sabato 28 febbraio 2015

In quiete



Cerco sempre di ricordare cos'è
la Quiete -
perché l'anima di Questo
Essere ne ha bisogno.

Ma c'è la società, si sa,
e ci sono le responsabilità ...

Io cammino nel Mondo Esterno e dimentico,
percorro a piedi il Mondo Interno e ricordo,
che tutto -
che ogni forma di pensiero,
ogni sogno alato,
di tutte le creature piumate -
è stato partorito
in
una
profonda
Quiete.

Questa mattina non credo
di aver visto nulla di più bello

più degli uccelli,
che si stagliano sul vapore che sale dal tetto,
il vapore,
che sorge dietro il profilo dei pini
e l'intera scena

accade in modo
tranquillo
divino.

(Em Claire, 2012)

giovedì 26 febbraio 2015

Eliminare l’inessenziale



“Dio che vedi i miei sforzi,
concedimi la notte dei tuoi occhi di cieco.
Provocato, Dio risponde: Mi tendo
fino a venir meno…”
(Georges Bataille)

“Quando il Buddha è vivo, lo tolleri appena. Al massimo, per gentilezza nei suoi confronti, lo vai ad ascoltare; ma non puoi credere che sia un Maestro. Anche se ci provi, non accade; anche se cerchi di importi la fiducia, in profondità resta il dubbio. Ma oggi, venticinque secoli dopo, il Buddha non è più un uomo in carne e ossa. Non si ammala mai, non ha mai fame, non ha bisogno di cibo o di medicine; adesso non morirà più, perché è immortale.

È il tempo, è il tempo che santifica ogni cosa e, poco a poco, dimentichi che egli è stato come te. Lentamente la vecchia immagine diventa d’oro, sale sempre più in alto, si perde in qualche angolo di paradiso e puoi scorgerla solo da lontano. A questo punto puoi anche crederci. Ma se il Buddha tornasse, lo respingeresti. Ecco perché Gesù viene adorato oggi, ma quando era vivo fu crocefisso: in vita lo crocifiggi e da morto lo adori. Come mai la morte lo rende tanto importante, così significativo?

La morte distrugge il corpo, quindi spezza ogni legame con te: a quel punto hai un’immagine spirituale, senza carne, senza ossa, metafisica. Ora puoi lavorare di immaginazione e attribuirgli tutte le qualità. Proietti. Puoi proiettare, avvolgere quella persona con i tuoi sogni; allora divengono sempre più mitologiche e sempre meno reali. Alla fine saranno completamente avvolte nel mito. A quel punto puoi anche adorarle, allora le puoi ascoltare.

Il problema però è che un Buddha può aiutarti mentre è vivo: quando è vivo, puoi assorbire il suo spirito. Quando un Buddha è vivo, è possibile comunicare, trasferire qualcosa. Viceversa, quando è morto diventa sempre più difficile. Come mai? Perché ciò che deve essere trasmesso non può essere comunicato attraverso il linguaggio. Se potesse essere trasmesso attraverso le parole basterebbero le scritture, i discorsi del Buddha.

Ma non si può trasmettere con le parole: esse sono soltanto il pretesto. Quando il Buddha ti parla è solo un pretesto per stabilire un contatto al livello della mente. Se sei recettivo, ai margini, starà succedendo sempre qualcosa: tra le parole, tra le righe, il Buddha ti sta raggiungendo. Questa è un’esperienza vivente.

Egli non deve trasferire una teoria, bensì se stesso; non deve comunicare un’ipotesi, una filosofia, ma un’esperienza vivente. Si tratta più di un’arte che di una filosofia. Anche se sai nuotare, non puoi insegnare il nuoto a qualcuno solo attraverso le parole: cosa potresti dire? Qualsiasi cosa tu dica, ti accorgeresti che è inadeguata. L’unico modo è portare con te il discepolo sulla riva del fiume.

Prima fagli vedere come nuoti - dagli coraggio, infondigli sicurezza - poi digli di raggiungerti in acqua: se lui ha fiducia in te, ti raggiungerà. A quel punto, puoi fargli fare l’esperienza. Solo l’esperienza può insegnare. E la spiritualità è come il nuoto, non puoi dire nulla al riguardo. Puoi descriverla, ma la descrizione è morta. La spiritualità è un’esperienza viva.

Alla presenza di qualcuno che conosce quell’arte, accade qualcosa. Egli non può esportela a parole, ma tu puoi apprenderla. E questo è il mistero: lui non può insegnare ma, se tu sei ricettivo, puoi imparare. Per cui ricorda: dipende più dal discepolo e dalla sua ricettività che dal Maestro. Lui c’è, è presente.

Ma, adesso, devi essere ricettivo e assorbire, devi essere aperto e lasciar accadere, devi permettere al Maestro di penetrare in te. Se hai paura, tutto il tuo essere si contrae e ti chiudi. Quando sei chiuso, il Maestro bussa continuamente alla tua porta, ma nessuno risponde; più egli bussa più ti spaventi e ti contrai. Per questo egli nemmeno bussa, perché sarebbe un’aggressione; si limiterà ad aspettare sulla soglia. Non appena sarai pronto e aprirai la porta, ti darà ciò che ha da dare, istantaneamente.

Cosa sta facendo un Buddha? Egli è un artigiano, ti sta mutando in un Dio: come uno scultore, continua a martellare la pietra, taglia qui e là, elimina ciò che non è essenziale e, a poco a poco, l’immagine viene alla luce. Era già presente prima che l’artista cominciasse a lavorare di martello e scalpello, quell’immagine c’era già, ma era presente anche l’inessenziale. L’inessenziale va frantumato e gettato via, in modo che l’essenziale possa affiorare e uscire allo scoperto.

Quindi cosa sta facendo un Buddha? Tu sei come una pietra: lui continuerà a lavorare di martello e scalpello, eliminando l’inessenziale e farà emergere l’essenziale in tutto il suo splendore. Allora nasce il meraviglioso, così il trascendente penetra in questo mondo. Un Buddha non sta portando nulla di nuovo nel mondo, ti sta semplicemente cambiando, ti sta trasformando.

Tu stai già portando l’altro mondo dentro di te, ma è troppo mescolato con questo mondo. È necessaria una separazione tra ciò che sei e ciò che possiedi, tra il possessore e il posseduto, tra lo spirito e il corpo, tra il centro e la circonferenza. È come un’arte. Nessun pittore può dirti come dipingere: devi vivere con il Maestro.

Se chiedi a Picasso: “Come fai a dipingere? Spiegami qualcosa, dammi delle indicazioni!” egli non potrà dare nessuna indicazione. È un fenomeno così incredibile, così inconscio che Picasso, quando dipinge non è consapevole di alcuna regola, non conosce manuali, leggi, indicazioni. Lui diventa il suo quadro, vi è completamente assorbito, non esiste più.

Le mani di Picasso sono solo strumenti, veicoli per un’altra energia. Osserva Picasso che dipinge: non è più un uomo. Non è più tra voi: è divenuto un creatore, non è una creatura. Ecco perché, quando il quadro viene alla luce, porta con sé qualcosa del trascendente. Ma questo non è nulla. Quando un Buddha parla, egli non è colui che parla. Quando un Buddha cammina, egli non è colui che cammina. Quando un Buddha pone la mano sulla tua testa, egli non è la mano.

Il Tao, o Dio o dagli il nome che preferisci, ha preso il sopravvento. Adesso quella mano non è del Buddha, è solo uno strumento: Dio ti sta toccando attraverso di lui e il Buddha non c’è più, non si frappone tra te e Dio. Ma questa cosa è una cosa che va sperimentata. È impossibile imparare qualcosa da un Buddha morto, inoltre, se non riesci ad imparare da un Buddha vivo come puoi sperare di imparare da un Buddha morto?

Ricorda questa parola: assorbire. Un Buddha va assorbito, va mangiato. Egli si trasforma nella tua carne, nelle tue ossa e, in tal modo, fluisce al tuo interno. La sua presenza va assorbita, e tu devi portarlo dentro di te. Questa è l’arte più grande che esista: fare di un uomo - un uomo che è sempre incline a diventare un animale - un Dio, ovvero cambiare la sua mente, abbandonare l’ego, permettere all’Assoluto di manifestarsi in lui.

Vuol dire portare l’oceano nella goccia, lasciare che l’oceano si riversi nella goccia: è l’arte suprema, la più elevata che esista. Nessuna sacra scrittura può trasmetterla: al massimo può accennarvi. Devi essere vicino a un Buddha vivente per capire cosa vuol dire tutto ciò. Ma una persona come il Buddha appare solo una volta ogni mille, duemila anni, e dopo di lui vengono religioni prive di vita, dove la gente partecipa ai riti senza sapere quello che fa.” (Osho Rajineesh)

martedì 24 febbraio 2015

I sogni della mente



“Per ciascuno di noi c’è un deserto da attraversare.
Una stella da scoprire. E una creatura,
in noi, a cui dare la luce.”
(Anonimo)

“L’uomo si crea la sua confusione, semplicemente perché continua a condannarsi, a rifiutare se stesso, a non accettarsi; di conseguenza, crea una catena di confusione, di caos interiore e di infelicità. Perché non ti accetti? Cosa ti impedisce di farlo? L’intera esistenza ti accetta per ciò che sei, ma tu non riesci a farlo. Ti sei fissato un ideale da raggiungere, e ogni ideale è sempre nel futuro. Deve esserlo; nessun ideale può esistere nel presente.

E il futuro non esiste da nessuna parte, non è ancora nato; ma, a causa del tuo ideale, vivi nel futuro, qualcosa che non è altro se non un sogno. A causa del tuo ideale, non riesci a vivere "qui e ora": a causa del tuo ideale condanni te stesso. Ogni ideologia, ogni ideale implicherà sempre una condanna, poiché crea nella mente un’immagine specifica. Paragonandoti continuamente a quell’immagine, avrai sempre la sensazione che manchi qualcosa, che hai perso qualcosa.

Non ti manca niente, non hai perso niente… sei perfetto così come sei, per quanto sia possibile essere perfetti. Cerca di comprendere questa realtà. Come mai nella tua mente continui a nutrire ideali? Perché non trovi sufficiente il tuo essere così come sei? Perché non senti la tua divinità, in questo preciso momento? Chi te lo impedisce?

Chi sta bloccando il tuo cammino? Perché non puoi essere felice e beato in questo preciso istante? Dov’è l’ostacolo? L’ostacolo è l’ideale stesso. Come potresti gioire? Sei così carico di rabbia, prima di tutto dovrebbe svanire quella collera. Come potresti essere beato? Come potresti sentire in questo stesso istante la tua divinità, come potresti celebrarla?

Sei talmente colmo di avidità, di passioni, di collera… prima di tutto dovrebbero svanire queste cose, poi sarai simile al divino. Se ti paragoni a un ideale, non potrai mai essere felice, è impossibile. Quando dici: “Se si avvereranno queste condizioni, sarò felice!”

Innanzitutto le tue condizioni non si avvereranno mai; secondariamente, anche se si avverassero, nel frattempo, avresti perso la capacità stessa di celebrare e gioire. Inoltre, anche se si avverassero - se mai, visto che è impossibile che si avverino - la tua mente creerebbe altri ideali. Ecco come voi tutti avete sprecato la vita, per un’infinità di incarnazioni.

Si crea un ideale, poi si vuole realizzarlo. A quel punto, nasce in te un senso di inferiorità e condanna. Condanni la tua realtà a causa dei sogni della tua mente, quei sogni sono sempre stati un elemento di disturbo. Il mio insegnamento è esattamente opposto: realizza la tua divinità interiore in questo stesso istante!

Accetta la tua collera, la tua sessualità, la tua avidità… e celebra la vita. A poco a poco, in te aumenterà la celebrazione e diminuirà la collera. Aumenterà la beatitudine e diminuirà l’avidità, aumenterà la gioia e diminuirà la sessualità. In questo modo avrai imboccato la via giusta, non può essere altrimenti: quando riesci a celebrare la vita nella sua totalità, tutte le cose sbagliate svaniscono.

Viceversa se, come prima cosa, fai di tutto per far scomparire dalla tua vita le cose sbagliate, queste non svaniranno mai. È come se combattessi contro l’oscurità… la tua casa è immersa nel buio e tu chiedi: “Come posso accendere una candela? Prima di accenderla, devo diradare un po’ questa oscurità!” Ecco cosa hai fatto: tu sostieni che, per prima cosa, deve sparire l’avidità poi arriverà l’estasi, il samadhi. Che stupidaggine!

Affermi che, come prima cosa, devi diradare un po’ il buio, poi puoi accendere la candela: come se il buio ti ostacolasse. L’oscurità è una non entità; non esiste, non ha alcuna consistenza; è soltanto un’essenza, non una presenza. Non è altro che l'assenza di luce: accendi la luce e l’oscurità svanirà.

Celebra, diventa una fiamma di beatitudine e tutto ciò che è fallace scomparirà: la rabbia, l’avidità, la sessualità o qualsiasi altra negatività. Non sono cose reali, non hanno alcuna consistenza; sono solo l’assenza di una vita beata ed estatica. Sei in collera perché sei incapace di gioire. Non sono gli altri che provocano la tua collera: se infelice perché sei incapace di gioire.

Questa è la ragione della tua collera, tutti gli altri sono solo dei pretesti. Sei incapace di celebrare, perciò non ti apri all’amore e ti limiti alla sessualità. Ti crei delle ombre e la tua mente ti dice: “Prima distruggi tutte queste negatività e poi il divino discenderà in te.”

Questa è una delle stupidaggini più antiche ed eclatanti che affligge l’umanità da sempre, e intacca tutti. Ti riesce difficilissimo pensare che, in questo stesso istante, puoi riconoscere il divino che è in te. Ma io ti chiedo: Cos’altro ti occorre? Cosa ti manca? Sei vivo, respiri, sei cosciente. Cos’altro ti occorre?

In questo stesso istante, puoi riconoscere il divino che è in te. Non preoccuparti, anche se senti che si tratta solo di un “come se,” anche se senti che si tratta solo di una ipotesi. Parti da quel “come se” e, ben presto, la realtà farà la sua comparsa, poiché in realtà tu sei!

E, nel momento in cui inizi ad esistere in quanto divinità, ogni infelicità, ogni miseria, ogni confusione, ogni oscurità svaniranno. Diventa una luce a te stesso, e in questo processo non ci sono condizioni a cui si debba sottostare.” (Osho Rajneesh)

sabato 21 febbraio 2015

La legge del perfezionamento



“Per fare ciò che è difficile, occorre
innanzitutto imparare a fare ciò che è facile.
Non si può cominciare dal più difficile.”
(Georges I. Gurdjieff)

Un giorno chiesero a Gurdjieff se fosse possibile impedire la guerra e Gurdjieff rispose che non era possibile perché le guerre sono il prodotto della schiavitù in cui vivono gli uomini. Le guerre avvengono a causa di influenze planetarie a cui gli uomini non riescono a sfuggire perché non vi sanno resistere. Non potendo o non sapendo sottrarsi a queste forze, gli uomini non sanno resistere all’impulso di uccidersi tra loro. Quando gli fu chiesto se fosse possibile che quelli che comprendono questo fatto potessero opporsi e potessero influenzare gli altri, Gurdjieff rispose che il tentativo era vecchio come l’umanità.

Fin dalla creazione del mondo si era tentato, ma non si era mai riuscito a farlo, perché il problema è che gli uomini non vogliono pensare a se stessi. Gli uomini non vogliono lavorare su loro, e non pensano ad altro che a sviluppare i mezzi per costringere gli altri uomini a fare ciò che vogliono loro. Anche se esistesse un gruppo di persone che vogliono impedire la guerra, disse Gurdjieff, costoro dovrebbero combattere contro quelli che vogliono la guerra.

La guerra ha moltissime cause e molte restano sconosciute, a cominciare da quelle che si nascondono nella stessa natura umana. Va saputo che la guerra è facilitata da alcune forze interne all'uomo e da altre forze e influenze esterne da cui l’uomo non riesce a liberarsi. Se non riusciamo e liberarsi da tutto quello che ci ostacola, non potranno finire le guerre.

Questo è lo scopo primario dell'uomo: liberarsi dalle influenze incontrollabili e rendersi cosciente. Questa è l'unica via d’uscita per l’essere umano. Se l'uomo resta schiavo interiormente ed esteriormente, non potrà mai governarsi e rimarrà schiavo di tutto ciò che ha il potere di agire su di lui. Senza la conoscenza di se stesso e dei suoi meccanismi interni, l’uomo non potrà essere mai libero. Perciò la guerra vedrà milioni di uomini addormentati che uccidono milioni di uomini addormentati. Solo il risveglio ci permette di vedere che l'umanità giace in un stato di sonno profondo che viene indotto e mantenuto dall’intera vita circostante e dalle condizioni dell’ambiente in cui si vive.

Ad esempio, spiegò Gurdjieff, la religione cristiana dovrebbe essere la religione che protegge la vita e proibisce l’omicidio. Ma tutti i progressi che abbiamo fatto sono stati progressi basati sull’omicidio, perché abbiamo ottenuto il successo con l’uccisione di altre forme di vita. Perciò tutti questi progressi sono stati contrari ai principi cristiani che la maggioranza delle persone dice di seguire. Ma avviene lo stesso fenomeno con tutte le altre credenze religiose e con le concezioni politiche quando i dogmi si sostituiscono alla consapevolezza e alla coscienza del singolo. Secondo Gurdjieff, tutte le guerre, le rivoluzioni e le grandi migrazioni di massa sono causate dall'insieme delle forze che sanno imprimere un impulso a cui l'apparato ricevente umano non sa resistere.

L’uomo può captare molte influenze diverse perciò le masse sono sottoposte al controllo di molte influenze planetarie. Oggi l’umanità è composta da milioni di automi che obbediscono meccanicamente a tutti gli stimoli esterni a cui non riescono a ribellarsi. Essi non sanno muoversi seguendo la loro volontà, la loro coscienza oppure le loro tendenze individuali perciò subiscono tutte le influenze che vengono da vicino oppure da lontano.

Il maestro Aivanhov dice che l’umanità ha lo scopo di rendere più bella la terra, perciò l’uomo deve imparare a vibrare all’unisono con il mondo divino. Quando l’uomo avrà imparato a farlo, la terra verrà trasformata perché la trasformazione della terra è collegata con l’apprendimento umano e con la trasformazione del corpo fisico. Il corpo fisico è il prodotto dell’attuale fase evolutiva terrestre, infatti è il prodotto della quarta fase di evoluzione della Terra. Perciò quando sarà avvenuta la trasformazione dell’uomo avverrà anche la trasformazione della terra. La terra verrà trasformata, e la sua trasformazione avverrà quando il corpo dell’uomo sarà diventato una materia vibrante e luminosa.

Dopo la metamorfosi umana anche il nostro pianeta diverrà puro, vibrante e luminoso. La terra sarà bella e luminosa come l’essere sottile, vibrante e luminoso che l’avrà prodotta. Il mondo cambierà quando saranno cambiati gli esseri umani che ci vivono. E va saputo che, il lavoro che gli uomini fanno su di loro per cambiare il loro corpo fisico, per cambiare il loro cervello e la loro mente non sono utili soltanto per il loro progresso personale.

Chi lavora al suo risveglio e al suo perfezionamento, non lavora solo per se stesso ma lavora per aiutare tutta l’evoluzione generale. Sulla terra tutti lavorano per aiutare la trasformazione generale del nostro pianeta. Solo quando gli uomini avranno svolto questa missione potranno andare in altri sistemi planetari e vivere in altre dimensioni, ma non possono farlo prima!

Attualmente la terra è tanto grossolana e opaca che avrà bisogno di milioni di anni e di milioni di creature per essere trasformata: e la metamorfosi della terra avverrà mangiandola. Questo concetto è una questione strana per la scienza medica che non comprende, e non riesce a collegarla al vero motivo per cui noi uomini mangiamo. Se ci riflettiamo meglio, comprendiamo che il cibo non è altro che “terra.” Il cibo è un prodotto del sole che viene rielaborato dalla terra, ma resta sempre terra. La "terra" contenuta nel cibo passa attraverso di noi perché viene ingerita, rielaborata, digerita, e poi espulsa dall'uomo. Questo processo è continuo, perciò la terra si riempie delle emanazioni e vibrazioni prodotte dai nostri pensieri e sentimenti.

Una volta che la terra sarà impregnata tutta dai pensieri e dai sentimenti più luminosi e trasparenti, diverrà anch'essa un pianeta fatto di materia pura e luminosa. La terra riceve e dona continuamente, ma dà sempre qualcosa che è diverso da quello che diede in passato. Il senso della vita è lavorare alla trasformazione della materia.

La materia densa e pesante deve essere spiritualizzata, perciò tutti quelli che sostengono l'evoluzione vengono aiutati e sostenuti. Tutti affrontano l'evoluzione anche se qualcuno è più lento, perché la forza che sta lavorando in loro per far apparire tutte le loro qualità e virtù è lenta, perciò avanzano con più fatica e sembra che evolvano in modo impercettibile. La legge della vita è avere uno sviluppo verso la perfezione, perciò la legge del perfezionamento non può venire ostacolata senza dover subire le conseguenze. Questo è il senso della nostra missione individuale e collettiva, e sebbene gli uomini siano ancora abbrutiti, tutta l'umanità avrà un perfezionamento.

Molti continenti sono scomparsi perché vi si opposero, e oggi pochissimi lavorano coscientemente per scongiurare il pericolo. La maggior parte degli uomini lavora per dominare meglio, per avere sempre di più e per godersi la vita a danno degli altri. Prova ne è che, quando essi hanno ottenuto qualcosa, cercano di avere sempre più, e tengono tutto quello che hanno ottenuto solo per loro. Agiscono così perché il fine del loro lavoro e dell'agire è egoista. E non si creda che il perfezionamento provenga da fuori ossia dal mondo esterno. E se c'è qualcuno che ci promette di poter avere tutto senza dover fare degli sforzi, ci sta ingannando.

Al contrario di quanto si crede, quando otteniamo qualcosa senza doverci sforzare troppo, ne veniamo danneggiati e diventiamo sempre più infelici. Ma perché accade così? Perché se non abbiamo faticato per avere una cosa non abbiamo costruito il senso del valore di essa. Tutto quello che è ottenuto senza dover fare fatica non sappiamo apprezzarlo. È normale che non si sappia apprezzare ciò che si ottiene senza faticare, dice il maestro Aivanhov, perciò non stupisca se l'evoluzione richiede tanto lavoro, tanto tempo e tanta fatica.

Buona erranza
Sharatan

martedì 17 febbraio 2015

Negli occhi degli altri



“Assegniamo a come ci vedono gli altri
più realtà del modo in cui vediamo noi stessi.
Ma ciò equivale a vederci come un oggetto,
perdendo il cuore del nostro vero essere.”
(Jean-Paul Sartre)

“Tutti vogliamo essere importanti. Tutti vogliamo essere accolti, apprezzati e desiderati. E quando riceviamo una forte approvazione da un altro, l’entusiasmo che proviamo viene spesso scambiato per amore. Molti di noi cominciano a desiderare ardentemente quella persona, a desiderare la sensazione che proviamo in sua compagnia. Ma ciò che desideriamo non è l’altra persona: bramiamo la soddisfazione che l’altro ci procura, la momentanea sensazione di essere meravigliosi.

Non amiamo davvero, ma ci siamo semplicemente innamorati di un’immagine di noi stessi e valutiamo il successo del rapporto in base a quanto ci fa sentire speciali. È importante prenderci un momento per riflettere su che cosa sia in realtà questo sentirci speciali, perché molti ne hanno così bisogno e come sia profondamente diverso dall’amare davvero. Molti di noi dipendono dal senso di benessere che deriva dall’approvazione altrui.

Sin dalla culla ci viene insegnato a mettere in atto ogni tipo di trucchi per ricevere amore e attenzione. L’idea di doverci comportare in un certo modo per essere degni di ricevere amore può durare tutta la vita. Spesso ci comportiamo in modo da compiacere chi ci è vicino, diciamo una cosa pensandone un’altra, ci vestiamo nel modo giusto, guidiamo le macchine giuste e vogliamo un partner che ci riempia di orgoglio quando lo esibiamo in pubblico.

Più approvazione riceviamo dagli altri, più pensiamo di essere “grandi.” Pochi comprendono che è uno dei maggiori ostacoli all’innamoramento e all’amore. Parte di questa eccitazione consiste nel vederci attraverso gli occhi degli altri, ma è una spada a doppio taglio. Se gli altri ci guardano con gli occhi dell’apprezzamento, ci sentiamo fiduciosi in noi stessi; ma se ci guardano in modo critico o con delusione, perdiamo tutta la fiducia in noi. E se gli altri non ci guardano affatto, ci sembra di non esistere.

Se il senso del nostro valore dipende dal modo in cui ci vedono gli altri, è molto facile perderlo. La persona che il giorno prima ci ammirava così tanto, può non provare più niente per noi il giorno dopo. Oppure possiamo sviluppare nuove modalità che non le piacciono più. Può presentarsi un’infinità di cose che le piacciono più. Può presentarsi un’infinità di cose che alterano questo equilibrio, causando la perdita di questo nostro meraviglioso sentirci bene.

Proprio per questo molti rapporti iniziano in modo meraviglioso, e qualche mese dopo cominciano a vacillare. Mentre i partner rivelano sempre nuovi aspetti di se stessi, iniziano a guardarci con altri occhi. Nascono le prime critiche. Il fremito dell’iniziale adorazione inizia a svanire come l’aria che esce da un palloncino. Benché dolorosa e spesso scioccante, la fine di quel fremito non è così negativa. Se amiamo qualcuno in virtù della sua adorazione per noi, inutile dire che non è certo amore. Non è nemmeno salutare, e probabilmente non durerà a lungo.

Una storia zen racconta che una scimmia sedeva sulla sponda di un lago e vide il riflesso della luna nell’acqua. Incantata, entrò nell’acqua per prenderlo. Ma più cercava di afferrarlo e più il riflesso si sottraeva, frantumandosi in mille riflessi causati dalle onde che la scimmia produceva. La scimmia non riusciva a capire che era solo un riflesso. Alla fine, in un ultimo disperato tentativo di acchiappare la luna, si tuffò nell’acqua e annegò. Se avesse smesso di agitare l’acqua e avesse guardato in alto, avrebbe visto la vera luna nel cielo.

Quando smettiamo di agitare l’acqua dell’amore, quando rinunciamo alla nostra folle sete di approvazione e la finiamo di cercare il nostro riflesso negli occhi dell’altro, iniziamo a scoprire chi siamo davvero. A questo punto ci mancano solo pochi passi per essere capaci di innamorarci davvero. Nella pratica zen, ogni persona è la persona giusta da amare, esattamente così com’è.

Il senso del sé che nasce con la pratica dello zen è diverso. Si fonda su ciò che è reale e durevole, e non su qualcosa che si può perdere da un momento all’altro. Lo zen lo chiama il “vero uomo senza rango”. È il sé che non dipende dall’approvazione degli altri o dalle circostanze esterne per sentirsi completo e felice. Con il bello e il brutto tempo procede per la sua strada, incontaminato.” (Brenda Shoshanna, Lo zen e l’arte di innamorarsi, Il Punto d’Incontro ed.)

sabato 14 febbraio 2015

Gioisci nel tuo essere



“Mi sembra di non essere totale nel mondo e neppure un osservatore sulla collina. Come posso fare per essere da qualche parte? Mi sembra di essere in mezzo a tutto ciò che faccio. Quello è proprio il luogo in cui dovresti essere. Continui a creare problemi. Ovunque tu sia, stai lì. Non è necessario essere un osservatore sulla collina. Non dovrebbe esistere nessun "dovere". Quando il dovere entra nella tua vita, sei già avvelenato. Non dovrebbe esistere meta alcuna. Non dovrebbe esistere nulla di giusto e nulla di sbagliato. Questo è il solo peccato: pensare in termini di divisione, di valori, di condanna, di apprezzamento.

Ovunque tu sia... non c'è nulla di male nell'essere a metà tra l'osservatore sulla collina e un uomo di mondo. Quello è proprio il punto in cui dovresti essere. E io ti dico: ovunque sei, se riesci ad accettarlo, immediatamente, proprio lì, in quel preciso istante, sei diventato un osservatore distaccato, sulla collina. Perfino l'inferno, se lo accetti, scomparirà, perché può rimanere in vita solo grazie al tuo rifiuto. L'inferno scompare e compare il paradiso. Qualsiasi cosa accetti diventa paradisiaca, e qualsiasi cosa rifiuti diventa un inferno.

Si dice che un santo non possa essere gettato all'inferno, perché conosce l'alchimia per trasformarlo. Avrai sentito dire che i peccatori vanno all'inferno e i santi in paradiso, ma hai sentito dire la cosa sbagliata. Accade l'esatto opposto: ovunque un peccatore vada, creerà un inferno e ovunque vada un santo, creerà un paradiso. I santi non vengono mandati in paradiso: non esiste nessuno in grado di farlo, non c'è nessuno che possa farlo! Ma ovunque essi vadano, sono fatti così: essi si creeranno il loro paradiso. Portano in sé il loro paradiso, è dentro di loro.

E i peccatori? Li puoi mandare in paradiso: vi creeranno un inferno. Non possono fare altrimenti. Qual è dunque la definizione di un santo e quella di un peccatore? La mia definizione è questa: un santo è colui che è giunto a conoscere il segreto alchemico in grado di trasformare tutto in un paradiso. E il peccatore è colui che non conosce come trasformare le cose in esistenze magnificamente belle. Anzi, al contrario, rende tutto orribile. Qualsiasi cosa sei, verrà riflessa intorno a te. Per cui, non cercare di essere qualcos'altro. E non cercare di essere da qualche altra parte.

Questa è la malattia chiamata "uomo": diventare sempre qualcuno, essere sempre da qualche altra parte, rifiutare sempre ciò che si è, brancolare sempre verso qualcosa che non si è. Questo è il male chiamato uomo. Stai attento! Lo vedi?! È un fatto elementare, evidente. Non ne faccio una teoria, non sono un teorico. Sto semplicemente indicando un fatto nudo e crudo: se riesci a vivere in questo momento, ovunque tu sia, scordandoti il futuro, le mete, l'idea di diventare qualcun altro, immediatamente il mondo interno a te si trasforma; sei diventato una forza trasformatrice.

L'accettazione.... una accettazione profonda e totale è l'essenza della religione. A vuole diventare B. B vuole diventare C. In questo modo sorge la febbre del diventare. Ma tu non sei un processo in divenire, sei un essere. Sei già ciò che puoi essere, ciò che potrai mai essere: lo sei già. Non devi più fare nulla; sei già un prodotto finito. E questo il senso che io do alla storia della creazione di Dio: quando il perfetto crea, la creazione è perfetta.

Quando Dio crea, come si può migliorare la sua creazione? Pensa a quanto sarebbe assurda; l'idea in sé è assurda. Se cerchi di migliorare Dio, non potrai mai farlo. Potrai solo cadere nell'infelicità più nera, ecco tutto. E soffrirai senza ragione. E soffrirai mali che esistono solo nella tua immaginazione. La creazione di Dio significa solo questo: dalla perfezione sorge solo perfezione. Tu sei perfetto! Non occorre altro. Osserva in questo preciso istante, in questo momento, guarda dentro di te. Dai uno sguardo diretto: cosa ti serve?

Tutto è semplicemente perfetto ed è bello. Non riesci a vedere neppure una nuvola. Osserva dentro di te: non esiste una sola nuvola nel tuo spazio interiore. Tutto è colmo di luce. Ma la mente prima o poi, ti dirà di essere qualcos'altro, di essere da qualche altra parte, di diventare qualcosa o qualcuno. La mente non ti permette di essere: la mente è un divenire, e la tua anima è un essere. Ecco perché i Buddha continuano a dire: "Se non abbandoni ogni desiderio, non ti realizzerai mai!"

Il desiderio è sinonimo di divenire. Desiderare vuol dire essere qualcos'altro. Desiderare significa non accettarti per ciò che sei, non avere uno stato d'animo di piena accettazione, non importa quale sia la situazione. Dire di sì alla vita, è segno di religiosità; dire di no alla vita è irreligiosità. E ogni volta che desideri qualcosa, dici di no. Affermi che qualcosa di meglio potrebbe essere possibile. Gli alberi sono felici e così pure gli uccelli e le nubi nel cielo, perché non hanno divenire alcuno. Sono semplicemente qualsiasi cosa sono.

La rosa non cerca di diventare un fior di loto. No, la rosa è assolutamente felice di essere ciò che è. Non potrai mai persuadere una rosa: per quanto potrai decantare il fior di loto, non riuscirai mai a corrompere la mente della rosa, ed a farla diventare un fior di loto. La rosa si limiterà a ridere, perché "una rosa è una rosa è una rosa." È semplicemente centrata, è stabile nel suo essere. Ecco perché l'intera natura non è affatto febbricitante: è calma, quieta e tranquilla. È stabile, assestata in se stessa!

Solo la mente umana vive in un caos, perché tutti aspirano a diventare qualcun altro. Ed è ciò che si è cercato di fare per migliaia di vite. E se non ti svegli ora, quando mai lo farai? Sei già maturo per risvegliarti. Inizia da questo preciso istante a vivere godendoti la vita e apprezzandola. Dimetti ogni desiderio! Godi qualsiasi cosa tu sia. Gioisci nel tuo essere.

E all'improvviso scomparirà il tempo, perché il tempo può esistere solo con il desiderio. Il futuro esiste a causa del tuo desiderio. In questo caso sarai simile a un uccello: ascoltane il canto. Sarai simile agli alberi: osservali, nella loro freschezza, nel loro verde, immersi nei fiori. Per favore, sii dove sei. Io non sono qui per creare in te un nuovo desiderio.

Sono qui solo per renderti consapevole dell'assurdità di tutto il processo del desiderio. Il desiderio è samsara. Comprendere la futilità del desiderio è illuminarsi. Colui che ha scoperto di essere già ciò che voleva essere, è un Buddha. E voi tutti siete Buddha, per quanto possiate essere addormentati e russare: questo non fa affatto differenza! Lasciate che io sia la vostra sveglia. Aprite gli occhi. Avete dormito a sufficienza. È ora di svegliarsi. Il mattino bussa alla vostra porta.” (Osho Rajneesh)

giovedì 12 febbraio 2015

L'osservazione è meditazione



“La meditazione è avventura, la più grande avventura che la mente umana possa intraprendere. Meditazione è semplice esistere, senza far nulla: senza azione, senza pensiero, senza emozione. Sei semplicemente e vibri di pura letizia. Dove ha origine questa letizia, visto che non stai facendo nulla? Non ha un'origine, oppure si sprigiona da tutto. Non ha causa, in quanto l'esistenza si compone di quella sostanza chiamata gioia.

Quando non fai assolutamente nulla - di fisico, di mentale, o a qualsiasi altro livello - quando ogni attività si è arrestata e tu esisti semplicemente, sei e basta, quella è meditazione. Non la puoi fare, non è una pratica: la devi solo comprendere. Ogni volta che riesci a trovare il tempo per essere semplicemente, abbandona ogni azione. Anche il pensiero è un'azione, anche la concentrazione è un'azione e così pure la contemplazione.

Se anche per un solo istante non fai nulla, e ti trovi nel tuo centro, assolutamente rilassato, sei in meditazione. E quando hai capito il trucco, puoi restare in quella dimensione quanto vuoi, e alla fine ci puoi vivere ventiquattro ore su ventiquattro. Quando ti sei reso conto di come il tuo essere può vivere indisturbato, pian piano puoi iniziare ad agire, stando attento a non turbare il tuo essere. Questa è la seconda parte della meditazione.

Come prima cosa si impara a essere semplicemente, quindi si apprendono piccole azioni: pulire il pavimento, farsi la doccia, restando nel proprio centro. Infine, si possono fare cose più complesse. Ad esempio, io vi parlo, ma la mia meditazione non ne è affatto disturbata. Posso continuare a parlare, ma nel mio centro più intimo non esiste turbamento alcuno: è semplice silenzio, puro silenzio.

Dunque, la meditazione non si contrappone all'agire. Non si tratta di fuggire dalla vita. Si limita a insegnarti un nuovo stile di vita: diventi il centro del ciclone. La tua vita continua, di fatto acquista intensità maggiore: è più allegra, più limpida, più ampia, più creativa; tuttavia, tu resti distaccato, un osservatore sulle colline, ti limiti a osservare ciò che accade intorno a te. Tu non sei colui che agisce, sei l'osservatore.

Questo è il segreto della meditazione: diventare colui che osserva. L'agire prosegue nella dimensione che gli è propria, non pone problemi: tagli la legna, prendi l'acqua al pozzo. Puoi fare cose piccole e grandi; una sola cosa non è permessa: non devi perdere il tuo centro. Quella consapevolezza, quell’osservazione, devono restare assolutamente prive di nubi, libere da qualsiasi perturbazione.

Nell'ebraismo esiste una scuola dei misteri ribelle, chiamata chassidismo. Il suo fondatore, il Baal Shem, era un essere raro. Nel cuore della notte andava al fiume: era la sua routine, perché di notte al fiume c’era silenzio assoluto e quiete. E lui sedeva semplicemente, senza far nulla, si limitava a osservare il proprio sé, e osservava colui che osserva. Una notte, mentre tornava a casa, passò vicino alla casa di un ricco e vide il guardiano sulla soglia.

Questi era perplesso, perché ogni notte, esattamente alla stessa ora, lo vedeva tornare a casa. Quella notte uscì e chiese a Baal Shem: “Perdonami se ti importuno, ma non riesco più a frenare la mia curiosità. Mi perseguiti giorno e notte, continuamente. Di cosa ti occupi? Perché vai al fiume? Molte volte ti ho seguito, e non è accaduto nulla: sei rimasto seduto per ore e poi, nel cuore della notte, sei tornato indietro”.

Il Baal Shem rispose: "So che mi hai seguito molte volte, perché la notte è così silenziosa che io posso sentire i tuoi passi. E so che ogni giorno ti nascondi dietro quella soglia. Ma non sei il solo a essere curioso, anch'io voglio sapere di te: cosa fai?” L'uomo disse: “Il mio lavoro? Sono un semplice guardiano”. E il Baal Shem replicò: “Mio Dio, mi hai dato la parola: io faccio il tuo stesso lavoro!” E il guardiano: “Ma non capisco. Se sei un guardiano, dovresti stare di guardia a qualche casa, in un palazzo. Cosa guardi là, seduto sulla sabbia?”

Il Baal Shem disse: “Esiste una piccola differenza: tu guardi che qualcuno dall'esterno non entri in casa; io mi limito a guardare colui che guarda. Chi è questo guardiano? Questo è lo sforzo di tutta la mia vita: io guardo me stesso.” Il guardiano chiese: “Mi sembra un lavoro strano. Chi ti paga?”

E il Baal Shem disse: “La beatitudine è così squisita, la gioia e la benedizione sono così grandi, che bastano da sole come ricompensa. Un solo istante fa impallidire al confronto tutti i tesori della terra”. Il guardiano disse: “È strano, per tutta la mia vita ho fatto la guardia. E non ho mai incontrato un'esperienza così bella. Domani notte verrò con te. Insegnami. Perché io so guardare, sembra soltanto che sia necessaria una direzione diversa: tu guardi in una direzione differente”.

Esiste un solo passo da compiere: cambiare direzione, dimensione. Si può mettere a fuoco la sfera esteriore, oppure si possono chiudere gli occhi al mondo esterno e lasciare che la nostra intera consapevolezza sia centrata all'interno. E così saprai, in quanto tu sei colui che conosce, tu sei consapevolezza. Non l'hai mai perduta. La tua consapevolezza è semplicemente coinvolta in mille cose. Distogli la tua consapevolezza da tutto quanto e lascia semplicemente che riposi dentro di te, e sarai arrivato a casa.

L'essenza, lo spirito della meditazione è imparare a essere un testimone. Il richiamo di un corvo... tu lo ascolti. Esistono due elementi: l'oggetto e il soggetto. Ma non riesci a vedere un testimone che li vede entrambi? Il corvo, colui che ascolta, e in più qualcun altro che li osserva entrambi: è un fenomeno elementare. Vedi un albero: ci sei tu, c'è l'albero, ma non riesci a vedere un'altra cosa?

Ci sei tu che stai osservando l'albero, e c'è un testimone in te che osserva te che vedi l'albero. L'osservazione è meditazione. Non importa ciò che osservi. Puoi guardare gli alberi, puoi guardare il fiume, puoi guardare le nubi, puoi guardare i bambini che giocano. L'osservare è meditazione. Ciò che osservi non ha importanza; l'oggetto non è importante. La qualità dell'osservazione, la qualità del tuo essere cosciente e all'erta, questo è la meditazione.

Ricorda una cosa: meditazione significa consapevolezza. Qualsiasi cosa tu faccia con consapevolezza, è meditazione. L'azione non è importante, ciò che importa è la qualità che tu metti nel tuo agire. Camminare può essere una meditazione, se cammini con attenzione. Stare seduto può essere una meditazione, se siedi con attenzione. Ascoltare il canto degli uccelli può essere una meditazione, se lo ascolti con presenza attenta. Il semplice ascolto del chiasso interiore della tua mente può essere una meditazione, se resti un osservatore attento. In sostanza, non devi agire nel sonno.

Allora, qualsiasi cosa tu faccia diventa meditazione. Il primo passo nella sfera della consapevolezza consiste nell'essere estremamente attenti al proprio corpo. Pian piano, si diventa attenti a ogni gesto, a ogni movimento. E in questo processo di consapevolezza inizia ad accadere un miracolo: molte cose che avevi l'abitudine di fare scompaiono semplicemente; il tuo corpo diventa più rilassato, la sua armonia migliora. Perfino nel tuo corpo si sviluppa una profonda quiete, inizia a vibrare una musica sottile.

A quel punto inizia a essere consapevole dei tuoi pensieri; con i pensieri si deve fare la stessa cosa. Sono più sottili del corpo e ovviamente sono anche più pericolosi. E allorché diventi cosciente dei tuoi pensieri, ti stupirà vedere ciò che accade dentro di te. Se metti per iscritto ciò che accade in te, in un qualsiasi istante, rimarrai esterrefatto. Non potrai credere che tutto ciò stia avvenendo in te. Dopo dieci minuti, rileggi: vedrai che in te vive una mente folle!

Poiché non ne siamo consapevoli, questa follia continua la sua corsa subliminale, influenzando tutto ciò che fai e tutto ciò che non fai: determina ogni cosa. E la tua vita è il risultato finale di tutto ciò! Quindi, questo pazzo deve essere trasformato. E il miracolo della consapevolezza è consapevole. Il fenomeno stesso dell'osservazione cambia ogni cosa. Pian piano il pazzo scompare, pian piano i pensieri entrano in uno schema; il loro caos scompare, essi diventano un cosmo. A quel punto, di nuovo sorge una quiete più profonda.

E quando il tuo corpo e la tua mente sono in pace, vedrai che sono anche in sintonia tra loro, esiste un collegamento: ora non corrono più in direzioni opposte, non cavalcano due diversi cavalli. Per la prima volta sono in sintonia, e quella sintonia è di immenso aiuto per lavorare nella terza fase: diventare consapevoli dei propri sentimenti, delle proprie emozioni, dei propri stati d'animo. Quello è il livello più sottile, ed è il più difficile, ma se riesci a essere consapevole dei pensieri, sarà solo un passo ulteriore: un po' più di intensità nella consapevolezza e rifletterai i tuoi stati d'animo, le emozioni, i sentimenti.

Quando sei consapevole di tutte e tre le cose, queste si uniscono in un unico fenomeno. E quando sono una sola entità, quando funzionano insieme in maniera perfetta, sulla stessa lunghezza d'onda, potrai sentire la loro musica: sono diventate un'orchestra. E a quel punto avviene il quarto stadio, che tu non puoi creare. Accade da solo: è un dono della totalità, è una ricompensa per quanti hanno compiuto i primi tre passi. E quel quarto stadio è la consapevolezza suprema che risveglia.

Si diventa consapevoli della propria consapevolezza: quello è il quarto. E ciò rende un Buddha, il risvegliato. E solo in quel risveglio si può sapere cosa sia la beatitudine. Il corpo conosce il piacere, la mente conosce la felicità, il cuore conosce la gioia, il quarto conosce la beatitudine. La beatitudine è la meta del sannyas, dell'essere un ricercatore, e la consapevolezza è il sentiero che vi conduce.

Ciò che importa è osservare con attenzione, non dimenticarsi di osservare, di essere colui che osserva... che osserva... che continua a osservare. E pian piano, l'osservatore diventerà più solido, più stabile, meno titubante, a quel punto avverrà una trasformazione: le cose che tu osservavi scompaiono. Per la prima volta, l'osservatore stesso diventa ciò che era osservato, il guardiano diventa la cosa guardata. E tu sei arrivato a casa.” (Osho Rajneesh)

martedì 10 febbraio 2015

Cos'è il presente?



Sono un guardiano del gregge.
Il gregge sono i miei pensieri
e i miei pensieri sono tutti sensazioni.

Penso con gli occhi e con le orecchie
e con le mani e coi piedi
e con il naso e con la bocca…
Pensare un fiore, è vederlo e respirarlo.
E mangiare un frutto è saperne il senso.

Ecco perché quando un giorno di caldo
mi sento triste di goderne tanto,
e mi stendo completamente nell'erba,
e chiudo gli occhi che bruciano,
sento che tutto il corpo è steso nella realtà,
so la verità e sono felice.

Tu dici, vivi nel presente;
vivi solo nel presente.
Ma io non voglio il presente, voglio la realtà:
voglio le cose che esistono, non il tempo
che le misura.

Cos'è il presente?
È qualcosa di relativo al passato e al futuro.
È una cosa che esiste in funzione dell'esistenza
di altre cose.

Ma io voglio la sola realtà, le cose senza presente.
Non voglio includere il tempo nel mio schema.
Non voglio pensare le cose in quanto presenti:
le voglio pensare in quanto cose.
Non le voglio separare da esse stesse,
trattandole come presenti.

Non dovrei nemmeno trattarle come reali.
Non dovrei trattarle affatto.

Dovrei solo vederle, semplicemente vederle;
vederle fino al punto di non poterle pensare,
vederle fuori dal tempo, fuori dallo spazio,
vederle con la facoltà di toglier tutto tranne il visibile.
Ecco la scienza del vedere, che non è scienza.

(Fernando Pessoa)

domenica 8 febbraio 2015

Nessuno



“Ti chiedo di ricordare che nessuno ha qualcosa da dare che tu non possiedi già. Dimentica maestri e guru, dimentica le conoscenze secolari e ristrette delle sette. Dimentica i dogmi, l’esoterismo, la metafisica. Nessuna di queste cose ti libererà dalla sofferenza e dal dolore, anzi, aumenterà il carico che hai già sulle spalle. Sii realistico riguardo la tua esperienza qui. C’è solo una persona che deve svegliarsi, e quella se tu. Chi ha un dono da darti non te lo negherà. Quelli che ti negano informazioni o amore, non hanno doni per te.

Guardati da quelli che ti fanno fare un sacco di cose o stare in coda. Si stanno solo riempiendo le tasche a spese tue. Non tollerare l’idea che la salvezza stia altrove. Non è così. Se glielo permetti, le persone saranno fin troppo contente di darti prescrizioni o di toglierti la libertà. Non vivere secondo le regole di qualcun altro. Vivi secondo le regole divine. Tieni in altissima considerazione il tuo sé. È e deve rimanere inviolabile. Tieni in altissima considerazione gli altri. Devono essere rispettati e lasciati liberi.

Ma con chiarezza e spirito lascia andare le relazioni con persone che ti dicono cosa pensare e cosa fare. Non credere all’idea che là fuori ci sia qualcosa da raggiungere se solo tu ti comportassi meglio, fossi migliore, più spirituale, più intelligente… finisci tu la frase. Non riempire le tasche di chi ti fa vuote promesse, qualunque cosa ti prometta: più sicurezza, più soldi, più pace mentale, più illuminazione.

Amico mio, tu sei già illuminato. Sei già completamente al sicuro. Hai già la pace mentale e tutte le risorse necessarie per compiere il tuo scopo creativo. C’è solo una cosa che non hai: la consapevolezza che tutto questo sia vero. E nessuno ti può dare questa consapevolezza. Non io, non qualche venditore di auto usate, non uno swami che vende samadhi porta a porta. Se qualcuno ti dice che lo può fare, è il momento giusto per farti una bella risata…

Nessuno ti può dare la consapevolezza! La consapevolezza non è un dono, ma un’azione del sé, un movimento energetico a essere presenti e abbracciare la vita. La consapevolezza esiste a priori da tutti gli esseri. Ti basta desiderare di essere consapevole ed ecco la consapevolezza. Viene e va insieme al respiro. Se vuoi essere consapevole, respira!

Inspira per abbracciare il momento presente. Respira per rilasciarlo. Respira, respira, respira. Ogni respiro è un atto di consapevolezza. Se venissi a casa tua e ti dicessi che vendo respiri a 5 milioni di dollari al pezzo, troveresti la cosa piuttosto divertente, non è così? Mi diresti: “Fantastico, amico, ma io ho già tutti i respiri che mi servono.” È ovvio che li hai. Ma continui a dimenticarli di averli.

Continui a comprare assicurazioni, a innamorarti di principi o principesse azzurri, a dare la caccia al medico che ti farà star bene o allo swami che ha capito tutto e te lo vende per cinquanta dollari. Sai, quelli che hanno quei nomi lunghissimi che si fa fatica a pronunciare. Respira, amico mio. Proprio così, fai un bel respiro. Nessuno ha quello che ti serve. Mi hai sentito? Nessuno!

Vedi, siete davvero tutti soli qui. Ma non è problematico come pensi, perché non ti manca nulla. Se rimani con te stesso abbastanza a lungo, senza demandare il tuo potere a qualcun altro, riuscirai a rimettere insieme tutti i pezzi frammentati e dispersi di te stesso per il semplice motivo che non sono mai andati perduti. Erano solo stati coperti durante la tua corsa verso l’uscita.

‘Rimani con te stesso e ci riuscirai!’ Un gran bel consiglio da parte di un sant’uomo, ti pare? ‘Faremmo meglio a mandarlo a qualche corso di imprenditoria su spiritualità e business, altrimenti come farà a campare?’ Ho una bella notizia per voi, amici. Non devo fare nulla per campare. Sto già vivendo. Come lo state facendo voi. Rimanete con voi stessi e l’otterrete, perché non l’avete mai perso.

Un momento eri pienamente presente, il successivo il tuo corpo era lì, ma la tua mente era in vacanza alle Bahamas. Ora, dopo trent’anni o dopo chissà quanto, puoi ritornare a te stesso, rivendicare il tuo corpo ed essere presente nel prossimo momento. Puoi credere che siano passati trent’anni tra un respiro e l’altro?

Per quanto strano ti possa sembrare, è un’esperienza comune. Non devi sentirti imbarazzato. Quanti respiri hai fatto in piena consapevolezza? Non badare al passato. Comincia adesso. Respira e riprenditi la tua vita. Respira e lascia andare tutte le stampelle mentali ed emozionali che hai usato. Respira e liberati da tutte le parole che ti hanno detto figure autorevoli. Respira e rilassati. Respira e diventa forte. Respira e sii. Sei autentico. Sei intatto. Sei figlio del Grande Spirito che anima tutti noi.” (Paul Ferrini)

giovedì 5 febbraio 2015

Il perdono divino



Un giorno morì un grande mistico chiamato Abu. Qualche tempo dopo la sua morte, comparve in sogno ad un suo carissimo amico. Appena l'amico lo vide venirgli in sogno, gli chiese se nei Cieli l'avessero trattato bene e se fosse salvo. Abu gli rispose che il Signore l'aveva perdonato. Gli raccontò che, dopo la morte, si era trovato al cospetto del Signore, e Dio gli aveva chiesto: "Ti perdono. Ma tu, Abu, lo sai perché lo faccio?"

Abu gli aveva risposto: "Signore, immagino che sia stato per le buone azioni che ho fatto." Ma Dio aveva detto: "No, non è stato per questo." Allora Abu aveva detto: "Credo che sia stato merito della mia devozione." Ma Dio aveva detto: "No. Non è per questo." Allora Abu aveva detto: "Signore, è stato forse per i pellegrinaggi, per le elemosine, per i digiuni oppure per le preghiere?"

Dio aveva detto: "Non è per questo." Abu aveva detto: "Sarà per i miei viaggi presso gli uomini devoti, oppure per avere avuto nel cuore un grande amore per la conoscenza." Il Signore aveva detto: "No! Non è stato per tutte queste cose." Allora Abu aveva ammesso: "Signore, allora non capisco proprio perché mi hai perdonato. Ho fatto quello che ho detto perché credevo di trovare la salvezza. Ho osservando i precetti con devozione."

Il Signore disse: "Abu, ti ricordi una notte in cui camminavi per i vicoli della città? Una notte molto fredda in cui nevicava? Quella notte hai visto un gattino bagnato e affamato. Il gattino strisciava lungo i muri per ripararsi dalla neve. Cercava un posto caldo in cui trovare riparo. Tu l'hai visto e hai provato compassione. L'hai raccolto, l'hai riparato nel calduccio della tua pelliccia e l'hai portato a casa."

Abu disse: "Certo che ricordo! Il gattino sarebbe morto se non l'avessi portato a casa mia. L'ho raccolto e nutrito." Dio gli sorrise e gli disse: "Ecco, adesso conosci il motivo per cui ti ho perdonato. Ti ho perdonato perché hai avuto compassione di un povero gatto abbandonato. Questo è stato sufficiente. Tu hai avuto pietà di lui, e Io ho avuto pietà di te."

Buona erranza
Sharatan

martedì 3 febbraio 2015

Coltivare i semi benefici



"La qualità della nostra vita dipende
dalla qualità dei semi che giacciono
nel profondo della nostra coscienza."
(Thich Nhat Hanh)

"La coscienza esiste a due livelli: sotto forma di semi e come espressione di quei semi. Supponiamo che in noi ci sia un seme di rabbia. In presenza di condizioni favorevoli, quel seme potrà esprimersi come una zona di energia che chiamiamo rabbia. È qualcosa che brucia, e che ci fa soffrire molto. È molto difficile essere gioiosi quando si manifesta il seme della rabbia.

Ogni volta che un seme ha occasione di esprimersi, ne produce di nuovi della sua stessa natura. Se siamo arrabbiati per cinque minuti, in quei cinque minuti si produrranno altri semi di rabbia che andranno a depositarsi nel nostro inconscio.

Ecco perché dobbiamo scegliere con cura il tipo di vita che conduciamo e le emozioni che esprimiamo. Quando sorrido, emergono i semi del sorriso e della gioia. Nel momento in cui si esprimono, sto piantando nuovi semi di sorriso e di gioia. Ma se non pratico il sorriso per diversi anni, quei semi si indeboliranno, e forse perderò la capacità di sorridere.

Dentro di noi ci sono tanti semi di diversa natura, positivi e negativi. Alcuni li abbiamo piantati nel corso della vita, altri ci sono stati trasmessi dai genitori, dai nonni e dalla società in cui viviamo. In un piccolo seme di granturco è contenuta tutta l'informazione, trasmessagli dalle generazioni precedenti, necessaria a germogliare, a produrre foglie, fiori e pannocchie di granturco.

Anche il nostro corpo e la nostra mente contengono le informazioni derivanti dalle generazioni precedenti. I nostri nonni e i nostri genitori ci hanno trasmesso semi di gioia, di pace, di felicità, ma anche semi di dolore, di rabbia e così via. Ogni volta che viviamo in modo consapevole piantiamo semi buoni, e rafforziamo i semi buoni già presenti dentro di noi.

I semi buoni si comportano come gli anticorpi. Quando un virus entra in circolo nel sangue, il corpo reagisce producendo anticorpi che accerchiano il virus, se ne impadroniscono e lo trasformano. Lo stesso vale per i semi psicologici. Se piantiamo semi sani, benefici, rigeneranti, saranno loro a prendersi cura spontaneamente dei semi distruttivi. Per riuscire, bisogna alimentare la scorta dei semi rigeneranti.

Un giorno, la nostra comunità subì la perdita di un carissimo amico, un francese, che aveva dato un grosso contributo alla nascita del Plum Village. Morì d'infarto durante la notte. Al mattino, ci dettero la notizia. Era una persona deliziosa, e incontrarlo anche per pochi minuti ci aveva dato sempre tanta gioia. Per noi era l'incarnazione della gioia e della pace. Il mattino in cui si seppe che era morto, rimpiangemmo di non aver goduto più spesso della sua compagnia.

Quella notte non riuscii a prendere sonno. La perdita di un amico come lui faceva troppo male. Ma, il giorno dopo, dovevo tenere una conferenza e avevo bisogno di dormire, quindi portai la mia attenzione sul respiro. Era una rigida notte d'inverno; rimasi steso nel letto, visualizzando i begli alberi che crescono nel giardino del mio eremo.

Anni prima avevo piantato tre cedri di una varietà himalayana, che ora sono diventati altissimi. Praticando la meditazione camminata, avevo l'abitudine di fermarmi ad abbracciare i miei bellissimi cedri, inspirando ed espirando. I cedri hanno sempre risposto al mio abbraccio, ne sono certo. Quindi non feci altro che restarmene a letto a respirare, diventando una sola cosa con i cedri e con il respiro. Stavo meglio, ma non riuscivo ancora a dormire.

Alla fine, rievocai l'immagine di una bambina vietnamita deliziosa che si chiama Piccolo Bambù. Arrivò al Plum Village che aveva due anni, ed era così graziosa che tutti volevano tenerla in braccio, soprattutto i bambini. Non c'era verso che la lasciassero camminare con le sue gambe! Ora ha sei anni e ad abbracciarla ci si sente splendidamente, come rigenerati. Quindi la invitai a emergere nella mia coscienza e restai con quell'immagine accompagnandola col respiro e il sorriso. Pochi minuti dopo caddi in un sonno profondo.

Tutti noi dobbiamo avere una riserva di semi belli, buoni e abbastanza forti da esserci d'aiuto nei momenti difficili. A volte, la massa di dolore che ci portiamo dentro è tanto grande che anche il fiore che abbiamo sotto gli occhi ci sembra irraggiungibile. Allora ci rendiamo conto di aver bisogno di aiuto. Se disponiamo di una provvista rigogliosa di semi buoni, possiamo evocarne alcuni in nostro aiuto. Se avete un amico che vi sta a cuore, che vi capisce, se sapete che per sentirvi meglio basta sedervi accanto a lui anche senza parlare, potete evocare la sua immagine e 'respirare in compagnia.'

Questo semplice gesto può essere di grande aiuto in un momento difficile. Ma se è passato molto tempo dall'ultima volta che lo avete incontrato, la sua immagine sarà troppo sbiadita per riportarla facilmente alla coscienza. Mettiamo che sia l'unico che può aiutarvi a ritrovare l'equilibrio, e che l'immagine che ne serbate sia sbiadita. Non c'è che una soluzione: comprare un biglietto e andarlo a trovare, perché vi faccia compagnia non come seme, ma come persona.

Se decidete di andarlo a trovare, visto che il tempo a disposizione è limitato dovete spenderlo bene. Una volta arrivati, sedetegli accanto: subito vi sentirete più forti. Dato che fra non molto verrà il momento di tornare a casa, approfittate dell'occasione per coltivare una perfetta consapevolezza di ogni istante prezioso della vostra permanenza. Il vostro amico può aiutarvi a ritrovare l'equilibrio, ma questo non basta.

Spetta a voi diventare forti dentro, per potervi sentire bene quando sarete di nuovo soli. Ecco perché, sedendo o camminando in sua compagnia, dovete restare consapevoli. Altrimenti, se la sua presenza vi serve solo a lenire il dolore, il seme della sua immagine non si rafforzerà abbastanza da sostenervi quando tornerete a casa. Dobbiamo coltivare la consapevolezza senza sosta, per piantare dentro di noi semi benefici e rigeneranti. Allora, quando ne avremo bisogno, si prenderanno cura di noi." (Thich Nhat Hanh)