lunedì 31 dicembre 2018

Le anime compagne



“La mia vita come l’ho vissuta mi era spesso apparsa
come una storia che non ha né inizio né fine …
Riuscivo benissimo a immaginare di essere vissuto
nei secoli passati e di avervi incontrato domande a cui
non ero in grado di rispondere; che dovevo nascere
nuovamente perché non avevo portato a termine
il compito che mi era stato dato.”
(Carl Gustav Jung)

Secondo il filosofo greco Platone, gli esseri umani ricercano un loro omologo perché, anticamente, l’essere umano era diverso da oggi. In origine la creazione vedeva tre tipi di creature: uomini, donne e individui che racchiudevano entrambi i sessi. Ognuno di questi esseri aveva quattro gambe, quattro braccia, quattro orecchie, due facce e due tipi di organi genitali. E fu a causa di questa completezza che gli esseri umani divennero troppo arroganti e cominciarono a pensare di poter usurpare il posto degli dei.

Questa idea sovversiva mise in allarme gli dei e il potente Zeus convocò un consiglio divino in cui si discusse la questione: gli dei avrebbero potuto facilmente distruggere tutti gli uomini, ma erano abituati ai loro omaggi, quindi non volevano restare senza i loro sacrifici e senza le offerte che l’umanità tributava. Alla fine al potente Zeus venne l’idea di dividere in due le creature umane che sarebbero diventate deboli la metà di quanto fossero e in più, con quel trucco, avrebbero moltiplicato la massa di coloro che li adoravano.

L’idea fu applicata e gli uomini furono divisi e furono create delle creature con una testa, due braccia, due gambe due orecchie, un volto e un unico organo genitale: maschio o femmina. Ma l’operazione di divisione aveva lasciato nelle creature il desiderio dell’altra metà che gli era stata strappata. Zeus vide l’infelicità del genere umano e concesse il desiderio sessuale per consolare gli uomini di quello che avevano perduto.

Gli esseri che era stati due maschi cercarono un maschio da amare, quelli che erano state due donne cercavano una donna da amare e quelli che erano stati sia maschio che femmina cercavano l’altra metà del sesso opposto per ricongiungersi e moltiplicarsi. Anche nella Genesi è detto che Adamo nacque uomo e donna e che, durante il suo sonno, Dio trasse la donna dalla sua costola, perciò anche Adamo ebbe due facce come disse Platone.

Un’idea simile si trova anche nel mito dell’amore tra Osiride ed Iside che erano sia fratello e sorella che marito e moglie. I due dei erano destinati a stare insieme fin dalla nascita, infatti erano gemelli e, fin dalla nascita, l’uno fu amato dall’altra. La dedizione di Iside verso Osiride non diminuì neppure quando la dea dovette percorrere tutto il mondo per ritrovare e ricomporre i pezzi del corpo del suo sposo per farlo ritornare in vita. L’amore che nutrirono l’uno per l’altra non potè essere spezzato neppure dalla morte.

Senza dubbio questi miti ci aiutano a capire perché le anime si sentono attratte tra loro, e come l’intreccio del destino di alcuni può essere spiegato. Spesso non sappiamo spiegare il legame che esiste tra alcune persone, sia nel bene come nel male. Non sappiamo capire le dinamiche che si intrecciano tra alcune persone, e non comprendiamo quali effetti abbiano queste forze sulle persone che le vivono. È utile capire perché alcune anime sono connesse con altre anime, e capire come mai questo accade.

È utile capire, perché uno dei concetti più ridotti e più strumentalizzati è il concetto di “anima gemella” che sfrutta, in modo strumentale, il desiderio di evoluzione dell’anima che avverte una forte tendenza ad una crescente integrazione e completezza. Nel senso limitato che è comune a molti si crede che l’anima gemella sia il partner perfetto con cui si trova l’appagamento fisico, psichico e sessuale esclusivo: ma nulla è più falso e riduttivo di questo modo di vedere la questione.

Dobbiamo ricordare che, essenzialmente, siamo degli esseri spirituali che fanno un’esperienza fisica sulla terra. Siamo un’anima che viene sottoposta ad una lunga serie di esistenze fisiche necessarie per capire di non essere un semplice corpo fisico. Lo stadio finale della nostra evoluzione sarà quello di diventare spirito ma, nel frattempo, la creazione ci lascia la libertà di scegliere come esprimere noi stessi.

La vera natura dell’anima è quella di essere una “cercatrice” cioè di essere alla ricerca della propria identità. La sola domanda a cui siamo obbligati a rispondere sarà: «Chi sono io?». Alla domanda, si può rispondere in modi diversi, e ognuno sceglie il modo che crede essere il migliore per se stesso. Già da questo si capisce che, nella vita, non esiste una soluzione unica ed univoca che va bene per tutti, ma esistono molte possibilità e opportunità a cui si può rispondere in modi diversi.

Questa comprensione non si raggiunge facilmente e neppure con la conoscenza intellettuale, ma dimostrando amore, gentilezza, sopportazione e pazienza per noi stessi (quando non riusciamo a essere migliori di quello che siamo) e verso gli altri (quando non sono come vorremmo che fossero). Applicandoci, giorno dopo giorno, possiamo ampliare le nostre qualità e la nostra capacità di comprensione. La crescita della nostra consapevolezza sarà completa quando impareremo ad esprimere - in tutti i nostri rapporti - la misericordia e l’amore fraterno.

Ma, nel frattempo viviamo molte vite e, nel tempo che passa tra la morte e la nuova nascita, l’anima compie un lungo lavoro di ricapitolazione durante il quale essa esamina lo sviluppo spirituale a cui è pervenuta. Considerato che l’obiettivo dell’esistenza fisica è quello di esprimere l’amore verso gli altri esseri viventi, l’anima fa una valutazione. Una volta che tale processo si è concluso, l’anima conosce le prossime lezioni del suo programma di apprendimento e aspetta il tempo giusto e le opportunità migliori per fare una nuova esperienza di se stessa.

In sostanza, le anime sono vincolate solo a sottostare a due leggi: la legge di causa ed effetto e la legge di affinità secondo cui il simile attrae il simile. Gli individui non subiscono negativamente o in modo passivo nessuna delle due leggi, perché la legge di causa ed effetto viene per restituire ciò che abbiamo fatto agli altri, mentre la legge di affinità lavora con il principio del magnete, per cui attiriamo solo quello che ci somiglia.

La lezione che le due leggi ci offrono sono racchiuse nei due principi evangelici: dobbiamo fare solo ciò che vorremmo ci venisse fatto, e se amiamo saremo amati. Più che valutare gli aspetti negativi delle leggi dovremmo essere consapevoli delle potenzialità positive che esse offrono. Dobbiamo imparare a lavorare su queste leggi sfruttandole a nostro vantaggio, e il rapporto tra anime compagne dimostra che viene stretto un patto in cui delle anime sfruttano queste regole per rendere più veloce l’evoluzione reciproca.

Le anime si raggruppano perché sanno che la vita diventa più fruttuosa se agiamo con creatività e se usiamo le potenzialità evolutive che ci vengono offerte invece che imprecare per le carenze. Nonostante tutto quello che ci è accaduto in passato, in ogni incontro dobbiamo vedere l'aumento delle opportunità e il ricordo che viviamo per imparare ad amare. La legge dell’amore, vista con questo punto di vista inconsueto, diventa una legge che ci spinge a sviluppare un sano egoismo spirituale soprattutto se vediamo emergere dei vantaggi reciproci.

Il periodico rinnovarsi di incontri tra anime che si assomigliano è uno degli scopi per cui viviamo sulla terra, perché l’amore si può imparare solo amando altri esseri. Amare chi ci assomiglia è molto più facile che amare chi avvertiamo come troppo diverso da noi, per questo il fatto di riuscire ad amare il nostro nemico viene indicato come l’ideale più elevato. Le anime simili si attraggono e si ricercano, perché si comprendono meglio e sanno come aiutarsi a diventare degli individui migliori.

Tutti noi abbiamo più di un’anima compagna con cui ci siamo ritrovati in più di una esistenza. Tutti abbiamo delle anime con cui ci sentiamo in maggiore assonanza e che vediamo come nostre anime complementari e con cui abbiamo rapporti migliori. Lo scopo di questi incontri tra anime affini è quello di aiutarsi, e non si tratta mai di semplice attrazione fisica ma dobbiamo intenderla come una profonda affinità mentale e spirituale.

Le anime diventano compagne quando si aiutano a risolvere problemi, oppure quando si aiutano a creare nuove consapevolezze, perché si vogliono aiutare reciprocamente nel loro sviluppo spirituale. Nelle relazioni tra le anime non esistono dei rapporti perfetti tra anime perfette che rendono la vita reciproca perfettamente felice. Questa idea è un falso modo di pensare che viene svenduto per sfruttare la fragilità e la dipendenza emotiva delle persone.

I rapporti perfetti non esistono, ma si possono creare dei rapporti duraturi basati sul reciproco aiuto e sostegno, cioè possiamo creare dei rapporti pieni di amore reciproco. Che siano state buone o cattive, le nostre relazioni ci seguono nel corso di più vite terrene, soprattutto se c'è una continuità di schemi, di scopi e di ideali. Le attrazioni che sentiamo provengono a livello di anima e l’attrazione può continuare a ripresentarsi anche nella vita presente, e se questa attrazione non è positiva per il nostro sviluppo è molto meglio saperlo vedere ed evitare.

Nei rapporti tra anime vi possono essere problemi, perché un’anima si dimostra affidabile se ci fa riflettere e ci fa confrontare con i nostri punti di forza e con le nostre debolezze. Ma il carattere che contraddistingue le relazioni di questo tipo è il fatto di dare e di ricevere un reciproco vantaggio dalla relazione che intratteniamo, e che nel rapporto uno dei due non voglia guardare e coltivare solo i propri vantaggi.

Molto spesso troviamo anime compagne ritrovarsi all’interno dello stesso gruppo familiare, perché non è un caso se si nasce all'interno di un certo contesto familiare. La scelta della famiglia avviene perché si nasce in osservanza del concetto che ci viene offerto solo quello che ci serve e che è necessario per assolvere al nostro scopo di vita. Non è raro che anche i legami familiari vengano riproposti perché una situazione offre il migliore potenziale evolutivo che l’anima possa trovare.

L’anima non è interessata ai particolari, ma solo al contesto generale che troverà ovvero al programma di studi che avrà l’opportunità di affrontare. Questo accade anche se la nascita avviene in un contesto familiare violento e questo ci può fare dubitare che il meglio sia proprio quello. Un’anima sensibile può nascere in un certo ambiente anche per aiutare un altro essere, ad esempio il genitore violento che deve risolvere i suoi problemi di violenza.

Non sono soltanto i figli naturali che scelgono i loro genitori, ma anche i figli adottati fanno lo stesso processo di selezione. I figli adottati si possono permettere di scegliere ancora più liberamente senza curarsi del posto e dell’individuo fisico che sarà il loro futuro genitore. I genitori fisici possono scegliere i loro figli solo a livello di qualità dell’anima, mentre l’adozione prevede che anche la scelta fisica oltre che quella spirituale.

Molte volte i rapporti tra anime compagne si rivelano come forti amicizie che dimostrano che quelle anime  si sono amate molto anche nel passato, perché l’amore è l’unica forza che può superare il tempo e lo spazio. Nell’amicizia l’affetto diventa più discreto e l'amore si mostra nell'aspetto più disinteressato rispetto la passione fisica. Tutti i nostri rapporti più significativi del presente hanno origine nel passato, per cui le persone che divengono molto importanti non le incontriamo solo una volta.

Molto spesso incontriamo anime inserite in gruppi più grandi di quello familiare; sono anime che si incontrano per fare qualcosa che coinvolge contesti più vasti di quello familiare. In questo caso lo scopo che devono avere questi incontri è maggiore di quello che implica lo sviluppo del singolo individuo. In questi casi si vedono degli effetti che coinvolgono dei fatti di portata nazionale o mondiale (come nel caso di persone che vengono coinvolte nei grandi disastri naturali).

Spesso alcuni gruppi di anime nascono in un paese e in un tempo specifico per preparare eventi che si vedranno maturare solo in futuro. E in alcuni casi non è detto che questi gruppi nascono solo per assolvere a dei compiti o delle missioni positive, perché alcune volte ci sono associazioni che si creano e che agiscono solo a fini malefici e vengono a scatenare dei conflitti religiosi o razziali. Anche gli schemi negativi restano attivi come avviene per quelli positivi, almeno finché l’entità non impara a trasformare il negativo in positivo.

In ogni modo, anche i fini collettivi che vengono perseguiti sono assonanti con il nostro modo di pensare. Spesso veniamo attratti dallo stesso gruppo di anime con cui ci siamo uniti anche nel passato. Il ricordo di una forte esperienza di gruppo può avere un effetto molto potente per cui possiamo volere ripetere l'esperienza. Le anime restano attratte dai chi hanno conosciuto e da ciò che hanno fatto in passato, perché il principio resta sempre lo stesso: il lavoro deve continuare dal punto in cui è stato interrotto.

La componente che unisce maggiormente le anime tra di loro è avere una comunione di intenti. Il fatto di creare dei rapporti così intensi tra gruppi di anime è uno degli scopi per cui siamo chimati a vivere sulla terra. Viviamo dei rapporti intensi, perché tutti i rapporti più forti hanno un maggiore potenziale evolutivo che possiamo attivare. Noi impariamo in modo più veloce se vediamo l'esempio degli altri e se impariamo dall’esperienza degli altri.

Le relazioni vengono ripetute finché non avremo trovato il modo di sanarle, perchè molti rapporti tra anime compagne possono avere una forte componente di rabbia e risentimento. Le relazioni problematiche nascono dai conflitti non affrontati o non risolti che l’anima deve imparare a risanare se vuole continuare la sua evoluzione. I rapporti umani più significativi riguardano sempre l’impegno di anime che vogliono condividere un processo di apprendimento e di crescita reciproca: e la crescita implica di dover affrontare dei conflitti.

A volte la situazione non riguarda il fatto di eliminare un rapporto difficile che comporta dei problemi, ma riguarda la capacità di coltivare l'affetto e accrescere la nostra autostima malgrado tutto questo, quindi riguarda la capacità di crescere malgrado le difficoltà. E ogni volta che la nostra risposta riguardo una persona o la situazione è troppo emotiva questo è il segno che dobbiamo approfondire meglio ciò che la persona o la situazione stimolano. Spesso il problema non sono gli altri, ma siamo noi stessi e gli atteggiamenti che assumiamo: è questo che crea i problemi.

Gli altri ci consentono di affrontare le situazioni e di ricevere le lezioni di cui abbiamo bisogno per la crescita della nostra anima e per la nostra evoluzione spirituale. In realtà, più l’anima diventa integra e maggiore sarà la sua capacità di stabilire dei rapporti armoniosi, per questo fatto il concetto di “anima gemella” non può pensarsi nel modo riduttivo e grossolano con cui siamo abituati a pensarlo. Invece dovremmo pensare che, quando saremo diventati molto più evoluti di quanto siamo, tutti diverremo anime gemelle per le altre anime.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 27 dicembre 2018

Oltre il tempo e lo spazio



“Se viaggi su una strada costruita con le tue mani,
giorno per giorno, arriverai dove vuoi arrivare.”
(Massima egiziana)

Era il 1907 e una bambina giocava in casa quando cadde rovinosamente per le scale. La madre vide inorridita l’accaduto e accorse in aiuto della sua unica figlia di soli 2 anni. Fu chiamato un medico che dichiarò la morte della piccina dopo aver tenuto uno specchio e una piuma davanti alla sua bocca. Il padre, Reuben Eady faceva il sarto ed era corso a casa dopo l’incidente. Aveva telefonato ai parenti per dare annunciare la morte della figlia e per chiedere di confortare la madre distrutta dal dolore.

Nel frattempo il medico era tornato per ricomporre la salma e per consegnare il certificato di morte in cui diceva che la bimba era morta per un trauma cranico causato dalla caduta dalle scale. Ma quale fu la sorpresa di tutti quando, al loro arrivo, trovarono la bimba che giocava seduta sul letto e che sembrava stare bene. Al padre furioso, il medico giurò che la bimba era morta o perlomeno lo sembrava, anche se adesso sembrava essere in ottima salute.

La bambina coinvolta nello strano fatto si chiamava Dorothy Louise Eady, era nata il 16 gennaio 1904, e dopo l’episodio della presunta morte e resurrezione iniziò a mostrare strani comportamenti che stupirono i genitori. Raccontava dei sogni ambientati in una sontuoso palazzo dalle alte colonne circondato da un grande giardino fiorito. Spesso chiedeva ai suoi familiari di aiutarla a ritornare a casa sua.

E quando sua madre diceva che lei era già a casa sua, la bimba rispondeva che non era vero e che quella in cui viveva, non era la sua vera casa. Dopo un po’ di tempo, nessuno faceva caso alle strane richieste della bimba ritenendole capricci, ed i familiari iniziarono a scherzare sulle sue strane richieste. Iniziarono a chiedere alla bambina dove fosse la casa dove voleva vivere. La bimba rispondeva che non lo sapevadov'era, ma voleva ritornare a casa sua.

Quando Dorothy ebbe circa 4 anni, gli Eady decisero di fare una gita al British Museum, e vollero portare anche la bimba, perché la sua vivacità la spingeva a mettersi sempre nei guai. Fu così che, tutta la famiglia si ritrovò a gironzolare per le sale del British Museum e, quando arrivarono nelle sale delle antichità egizie, videro Dorothy correre ovunque, baciare i piedi delle statue delle divinità egizie, tutta allegra e felice.

Infine la videro sedersi ai piedi di una mummia e non volere più rialzarsi per continuare il giro. Decisero di lasciarla in quelle sale dove sembrava stare così bene e di ritornare a riprenderla più tadr, dopo aver concluso la visita. Quando vollero riportarla a casa, la bambina disse che non andava con loro, ma che voleva restare con la sua gente. Fu necessario usare la forza per riportarla a casa.

Dopo qualche mese dallo strano fatto, il signor Eady, passando davanti a una libreria vide i volumi dell’Enciclopedia dei bambini e decise di comprarli per Dorothy. Nell'opera vi era una sezione dedicata agli antichi egizi e, da quel giorno, di continuo Dorothy chiedeva alla madre di leggerle le cose degli antichi egizi. La madre che non ne poteva più di quelle letture, decise di insegnarle a leggere.

La bambina imparò con una velocità incredibile e davanti alla foto della stele di Rosetta, Dorothy disse alla madre che lei quella lingua la conosceva, gli sarebbe stato sufficiente poterla ricopiare per riuscire a ricordarla. Quando ebbe 7 anni, Dorothy iniziò a capire il senso del suo sogno ricorrente in cui si vedeva dentro un grande palazzo circondato da un giardino fiorito.

Mentre sfogliava il giornale, vide una foto che la lasciò senza fiato. Corse dal padre e gli mostrò la fotografia dicendo che lei conosceva il palazzo della foro, perché lo vedeva spesso nei suoi sogni. La foto del giornale mostrava il Tempio del faraone Seti Primo ad Abido e la bambina disse che era quello il palazzo in cui era vissuta, poi disse che il giardino fiorito non c’era più e che il palazzo sembrava in rovina.

Il padre la rimproverò dicendole che non era bene dire le bugie, perché quel palazzo era nel deserto e nel deserto non fioriscono i giardini. La bambina non sembrò affatto convinta e, in seguito, quando trovò una foto dei faraone Seti I, la portò al padre dicendo che era stato un bell’uomo e un sovrano molto gentile. Il padre osservò che il faraone era morto da tremila anni, e che non sembrava affatto un bell’uomo. Poi le intimò di smetterla di dire le bugie.

Ormai i genitori di Dorothy erano convinti che la caduta dalle scale era la causa deicomportamenti e delle ossessioni della figlia. Si erano accorti che la figlia era diversa dalle altre bambine: era ossessionata dall’Egitto, ma per tutto il resto era una bambina precoce, intelligente, curiosa, vivace e di carattere socievole sebbene un po’ solitaria rispetto alle bambine della sua età.

La famiglia Eady era molto tollerante con le stranezze della figlia, ma i parenti erano preoccupati dalle sue idee religiose, soprattutto quando Dorothy disse che la religione cristiana era un'imitazione della religione egiziana e che la Vergine Maria con il Bambino Gesù somigliava alla dea Iside con suo figlio Horus. Queste idee giunsero all'orecchio anche del suo insegnante di religione che mandò a chiamare la madre e le chiese di far ravvedere quella figlia troppo “pagana”.

Dorothy fu espulsa dalla scuola femminile di Dulwich quando si rifiutò di cantare un inno sacro in cui si chiedeva a Dio di maledire gli egiziani dalla pelle scura. Forse gli Eady speravano ancora di trasformare la figlia in una ragazza più convenzionale, infatti pensarono di mandarla in una convitto retto da monache. La ragazza confidò alla zia materna che era contenta di andarci così poteva fuggita facilmente, attraversare il mare e fuggire in Egitto.

Questo piano impedì alla famiglia di dare seguito ai suoi propositi e li persuase a lasciarla a casa facendola studiare alla scuola pubblica. Dorothy iniziò a frequentare la chiesa cattolica anche se diceva di essere seguace solo dell’antica religione egizia. La madre era preoccupata di questi atteggiamenti e si persuase che la figlia era condannata all’inferno.

Quando ebbe 10 anni, la bambina si trovò a gironzolare nelle sale del British Museum, dove andava quando saltava la scuola. Nelle sale silenziose del Museo incontrò un vecchio signore molto curato e distinto, con piccole mani ornate da un grande scarabeo.

Il signore in questione, le chiese cosa ci faceva tutta da sola nel museo. La bambina rispose che stava nel posto dove poteva imparare quello che gli interessava veramente sapere, e poi aggiunse che la sua passione era l’antico Egitto. Il signore distinto era il Conservatore delle Antichità egizie ed assire del British, il famoso egittologo, sir Leonard Wooley detto il Vecchio.

Sir Leonard decise di diventare il suo maestro non ufficiale e, per anni, il suo ufficio nel museo fu la meta preferita di Dorothy. La ragazza si dimostrò assai portata per il disegno e anche per la traduzione del Libro dei Morti. Davanti allo stupore del professore per la sua velocità nell’apprendere e nel tradurre con precisione le formule e gli scongiuri magici tracciati a protezione dei defunti, le bambina rispondeva che stava solo ricordando le cose, perché quelle cose lei già le conosceva, nel passato.

Erano gli anni della Prima Guerra mondiale e, una sera la bambina vide il primo Zeppelin sorvolare Londra e poi esplodere. L’anno seguente, iniziarono i bombardamenti tedeschi su Londra. Un giorno mentre Dorothy prendeva l’autobus per andare a scuola di danza, suonarono le sirene dell’allarme e la bambina si rifugiò in una pasticceria. Finito l'allarme non volle più andare a scuola e decise di fare ritorno, a piedi, verso casa. Questa decisione le evitò di restare uccisa sotto le macerie della sua scuola di danza che fu distrutta da una bomba.

In seguito allo scampato pericolo, i genitori la mandarono in campagna nella fattoria della nonna dove la ragazza visse un bel periodo. Faceva a gara di corsa con gli altri bambini, si arrampicava sugli alberi e giocava ai faraoni. Cavalcava un cavallo bianco che aveva chiamato Mut-hotep cioè “la dea Mut è soddisfatta”.

Dorothy frequentava la scuola di campagna e una biblioteca dove prendeva in prestito tutto ciò che trovava sull’Egitto. Solo alla fine della guerra fece ritorno a Londra, ma inioziò ad avere nostalgia della campagna. Era ormai una adolescente di 14 anni, una ragazza depressa, goffa e annoiata. Una sera, dopo una giornata noiosa come molte altre, andò in camera e si preparò per la notte: indossò la camicia da notte ricamata dalla madre e si coricò. Provò a leggere ma si sentiva stanca perciò spense la luce per dormire.

Quello che avvenne in seguito, fu incredibile e la stessa Dorothy lo raccontò nel suo diario, dicendo che ricordava tutto come se fosse appena accaduto. Mentre stava per appisolarsi sentì un peso gravarle sul corpo. Si risvegliò e vide un viso maschile che la fissava, con le mani sulla scollatura della camicia da notte. Vide il volto della mummia di Seti che la fissava, e allora gridò terrorizzata, sconvolta dall’orrore ma anche colma di gioia.

In seguito, Dorothy raccontò che era una sensazione incredibile e sconvolgente. La mummia le aveva strappato la camicia da notte, e lei aveva urlato terrorizzata. La madre che dormiva nella camera accanto era corsa a vedere cosa avveniva. Le aveva chiesto chi gli avesse strappato la camicia da notte, e lei aveva risposto che aveva avuto un incubo e che si era strappata la camicia da sola, ma sapeva che non era vero.

Come poteva dire a sua madre che gli era apparsa la mummia di Seti I e che il suo sguardo era quello di un uomo sfuggito dall’inferno che aveva trovato la via di fuga? Da quel momento Dorothy ebbe molti contatti con quella presenza. Qualche notte dopo la ragazza fece un sogno in cui vide vestita come una giovane egiziana che stava in una enorme stanza insieme ad altre ragazze. Un uomo molto vecchio entrava nella stanza e controllava che tutte le ragazze fossero al suo posto.

Poi la scena del sogno si spostava in una grande sala sotterranea circondata da un canale colmo di acqua. In quel salone, la ragazza incontrava un uomo alto e molto severo, vestito da gran sacerdote che la interrogava e la picchiava con un bastone, quando lei si rifiutò di rispondere alle sue domande. A quel punto Dorothy si svegliava sempre piena di angoscia.

Al tempo in cui Dorothy faceva quel sogno non sapeva che la sala era quella del Tempio di Seti I ad Abido. Dietro a quel tempio si erge uno dei più misteriosi e inconsueti edifici di tutto l’Egitto. La costruzione nota come Osirion, in origine era una grande sala sotterranea fatta di monumentali blocchi di arenaria rossa e di calcare bianco con pilastri monolitici che sostenevano delle architravi poderose e il tetto.

Al centro dell’Osirion si ergeva un’isola con una costruzione a tumulo circondata da un canale artificiale con le due gradinate che scendono all’acqua. L’ Osirion è la falsa tomba di Seti e, si è pure creduto, che fosse la rappresentazione dell’isola della Creazione descritta nella cosmogonia egiziana. E si è anche creduto che fosse la tomba di Osiride che si dice dorma circondato dalle acque.

A 14 anni, Dorothy non conosceva affatto queste cose, ma sognava spesso di essere interrogata e percossa dal sacerdote. Il sogno è molto veritiero e sua madre accorre per confortarla quando chiede aiuto. Ma, la cosa più strana di tutte è che la sua voce, la voce della figlia quando chiede aiuto non assomiglia affatto alla sua voce consueta. Sua madre sa che soffre di incubi ricorrenti, e poi scopre che Dorothy soffre anche di sonnambulismo, perché scopre che si alza ed esce nel sonno.

Proprio a causa di questi disturbi, a circa 16 anni, Dorothy può passare il tempo come vuole: legge, raccoglie antichità egizie e visita il British Museum. Intanto il padre, il signor Eady cerca una svolta alla loro vita, per cui lascia il mestiere di sarto e cerca di investire nella nascente industria cinematografica.

Di lui sappiamo che, oltre a fare il sarto si divertiva anche ad esibirsi come prestigiatore con un nome d’arte. Lavorando nei piccoli cabaret e nei teatri minori intuisce che il cinema nascente può diventare un affare sicuro. Si era nel 1920 e, il signor Eady decise di prendere moglie e figlia e andare in giro per le isole britanniche alla ricerca di un bel posto da trasformare in sala cinematografica.

Per Dorothy inizia un altro periodo felice, perché ovunque si fermavano poteva cercare una biblioteca in cui prendere in prestito le opere su cui fare ricerche sull’amato Egitto. Ebbe modo di vedere Stonehenge che la impressionò e le fece pensare che i grandi viaggi non erano inconsueti nell’antichità e che forse gli egiziani avevano viaggiato anche oltre il Mediterraneo.

Sbarcarono in Irlanda e Dorothy simpatizzò subito per la causa irlandese e, in seguitò dichiarò che non si era mai sentita affatto a casa sua, in Inghilterra. Intanto, il signor Eady, aveva trovato il posto adatto a Plymouth dove ristrutturò una ex-pista di pattinaggio trasformandola in sala cinematografica. Iniziò le proiezioni e le intervallò con spettacoli a cui Dorothy prendeva parte nelle vesti di cantante e danzatrice.

La ragaza si esibiva con un’altra ragazza in varie scene e tableua vivant tra cui una rappresentatnte il mito di Osiride e Iside nel corso del quale eseguivano il Lamento di Iside e Nephthys, che Dorothy accompagnò con una nenia che le risuonava in testa fin da qiuando era bambina. Quelli che videro gli spettacoli dissero che Dorothy era dotata di una “gorgheggiante voce da soprano” che fu molto apprezzata dagli spettatori.

Gli ultimi anni della sua adolescenza furono felici e scorsero tra queste serate musicali organizzate dal padre e sue le ricerche. Dorothy che si andava persuadendo che la reincarnazione fosse una realtà di cui lei era una prova vivente. Ma non trovò nessuno disposto a condividere le sue idee, per cui frequentò degli spiritualisti e qualcuno gli disse che, quando era caduta dalle scale, da piccina, uno spirito si era impadronito del suo corpo.

Spaventata, incerta e confusa, Dorothy decise di continuare le sue ricerche senza chiedere altro, finché lesse un articolo di giornale in cui si diceva che il governo egiziano era molto allarmato per la vendita dei suoi tesori archeologici. A quel punto Dorothy aveva già 25 anni, aveva accumulato un piccolo tesoro di reperti di poco valore, ma decise di rispedire al Dipartimento delle Antichità Egiziane, a Il Cairo, il suo modesto tesoro.

Qualche tempo dopo fu contattata dalle autorità egiziane che, seputo del suo amore per l'Egitto le offrirono un posto in una rivista egiziana che si occupava di pubbliche relazioni, a Londra. Contro il parere della sua famiglia, lei accetta il lavoro, e fu così che avvenne l'incontro con un giovane dell’alta borghesia egiziana, Imam Abdel Meguid, che studiava il sistema scolastico inglese.

Da quell’incontro nacque una simpatia e una proposta di matrimonio che ella accettò. Una volta ancora senza l’appoggio della famiglia, accettò di raggiungere il futuro sposo che la chiamava in Egitto e Dorothy non esitò. Arrivò a Porto Said nel 1933 e, mentre un marinaio gli indicava il porto che si avvicinava, lei pensò:«Madre, finalmente sono tornata a casa.»

Entrando al Cairo sentì che nulla la accumulava con i suoi compatrioti, e scrisse che si meritò a pieno l’antipatia della comunità britannica per il suo atteggiamento verso di loro. Il marito non tardò a capire che la moglie era inadatta alla vita domestica e che assai più testarda di quanto si potesse sopportare. Dopo il matrimonio Dorothy disse che aveva avuto compassione per il marito per la vita che aveva fatto con una moglie come lei.

Confessò che l’aveva quasi assassinato con una cucina peggiore di quella inglese che era già pessima di suo. Lo aveva quasi ucciso di noia con le sue storie sull’Egitto mentre lui amava la modernità. Insomma avevano due caratteri opposti, e quel matrimonio fu coronato dalla nascita di un figlio che Dorothy chiamò Seti, come l’amato re dell’antico Egitto che aveva ricominciato a comparire nei suoi sogni, e non solo in quelli.

Durante gli anni del matrimonio era accaduto che Dorothy si era ammalata, e suo suocero che era andato a vedere se stava meglio, aveva visto che sua nuora era vegliata da un faraone seduto sul letto. Ma, durante gli anni del matrimonio, come disse più tardi, le visite di Sua Maestà erano rare, tranne qualche evento che ebbe come testimoni il suocero e i genitori di Dorothy.

Dopo la nascita del figlio Seti, i rapporti tra gli sposi si sono molto raffreddati, anche perché gli comportamenti della donna erano troppo inconsueti. Di notte la videvano alzarsi e raggiungere la scrivania presso la finestra, quindi scriveva con velocità come sotto la dettatura di qualcuno, e tracciava dei messaggi strani, fitti e pieni di frammenti di geroglifici.

Dorothy ricorda che scriveva sotto dettatura di un uomo chiamato Hor-Ra che sembrava avere il compito di narrare una storia che lo annoiava. L'uomo diceva poche parole alla volta, e la sua dettatura andò avanti per lungo tempo. Ttto accadeva di notte, quando Dorothy veniva ridestata dal sonno e doveva alzarsi per scrivere quei pezzi della sua storia. Ma quando, al risveglio doveva decifrare lo scritto tutto era difficile, perché lo scritto le sembrava vago e incerto.

Quella scrittura frammentaria andava riordinata, perciò fu necessario quasi un anno per riordinare la storia. Quando la storia fu ricomposta Dorothy seppe, che i suoi genitori, nella sua precedente vita vissuta in Egitto, erano gente di umili origini. La madre vendeva verdure alle truppe e il padre era stato un soldato di stanza presso l’attuale Shunet El Zebib. La madre l'aveva chiamata Bentreshyt (Arpa di Gioia) ed era morta quando la bimba aveva solo 2 anni.

Il padre fu trasferito a Tebe e non potendo temnere con sé la piccola, decise di affidarla al tempio, perché fosse educata come una sacerdotessa. Il grande sacerdote del tempio era Antef, un uomo potente e molto temuto. Quando Bentreshyt ebbe 12 anni le fu chiesto se voleva restare al tempio o se voleva sposarsi; lei rispose che voleva restava nel tempio. Antef le spiegò che questo significava fare un voto di castità e non avere una famiglia.

Negli anni che seguirono venne addestrata da Antef in persona con un addestramento severo. La ragazza imparò la parte che avrebbe impersonato nel mito della morte e resurrezione di Osiride, una parte che poteva essere impersonata solo da sacre vergini. Il tirocinio di sacerdotessa era molto duro, perché la sacra rappresentazione andava eseguita con un rituale dalla precisione estrema, in cui non veniva ammesso neppure il minimo errore.

Nella rappresentazione la parte di Horus, il figlio di Iside e Osiride, era riservata al faraone oppure a qualcuno a cui il sovrano delegava il grande onore. I personaggi erano rappresentati dai sacerdoti e dalle sacerdotesse del tempio, e era prescritto che le donne che rappresentavano Iside e Nephthys fossero delle vergini. Il dramma si svolgeva in vari giorni e in vari luoghi anche all’aperto, mentre la parte della rappresentazione con la morte di Osiride avveniva nel tempio.

Per i fedeli, il dramma accadeva davanti ai loro occhi, così come pure la ricerca del corpo del dio avveniva lungo le rive del Nilo. Nella storia narrata da Hor-Ra, si dice che la giovane seppe della visita di Sua Maestà che si recò ad Abido per seguire i lavori del tempio che stava costruendo. Avvenne che il re, passando nel giardino del tempio, vide Bentreshyt che raccoglieva dei fiori; e il resto avvenne di conseguenza.

la vestale eil sovrano divennero amanti e quando la ragazza restò incinta, per non compromettere Seti, lei preferì uccidersi. Seti soffrì molto per la sua morte e, quando morì a sua volta la cercò nell’oltretomba ma non l’aveva trovata, almeno fino a quel momento.

Intanto il matrimonio di Dorothy andò a rotoli, perché il marito era stanco e lei non sapeva spiegare quello che accadeva. Andò a finire che si separarono: lui si sposò con una lontana cugina più adatta al suo carattere e lei con il Dipartimento Egiziano per le Antichità; così che tutti furono felici e contenti. In seguito, Dorothy e il figlio andarono a vivere in una casetta e lei iniziò a fare la disegnatrice per il Dipartimento Egiziano per le Antichità.

Iniziò a lavorare con il dottor Selim Hassan (1866-1961), egittologo di fama mondiale che scoprì la quarta piramide e che scavò nella valle di Giza. Nell’opera in 10 volumi, che ha dedicato agli scavi di Giza vi è una “speciale menzione, con sincera gratitudine” per Dorothy Eady. Dorothy ebbe la fortuna di conoscere i più grandi egittologi e con Hassan imparò a ordinare i materiali con metodo scientifico, per lui fece disegni e mappe che documentarono i suoi famosi scavi.

Il figlio di pochi mesi era sempre con lei, anche se era impegnata nel suo lavoro, ma Seti non era un bimbo noioso e tutti lo amavano, per cui non era un problema portarlo ovunque andasse. Quando non era agli scavi, Dorothy era impegnata nelle biblioteche, al museo del Cairo oppure studiava i geroglifici. Di notte spesso entrava da sola nella grande piramide, ma nessuno seppe mai cosa accadeva.

Seppure udirono che l’eccentrica signora mormorava strane parole in lingue sconosciute, nessuno volle indagare mai su ciò che faceva. A questo riguardo sappiamo che anche Napoleone Bonaparte volle restare chiuso per una notte, nella Grande Piramide, quando uscì era pallido e molto sconvolto, ma non volle rivelare cosa gli accadde quella notte e disse solo che nessuno l'avrebbe creduto.

Intanto continuavano le visite del re che avvengono sempre di notte, e sappiamo che Dorothy può vedere anche le entità che vivono “attaccate” alle antichepiramidi. Vedere un fantasma non era una cosa che potesse spaventarla. Nel 1939 si persuase che la sua vita non era adatta per un bambino e acconsentì ad affidare suo figlio che allora aveva 5 anni, all’ex marito e alla sua famiglia. In seguito dedicò la sua vita affettiva agli animali e adottò una congrega di gatti, cani, oche, asini, uccelli e serpenti: un falco pellegrino fece il nido accanto alla sua casa.

Quando il dottor Selim andò in pensione iniziò a collaborare con il noto archeologo Ahmed Fakhry, mentre cresceva la sua fama e si faceva conoscere per la sua notevole capacità di integrare le lacune dei testi e delle iscrizioni. Divenne anche amica del dottor Klaus Baer, docente di egittologia all’Istituto Orientale e al Dipartimento di Lingue e di Civiltà del Vicino Oriente dell’Università di Chicago, e l'amicizia iniziò quando il dottor Baer fu assegnato a un progetto di ricerca coordinato dal professor Fakhry.

Dorothy fu stimata per le sue esperienze intuitive e per le sue straordinarie conoscenze sull’Egitto. Molti sapevano che ella aveva visioni e che adorava gli antichi dei egiziani, ma accettava l’indagine scientifica. Quando entrava negli antichi templi si toglieva le scarpe e si manteneva facendo visite guidate, ma non tutti accettavano i suoi atteggiamenti eccentrici.

Era una persona pittoresca, ma la cosa che stupiva più in lei era la velocità con cui si adattava a qualunque classe sociale incontrasse e come, in ogni occasione, aveva l’atteggiamento giusto. Dissero che, pur non essendo un’egittologa diplomata conosceva perfettamente la lingua dell’Egitto antico, conosceva l’arte e la religione egiziana benissimo tanto che collaborò a rielaborare gli scritti di Selim Hassan e di Ahmed Fakhry.

Certamente a lei dobbiamo il fatto di avere ripulito e rimesso in ordine lo stile di quegli autori che non erano certo di lingua inglese. La cosa sicura è che Dorothy fu una disegnatrice di prim’ordine e che fu anche un’autrice prolifica che scrisse molti libri, articoli, saggi e monografie di grande valore e di ampio respiro intellettuale. Solo dopo 19 anni che viveva in Egitto ebbe il coraggio di andare ad Abido, anche se aveva detto che il suo sogno era di andare a Abido, vivere ad Abido e essere sepolta ad Abido.

Il viaggio ad Abido racchiudeva la storia d'amore per Seti. La storia narrava di viaggi astrali, di materializzazioni e di relazioni soprannaturali con un amante fantasma che l’aveva cercata e che l’aveva ritrovata dopo secoli. Per questi motivi Dorothy non accettava di passare la notte in casa di altri e quando avvenne che, una notte dovette passare la notte presso un’amica, l’amica gli disse che l’aveva sentita lamentarsi.

Quando era andata a vedere come stava l’aveva vista cianotica che giaceva immobile come in uno stato comatoso. Il mattino dopo lei aveva detto che, mentre dormiva il suo akh (corpo astrale) usciva dal corpo, e vi ritornava prima del risveglio. Già dai primi tempi del soggiorno in Egitto, Seti aveva l’abitudine di andarla a trovare. Fin da quando aveva 14 anni si era abituata alle strane visite notturne del suo amante ma, finché era sposata il sovrano era stato discreto.

Dopo la separazione dal marito, la presenza del re si era fatta più concreta, tangibile e pressante. Dorothy raccontò al suo amico Hanny El Zeini, l’unico a cui confidò le sue esperienze soprannaturali, che aveva fatto molti viaggi astrali per andare da Seti, ma questo accadeva solo se il sovrano gli mandava un messaggero che la conduceva alla sua presenza.

Dorothy disse che aveva acconsentito a far materializzare re Seti in modo più “materiale” perché aveva acconsentito a donargli una parte del suo sekhem, cioè una parte del suo potere spirituale. Il re aveva usato l’aspetto di un uomo giovanile sui cinquant'anni, perché era l’età che amava di più essendo il tempo in cui si erano conosciuti e amati.

Finché lei era sposata il sovrano non aveva osato diventare invadente, ma come donna libera poteva fare ciò che voleva. E l'arrivo ad Abido coincise, come prima mossa, con una visita al tempio di Seti, e la visita si protrasse tutta la notte. Dorothy trascorse la notte bruciando l'incenso, pregando Iside e Osiride e tutti gli dei protettori che l’avevano aiutata a giungere in Egitto.

Dorothy ebbe la sensazione che l’Osirion fosse il luogo come mai avrebbe immaginato, e il mattino dopo, uscì dal tempio ringiovanita e ritemprata. Fino ad allora aveva avuto bisogno di occhiali per leggere ma, nel tempio, ebbe l’intuizione di lavarsi gli occhi con l’acqua della fonte, nella Sala Centrale. Da quel giorno non ebbe più bisogno di usare gli occhiali. In seguito usò l’acqua per curare amici e conoscenti e tutti quelli che chiedevano il suo aiuto per vari motivi.

Tutto era iniziato quando una donna le aveva chiesto se conosceva un’antica magia egizia adatta a curare suo figlio. Dorothy aveva accettato e guarito il bambino con l’acqua dell’Osirion e così oltre alla fama di egittologa guadagnò anche una fama di guaritrice e di esperta di magia egizia. Dal 1956, Seti gli chiese di non avere più nessun contatto intimo perché essere ad Abido equivaleva a una nuova consacrazione agli dei, e lei non poteva tradire il suo voto di fedeltà al tempio.

Gli ultimi 25 anni della sua vita, Dorothy li trascorse con i suoi animali e con l’amico più fidato, il dottor Hanny El Zeini, un chimico industriale e ingegnere metalmeccanico oltre che un appassionato di antichità. Egli l'aveva conosciuta mentre Dorothy protestava per la questione di Suez esprimendosi con una passione da egiziana purosangue malgrado fosse inglese. Gli fu presentata come “la signora Omm Seti” ovvero come la madre di Seti, e gli piacque subito.

La prima impressione che ebbe di lei, fu la sua franchezza, la sua sincerità e la sua onestà. El Zeini disse che Dorothy, Omm Seti, era in tutto e per tutto una signora dell’età dei Ramessidi, interessata poco al presente, e estranea a un mondo che ha come problemi l’inquinamento, la guerra e le sommosse e altre cose simili.

Divennero molto amici e El Zeini fu l’unico che conobbe tutti i particolari della vita di Dorothy. Essendo un egiziano purosangue era consapevole delle tradizioni e della eredità spirituale del suo paese: la reincarnazione faceva parte della conoscenza metafisica degli egiziani. Questa idea fece parte delle dottrine dei più grandi eruditi dell’antichità, come Talete, Pitagora, Platone e tanti altri.

Senza questa concezione non sarebbe possibile spiegare la cura che gli egizi avevano per la mummificazione e la cura dell'involucro fisico. Non era consueto che Dorothy parlasse della sua vita e della sua reincarnazione, ma la storia di un amore forte come quello che la unì a Seti, un amore tanto intenso da superare il tempo e lo spazio non si potrebbe spiegare diversamente.

Buona erranza
Sharatan

martedì 18 dicembre 2018

Ciò che dipende da noi



“Nessuna cosa avviene senza la Provvidenza;
accetta docilmente i suoi decreti. Ma chi li comprende
non si avvicinerebbe ad un muro pericolante.”
(Mencio)

La vita è una conquista fatta di opera paziente, lunga e, molto spesso, travagliata. Lo sanno coloro che hanno saputo costruire, gli uomini che sono stati capaci di trarre da sé tutte le energie latenti per applicarle a un ideale che avevano dentro e che hanno reso concreto in opere ammirevoli.

Gli altri si fermano, talvolta, soltanto all’ammirazione, ma non pensano a studiare la genesi, gli sviluppi, le difficoltà e i superamenti. Nella vita nulla è gratuito. Le cose che lo sembrano, si dimostrano nella realtà le più costose. Su questo punto fondamentale, il nostro agire, insistiamo tanto, perché il Primo Protettore invisibile siamo noi stessi; con le nostre azioni.

Il nostro karma condiziona, anzi determina ogni altra protezione, che è subordinata a questa. Inoltre per coloro che prendono a pretesto l’esistenza del male e del dolore per negare Dio, aggiungiamo la testimonianza che esprime il consenso universale presso tutti i popoli sulla causa vera del male e del dolore fra gli uomini. Sarà, forse, per qualcuno, una luce che illuminerà angoli oscuri di anime in cerca della verità.

Noi siamo protetti automaticamente contro i mali che non fanno parte del nostro karma perché non ci appartengono. Per questa ragione, il saggio che conosce questa legge è calmo e sereno dinanzi alle minacce dei mali dell’esistenza: al contrario, chi ignora questa legge teme e trema ad ogni minaccia.

Vi sono cose nella nostra esistenza che dipendono totalmente da noi, altre che ne dipendono solo in parte, mentre c’è poi, qualcuna che è del tutto fuori della nostra sfera di azione e di influenza perché opera di chi governa la vita, con una Saggezza che è al di là della nostra limitata comprensione.

Nella costruzione della nostra esistenza, è di grande importanza discernere queste cose, perché ciò rende più lieve il travaglio dei nostri giorni, mentre può anche darci la forza di concentrare di più i nostri sforzi a sviluppare maggiormente l’energia necessaria per la nostra collaborazione alla costruzione della vita stessa.

La partecipazione è indispensabile per lo stesso progresso spirituale. G. Barbarin ha scritto: Dio può tutto con te, ma non può far nulla senza di te. Così, è erroneo tanto il fatalismo che paralizza ogni attività dell’uomo, come il folle attivismo di chi ritenesse di fare tutto da solo.

La mossa o l’immobilità cioè la partecipazione dell’uomo, secondo ciò che il momento richiede, è nell’ambito di un piano entro il quale egli agisce. Attraverso le ripetute esperienze si sviluppa il discernimento e la volontà di questa partecipazione. A questo fine, è soprattutto necessario capire che l’uomo non può fare tutto perché non tutto dipende da lui. Ma quali sono le cose che può fare e quali no?

Se c’è questo piano più vasto, entro il quale egli si può muovere, quale è il grado della partecipazione umana? Ma la nostra ignoranza è tale che noi non vediamo, tante volte, ciò che dovremmo fare e di conseguenza ci asteniamo dall’agire. Ma anche allora il Protettore Invisibile, che ben conosce la nostra condizione, agisce in nostro aiuto e soccorso secondo le circostanze, come la mamma per il suo piccino incosciente.

Tutta l’antica saggezza ha insegnato che nell’esistenza umana vi sono cose che dipendono dall’uomo e altre che non dipendono da lui. Si può agire soltanto su quelle che sono in nostro potere - afferma Seneca - sulle altre no e, quindi, è vano crucciarsi per esse. L’azione che si deve esercitare su ciò che dipende da noi, deve essere decisiva ed energica.

Sono moltissimi i guai dell’uomo causati dalla sua ignavia e dalla sua viltà, originati dalla mancata azione che dipende esclusivamente da lui. Proprio al fine di affinare gli strumenti per questa azione necessaria, si deve educare l’uomo fin da quando si affaccia alla vita. La volontà è lo strumento meraviglioso che va impiegato e di cui pochi conoscono la prodigiosa efficacia.

Da ciò nasce anche il dovere per ciascuno di educare se stesso a quelle virtù che i nostri padri ritenevano la vera espressione dell’uomo: la tenacia, la pazienza e la costanza, il coraggio, la prudenza, la fortezza, la giustizia, la temperanza, etc., sono i cardini sui quali deve essere saldamente imperniata l’esistenza umana.

Quando le cose vanno male, è tipico degli uomini meno evoluti accusare gli altri dei propri guai, invece di ricercare la causa in se stessi. Chi si aspetta dagli altri quello che deve fare da solo, avrà sempre il dolore per compagno finché si sveglia dal suo sonno che lo rende inerte e pesante a se stesso.

È necessario far leva anzitutto sulle proprie capacità, sulle facoltà che ognuno ha il dovere di sviluppare sempre di più. Sono questi gli strumenti che Dio ci ha dati per il nostro lavoro. Contare su se stessi, è mettersi nella più favorevole condizione per migliorare. E per essere aiutati.

Nessuno, in un certo senso, parte con un’anima fatta, definita, completa; ognuno lavora a farsela, a definirla, a completarla. Le vicende della vita servono a questo. E Dio aiuta chi si aiuta. Dobbiamo saper trovare in noi la forza e le risorse per trarci fuori dalle situazioni pesanti. Non lasciate inutilizzate le capacità che possediamo, intelligenza, ragione, sentimento, volontà.

Devono essere queste le nostre forze e le nostre armi. Soprattutto la volontà. Agire come se tutto dipendesse da noi per questo è necessario trarre da sé tutto il meglio, senza lasciarlo dormire nell’indolenza. Contare soprattutto sulla volontà, questa forza prodigiosa data all’uomo per superare gli ostacoli che si frappongono nel suo cammino. Tenacia, pazienza, costanza sono le virtù dinanzi alle quali tutte le cose umane si piegano.

L’attendere passivamente l’aiuto degli altri è uno dei peggiori stati d’animo dell’uomo. L’incapacità a trovare in sé la forza per fronteggiare le situazioni è uno stato di povertà morale, la vera, quella che più propriamente si può chiamare col nome di miseria spirituale. Infatti, chi ignora che ha in sé tutte le risorse, solo che sappia metterle in atto, non conosce una fra le cose più importanti da sapere.

Si deve trovare in sé la forza per vincere nella lotta della vita: in questo è il progresso e l’evoluzione. Solo traendo da sé quello che è latente, e affinando ciò che si sa di possedere, può attuarsi il cammino verso il meglio. «Il nostro rapporto con l’Invisibile - scrive G. Barbarin - è simile a quello di una società nella quale se noi mettiamo uno, l’Invisibile mette due».

È indispensabile la nostra partecipazione, anzitutto con la nostra volontà, perché la pace fu portata agli uomini di buona volontà. È certo tra le cose peggiori ricorrere sempre agli altri per la risoluzione delle proprie difficoltà. Avviene, allora, che si resta sempre minorenni e incapaci di affrontare la vita. Per questo chi resta solo da piccino, diviene generalmente più capace e più forte da grande. (Amadeus Voldben, Il Protettore invisibile, Ed. Mediterranee)

martedì 11 dicembre 2018

In progressione …



Non dimenticarlo
camminiamo sopra l’inferno
guardando i fiori.
(Issa)

Pensare all’universo in termini di luce, frequenze ed energie di varia frequenza, nelle modalità che ci sono familiari grazie allo studio della luce fisica, non è un atteggiamento semplicemente metaforico; è invece un modo di pensare naturale e potente perché la luce fisica è un riflesso di quella non fisica.

La luce fisica non è quella della vostra anima: viaggia infatti a una determinata velocità e non può andare più forte.La luce dell’anima è invece istantanea: non esiste intervallo di tempo tra l’intenzione carica d’amore di una figlia nei confronti del padre e l’istante in cui l’uomo si rende conto di tale intenzione.

L’istantaneità è quindi una componente molto importante della vostra esistenza. Nella realtà non fisica le decisioni che prendete in merito al modo in cui usatela vostra energia hanno effetti istantanei, perché sono tutt’uno con chi e che cosa siete.

Le forme di energia emanate dalla vostra anima possiedono le caratteristiche dell’istantaneità: quelle emesse dalla vostra personalità seguono il cammino della luce fisica. La paura, per esempio, è un’esperienza della personalità. L’anima può essere confusa e lontana dalla luce, ma non vive la paura.

Se l’anima sperimenta l’assenza di luce di una parte di se stessa, la personalità vive questa assenza di luce come paura, che appartiene quindi alla personalità e di conseguenza allo spazio e al tempo. L’amore incondizionato appartiene all’anima, ed è istantaneo e universale, oltre che privo di limiti.

Così come la luce visibile è una porzione del «continuo» di energia di frequenze graduate che si estende al di sotto e al di sopra di ciò che può scorgere l’occhio umano, il «continuo» della luce non fisica si allarga al di sopra e al di sotto della gamma di frequenza in cui esistono gli esseri umani.

L’esperienza umana è una particolare gamma di frequenza nel continuo della luce non fisica esattamente come la luce visibile è una specifica gamma di frequenza nel continuo della luce fisica. Altre forme di intelligenza vivono in altre gamme di frequenza.

Non si tratta di luoghi diversi o lontani: come accade ai raggi infrarossi e ultravioletti, molte altre frequenza e gamme di frequenze coesistono all’interno dello spettro della luce visibile, anche se noi non riusciamo a vederle. Allo stesso modo, le forme di vita che sono caratterizzate da diverse gamme di frequenza di luce non fisica convivono con noi, pur non essendo visibili al nostro occhio.

Nel luogo esatto in cui vi trovate in questo momento esistono molti esseri o gruppi di esseri diversi, ognuno attivo e sulla via dell’evoluzione nella sua realtà personale e secondo certe sue precise modalità. Queste realtà si fondono con quella in cui vivete proprio come la radiazione delle microonde vive a contatto diretto con la luce visibile, ma non è percettibile all’occhio umano.

La nostra specie si sta evolvendo da una gamma di frequenza nello spettro della luce non fisica in un’altra più elevata: si tratta dell’evoluzione della personalità che si basa sui cinque sensi nella personalità multisensoriale, più raggiante e carica di energia.

Tale personalità è consapevole della luce all’interno della sua anima ed è in grado di percepire le forme di vita invisibili alla personalità che si basa sui cinque sensi, e di comunicare con esse. L’universo è una gerarchia che non ha un punto più basso e uno più alto.

Tra i suoi vari livelli c’è la comprensione del fatto che le percezioni più elevate possono far parte (e sono incoraggiate in tal senso) dell’esperienza degli spiriti dei piani inferiori che lottano per ampliare la loro consapevolezza.

Di conseguenza, un livello più elevato di assistenza è sempre disponibile. Siete coinvolti in questo processo, sebbene la vostra personalità non ne sia consapevole, perché si svolge tutto a livello della vostra anima.

Ci sono molte cose di cui la personalità che si basa sui cinque sensi non è consapevole, e molte che persino una personalità multisensoriale evoluta non ricorda fino alla fine della sua incarnazione, quando arriva il momento di tornare alla realtà non fisica.

Voi non siete consapevoli delle numerose esistenze delle personalità passate e future della vostra anima, ma l’intensità delle parti del vostro essere deriva direttamente da queste esistenze, proprio come alcune delle vostre relazioni.

Se un aspetto del vostro essere si manifesta fisicamente, per esempio quello del maestro o del guerriero, ecco che vengono connessi aspetti non fisici che sono anche attivi e dal mondo non fisico di cui siete parte, e al quale siete legati partecipano alla dinamica dell’insegnamento o del combattimento.

L’aspetto del sé che voi portate in un momento fisico rappresenta una forza incredibilmente più significativa e complessa. La nostra assistenza non fisica deriva da gamme di luce non fisica che hanno una frequenza più elevata della nostra.

Le intelligenze che ci guidano e assistono, in modo inconscio nel caso della personalità che si basa sui cinque sensi, e a livello invece consapevole nel caso di quella multisensoriale, nell’ambito della creazione occupano una posizione superiore alla nostra, e di conseguenza l’aiuto che ci forniscono è molto più elevato rispetto a ciò che noi stessi siamo in grado di darci.

La personalità che si basa sui cinque sensi associa il rango all’interno di una gerarchia con vari livelli di valore, e lega un rango inferiore nell’ambito di una gerarchia a un valore inferiore, a una minore capacità di controllare gli altri e a una maggiore vulnerabilità. Dal punto di vista dell’universo, tutti i ranghi della creazione sono di uguale valore e sono altrettanto preziosi.

Se viene visto attraverso occhi carichi di autentico potere, un essere umano che riveste una posizione superiore nella creazione appare più capace di vedere senza ostacoli, di vivere con amore e saggezza, e possiede un desiderio e una capacità maggiore di aiutare gli altri a evolversi nello stesso amore e nella medesima luce.

Ogni anima umana possiede guide e maestri, che sono figure ben diverse. Le guide possono essere considerate come esperti in determinati settori, i quali vengono convocati per una consultazione. Se state scrivendo un libro, per esempio, realizzando un progetto o magari organizzando un certo evento, avete a disposizione una guida che possiede le qualità del calore, della creatività o dell’intuizione che vorreste infondere nel vostro lavoro.

I maestri agiscono su un livello più personale di coinvolgimento, sebbene siano energie impersonali che noi personalizziamo e con cui sentiamo un legame di tipo personale. Un maestro non fisico vi porta sempre più vicini alla vostra anima, attira la vostra attenzione sul sentiero verticale e sulla differenza che lo distingue da quello orizzontale.

Il sentiero verticale è quello della consapevolezza, della coscienza e della scelta consapevole. La persona che sceglie di crescere dal punto di vista spirituale e di coltivare la coscienza del proprio sé superiore si trova su tale sentiero, caratterizzato dalla chiarezza.

Il potenziale per la creazione di chiarezza e l’esperienza del contatto con il vostro maestro non fisico sono una cosa sola. Il sentiero orizzontale soddisfa la vostra personalità, ed è quello percorso per esempio dall’uomo d’affari che dedica la sua intera esistenza all’accumulo di denaro.

Per quanto possano variare le sue vicende, alla fine sono sempre uguali: se guadagna molti soldi, soddisfa la sua personalità che rimane invece delusa se gli capita di subire perdite finanziarie. Un individuo del genere non serve il sé superiore, e di conseguenza non facilita la sua crescita spirituale.

Una persona che intraprende rapporti interpersonali solo per gratificare i suoi bisogni, per esempio le sue esigenze sessuali o emozionali, ad un tratto si accorge che tutte le relazioni sono essenzialmente identiche, che le persone che compaiono nella sua vita sono sostituibili, e che le varie esperienze sono tutte uguali fra loro: questo è il sentiero orizzontale, nel quale ogni nuova esperienza non è del tutto nuova, ma è semplicemente qualcosa di più del solito.

Vivere relazioni di sostanza e profondità richiede un approccio e un modo di affrontare le relazioni con coscienza e preoccupazione per il proprio partner: questo è il sentiero verticale.

Ciò non significa che l’apprendimento non sia possibile in ogni situazione, e che quando un sentiero orizzontale non è più appropriato all’apprendimento di un’anima, quella stessa anima non se lo lasci alle spalle. Prima o poi, tutte le anime intraprendono la ricerca del vero potere. Ogni situazione serve a questo scopo, e ogni anima lo raggiunge: il sentiero verticale inizia con la decisione di farlo in modo consapevole. (Gary Zukav, Una sedia per l’anima, Corbaccio)