martedì 28 febbraio 2017

Reincarnazioni



“Un santone aveva un appuntamento con Dio. Lungo la strada incontrò un altro mistico che stava meditando con la massima serietà. Il santone allora, interrompendo i mantra dell’altro, gli fece questa proposta: «Sto andando dalla Divinità. Vuoi che le parli di te? Hai qualcosa da domandarle?»

Il mistico disse: «Domandale quante volte ancora dovrò reincarnarmi prima di raggiungere la liberazione. Ho già vissuto tre vite.» Più avanti, il santone incontrò un secondo mistico, uno yogi che danzava nell’estasi. Anche a lui fece la medesima proposta. Lo yogi, assorto nella danza, lo ignorò.

Il santone, ripensando all’incontro precedente, gli disse che poteva domandare alla Divinità quante reincarnazioni avrebbe ancora dovuto vivere. Lo yogi, inebriato dalla danza, girò su se stesso sorridendo. Al suo ritorno, qualche ora più tardi, il santone incontrò di nuovo lo yogi danzante. Gli disse: «La Divinità mi ha parlato. Ti restano da vivere tante vite quante foglie ci sono sull’albero accanto a te.»

«Che meraviglia! - disse lo yogi danzante - Solo? Se penso a tutti gli alberi che ci sono nel bosco e a tutti i boschi che ci sono nel mondo, le foglie devono essere milioni di milioni! Che fortuna la mia!» Poi il santone incontrò il primo mistico. Questi, ansioso, gli si avvicinò e il santone gli disse: «La Divinità mi ha detto che ti restano altre tre vite prima di raggiungere la liberazione.»

A qualcuno tre incarnazioni sembrano insopportabili, a un altro molte migliaia paiono poca cosa, paragonate alll’infinito. Il primo vive con dolore, il secondo nell’estasi. Come i mistici di questa storia, vi sono persone che vivono nell’angoscia e altre che vivono nella gioia. Le prime non conoscono la prosperità. La loro vita è solo sofferenza.

Tutto dipende da come si guarda la realtà, se in modo positivo o negativo. Una volta che si è preso coscienza di questo, si tratta solo di scegliere. Invece di vivere certi fatti della nostra vita come drammi, potremmo vederli in modo assolutamente positivo.” (Alejandro Jodorowsky, La risposta è la domanda, Oscar Mondadori)

sabato 25 febbraio 2017

Illusioni



“Quando il sé si aggrappa all’altro,
è come gettare fango nell’acqua.
Se il sé è mosso dall’altro,
è come se si versasse olio sul fuoco.”
(Han Shan)

“Quando ci si aggrappa a qualcosa, la vita è distrutta; quando ci si afferra a qualcosa, si smette di vivere. È scritto in tutte le pagine del Vangelo. E questo si consegue con la comprensione. Cercate di capire. E capite anche un’altra illusione: la felicità non corrisponde all’emozione, all’eccitazione. Credere che un’emozione derivi dalla realizzazione di un desiderio è un’altra illusione.

Il desiderio è portatore di ansia e prima o poi i postumi della sbornia saltano fuori. Quando si è sofferto a sufficienza, allora si è pronti a capirlo. Vi nutrite di emozioni: è come nutrire di prelibatezze un cavallo da corsa, dandogli torte e vino. Un cavallo da corsa non si nutre così. Quello che serve è cibo buono, solido, nutriente, e anche da bere. Bisogna che lo comprendiate da soli.

Un’altra illusione è che qualcun altro possa fare tutto questo al vostro posto, che qualche sapiente, qualche guru o insegnante possa farlo in vece vostra. Nemmeno il più grande guru del mondo può fare un passo al vostro posto. Dovete farlo voi. Siete voi che dovete agire. Nessun altro può aiutarvi. Siete voi a dover digerire il cibo che consumate, siete voi a dover capire. Nessun altro può capire in vece vostra. Siete voi a dover cercare. Nessuno può cercare in vece vostra. E se quel che cercate è la verità, allora dovete farlo voi. Non potete appoggiarvi a nessuno.

C’è un’ulteriore illusione, e cioè il fatto che sia importante essere rispettabili, essere amati e apprezzati, essere importanti. Molti dicono che abbiamo un’esigenza naturale di essere amati e apprezzati, di appartenere a qualcuno. È falso. Lasciate cadere questa illusione e sarete felici. Abbiamo un’esigenza naturale di libertà, un’esigenza naturale di amare, ma non di essere amati.

È un problema molto comune: «Nessuno mi ama: come posso, dunque, essere felice?» E io spiego a questa persona: «Vuoi forse dire che non ci sono mai dei momenti in cui dimentichi di non essere amata, ti lasci andar e ti senti felice?» Certo che ci sono. Una donna che è intenta a guardare un film. Si tratta di una commedia, e la donna ride a crepapelle, e in quell’attimo benedetto ha dimenticato di ricordare a se stessa che nessuno l’ama, che nessuno l’ama, nessuno l’ama, nessuno l’ama, nessuno l’ama…

Lo stesso vale per tutti voi: finché qualcuno non vi ha detto che non sarete stati felici senza essere amati, desiderati o attraenti per qualcuno. Attraverso il contatto con la realtà si diventa felici. Ecco cosa porta la felicità: un contatto con la realtà, istante per istante. È qui che troverete Dio; è qui che troverete la felicità. Ma la maggior parte della gente non è pronta per sentirsi dire queste cose.

Un’altra illusione è che gli eventi esterni abbiano il potere di farvi del male, che le persone abbiano il potere di farvi del male. Non è così. Siete voi che date loro il potere di farlo. Un’altra illusione: voi siete tutte quelle etichette che la gente vi ha appioppato, o che viete appioppati da soli. Non lo siete, non lo siete! Dunque non dovete abbarbicarvi a esse.

Il giorno in cui qualcuno mi dicesse che sono un genio e che io lo prendessi sul serio, mi troverei in un bel guaio. Capite perché? Perché da quel momento in poi inizierei a essere teso. Dovrei mantenermi all’altezza della situazione, rispondere alle aspettative. Capite? Dunque, l’unica cosa che dovete fare è mandare in pezzi l’etichetta!

Mandatela in pezzi e sarete liberi. Non identificatevi con quelle etichette. Quelle  etichette rappresentano ciò che pensa qualcun altro, ciò che quella persona ha visto in voi in un dato momento. Siete davvero dei geni? Siete degli svitati? Siete dei mistici? Siete dei pazzi? Che cosa importa, in realtà? L’importante è continuare a essere consapevoli, vivere la vita istante per istante.

Com’è meravigliosamente descritto da quelle parole del Vangelo: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai… Osservate i gigli del campo… non lavorano e non filano.» Queste sono veramente parole mistiche, le parole di una persona che si è destata. E, dunque, perché siete così ansiosi? Siete forse in grado di aggiungere, nonostante tutta la vostra ansia, un singolo istante alla vostra vita?

Perché preoccuparsi per domani? Entrate nel presente. Vivete nel presente. È una cosa che vedrete accadere quando vi sveglierete. Vi ritroverete a vivere nel presente, assaporando ogni momento nell’attimo in cui lo vivete. Un altro buon segno è quando sentite la sinfonia una nota dopo l’altra, senza volerla fermare.” (Anthony De Mello, Messaggio per un’aquila che si crede un pollo, Piemme Ed.)

giovedì 23 febbraio 2017

Civiltà



“La cortesia è per l’uomo
ciò che il calore è per la cera.”
(Arthur Schopenhauer)

Nonostante le apparenze, il mondo occidentale non sta attraversando una nuova era di immoralità. Soffre piuttosto di un fenomeno diverso: una perdita di civiltà, una mancanza di buone maniere. Quello che spesso viene considerato un collasso morale in realtà non è nulla del genere. In termini “morali”, le società occidentali sono per molti aspetti migliori oggi, nel 21° secolo, di quanto non lo fossero un secolo fa.

Basti pensare (solo per fare un esempio) allo spietato sfruttamento della manodopera, all’esercito di prostitute bambine e alla violenza dei delinquenti da strada della Londra vittoriana. Ciò che è davvero accaduto, invece, è un decadimento di tutto quanto mantiene funzionante la macchina sociale; in particolare abbiamo assistito al crollo di quella tolleranza e di quel rispetto reciproco che consente ai singoli individui di vivere la propria vita in pace, in una società pluralista e complessa.

La civiltà è questione di costumi, etichetta, buona educazione e rituali informali: tutti elementi che facilitano le nostre interazioni offrendoci il modo di trattarci con rispetto e considerazione reciproci. Essa crea uno spazio sociale e psicologico nel quale gli individui possono vivere la propria vita e compiere le proprie scelte. I giovani che sputano per terra e bestemmiano sugli autobus non rappresentano che un sintomo superficiale di inciviltà. 

Ben più gravi sono fenomeni quali la violazione della privacy da parte della stampa scandalistica con l’invasione di aree private che non rivestono interesse pubblico (come la rivelazione sulla vita sessuale dei politici). La nostra epoca è, in effetti, moralistica: lo è anzi in modo nauseante, il che rappresenta una componente importante del problema, in quanto il moralismo è intolleranza e l’intolleranza è uno dei peggiori atti di scortesia.in un certo senso, chiedere cortesia è chiedere molto poco.

Emerson osservava: “Dobbiamo a un essere umano la stessa cortesia che riserviamo a un quadro, al quale offriamo volentieri il vantaggio di una buona illuminazione”. La perdita di civiltà implica che il senso sociale sia stato rimpiazzato da un atteggiamento difensivo: ecco allora gruppi intenti ad alzare barricate intorno a concetti di “identità” nazionale, etnica e religiosa, gruppi che si proteggono erigendo barriere nei confronti degli altri.

Scriveva Goethe: “C’è una cortesia del cuore; essa è apparentata con l’amore. Da essa scaturisce la cortesia più naturale della condotta esterna.” Queste parole delineano un ideale. Ignorano il fatto che la civiltà può essere una maschera: essa è sempre stata aperta all’abuso e, se anche reimparassimo i nostri costumi, continuerebbe a esserlo. Questo però non cambia il concetto essenziale, e cioè che la civiltà promuove una società che si comporta bene verso se stessa, i cui membri rispettano il valore intrinseco dell’individuo e dei diritti altrui. 

In genere le persone maleducate sono tali in primo luogo perché hanno una stima errata del proprio valore e, in secondo luogo, perché ritengono che il cameriere di un ristorante (probabilmente uno studente di medicina che guadagna qualche soldo per mantenersi) o l’autista di autobus (che magari nel tempo libero sta ascrivendo il romanzo destinato a vincere la prossima edizione di un premio letterario) debbano essere valutati in base alla loro occupazione - o più precisamente, in base al loro reddito che presumiamo molto modesto - e non, invece, per la loro umanità.

È qui che comincia l’insolenza: se si riduce una persona a un’etichetta o una somma di denaro, essa non sarà più fine a se stessa, ma diventerà uno strumento. D’altra parte, come sosteneva Kant, trattare chiunque alla stregua di uno strumento non è solo la scortesia suprema, ma anche il supremo errore. Nella condizione umana, il conflitto è endemico, e tuttavia vale sempre la pena di fare appello alla civiltà almeno quale strumento per gestirlo.

Anche ammettendo, e non si dovrebbe, la concezione relativistica (e cioè che certi valori si escludano reciprocamente) e anche se non avremo mai una risposta chiara su come risolvere certi dilemmi, ciò nondimeno possiamo affermare che proprio nella civiltà riposano le nostre migliori speranze di trovare e mantenere il delicato equilibrio - delicato e continuamente rinegoziabile - dal quale dipende l’esistenza stessa della società umana. (A. C. Grayling, Il significato delle cose, TEA ed.)

lunedì 20 febbraio 2017

Lettera dalla Kirghisia



“In Kirghisia la notte è un incanto
e appartiene a tutti.”
(Silvano Agosti)

“Miei carissimi amici,
molti di voi sono sempre più increduli sull’esistenza di questa società che, con il massimo entusiasmo, sia pure in modo frammentario, vado descrivendo nelle mie lettere. Vi prego, in nome della nostra amicizia, di non cadere nell’inganno, definendo la Kirghisia un’utopia. Riflettete solo sul fatto che gran parte di ciò che vi circonda e appartiene alla vostra vita, un tempo neppure tanto lontano veniva considerato un’utopia.

Quando Leonardo da Vinci progettava le sue macchine volanti così simili agli elicotteri di oggi, o si ipotizzavano le prime ferrovie o persino quando si incominciò a parlare della pittura in movimento proiettata su grandi teli bianchi (il cinema); sempre si frenava ogni entusiasmo affermando che era impossibile, che si trattava di Utopie.

Del resto nel 1800 i grandi utopisti francesi teorizzavano, tra lo scherno dei contemporanei, un pranzo caldo al giorno per ogni cittadino. Certamente sareste anche più increduli se vi dicessi che, per incontrare il Primo Ministro qui in Kirghisia, è bastata una semplice telefonata e dopo meno di venti minuti parlavo con lui.

Dunque non è stato difficile farmi ricevere dal Primo Ministro del Governo in carica, anzi, come segno di cortesia verso uno straniero, sono stato invitato a pranzo con lui dal Primo Ministro del Governo per il Miglioramento della Qualità della Vita.

Del resto anche Indira Gandhi fece lo stesso e con analoga spontaneità. Ricordo che durante l’intervista filmata le dissi: «Ho una domanda delicata da farle.» E lei: «Prego.» «Molti dicono che qualcuno ti ucciderà.» Indira, annunciandola risposta con un sorriso indimenticabile ha sussurrato: «Che c’è di delicato nel fatto che mi uccideranno?» Dopo qualche tempo, qualcuno le ha sparato.

Qui in Kirghisia invece, le probabilità che qualcuno spari al Primo Ministro sono nulle. Non solo perché le armi sono state seppellite con riti analoghi alla sepoltura dei defunti, ma perché nessuno ha una qualsiasi ragione per uccidere un proprio simile.

«Invece di continuare a seppellire i morti per arma da fuoco come si fa ogni giorno in altri Paesi, noi abbiamo seppellito le armi. Esistono ormai veri e propri cimiteri dove abbiamo accatastato armi e veicoli da guerra, monumenti di un’epoca che speriamo non torni più.

Qui essere Primo Ministro è una professione volontaria. Ognuno può iscriversi alle liste del volontariato politico. Ogni tre anni si forma un nuovo governo, mentre quelli che hanno gestito il Paese entrano a far parte del nostro secondo governo, che si occupa di migliorare le condizioni di vita e perfezionare l’organizzazione dello stato.»

Sono affascinanti questi cimiteri delle armi, dove strumenti micidiali di morte semisepolti. Sembrano sprofondati nella terra. Abbiamo visitato, su mia richiesta, uno di questi cosiddetti cimiteri delle armi. Si tratta di grandi spazi, nei quali ogni genere di arma è semi sepolto e stupendamente ricoperta di ruggire, come scriveva un antico poeta kighiso:

“Vestite di ruggine le armi
e i vostri aratri
di riflessi lucenti.”

Sotto vetro vicino ad ogni arma un piccolo cartello informa: “Questo mitragliatore ha ucciso 850 esseri umani.” “Questo carro armato ha abbattuto 2.300 abitazioni civili.” “Questo tipo di bomba era in grado di uccidere 300.000 persone in pochi secondi.”

In alcune nicchie ci sono perfino alcune fotografie dei responsabili con titolo a eterno biasimo: “Costui ha inventato le mine antiuomo, responsabili della morte e della mutilazione di milioni di esseri umani.”

«Ma se una potenza straniera invade il vostro Paese?» Domando con acume tutto occidentale. «Grecia capta, coepit victores. La Grecia catturata, catturò i suoi vincitori. Come? Con la cultura. Qualsiasi popolo venendo a contatto con noi, si convincerebbe di quanto è semplice vivere in uno stato di perenne serenità. Li aspettiamo.» Il Primo Ministro è un ometto sulla cinquantina, vestito sobriamente, con un ciuffo di capelli bianchi che gli schiarisce la fronte.

«Sono il Primo Ministro solo da un anno e anch’io, come tutti in Kirghisia, lavoro tre ore al giorno.» «Com’è possibile che uno Stato funzioni quasi da solo?» «Il nostro principio motore è l’autogestione, a tutti i livelli,. Ogni abitante è in pratica Autore del proprio destino. Tutti hanno familiarità con tutti. Prima i ricchi vivevano isolati nelle loro ville.

Erano prigionieri del loro benessere e, direttamente o indirettamente, determinavano una società non serena, forse per rendere tollerabile il loro isolamento. Anche dopo le nostre riforme, hanno tentato di proseguire nella condizione di ricchi, isolandosi dagli altri, poi anche loro hanno dovuto aprire le porte e gli animi per partecipare al grande gioco della vita.

I loro parchi e i loro giardini si sono aperti a tutti e finalmente le voci dei bambini riempiono quella che un tempo era solo una dorata solitudine.» Mi accompagnava lui stesso dall’altro Primo Ministro e suo collega, il Capo del Governo per il Miglioramento, dal quale siamo invitati a pranzo.

Camminiamo a piedi in queste strade ampie, soleggiate e bonificate, perché libere dal traffico. La gente affacciata alle finestre saluta il Primo Ministro. Si direbbe che tutti lo conoscano, ma che anche lui conosca tutti. Mi vergogno al solo pensiero di chiedergli se non ha paura di andarsene in giro senza guardia del corpo o senza la macchina blindata.

Intervisterò anche il Capo del Governo per il Miglioramento. Chi amministra, raramente la la possibilità di migliorare le strutture operative, mentre un governo che si occupa solo di osservare il funzionamento delle istituzioni, può migliorarle sempre più. Il Primo Ministro del Governo per il Miglioramento è una donna.

Ci riceve mentre sta annaffiando il giardino. Posa con grazia la canna dell’acqua, poi sorridendo: «Volete accomodarvi? Il pranzo è pronto, ho cucinati io stessa.» Ci fa strada fino a una deliziosa piccola veranda, dove sediamo a una tavola accuratamente preparata. Al centro un ampio vassoio con gli antipasti tipici della Kirghisia.

Polpa di granchio su tartine imburrate al mais. Segue un delizioso fritto di pesce con insalate appena colte. Durante il pranzo l’attenzione dei due ministri è concentrata sulle mie domande. «Dunque volete che spieghi la funzione specifica del Governo per il Miglioramento del Paese?

Il Governo per il Miglioramento ha il compito di individuare e proporre soluzioni migliorative in ogni settore della vita pubblica. Proprio oggi ho esaminato un progetto particolare che forse riusciremo a realizzare. Si tratta di una cappa termica che interessa un centinaio di chilometri quadrati, capace di mantenere la temperatura della capitale al livello costante di 25 gradi.

In pratica queste nuove tecnologie consentirebbero di determinare una primavera permanente, permettendo ai nostri cittadini di vivere, se lo desiderano, sempre all’aria aperta, giorno e notte.» «E le stagioni e i cicli naturali del tempo?» Chiedo stupito. «Le stagioni le andremo a vedere ai confini della città. Ma ci vorrà ancora qualche decina di anni, il progetto va prima sottoposto a tutti i cittadini.

Senza l’unanimità da noi nessuna proposta viene attuata. Abbiamo calcolato col Ministro per il Miglioramento delle Finanze, che questo nuovo modo di vivere abbasserebbe il costo pro capite di ogni cittadino, consentendo di diminuire l’orario di lavoro a un’ora al giorno o, a scelta, a un giorno la settimana naturalmente sempre a pieno stipendio.»

Questa mia nuova giornata in Kirghisia termina con una visita all’ospedale, completamente autogestito dai malati. I meno gravi o i convalescenti si occupano di cucinare o di riordinare le stanze. I medici non hanno camici, ma sono vestiti della loro competenza.

Torna alla mente Franco Basaglia che, dopo aver vinto la sua battaglia per mettere fuorilegge i manicomi e dopo aver liberato decine di migliaia di malati dai letti di contenzione e dagli elettroshock, diceva ai giovani medici: «Non indossate il camice, la gente deve riconoscere chi è il medico dal comportamento e non dalla divisa.» Franco Basaglia cittadino onorario di Kirghisia. Amici cari, per ora vi saluto e vi abbraccio.” (Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, Edizioni L’Immagine)

giovedì 16 febbraio 2017

Una limpida luna piena




“Possa chi porta
fiori questa notte,
avere la luce della luna.”
(Kikaku)

Joshu chiese al suo maestro Nansen: «La Via, cos’è?» Nansen disse: «È la mente quotidiana.» Joshu chiese ancora: «Bisogna mirare ad essa, non è vero?» Nansen rispose: «Nel momento in cui miri a qualcosa, l’hai già persa.» Allora Joshu chiese: «Se non miro ad essa, come posso conoscere la Via?» Nansen rispose: «La Via non ha nulla a che fare con la conoscenza o con la non conoscenza. Conoscere è solo percepire ciecamente. Non conoscere è solo assenza di percezioni. Se hai raggiunto la Via a cui non si può mirare, è come lo spazio: un vuoto assolutamente limpido. Non puoi forzarla nell’uno o nell’altro modo.» In quel momento Joshu si risvegliò al significato profondo. La sua mente fu come la limpida luna piena. (Dialogo tra Joshu e Nansen)

martedì 14 febbraio 2017

Il lato oscuro del bene



Io sono tutt’uno con ogni cosa;
ciò che è bello,
ciò che è brutto,
poiché qualunque cosa sia
là ci sono anch’io.

Non solo della virtù,
ma anche del vizio sono compagno,
e non solo il paradiso mi appartiene,
ma anche l’inferno.

Buddha, Gesù, Lao Tzu
è facile essere loro erede,
ma Gengis Khan, Tamerlano e Hitler?
Anch’essi sono in me!

No, non metà - io sono l’umanità intera!
Tutto ciò che è dell’uomo è anche mio:
i fiori e le spine,
le tenebre e la luce,
e se mio è il nettare, di chi è il veleno?

Nettare e veleno mi appartengono entrambi.
Io chiamo religioso
chiunque faccia questa esperienza,
poiché solo l’angoscia di siffatta esperienza
può rivoluzionare la vita sulla terra.

(Osho, Una tazza di tè)

domenica 12 febbraio 2017

Il guru interiore



“Un amico insincero deve essere
più temuto di un animale feroce;
un animale feroce può ferirvi il corpo,
ma un amico insincero vi ferirà la mente.”
(Buddha)

“Il maestro ultimo risiede nell’interiorità dell’uomo. Proprio come quelle persone che nella vita vi offrono un’autentica guida, il guru interiore è sempre pronto ad aiutarvi a trovare la via. Potreste pensare a lui come al vostro intuito, alla vostra anima, alla vostra bussola. Se avete troppi impegni, può essere difficile ascoltare il guru interiore o riconoscere se ciò che state udendo viene realmente dal cuore o è inquinato dalle passione dagli attaccamenti che controllano pensieri e sentimenti.

Quando iniziate a riconoscere le persone che nella vostra vita svolgono un’azione positiva, cominciate a individuare e a fidarvi del vostro guru interiore, cominciate di nuovo a fidarvi di voi stessi. La vostra naturale fiducia fiorirà e scoprirete che ogni cosa diventa più facile, anche nei momenti più duri. Potreste ancora attraversare periodi in cui vi colpevolizzerete per aver preso decisioni “sbagliate” o per aver fatto un errore; ma a quel punto vi scoprirete più resistenti e più pronti a riprendervi.

Vi scuoterete la polvere di dosso e andrete avanti senza ricadere nelle autocondanne e nelle recriminazioni. Se è il vostro ego a prendere tutte le decisioni, le possibilità di fallimento sono più numerose, perché l’ego si può facilmente offendere o si può mettere sulla difensiva. Basta una critica a farlo precipitare nella disperazione per l’orrore di non essere perfetto, oppure a farlo diventare timoroso e aggressivo: «Chi sei tu per criticare me?»

Al contrario, quando il vostro guru interiore sarà molto più rilassato, potrete accettare le critiche; e, se sono fondate - bene - imparerete la lezione; se nascono invece dall’ignoranza, potrete gentilmente ignorarle. Purtroppo, ci sono persone in questo mondo che hanno su di noi un’influenza negativa; ci inducono involontariamente in errore fomentando rabbia, odio, gelosia, desiderio o incomprensione.

Dico “involontariamente” perché i sentimenti che queste persone stimolano sono soltanto proiezioni delle nostre stesse negatività; e quindi anche le persone negative, una volta che ne siamo consapevoli, diventano nostri maestri. È importante imparare a riconoscere e ad affrontare simili sentimenti negativi: «Questa persona mi sta causando rabbia, mi sta causando desiderio, mi sta causando ignoranza. forse dovrei liberamente, silenziosamente, senza dire niente.»

Pensate alle volte in cui siete caduti preda di un’influenza negativa. Come vi siete sentiti in quei periodi? Vi sentivate davvero voi stessi o una versione negativa di voi stessi? Forse, stando con quelle persone, vi siete puniti in qualche modo, le influenze negative vi hanno causato percezioni negative di voi stessi e così siete entrati in un circolo vizioso svolgendo un ruolo che vi siete creati o imposti.

Il vostro senso di autostima e di fiducia, così naturale e forte, ha iniziato ad erodersi oppure è stato nascosto da altri sentimenti quando avete cominciato a credere di essere cattivi o deboli, benché dentro di voi sapete che quello stato dipendeva da qualcuno che vi metterà sulla cattiva strada. Ovviamente, anche in quel caso vi siete colpevolizzati per esservi lasciati influenzare, per aver compreso che alcune persone non erano adatte a voi… inoltre, il nostro stesso sé interiore può diventare un compagno negativo.

Abbiamo infatti la tendenza a farci intrappolare da questo nemico che risiede al nostro interno. Quando la mente viene influenzata da un simile compagno nocivo, allora crescono rapidamente l’ira, il desiderio, la gelosia, la presunzione e tutte le altre manifestazioni del nostro ego. Poiché la maggior parte di noi deve vivere in qualche modo con un simile ego, è importante esserne consapevoli e crearsi anche un antidoto attraverso l’apprezzamento.

Le negatività mentali ci indeboliscono e ci creano molta sofferenza inutile. Me se guardiamo tutte le cose che possiamo apprezzare nella vita, tutte quelle che ci aiutano a sviluppare la saggezza anziché la negatività, cominciamo a distaccarci dal nostro compagno interiore, quando vediamo che si rivela dannoso.” (Gyalwang Drukpa, Vedere il cielo in un fiore selvatico, Oscar Mondadori)

giovedì 9 febbraio 2017

L’ipertrofia dell’ego



“Possiamo tollerare una quantità
praticamente infinita di elogi.”
(Sigmund Freud)

Nell’ambito di un sondaggio fatto negli Stati Uniti nel 1997, fu posta la domanda: «Secondo te chi ha più possibilità di andare in Paradiso?» Agli intervistati fu proposto l'elenco di famose personalità tra le quali si dovevano scegliere quelli che avevano più possibilità di conquistare l'ambita meta. Il maggior consenso fu ottenuto da Madre Teresa con il 79 % dei voti, poi si piazzò il giocatore di basket, Mike Jordan con il 65%, quindi Lady Diana con il 60% e, infine Bill Clinton che ebbe il 52% dei consensi. 

Nell'ambito della stessa indagine, si chiese anche quante probabilità avessero gli intervistati stessi di andare in Paradiso, e costoro si diedero l’87% dei voti. Pur ammettendo che le risposte fossero tutte sincere, si doveva concludere che la maggioranza degli intervistati fossero migliori di Madre Teresa? I ricercatori pensarono che questo non era plausibile, perciò approfondirono la ricerca e scoprirono che la maggioranza delle persone pensa di essere al di sopra della media. 

La maggioranza delle persone pensa di essere più intelligente, più competente, di avere più gusto, di essere più gradevole socialmente rispetto alla media. E tutto questo avviene in modo inconsapevole. Quindi l’indagine dimostrò che vi era una diffusa ed eccessiva stima del proprio valore personale, e che questa stima esagerata non era veritiera, perché non corrispondeva alla realtà. O ancor meglio, essi scoprirono che se le cose vanno bene, tutto va al meglio e siamo adeguati. 

Ma quando la vita diventa dura o troppo complessa, allora si mostrano tutte le nostre carenze. Si notò anche che, se ci fosse una reale stima di se stessi non sarebbe necessario volere avere sempre di più. Se noi fossimo veramente sicuri di noi stessi non vorremmo avere, a tutti i costi, il consenso sociale. Se fossimo certi del nostro valore non avremmo la necessità di essere sempre alla moda, non avremmo paura di invecchiare e non avremmo paura di dimostrare le nostre debolezze.. 

Tutte queste paure e incertezze provengono dalle lusinghe rivolte all’autostima del consumatore che viene adulato con la promessa “di poter avere quello che vuole e come lo vuole.” In realtà, queste false promesse sono riuscite a farci cadere sotto la dittatura dell’ego che si nutre solo di esteriorità, di apparenza, del mito dell'eterna giovinezza, che ha sete di potere e che vuole continue conferme. 

Veniamo illusi e siamo convinti di poter scegliere, in realtà veniamo scelti e siamo spinti a scegliere ciò che vogliono gli altri, e verso quello che la moda indicano come adeguato. È questo il motivo per cui sono diffusi i suicidi delle persone troppo fragili, isolate, disoccupate oppure costrette a vivere in condizioni economiche precarie. In questi casi dolorosi cede la fragile stima di persone che sono state scartate perché non possono più consumare. 

O meglio, entra in gioco il disprezzo per la persona più fragile e l'ignoranza del valore della persona umana. Se vogliamo credere ai sociologi, agli psicologi e ai politologi che studiano il fenomeno, tutto questo è dovuto al fatto che stiamo soffocando sotto il peso di un ego ipertrofico. Siamo concentrati troppo sul nostro piccolo ego, e da questo nascono i mali moderni della pigrizia mentale, dell’inciviltà, dell’irresponsabilità, del lassismo e dell’accondiscendenza verso la corruzione. 

La violenza della nostra società nasce dalla nostra condiscendenza verso la menzogna, la violenza e l’ammirazione per il potere imposto con la prepotenza. Da questo scenario nascono gli individui convinti di poter sopravvivere a scapito di tutti gli altri uomini, perché essi valgono più di tutti gli altri. Il culto dell’ego si è imposto a discapito dei valori dell’altruismo e della collaborazione che sono la base del vivere sociale. 

Siamo stati sopraffatti dai falsi valori e dalle false necessità della prestazione, dell’abbondanza e dell’apparenza che vanno imposti a ogni costo. I mali della nostra civiltà sono diventati un attentato al nostro psichismo, al punto che il sociologo Alain Ehrenberg ha coniata la teoria della “fatica di essere se stessi.”

Seppure sia naturale voler avere delle comodità non è affatto normale volere tutto quello che vediamo esposto in vetrina. Se è normale voler vincere una sfida non è affatto normale non riuscire a tollerare la sconfitta dei nostri desideri, o non tollerare il ritardo della gratificazione. Se è normale avere cura del corpo, non è affatto normale avere l'illusione dell'eterna giovinezza. Il compito di riuscire a sostenere tutte queste falsità è diventato un impegno troppo oneroso.

L’elenco delle cose che possiamo scegliere sembra essere infinito ma, in realtà, non possiamo farlo, perché la nostra società ci spinge verso un falso modo di pensare. Se il culto dell’immagine è una esigenza primaria non è molto facile restare indipendenti dalla mentalità che prevale nella maggioranza. Ma il risultato che otteniamo è che l’ego sviluppato nell'ambiente malato è diventato un essere ipertrofico, prepotente, onnipotente e troppo grasso perché è ingozzato da cibi dannosi.

Non è una casualità se la nostra società è oppressa da molti disturbi dell’alimentazione che sono sempre collegati alla falsa immagine di noi stessi. Secondo gli studiosi, da questa situazione malata nasce l’inflazione dell'ego che si riempie di cibo spazzatura, e che poi lo vomita. Secondo gli studiosi, la soluzione è quella di riuscire ad affrontare il problema dell’autostima, perché la soluzione non è quella di abolire l’io, ma è quella di costruire un io che sappia funzionare meglio.

La soluzione non è quella di ricercare l’ascetismo sfuggendo la compagnia dei nostri simili per poterci difendere. La soluzione non è quella di mortificare l’io trascurando se stessi, ma è quella di imparare a pensare meglio a noi stessi. La soluzione è quella di avere un maggiore rispetto di noi stessi e degli altri, ossia quella di avere una migliore considerazione per le azioni costruttive. Solo così riusciremo a sopravvivere in un mondo che è sempre più povero di autentici valori umani.

Purtroppo pensiamo a questo solo quando siamo disturbati dal problema dei disturbi psichiatrici che causano i casi di suicidio, i fatti di cronaca nera, e la violenza contro i familiari. Tutti questi atti sono la conseguenza di una errata percezione di se stessi che diventano gli atti di violenza e di rabbia che vengono attuati contro il proprio prossimo. Con un io solido possiamo raccogliere informazioni più corrispondenti alla realtà che ci circonda, e sapremo vivere in modo migliore. 

La conquista di un io maturo che sappia funzionare al meglio è uno strumento prezioso per la sopravvivenza e per la qualità della nostra vita. Questa esigenza diventa sempre più necessaria nella società moderna che sta diventando sempre più individualista, egoista e molto competitiva. Il compito di imparare a essere veramente se stessi richiede la capacità di sapersi amare e di capire che siamo degni di rispetto, ma non perché siamo sempre vincenti, ma perché siamo esseri umani.

Il fatto di riuscire a conquistare questa meta tanto ambiziosa equivale alla conquista del Paradiso, perché su questo si basa la capacità di salvaguardare la dignità e la nostra umanità. Dobbiamo capire che il valore di un essere vivente è maggiore del valore di un oggetto di lusso o di un bene di consumo di cui è possibile fissare il prezzo e l'utilizzo. Se non riusciremo nel nostro compito saremo un prodotto e un meccanismo che verrà danneggiato dalle pressioni e manipolazioni esterne.

Buona erranza
Sharatan

martedì 7 febbraio 2017

Eppure… eppure…



“Osserva il mondo in un altro modo.
Cambia il tuo modo di guardare le cose.”
(Dogpa Rimpoche)

“Leggendo la vita di un grande poeta giapponese, Issa, sappiamo che ha sofferto. Issa deve essere stato un uomo estremamente sensibile: era un grande poeta, è stato uno dei più grandi poeti di haiku. Quando aveva solo trent’anni aveva già perso i suoi cinque figli… cinque figli gli erano morti quando aveva solo trent’anni – praticamente aveva perso un figlio all’anno. Alla fine gli morì la moglie e lui quasi impazzì completamente - era angosciato, sofferente.

Andò da un Maestro zen. Il Maestro zen gli chiese: «Qual è il problema?» Issa disse: «I miei cinque figli sono morti e ora mi è morta la moglie. Perché esiste tanta sofferenza? Non riesco a capirne il motivo. Come si spiega? Non ho fatto nulla di male a nessuno, ho vissuto del tutto innocentemente. Di fatto ho vissuto esternamente distaccato. Non ho molte relazioni con le persone - sono un poeta, ho vissuto nel mio mondo. Non ho fatto nulla di male a nessuno.

Ho vissuto una vita molto povera, ma ero felice. Ora, all’improvviso, i miei cinque figli se ne sono andati, e anche mia moglie se n’è andata. Perché esiste tanta sofferenza, e senza ragione? Deve esserci una spiegazione.» Il Maestro zen gli disse: «La vita è del tutto simile a una goccia di rugiada al mattino. È nella natura delle cose che accada la morte. Non c’è alcuna spiegazione, è la natura della vita.

Non è necessario dare alcuna ragione speciale. La natura della vita è simile a una goccia di rugiada: è appesa per un attimo a un filo d’erba; una leggera brezza e se ne è andata; il sole sorge ed essa evapora. Quella è la natura della vita. Ricordalo!» Issa era un uomo di profonda intelligenza. Lo comprese. Tornò a casa e scrisse un haiku. Nell’haiku dice:

La vita, una goccia di rugiada?
Certo, lo capisco.
La vita è una goccia di rugiada.
Eppure… eppure…

In quel «Eppure… eppure…», dice qualcosa di immensamente umano. «La vita è una goccia di rugiada - lo capisco. Eppure…» La moglie se n’è andata, i bambini se ne sono andati e gli occhi sono colmi di lacrime: «Eppure… eppure…» «Certo, la vita è una goccia di rugiada, ma...» e quel “ma” è grandioso. Solo coloro che hanno sofferto possono comprendere che la vita è una goccia di rugiada, ma anche allora «Eppure… eppure…» rimane.

Anche quando comprendi, la comprensione è difficile. E che dire a coloro che non hanno sofferto? Essi vivono una vita superficiale. La felicità è sempre superficiale. Solo la tristezza ha profondità. La vita è superficiale; in sé non ha nessuna profondità; solo la morte ha profondità. La vita è estremamente comune: mangiare, guadagnare, amare - è del tutto ordinaria.

La sofferenza ha una profondità: ti risveglia, ti sconvolge e ti fa uscire dal tuo sonno. Certo, solo coloro che hanno sofferto comprenderanno ciò che sto dicendo: «Eppure… eppure…» - perfino loro potrebbero non comprendere. Ma le cose stanno così, così è la vita. Se ci si scoraggia per questo e si pensa di non chiamare, di non dire nulla…

Quando Buddha si illuminò, restò in silenzio per sette giorni. Pensò: «Chi mi ascolterà?» Pensò: «Cosa dirò? Chi capirà?» Pensò: «Le cose che mi sono accadute - se qualcuno me ne avesse parlato quando non mi erano successe, neppure io le avrei comprese. Pertanto, chi mi capirà, a chi interesserà?» Per sette giorni rimase seduto, sedette e sedette sotto l’albero del bhodi.

La tradizione dice che i deva nel cielo si preoccuparono profondamente: «Perché se ne sta tranquillo? Solo ogni migliaio di anni qualcuno si illumina. Perché non chiama le genti?» Allora vennero e si inchinarono ai piedi di Buddha e dissero: «Dovresti dire qualcosa. Ti sei realizzato, devi condividere la tua chiamata. La parola deve diffondersi tra la gente. Perché te ne stai tranquillo?

Abbiamo aspettato e aspettato... sette giorni sono sembrati sette secoli. Cosa stai facendo? Non sprecare tempo. Sarai qui solo per un breve lasso di tempo e poi scomparirai per sempre, e in eterno. Prima di scomparire, lancia la tua chiamata.» Buddha disse: «Chi mi ascolterà? Chi comprenderà?» ma quei deva erano molto astuti, ed è un bene che lo fossero. Discussero, lo persuasero. Dissero: «Certo, hai ragione.

È raro, è molto rara la possibilità che qualcuno ascolti, e ancora più rara la possibilità che qualcuno comprenda. Ma esiste la possibilità. Chiamane un migliaio: cento ascolteranno, novanta non capiranno; dieci si metteranno in cammino, nove si perderanno per strada. In un luogo o in un altro penseranno di essersi realizzati, si siederanno sul ciglio e penseranno di essere arrivati a casa. Solo uno arriverà, ma uno è più che sufficiente.» Buddha comprese e iniziò a predicare.” (Osho)

domenica 5 febbraio 2017

Sii semplicemente te stesso



“Ricorda: non dovresti lasciare questa Terra
senza averla resa un po' più bella,
un po' più dolce, un po' più amorevole.
Secondo me, questa è la sola forza, il solo potere.”
(Osho)

“Il Tao dice: nascondi ciò che è bello in te, non mostrarlo, nascondi ciò che in te è autentico e prezioso, perché quando la verità viene nascosta nel cuore, cresce, simile a un seme piantato in terra. Non esporlo. Se lo getti sulla via, affinché tutti lo vedano, morirà, e morirà per niente. Morirà e basta, non ci sarà alcuna rinascita.

Tratta ciò che è bello, buono e vero come faresti con un seme. Mettilo nella terra, in un posto nascosto del tuo cuore, non esporlo. Invece tutti fanno esattamente l’opposto: se c’è qualcosa di sbagliato, lo nascondi, non vuoi che gli altri ne vengano a conoscenza. Se hai qualcosa di brutto, lo nascondi e se hai qualcosa di bello, anche se poi non lo è, cerchi di pubblicizzarlo, lo esageri, lo esponi.

E lì sta il dramma, perché il brutto cresce e il bello si perde. Il falso cresce, diventa un seme, e il vero viene buttato via. Ciò che è prezioso viene buttato e la spazzatura cresce; tu diventi un terreno infestato di erbacce. Nella tua vita non sboccia alcun fiore, perché non hai mai fatto la cosa giusta: non hai mai nascosto il seme del fiore dentro di te.

La Via sta in questo opposto, e io dico che questa è una delle chiavi più segrete del Tao. Un uomo del Tao rimane ordinario, assolutamente ordinario. Nessuno sa chi è, nessuno sa cosa si porta dentro, quale tesoro. Lui non lo pubblicizza mai, non cerca mai di metterlo in mostra. Perché invece noi lo pubblicizziamo?

A causa dell’ego. Tu non sei soddisfatto di te stesso, sei soddisfatto solo quando gli altri ti apprezzano. Avere il Koh-i-noor non ti basta. Possedere una pietra preziosa non ti basta, hai bisogno dell’apprezzamento degli altri. È l’opinione degli altri a essere preziosa, non il tuo essere.

Guardi gli occhi degli altri come fossero specchi e se loro ti stimano e ti applaudono, sei contento. L’ego è una falsa realtà. È solo un accumulo di opinioni altrui, non è conoscenza di Sé. Questo sé, questo falso sé che in realtà è l’ego, non è che un accumulo di immagini riflesse, per questo hai sempre paura. Gli altri potrebbero cambiare opinione; tu dipendi costantemente da loro.

Se dicono che sei bravo. Tu li devi assecondare e rimanere bravo ai loro occhi perché, se cambiano idea, tu non sarai più bravo. Tu non hai un contatto diretto con il tuo essere, passi attraverso gli altri. e non ti limiti a metterti in mostra, ma esageri, falsifichi. Magari hai una piccola verità, un briciolo di bellezza, ma tu la esageri e la rendi ridicola.

Tu pensi che tutti ti copino e, in realtà, sei tu che continui a copiare gli altri. Tu sei una fotocopi, non sei una persona autentica, perché una persona autentica non ha alcun bisogno di esibirsi. Come fai a diventare straordinario facendo questo o quello? L’essere straordinario non dipende da ciò che fai, dipende da ciò che sei. E tu sei già straordinario, ognuno è unico, non c’è bisogno di provarlo.

Se cerchi di farlo, proverai esattamente l’opposto. Se una cosa c’è già, come fai a dimostrarla? Se cerchi di dimostrarla, significa solo che non sei consapevole dell’unicità che è già presente in te. Per cui, se cerchi di dimostrare qualcosa, significa che hai dei dubbi al riguardo.

Vuoi eliminare i tuoi dubbi attraverso gli occhi degli altri, le opinioni degli altri. Tu non sei realmente convinto della tua bellezza, vorresti che gli altri ti dicessero che sei bello. E io ti dico che sei unico, straordinario.

Non sforzarti di esserlo, è inutile; in questo modo ti senti solo ridicolo e tutti si mettono a ridere quando volti le spalle. Se tu non sei convinto della tua unicità, chi mai lo sarà? La certezza non ha bisogno di prove. Ma come giungervi? Essa nasce dalla conoscenza di Sé.

Ci sono due vie: conoscenza diretta, il conoscere se stessi direttamente, immediatamente; questa è la via giusta. E la via sbagliata sta nel conoscere se stessi attraverso gli altri, attraverso quello che dicono gli altri. e se tu non conosci te stesso, come possono farlo gli altri? Sono molto più lontani. Tu sei la persona più vicina a te stesso. Se tu non conosci la tua realtà, come possono conoscerla gli altri?

E poiché non abbiamo alcuna conoscenza di noi stessi, abbiamo bisogno di un surrogato: l’ego è il surrogato e l’ego è uno show perpetuo. Tu sei come la vetrina di un negozio. Sei diventato una cosa, una cosa da esporre, da esporre in permanenza, alla continua ricerca di qualcosa che dica: «Sei bravo, sei bello, sei un santo, sei grande e sei straordinario.»

Il Tao è contro questa via, perché il Tao dice che in questo modo sprechi la tua via. Questa stessa energia può muoversi direttamente verso il tuo essere, e quando l’essere si rivela, è straordinario. Per cui un uomo alla ricerca della conoscenza di Sé resterà ordinario agli occhi degli altri. non li considererà, si nasconderà, non si metterà in mostra. Non si esibirà, non darà spettacolo di sé.

Se ne rimarrà in silenzio, vivrà silenziosamente, godendosi silenziosamente la vita. desiderando che nessuno lo consideri, perché qualcuno ti considera, ti pensa, nasceranno difficoltà e complessità: la conoscenza di Sé diverrà sempre più difficile. Ci devi arrivare da solo, e se guardi la massa e pensi che tutti debbano seguirti, non ci arriverai mai.

Se mostri la tua originalità, se affermi di essere qualcosa, se cerchi di dimostrare le tue doti in modo sottile, tutti si offenderanno. Non riusciranno a perdonarti, e si vendicheranno. Le masse si vendicano sempre contro un uomo che si dice originale. Probabilmente Gesù fu crocefisso perché le masse non riuscirono a tollerare la sua superiorità, e lui era superiore. Non riuscirono a tollerare quest’uomo di talento. Lui era straordinario, doveva essere ucciso.

Chuang-tzu dice: «Non mostrare il tuo talento quando hai a che fare con gli uomini. Tienilo nascosto!» Occorre ricordare che nessun Maestro taoista è mai stato crocefisso o avvelenato. Mai! Perché non ha mostrato il suo talento. Non ha mai affermato di essere diverso da te. Non ha mai detto di essere migliore di te, più divino di te, più santo di te – no!

Osserva… la nostra vita è un continuo sforzo per diventare speciale. Essere i primi della classe, i primi dell’università, vincere la medaglia d’oro, vincere il premio Nobel, essere diversi, in un modo o nell’altro, qualunque cosa va bene… la mente trova sempre nuovi modi per rendersi speciale. La scuola, la cultura, la civiltà in cui viviamo ci insegnano a essere speciali.

Il Tao dice: «Non essere speciale, abbandona tutto ciò che è speciale, sii ordinario, sii semplice.» La semplicità è giusta, essere ordinari è la cosa giusta, perché con l’essere ordinario ti sentirai a tuo agio. Se vuoi essere straordinario, speciale, ti sentirai sempre a disagio, in tensione, perché devi dimostrare qualcosa. Devi convincere gli altri, e vivrai costantemente nell’indecisione.

Con l’indecisione ci sarà sempre un tremore dentro, un brivido. Un uomo del Tao abbandona tutte le distinzioni, brucia tutti i certificati, rimane fedele a se stesso, e diventa un fiore. E questa fioritura non ha scopo alcuno, non ha alcuna utilità. Molti se ne avvantaggeranno, anche se quel uomo non è fiorito per loro, ma per il proprio Sé. Quel uomo ha compiuto il suo destino. Solo in questo c’è il vero appagamento.

Sii semplicemente te stesso, ordinario e unico, e compirai il tuo destino. Nessun altro lo può fare per te. Tu puoi assorbirmi, ma non puoi seguirmi. Io non ho mai seguito nessuno, avevo la mia Via. Tu avrai la tua Via. Seguirai la tua Via, che nessun altro ha mai percorso, e che nessun altro percorrerà mai.

Nel mondo spirituale nessuno lascia tracce. È come il cielo: un uccello lo attraversa, ma non lascia alcuna impronta, nessuno lo può seguire. Perciò gioisci in me, sii felice con me e mi assorbirai. Diverrà una luce dentro di te e ti indicherà il cammino. Ma non copiare, non credere, né diffidare, non farti guidare dalla testa. Non essere una scimmia, sii un essere umano.” (Osho)

venerdì 3 febbraio 2017

Il risentimento



“Soffrire è non avere ciò che si desidera.”
(Dìgha Nikàya)

Negli ultimi tempi assistiamo a una lunga serie di discorsi pieni di violenza, aggressività e intolleranza urlati da molti personaggi della politica italiana e straniera. Le parole e gli argomenti che vengono usati da questi spregiudicati personaggi rinforzano l’aggressività e il risentimento dell’opinione pubblica indirizzando l'ostilità contro gruppi sociali, politici, religiosi e razziali che vengono indicati come elementi estranei e pericolosi per la nostra civiltà.

A prima vista, i personaggi spregiudicati che usano argomenti adatti agli ignoranti basati sull’aggressione verbale sembrano solo richiamare l’attenzione dei media per “cavalcare l'onda dello scontento” per conquistare più voti e il consenso dei loro elettori per mezzo dei media che amano i toni estremi. In realtà, i politici aggressivi e intolleranti sono la causa e il motivo dei disagi sociali e dei conflitti che dicono di voler combattere, perciò vediamo come questo accada.

Se esaminiamo il risentimento che quei discorsi suscitano vedremo che questo atteggiamento psicologico, nel vocabolario è definito come: “un atteggiamento di avversione, più o meno giustificato dalla gravità dell’offesa o dall’affronto ricevuto.” Il risentimento viene indicato come un rimuginare intorno ad un “sentimento” di grande infelicità, e quel continuo “ri-sentire” il dolore comporta la collera o l’infelicità del soggetto che percepisce quel dolore, in quanto, i fatti del mondo o le persone che li circondano non sono come loro vorrebbero.

Il risentimento è il residuo della collera che non si può sfogare, per cui il risentimento è un riciclaggio di molti altri sentimenti negativi. Quel sentimento di risentimento dimostra che l’infelicità di una persona viene rivolta verso il mondo, poiché esso viene percepito come meschino, gretto, inutile, ridicolo, ostile e disprezzabile. L’atteggiamento negativo verso tutti e tutto, e il rimuginare aspro che ne consegue avviene perché il mondo è una realtà ostile.

Contro questo universo così freddo si accumula una enorme rabbia che non si riesce a smaltire, perciò incoraggiare un atteggiamento di questo tipo nelle persone equivale a incoraggiare un pericoloso stile di vita! Gli psicologi affermano che, nel risentimento, la rabbia che è stata accumulata vivendo nella frustrazione e nell’impotenza sociale e affettiva viene dispersa alla prima occasione. La rabbia può essere indirizzata anche verso un bersaglio indefinito, e può venire smaltita in modo diluito perciò può mostrarsi nel tempo.

Si è provato che lo stato d’animo di risentimento è - in buona parte - collegato a vissuti di fallimento e di impotenza all’azione. Si è anche dimostrato che, il fatto di avere subito degli smacchi dalla vita porta all’aumento della tendenza a usare l’eccessiva critica verso tutto e tutti, per cui si tende a diventare sempre più intolleranti. Alla base del risentimento che viene rivolto verso gli altri vi è sempre un forte risentimento rivolto verso se stessi unito al rimpianto per non avere saputo reagire in modo migliore alle offese della vita.

Il risentimento ha la stessa origine della collera, ma è anche imparentato con la tristezza. Il risentimento sembra riguardare anche il problema dell’immagine sociale che vogliamo offrire di noi stessi. Sembra un paradosso, ma la capacità di mostrare la tristezza davanti al fatto che ridesta la nostra commozione - che è una qualità squisitamente umana - sembra essere diventato un difetto, ovvero sembra essersi trasformato in una debolezza. 

Questo moderno controsenso è il motivo per cui il risentimento viene preferito alla tristezza che è socialmente "stigmatizzata" come un vissuto da perdente. Questo tratto emerge in modo molto chiaro in ambienti estremamente competitivi in cui la questione del potere svolge un ruolo primario. Se è vero che la collera funziona molta bene qualora si voglia imporsi in contesti di questo genere, è pur tuttavia vero che ciò avviene solo qualora l’esplosione provenga da una persona già potente. 

In effetti, se l’ira viene espressa da un soggetto che non ha potere, questo atteggiamento è percepito come una debolezza causata dalla mancanza di auto-controllo del soggetto. Se qualcuno vuole usare gli atteggiamenti aggressivi per imporsi, deve mettere in conto che molto probabilmente vivrà in un modo triste e molto stressante. È stato provato scientificamente che, a lungo termine, la collera è un sentimento che ci intossica, così come accade con i sentimenti prolungati di risentimento i quali, sono la causa di molti danni al nostro sistema cardiaco. 

Se riflettiamo su tutto questo vedremo che, il perdono e la tolleranza delle pecche altrui sono i più validi rimedi a molti problemi di salute. Il continuo rimuginare sugli aspetti negativi delle cose e l’umore tetro, che ne consegue, esprimono un forte sentimento sotterraneo di ostilità. In tutto quel doloroso, continuo e ossessivo dolore, vi è un “ri-sentire” che equivale al continuo rinforzo del fuoco della nostra collera. La collera, come altre emozioni violente è molto potente, perciò rappresenta un'eccessivo dispendio di energia nervosa. 

In effetti, tutti possiamo notare che, da uno scoppio di forte ira si esce molto stremati e scossi, oltre al grave danno per le nostre coronarie. Come dimostrato dalle ricerche, il fatto di saper riflettere sulle cose che viviamo e la capacità di saper pensare assumendo anche il punto di vista "dell'altro" riduce il nostro risentimento, i nostri pensieri ossessivi, l'umore malinconico e lo stress fisico conseguenti. Se riusciamo a lavorare così sui nostri sentimenti ostili possiamo ridurre anche le nostre difficoltà nei rapporti sociali. 

Altrimenti, mentre aspettiamo che l’offesa si raffreddi - perché la vendetta è un piatto che va mangiato freddo - accade che blocchiamo anche le nostre possibilità di evoluzione e ritardiamo la felicità. Nella maggior parte dei casi siamo pieni di rancore perché ci aspettiamo le scuse da quel mondo che scorre come vuole, e non funziona come vorremmo che funzionasse. Quando siamo rancorosi con tutti siamo inconsapevoli che, in realtà, non vogliamo rapporti armoniosi, ma preferiamo la punizione dei colpevoli. 

E mentre aspettiamo che giungano quelle scuse, non è raro che conquistiamo solo la rottura dei nostri affettivi e sociali. La cosa che dovrebbe colpirci del meccanismo perverso, almeno secondo l'opinione degli psicologi, è il fatto che la rabbia silenziosa del soggetto frustrato aumenta sempre più, perché i suoi interlocutori sembrano negargli quello che lui crede essere un suo diritto. La cosa più grave è il fatto che il risentimento apre la strada a molti altri sentimenti negativi. 

Uno di essi è l’amarezza che proviene dalla convinzione di essere stati traditi, sottovalutati. Oppure si sente di essere stati trattati come degli inetti, oppure come perdenti, perciò si sviluppa una crescente convinzione di essere incompresi. Dall'amarezza crescente proviene una crescente convinzione che la vita e l’umanità non valgano nulla, perciò restiamo sopraffatti dai fantasmi delle nostre delusioni. Appare evidente che, ogni volta che accettiamo di coltivare l’amarezza sprofondiamo nelle paludi della tristezza. 

Nel tenere il broncio vediamo l’atteggiamento infantile del bimbo che si sottrae, in conseguenza del fatto che un bambino ferito non riesce a essere disponibile davanti a chi non lo apprezza. Il bambino incompreso si nega a chi non lo comprende, per cui è disposto anche a soffrire per riuscire a far soffrire anche colui che lo rifiuta. Gli atteggiamenti negativi e distruttivi di questo genere sono molto comuni in tutti i soggetti che hanno un basso livello di autostima, e che non trovano altri modi per agire. Questo accade perché costoro si ritrovano in situazioni che non riescono a gestire. 

Anche il disprezzo nasce da una sensazione di inadeguatezza, che è unita al desiderio di affermare la propria superiorità. Questo vissuto emotivo viene sostenuta da una generosa dose di disgusto per l’altro; e il disgusto può essere ostentato in modo più evidente o meno. Questo meccanismo di emozioni distorte agisce anche nella mente delle persone affette da un negativismo preventivo e totale. Per costoro, tutto quello che viene fatto o proposto, non va mai bene, a prescindere dal contesto e dagli sforzi. 

La persona eccessivamente critica e negativa dimostra l'azione sotterranea di una volontà di sabotare le buone intenzioni degli altri, ma dimostra anche che il criticone sempre scontento coltiva il desiderio di non restare da solo in fondo all’abisso della sua angoscia. Gli psicologi dicono che gli atteggiamenti aggressivi contro le persone care provengono dall’accumulo del risentimento che è presente nei soggetti fragili o timidi che soffrono anche di gravi fobie sociali. 

È importante capire che queste persone andrebbero aiutate con la psicoterapia, poiché una minima frustrazione è in grado di innescare una reazione violenta. Queste persone davanti a fatti o atteggiamenti che percepiscono come atti di ostilità, rifiuto e disprezzo tendono a reagire come "duri" perciò si dimostrano capaci di compiere atti di violenza contro i soggetti che percepiscono come più deboli di loro. 

Questa è la conseguenza drammatica della collera repressa e dell’accumulo di impulsi e sentimenti negativi. Queste riflessioni ci fanno capire che un’esplosione d’odio causata dall’infelicità personale diventa un atto di violenza contro le donne, i bambini, gli anziani, gli animali, e coloro che vengono percepiti come soggetti fragili che non possono difendersi.

Buona erranza
Sharatan