero abissale del nostro profondo: è nel centro perfetto che abbiamo l’orizzonte di contemplazione del nostro paesaggio interno.

E’ con questa visione di orizzonte interiore che avviene il totale compimento, così abbiamo il riconoscimento di chi siamo e di cosa vogliamo, e lo facciamo valorizzando le nostre personali qualità, così impariamo a usare i talenti di cui siamo forniti. Sono questi i veri Tesori che racchiudiamo nel nostro cuore. Spingendo lo sguardo all‘orizzonte interno si ridesta lo spirito dormiente che siamo, e ritroviamo l’elisir che manifesta l’essenza e il senso della nostra vita, poiché esso è la manifestazione di ciò che più ci piace.

Buona erranza
Sharatan


sabato 12 giugno 2010

Una Divinità in divenire


Qualora siamo fautori del cambiamento, e di nuove prospettive di vita ci ritroviamo fatalmente dalla parte dei ribelli, perciò per battere la resistenza al divenire dobbiamo primariamente combattere contro le nostre irriducibilità interne che si oppongono a cambiare le prospettive, poiché il cambiamento è sentito come un tuffo rischioso anche per chi si crede un rivoluzionario.

Una verità che può dare conferma alle concezioni spirituali appare quasi sempre comprensibile e accessibile solo a coloro che hanno orecchi per sentire, e occhi per vedere perciò, come spesso avviene, il luogo più sicuro per nascondere ciò che deve restare segreto è di lasciarlo davanti agli occhi di tutti. Per la religione è evidente che l’uomo è incompleto perciò deve essere accudito come un bambino infatti è vero, ma nel senso che l’incompletezza umana è la migliore traccia della sua divinità, e non il contrario come viene detto.

Questa verità ha un fondamento psico-biologico nella “teoria della neotenia” di L. Bolk, uno specialista di anatomia comparata che elaborò tale teoria nel 1926, confermando l’ipotesi di Freud, scritta in “Inibizione, sintomo e angoscia,” che l’uomo fosse alienato del tutto a sé stesso poiché è stato tolto dalla sua originaria unitarietà perciò tale alienazione spinge l’individuo a racchiudersi nella sua placenta sociale e culturale per paura di avviare la sua crescita.

Secondo Bolk l’uomo nasce incompleto perché è prematuro, come dimostrato dall’incompleta chiusura dei setti cardiaci, dalle insufficienze degli alveoli polmonari, e dall’incompletezza del sistema nervoso che necessita di anni per avere un pieno sviluppo, così come osservato nel neonato. Tutti questi fattori biologici umani vengono confermati dalle comparazioni con le forme di vita animale, in cui ci sono dei cuccioli molto più veloci a maturare pienamente.

Noi uomini dobbiamo ultimare nel mondo quello che abbiamo iniziato a fare nel periodo fetale, perciò viene detto che nell’infanzia ultimiamo il nostro sviluppo, anche se questo non è affatto vero, poiché la crescita fisica viene conclusa verso i 30 anni. Allora vediamo piuttosto, nell’essere umano, la vita come una continuazione della vita intrauterina, nel senso che lo sviluppo dell’uomo continua per un periodo veramente lungo se lo paragoniamo al mondo animale.

Il raggiungimento della maturità biologica non si conquista all’improvviso, infatti avviene in modo lento e con ritmi alternanti, complessi e particolari, perciò l’incompiutezza iniziale appare piuttosto come l’alba della perfezione futura dell’uomo, come l'opportunità esistente, in potenzialità latente e silente, poichè abbiamo l’imperfezione nel sigillo dell’origine. Secondo questa teoria noi siamo degli esseri incompiuti, noi siamo una scommessa su cui puntare una puntata che può essere vinta o perduta: questa è l’unica differenza dalle specie animali, infatti esse sono già perfette nella loro naturalità istintiva.

L’aspetto culturale, che è tipico dell’uomo, è ciò che lo contrappone alla sua naturalità causandogli un progressivo distacco dalle sue migliori qualità istintuali. E' la cultura che spezza l’unità fondamentale di tutto il genere umano, poichè l'unità fisica è la comunanza più completa che possiamo percepire nel veicolo materiale in cui ci manifestiamo. Tutta la preparazione alla vita diventa, per questo motivo, un progressivo distacco poiché l’uomo può stare nel mondo solo alle specifiche condizioni che vengono impartite, infatti siamo modellati sulle migliori norme di convenienza civile.

La perfettibilità della natura umana è conseguente a questa concezione, poiché afferma che l’uomo compiuto è l’adulto perfettamente integrato e civile, che è colui che è bene inserito nel suo gruppo sociale; l’adulto maturo è la perfetta pedina che conosce il suo contesto nell’ordinato raggruppamento in cui è inserita. In questa teoria si nasconde anche la beffa dell’evoluzionismo darwiniano, in cui il carattere dei vari apprendimenti che ci vengono somministrati ci rendono sempre più condizionati dall’ambiente esterno fino a farci divenire gli infelici schiavi del destino.

Il corso della nostra vita è lento perché è stato rallentato, ma questa frenatura non opera sempre allo stesso modo, e la teoria biologica di Bolk ci rivela questo meccanismo nella maniera spiritualmente illuminante delle fasi alternanti, cioè di accellerate, di rallentamenti, e di intervalli silenti. L’uomo viene gettato nel mondo in modo precoce perciò affronta la prima formazione nella vita intrauterina ma continua lo sviluppo dopo la nascita fisica.

E’ questo il motivo per cui l’infanzia umana è tanto lunga, ed è per questo che, alla nascita, tante funzioni fisiche non sono ancora ultimate: infatti esse dovranno affinarsi, e plasmarsi continuamente tramite le stimolazioni dell‘ambiente esterno. E questo tipo di sviluppo ritardato va spiegato perché riguarda una caratteristica dell'intera specie umana, al di là di ogni razza e cultura. Secondo Bolk, l’uomo è un individuo neotenico perché originariamente la velocità di crescita degli antropoidi è stata ritardata, perciò condannata all'immaturità.

Sebbene fosse specialista di anatomia comparata, Bolk usò un metodo diverso da quello consueto nella sua disciplina, infatti iniziò lo studio facendo il percorso all’inverso, perciò fece il ritorno all’origine della specie umana. Si dimostra così la realtà dell’uomo neotenico come uomo originariamente incompleto, infatti l’organismo umano conserva l’eccezionale plasticità della vita embrionale e giovanile, come pure eredita anche l’estrema fragilità di esse, come dimostra il neonato umano che nasce privo della protezione del pelame.

Bolk osservò che la specie umana aveva la maturità perfetta alla sua origine ma, da questa perfezione iniziale si è distaccato, perciò l’incompiutezza umana è divenuto il destino della specie umana intera. Ma tale incompiutezza ci ha reso anche dei vantaggi, poiché la neotenia umana ci offre l’opportunità di conservare le forme giovanili, e la plasticità degli stadi giovanili, che ci è stata donata in cambio della maggiore rigidità che vediamo nelle forme adulte definite.

Il progresso umano ci appare in modo del tutto diverso se assecondiamo questa teoria infatti, senza la plasticità e la plasmabilità delle forme giovanili, nulla potrebbe evolvere e progredire poichè, nulla sarebbe se tutto già fosse compiuto. Tutta la teoria impone di rivedere anche il concetto di essere umano adulto, e il concetto di maturità come stadio ottimale da attuare nella vita mentre, piuttosto, ci viene indicato un progetto di vita come di una opportunità dialettica e dinamica evolutiva continua.

Fromm riferendosi alla nascita, diceva che il problema non era tanto l’atto di nascere come uscita fisica dal grembo perché la nascita non è mai finita. L’atto fisico è marginale, ed è solo l’inizio della nascita dell’uomo alla vita, in quanto: “l’intera vita dell’individuo non è nient’altro che quel processo che consiste nel dare i natali a se stesso; a dir la verità, noi saremo nati pienamente quando moriremo.”

Questa concezione attua un completo rovesciamento del concetto di cultura umana, e aiuta a pensare che l’uomo è in nascita continuata, perciò l’uomo non può venire definito dal consenso dei valori sociali, ma è un individuo creatore di se stesso. E’ per questo che noi siamo come Dio, infatti l’uomo è un essere che completa se stesso nel percorso, e che si forma nel progredire del suo cammino: perché l’uomo è un essere che milita per il suo destino futuro, perciò è una Divinità in divenire.

Buona erranza
Sharatan


martedì 8 giugno 2010

Mattino luminoso


Mattino dopo la tempesta
scorre il vento
tra gli alberi.

L'aria è fresca, frizzante
e leggera.

Il colore verde delle foglie
brilla
scintillando nel cielo,
mentre il sole mi scalda timidamente.

Ecco un istante
in cui la vita è bellissima!


Sharatan

venerdì 4 giugno 2010

Essere Luce a noi stessi


“Allora egli è luce a sé stesso;
poiché egli sta presso la luce del Sé e va intorno,
compie il suo lavoro e torna a casa.”

(Brihadaranyaka Upanishad, IV, 3-6)


Jung scriveva che la natura non ha nulla da temere ad essere interpretata dalla psicologia, ma la spiritualità corre sempre dei rischi qualora sia inquadrata in una metafisica. Laddove l’uomo inizia a definire una realtà divina si arroga il diritto di abbracciare il Tutto diventando un messia, mentre si nega l’ignoranza del vero sapiente che è consapevole di non sapere nulla. In questo modo avviene che Dio diventa colui che ha il timore di essere penetrato, come se Dio potesse temere la minaccia di una mente umana!

Invece l’uomo si dovrebbe rassegnare alla ricerca del divino essendo consapevole che essa non possa essere conseguita pienamente poiché, è nell’essenza del mistero non poter avere mai una soluzione. In effetti vi è nella natura umana il destino di dovere assumere una maggiore consapevolezza per poter conoscere la fine dell’isolamento ma, nel contempo, il senso d’isolamento si accresce qualora sperimentiamo pienamente la nostra Reale Unicità: ecco perché la ricerca spirituale è assai rischiosa, e perché richiede il coraggio di un leone.

Nell’alchimia si indica di operare il “riscaldamento” per significare un ampliamento di coscienza progressivo affinché, l’essere spirituale che noi siamo possa avere un’illuminazione maggiore però, lo stesso concetto, significa anche che la vita deve divenire più intensa in modo da acquisire una maggiore consapevolezza. Nella nostra testa deve entrare il concetto che la coscienza consapevole è la sola forma mentale che possa aiutarci a riconoscere una Via che sia percorribile poiché dotata di un cuore e di un senso: è l’andare con consapevolezza che aiuta a vivere una vita completa.

La natura della coscienza è identificata con la luce, perciò illuminare e riscaldare la vita sono dei concetti equivalenti, infatti ogni separazione tra la coscienza e la vita sono destinati a produrre una perdita di senso, e un conseguente senso di sradicamento dell’animo umano che viene condotto alla morte per carenza di nutrimento. Dobbiamo divenire consapevoli del fatto che il ricongiungimento tra la coscienza e la vita è la forma più intelligente di percorrere una Via.

L’uomo crede che la sofferenza sia la condizione naturale umana invece, il sentimento di scissione e di sofferenza è il modo con cui la nostra vita ci richiede indietro il suo senso, e il modo con cui il nostro Essere interno grida perché vuole condurre liberamente la sua esistenza. E' tramite la sofferenza che dovremmo comprendere come la strada intrapresa sia un sentiero senza vie di uscita e di fuga. Ecco un’altra limitazione che ci facciamo, qualora ci neghiamo il dono di poter cambiare un percorso laddove un sentiero sia errato: ecco un modo imbecille per cancellare il libero arbitrio dalla nostra vita!

Il messaggio nascosto nel cambiamento è nella spinta alla sperimentazione di vie nuove e più adatte ai nostri sensi e ai nostri veri sentimenti perciò più giuste, poiché ci rendono maggiormente felici. Molti scrivono che l’accrescimento di consapevolezza è capire che la modifica delle condizioni equivale a rettifiche e migliorie del progetto di vita. Assumendo come pienamente nostra una tale saggezza, la nostra vita diventa subito più piacevole e gioiosa poiché possiamo inventarla sempre, e la sentiremo sempre rinnovata ogni giorno.

Inizialmente, quando non avevamo divisioni, eravamo pienamente unificati nell’Uno che è il mare profondo, l’oceano di pace che riposa nel cuore del nostro inconscio. E’ questa realtà profonda la parte più nobile e anche la più alta del nostro essere e, in quel luogo, il progetto della nostra vita e la nostra coscienza consapevole più elevata sono completamente fuse. In questo luogo vi è l’insuperabile Unità che è fusa nel crogiolo della purificazione interna.

Ecco perché i germogli del mondo vegetale vengono sempre dissetati dalle acque che permeano la terra, ma poi possono germogliare solo tramite il calore di un fuoco che sale, e che li penetra procurandone la crescita fino al pieno splendore della loro fioritura. Questo processo è la “decantazione” o “sublimazione” del nostro essere in cui le parti inconsce devono affiorare alla piena coscienza per ottenere, contemporaneamente, una buona vita e una piena evoluzione della coscienza individuale.

La sola via che la saggezza addita è quella di vivere la vita con spontaneità, nel pieno abbandono a noi stessi in modo che la parte più profonda emerga per additare liberamente ciò che essa vuole percepire e realizzare per essere felice. Dicono che il nostro recinto sacro interno contenga un cerchio magico che delimita un “sacrum” che è il tabernacolo in cui è racchiuso il segreto dell’origine, e dove conosciamo la meta ultima dell’anima nostra.

Fissiamo la nostra attenzione e la nostra voglia di partecipazione al recinto sacro interno in cui esiste la completa Unità, in cui abbiamo la fusione primigenia di cui godevamo all‘origine, e allora andremo, così meditando, a recuperare il Tutto: è qui che abbiamo il recupero dei frammenti d’anima, è il luogo in cui riuniamo le scintille di Luce in cui siamo frantumati nella scissione del vaso, nella separazione tra l‘Io e il Sé che viene vissuta nella materialità.

L’unità della coscienza è identificata al centro della fronte in cui viene visualizzato un punto luminoso che è il “punto creativo” in cui si fondono “essere” e “coscienza” e che perciò, vengono indicati con il simbolismo della Luce. La luce infatti, possiede una grande gamma di intensità ma possiede anche un senso d’intensità vitale che gli permette di estendersi in un territorio sempre maggiore: allora immaginiamo la luce anche nel pieno equilibrio dell’intelletto.

E’ così che dobbiamo pensare se vogliamo immaginare la natura della Fonte di energia che proviene dall‘interno, e che è l’energia vitale che si slancia all’esterno del mondo poiché vuole manifestare sé stessa. La Fonte è nel recinto sacro poiché il concetto di circolarità è il deambulare in tondo usato nelle meditazioni contemplative per favorire la piena concentrazione, e la salda fissazione del nostro “perno interno” in modo da avere un corretto ancoramento equilibrato.

L’immagine della ruota che gira, e del sole che percorre la volta del cielo in un moto che è sempre uguale è il girare in cerchio dentro di noi stessi per contenere il nucleo dell’individualità personale fondendo Luce e Ombra interne. Pensando così restiamo incantati dalla maestosità e dalla potenza dell’atto di autoconoscenza umana che permette questa incubazione di noi, pensando così siamo smarriti nel senso incredibile del divino e siamo talmente estasiati che stare a chiedersi come sia e perché sia questo, diventa talmente irrilevante da divenire un nulla!

Buona erranza
Sharatan