domenica 30 marzo 2008

L'ospite inquietante


L’altro giorno ero in visita ad un’amica per fare due chiacchiere e prendere insieme un caffè. Volevamo stare in allegria a farci due risate insieme. Dopo poco è arrivata una amica della mia amica, visibilmente stravolta ed agitata. L’abbiamo raccolta e rifocillata e lei ci ha raccontato che non riesce più a svolgere il suo lavoro, lei è insegnante, perché i ragazzi sono diventati un problema. Malgrado tutto, lei continua a fare il suo dovere, ma è veramente in crisi e preoccupata.
Di fronte alla sua agitazione, io e la mia amica, abbiamo cercato di capire cosa fosse avvenuto. A quel punto, lei ci ha raccontato il fatto per cui era stravolta. In una classe, un bulletto ha completamento cooptato tutti gli altri ragazzi, adottando gesti di disturbo provocatori ed estremi, come mostrare i genitali, bestemmiare, chiamare le insegnanti “puttane”, etc.
Qualche giorno prima, approfittando del fatto che una delle insegnanti era andata in segreteria per fare delle fotocopie, il bulletto ha avuto l’idea di costringere due ragazzi handicappati della classe ad avere un rapporto orale di fronte all’intera classe. Volevano riprenderlo con il telefonino e farne un filmato da caricare in YouTube.
Le due vittime dello scherzo, vanno presentati: il maschio con problemi di apprendimento e sospetto ritardo mentale e la femmina affetta da Sindrome di Down. Il ragazzo si è ribellato ad essere spogliato e la ragazza si è sottratta alla violenza dei compagni, piangendo e divincolandosi.
Il rientro in classe dell’insegnante ha poi impedito che la cosa andasse troppo oltre e che quindi il fatto avvenisse.
Il racconto ci ha lasciate interdette, ma ancora più l’informazione che l’avvenimento era accaduto in una seconda media ed i protagonisti erano bambini o ragazzi di 11/12 anni.
A quel punto la cosa è esplosa nella sua gravità, e tutti i genitori si sono dichiarati furiosi, sia quelli delle “vittime” che quelli dei complici della bravata. Sarebbe interessante sapere, se quei genitori hanno preso spunto dall’episodio per farsi qualche domanda, sarebbe interessante capire quali conclusioni ne abbiano tratte. Boh! Ai posteri l’ardua sentenza … come diceva il buon Lisander.
A quel punto la scioccata insegnante ha detto che in fondo anche le parolacce di fronte a quelle cose diventavano marginali … lei era impensierata, al mattino, nell’andare al lavoro. Lei era incapace di capire come potevano essere diventati così, quei ragazzi, come potevano essere così simili a degli alieni?
A questa domanda risponde Umberto Galimberti nel suo ultimo libro,”L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”. Riporto la recensione di Internet Book Shop Italia:
“ La tesi del libro, è che il mondo di oggi, in particolare quello dei giovani di oggi, sia pervaso dal nichilismo e dall’assenza di valori e di senso. Il nichilismo infatti è quell’ospite inquietante, ben descritto da Nietzsche a fine Ottocento, che oggi torna ad aggirarsi nella vita dei ragazzi e delle ragazze italiane, cancellando prospettive e orizzonti, intristendone le passioni e fiaccandone l’anima. In un mondo che funziona esclusivamente secondo le leggi della tecnica e del mercato, scrive il filosofo, i giovani si sentono disincantati e sfiduciati, si scoprono disinteressati alla scuola, emotivamente analfabeti, inariditi dentro. Solo il mercato sembra interessarsi di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove però – avverte Galimberti – “ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa”.
Questo stato di disagio fa sì che le famiglie si allarmino mentre risultano inefficaci i rimedi elaborati dalla nostra cultura sia nella versione religiosa, perché “Dio è davvero morto”, sia nella versione laica e illuminista, perché non sembra che la Ragione sia oggi il regolatore dei rapporti tra gli uomini. Nel deserto emotivo, creato dal nichilismo, attecchiscono secondo Galimberti i fenomeni di devianza giovanile noti alle cronache: il bullismo nelle scuole, le violenze degli ultrà negli stadi, l’ecstasy e le altre droghe nelle discoteche, i sassi gettati dal cavalcavia delle autostrade, sino ai gesti più estremi di terrorismo politico, di omicidio e di suicidio.
Ma come uscire da questo cupo scenario, che è per Galimberti innanzi tutto un problema culturale, e non psicologico e sociale? Come andare oltre il nichilismo? La soluzione c’è, scrive il docente di Venezia. E passa, manco a dirlo, ancora per Nietsche, quando ne La gaia scienza il grande filosofo tedesco scriveva: “La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa (…) La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere”. La proposta di Galimberti è dunque quella di risvegliare e consentire ai giovani di dischiudere il loro segreto, spesso a loro stessi ignoto. Se gli adulti sapranno insegnare ai ragazzi l’”arte del vivere”, come dicevano i Greci antichi, che consiste nel riconoscere le proprie capacità, nell’esplicitarle e vederle fiorire secondo misura, allora con questo primo passo i giovani potrebbero innamorarsi di sé. E quell’”ospite inquietante”, messo finalmente alla porta, non sarebbe passato invano dalle loro esistenze. “
E’ un libro essenziale da leggere e riflettere.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

giovedì 27 marzo 2008

Le sicurezze del mondo moderno


L’altro giorno riflettevo sul fatto che se abbiamo del mondo un’idea di decadenza molto esasperata, è per colpa delle informazioni che vediamo intorno a noi, sui giornali, in televisione, nei discorsi della gente e, anche in rete. Diamo per assodato che se vuoi, puoi vederla anche a modo tuo, tutto sta ad assumere un buon metodo di analisi, dopo esserti ben documentato.
Senza dubbio l’immagine della decadenza è quella maggiormente evocata, e
se devo scegliere, un’immagine di decadenza, allora mi scelgo la fine dell’impero romano come assimilabile ai tempi che stiamo vivendo.
Vorrei vedere che alla sfiga di fare parte di un’epoca di transizione me la dovessero scegliere anche gli altri. Se devo pensare di essere in epoca di crisi, almeno me ne scelgo una che ha classe.
Leggendo i grandi autori classici, nelle fonti maggiormente accreditate, cioè di coloro che vissero con grande finezza psicologica e consapevolezza esistenziale le cose che andano descrivendo, scopriamo grandi punti di assonanza con i tempi nostri.
I mali di cui si lamentavano erano essenzialmente: l’aumento della corruzione, della decadenza dei costumi e dell'immoralità.
Soffrivano dell'odioso fiscalismo, della coscrizione militare, delle leggi inique... e dimostravano paura nei confronti delle cosiddette “popolazioni barbariche” a cui però, espandendosi, andavano a togliere sia beni che proprietà, fino ad indurle alla ribellione. Fatalmente, con l’indebolimento dei valori morali si cercava di rimediare invocando una forma di autoritarismo istituzionale, sempre più forte, quanto più era debole la coesione sociale sui valori comuni.
Molti dei motivi della decadenza furono causati dalla rigidità che l’impero usò nel trattare le popolazioni confinanti, i barbari, e dalla mancanza di capacità politica nel gestire democraticamente i cittadini. Finita la capacità di integrazione finirono le capacità di amalgama dell’impero romano d’occidente.
Oggi qualcosa di molto simile sta accadendo, e se osserviamo bene, ci accorgiamo che gli stessi personaggi che attuano la corruzione, la decadenza e l’immoralità, sono poi gli stessi che si offrono come paladini dell’ordine e della restaurazione democratica tramite forme di autoritarismo istituzionale.
Come dire, non sapendo cosa pensare e come difendermi, cerco uno che pensi e che tuteli l’ordine in mia vece. Insomma voglio delle sicurezze alle incertezze che mi sono venute, vedendo il mondo di lupi che, mi dici, esiste fuori dal giardino di casa mia.
E che c’azzecca tutto questo con quello detto all’inizio? C’azzecca perché fortunatamente le risorse di reperire informazioni è molto maggiore di quella posseduta ai tempi degli antichi romani.
C’azzecca perché ad oggi il gioco si sposta sul versante del controllo dell’informazione che equivale all’influenza del modo di pensare, cioè alla costruzione di un’immagine di mondo e, quindi al condizionamento delle coscienze.
C’azzecca perché se le immagini che mi vengono instillate tutto il giorno nei neuroni è vera, allora la decadenza è veramente alle porte.
Come fare di fronte al bombardamento mediatico? Ci difendiamo pensando che quello che vediamo non è quello che sarebbe meglio o il solo mondo che esiste, ma che è “uno dei mondi possibili”, come direi parafrasando Voltaire.
E’ vero che la storia insegna, ma solo se non si ripetono sempre li stessi errori e si va avanti non ripetendoli sempre.
Quindi quando vediamo la fiera mediatica va sempre valutato che, quello che stiamo vedendo, è ciò che gli altri si aspettano da noi; è quello che vorrebbero noi fossimo. Consiglio vivamente per acquisire questa mentalità la visione di “Cronaca Rosa” di Gianni Ippoliti, in onda ogni sabato alle ore 8,30 del mattino su Rai 2 a Mezzogiorno in famiglia.
Aldilà del fatto che si commentano le “migliori” riviste di gossip, il metodo, che si nasconde dietro la pungente ironia del nostro, credo che possa fare riflettere pur ridendo di gusto.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

martedì 25 marzo 2008

Da Art Blakey a Carlos Gardel


Nella varietà dei miei gusti musicali ha certamente influito il fatto che la mia prima conoscenza con questa nobile arte è stata alquanto anomala e che la tara ha un’origine familiare.
Io ho uno zio che ha solo 11 anni più di me, per cui più che uno zio è stato un fratello maggiore: di professione barbiere, ma di passione suonatore di batteria. Nella scala dei valori di mio zio la batteria era al livello di sacro, come pure sacri erano tutti gli accessori correlati alla stessa, in virtù dei sacrifici che aveva fatto per acquistarla e di seguito ripetuto, per arricchirla di nuove componenti aggiuntive.
A qualcuno sembrerà strano, ma vi assicuro che l’acquisto di una batteria, considerato che lui ci investiva tutti i suoi risparmi e considerato poi che era “signorino” con contributo familiare obbligatorio - poiché viveva in famiglia - e considerato che siamo, per consuetudine di famiglia, molto accorti alle nostre cose, etc… tutto stimato, non era poi un investimento di poco conto.
Con la batteria mio zio faceva anche mercimonio poiché animava serate, cioè suonava con il suo gruppo nei localetti della nostra città e dintorni, con discreti successi.
Detto e considerato tutto questo: guai se mia nonna mi faceva giocare con il metronomo, con le bacchette, o mi permetteva di usare i charleston battendo sui pedali. Naturalmente io cercavo di corromperla per potere far oscillare il metronomo, oppure per giocare con le bacchette o per battere con i piedi sul pedale del charleston.
Tutto in onore al fatto che solo quello che ci viene proibito e precluso viene da noi ardentemente desiderato.
Non posso esprimere il gusto che provavo quando lei mi ci faceva giocare, in cambio del mio silenzio assoluto.
Solo momento in cui potevo assistere ai rituali della batteria, era quando zio faceva le prove a casa, e per farle, metteva sul giradischi i dischi di Art Blakey che è un imperatore della batteria, e poi … improvvisava sul tema seguendo il grande maestro.
Art ha suonato con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Fats Navarro e Sarah Vaughan, per cui ha più che talento.
Nel suo gruppo - gli Art Blakey & The Jazz Messengers - sono passate molte generazioni di musicisti del livello di: Wayne Shorter, Hank Mobley, Kenny Dorham, Donald Byrd, Benny Golson, Thelonius Monk, Chuck Mangione, Keith Jarrett, Johnny Griffin,Freddie Hubbard, Clifford Brown, Jackie McLean, Lee Morgan, Bobby Watson, James Williams, Cedar Walton, Branford Marsalis e Wynton Marsalis. Si può dire che ha formato generazioni eccelse di musicisti e che ha saputo sempre rinnovare la sua musica.
Forse perché conosciuta con un tale gigante, posso dire che adoro la musica jazz e le sue derivazioni profane, fino alla moderna Drum'n'bass, o alle musiche hip hop. A mio modesto parere solo la musica nera è odiernamente in grado di fare cose originali; tutto il rock ed il pop che gira oggi perlopiù non fa che scimiottare i grandi gruppi degli anni ‘60-‘90.
Come dire che non tutti possono essere i Rolling Stones!
Per tornare al punto, l’altro lato della mia educazione musicale era costituito da mio padre, di professione meccanico, ma di passione: suonatore di fisarmonica.
In questo caso la cosa non prevedeva alcuna manipolazione con la fisarmonica, che è uno strumento assolutamente difficile, oltre il fatto che la sua Settimio Soprani era pesante come un macigno.
Lui invece eseguiva in sala, seduto su una seggiola della cucina, che era più bassa e comoda di quelle stile Inquisizione, tutte attorcigliate, altissime e scomodissime, che facevano parte dell’arredo della sala.
A quel punto avviava l’esecuzione di una serie di variazioni di tanghi tra i più famosi, prevalentemente dal classico Carlos Gardel fino ad Astor Piazzola, non disprezzando anche cose più profane e meno nobili, come quelle popolane romagnole, ed eseguendo ogni sorta di musica che si potesse riadattare ed eseguire con la fisarmonica.
E lo vedevo vivere di pathos al ritmo della Cumparsita, del Tango della gelosia o di Caminito. Piegava la testa di lato e socchiudeva gli occhi, mentre faceva correre le mani veloci sulla tastiera in un anda e rianda della testa, ritmato con l’apri e chiudi del mantice. Perdeva quasi il senso del tempo e si fermava solo quando il fraseggio musicale si riduceva di ritmo e non riusciva ad eseguire – perché le mani erano lente - una musica veloce e sciolta, come l’esecuzione presente nella sua testa, avrebbe meritato.
Non so quale fosse la sua bravura tecnica, però mi ha fatto amare le musiche argentine, a cominciare da Astor Piazzola, fino ad ogni loro moderna contaminazione correlata.
Buoni esecutori di musica argentina moderna, sono i Bajofondo Tango Club che seguo e che consiglio vivamente, e che reputo esecutori di musica di grande qualità. Visti dal vivo sono travolgenti e molto coreografici: sono accompagnati da tangueros bravissimi che danzano al ritmo delle loro musiche, direttamente sul palco. Il tango è un ballo estremamente intrigante.
Tornando al dunque, io credo che queste confusioni musicali mi abbiano fortemente deviato, per cui nel tempo ho imparato ad amare anche la musica classica, trovando un gusto ineguagliabile nelle partiture per oboe. Sull’oboe vorrei dire solo che, se è vero che ognuno ha uno strumento ed un frequenza che gli fa vibrare i chakra, io sento l’oboe proprio nel chakra del cuore.
La ricerca anomala sulla musica ha talmente deviato la mia mente che oggi riesco ad estimare persino il gamelan giavanese. Un mio amico mi ha detto che tutto ciò è un fatto assolutamente anormale.
D’altra parte cosa potrebbe aspettarsi da chi ha conosciuto la musica dirazzando tra Art Blakey e Carlos Gardel?
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

lunedì 24 marzo 2008

Alchimie e cabale


Si è detto che l’uomo ricevette in dono la parola per potere dissimulare il proprio pensiero: se fosse invece vero che la parola abbia l’aiutato a non pensare?
Parliamo molto spesso per non dire nulla e ascoltiamo spesso concetti che non sono neppure degni di essere espressi, sarebbe meglio tacere.
Molte Scuole del silenzio usavano formare i loro discepoli mettendoli di fronte a se stessi, lasciandoli di fronte ad uno spettacolo muto.
Allorchè ci si accorgeva che da tale insegnamento il discepolo non ricavava nulla, allora voleva dire che egli era in possesso di una mente pigra che non era stimolata a pensare e, quindi, non adatta a perseguire la Conoscenza.
Se invece la mente del discepolo iniziava a pensare, allora voleva dire che egli possedeva uno spirito attivo e idoneo a ragionare usando le proprie risorse.
Comunemente si crede che l’alchimia fosse un complesso di procedimenti chimici attuati per ottenere la trasformazione dei metalli vili in oro. L’alchimia fu sia l’arte che fondò la moderna chimica, ma fu anche l’arte della cultura intellettuale e morale dell’uomo.
Nel 20. secolo il grande psicanalista, Carl Gustav Jung, ha messo in evidenza il significato del lavoro alchemico come simbolismo della ricerca spirituale. Secondo Jung, le operazioni alchemiche avrebbero una corrispondenza nel processo di individuazione, inteso come consapevolezza della propria individualità e scoperta dell'io interiore. La trasmutazione dei vili metalli equivarrebbe, quindi, alla trasformazione di antropoidi vili e rozzi, barbari ed immorali, in uomini civili, istruiti e moralmente elevati. A questi studi Jung dedicò gli ultimi 20 anni della sua vita e li spese studiando e collegando l’alchimia con la cabala, il taoismo, cercando di collegare le varie dottrine delle antiche scuole sapienziali.
L'alchimia – secondo Jung - non sarebbe altro che la proiezione nel mondo materiale degli archetipi dell'inconscio collettivo, e tali archetipi, cioè le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano, vengono rivestite di immagini simboliche, per cui, per studiare gli archetipi bisogna investigare il simbolo.
Lo studio dei simboli favorisce l’indipendenza del pensiero poiché svincola il pensiero dalle gabbie tradizionali del pensare comune. Nel simbolo si coglie l’assonanza, lo sfondo, il palpito comune, il risonare armonico: nel simbolo risuonano gli stessi livelli di colui che lo osserva.
Per cui con l’aumento del livello di risonanza aumenta il livello di consapevolezza del significato simbolico. Il vero arcano si svela in virtù della meditazione e dal lavoro su se stessi e si inganna colui che cerca di trovare il significato fuori da se stesso.
Nello Zohar (I-246 b) leggiamo un passo di grande bellezza ed intensità, che recita:
“ Vieni e considera. Il pensiero abissale (machshabà) è il principio di tutto. Per il fatto che è pensiero, si trova all’interno, segreto e non palese. Spingendosi oltre il pensiero giunge laddove si trova il respiro (ruach) ; e quando giunge in quel luogo prende il nome di parola interna (binà) e pur non essendo segreta come il pensiero precedente è in qualche misura segreta e non udibile. Il respiro (ruach) si diffonde e produce la voce percepibile formata di fuoco, acqua e respiro (Scin, Mem, Alef) e sono anche Nord, Sud e Oriente. La voce comprende tutte le altre facoltà. La voce guida il discorso, che esprime la parola nella sua articolazione; infatti la voce è emessa dal luogo del respiro (ruach) e viene a guidare la parola, affinché le parole siano pronunciate giustamente.
Se tu puoi, porgerai mente alle sephiroth che il pensiero abissale, la parola interna, la voce percepibile e il discorso sono la stessa cosa. Tutto è uno. Il pensiero è il principio di tutto e non c’è separazione, ma tutto è uno e il legame è uno. Come è scritto : “Il Signore è uno, e il Suo nome è uno”.
Per la concezione cabalista, le anime “sono scintille di Luce Infinita scese nel palcoscenico dei mondi per essere interpreti e attori degli eventi cosmici ed umani. Tuttavia, durante il loro processo di discesa e di incarnazione, esse si dimenticano della loro origine e tendono ad identificarsi con gli stati materiali della creazione. Mentre il loro scopo è quello di essere messaggeri della consapevolezza divina all’interno della creazione stessa.”
Sia l’alchimia che la Cabala possono essere complicate e semplici allo stesso tempo, possono essere vissute come discipline trascendenti o immanenti, come forme meditative o emotive,perchè i loro linguaggi sono multiformi. Esse sono accessibili a tutti coloro che sono in ricerca, senza discriminazioni per fede o religione. Tutti possono ricevere messaggi diversi, ma esse sono fonti genuine da cui nessuno riparte senza essersi dissetato.
Mi sembra sempre sorprendente la modernità delle lezioni che tali dottrine ci offrono, i moniti con cui ci addestrano. Mi piace pensare che per i nostri tempi sia utile il monito che spesso la vita ci fa agire come marionette, mentre invece dovremmo vivere come attori consapevoli, come “messaggeri della consapevolezza divina” come vorrebbe la cabala.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

sabato 22 marzo 2008

Hic et nunc


Giorni fa parlavo al telefono con una vecchia amica e lei mi raccontava di sua sorella che si è convertita ad una qualche setta spirituale guidata da una santona. Dopo la conversione, la tale sorella, ha riempito la sua camera di strani altarini e va blaterando di strane illuminazioni.
Non bastasse - riordinando la casa - la mia amica ha trovato dei feticci scacciaguai disposti ad arte per allontanare gli influssi negativi. Dopo esserci fatte quattro risate per queste pratiche sciamaniche, ci siamo messe a ragionare in merito alla fiera della spiritualità.
Mai come in questo periodo possiamo avere un’ampia scelta di credo e religioni, confessioni e guru di varia origine: sulle riviste, in tv, in rete possiamo trovare un catalogo ampissimo di personaggi “miracolosi”.
Puoi scegliere tra maghi, cartomanti, santoni e gruppi di cui spesso i fondatori hanno molti lati oscuri - spesso troppi - e che si definiscono come l’unica via giusta per conseguire l’Illuminazione.
Le pratiche che vengono propagandate vanno dal puro demenziale al demoniaco: le ultime sono le più pericolose, ma in tutte puoi rimetterci il tempo libero, il patrimonio, gli amici e la tranquillita'.
In queste sette - spesso indagate dalle forze dell’ordine internazionali - si sono ritrovate pratiche criminali come stupri, violenze, messe nere, pratiche di satanismo e aberrazioni indegne dell’uomo.
Molte sono vere e proprie società di marketing che ti promettono miracolosi consigli, se non la via che porta al paradiso; peccato che spesso tale via passi dal tuo conto bancario.
Tutte si contraddistinguono per il fatto di usare le tue paure, le tue incertezze e le tue ansie per strumentalizzarle e guadagnarci sopra.
Tutte vogliono tenerti pauroso e sottomesso, tutte vogliono reclutare persone deboli, prive di intelligenza, disposte a comportarsi come pecore, obbedienti dietro ad un pastore che le guidi, tutte cercano masse cieche ed ottuse da indottrinare e da sfruttare.
Ci riescono, purtroppo spesso riescono a reclutare persone di tutte le età e ceti sociali, accomunate dalla paura di prendere in mano la loro vita e sceglierne che fare.
Io credo maggiormente che: «Se incontri il buddha per la strada, uccidilo!» come giustamente recita un koan zen, invitandoci ad affrancarci da ogni tipo di discepolato e invitandoci sulla via della consapevolezza e della conoscenza.
In realtà il vero buddha è all’interno di noi stessi, ma possiamo vederlo solo quando distacchiamo l’attenzioni dall’esterno e ci rivolgiamo a conoscere noi stessi per come siamo, attivando così uno spazio interno in cui sia possibile operare il cambiamento.
Attivando una dimensione spirituale di tale genere - quasi epistomologica - difficilmente si trova lo spazio per aderire ad una religione.
La scelta di una dimensione spirituale equivale così ad un cammino di conoscenza e di consapevolezza piuttosto che all’abbraccio di pratiche stregonesche medievali.
Il terapeuta Sheldon B. Kopp utilizzò il koan dell’uccisione simbolica del buddha per significare “il pellegrinaggio del paziente nella psicoterapia” e per avvertire dei rischi celati in tutti i rapporti di dipendenza. Nel suo “elenco escatologico della biancheria” ammonisce e recita alcuni punti del suo credo:
• È tutto qui!
• Non ci sono significati reconditi.
• Nulla dura per sempre.
• In realtà non controlli nulla.
• Le cose più importanti, ciascuna persona deve farle da sé.
• Non ci sono grandi uomini.
• Se hai un eroe, dagli un altro sguardo: in qualche modo hai diminuito te stesso.
• Tutti mentono, ingannano, fingono (sì, anche tu, e certamente io).
• Tuttavia siamo tutti responsabili di tutti i nostri atti.
• Nessuna scusa sarà accettata.
• Puoi fuggire, ma non puoi nasconderti.
• L'unica vittoria importante sta nell'arrendersi a se stessi.
• Tutte le battaglie significative vengono combattute all'interno del sé.
• Impara a perdonare te stesso, più e più e più e più e più volte.
Una filosofia siffatta credo che non conceda sconti di sorta: cogli l’attimo fuggente per viverlo con pienezza, conosci te stesso e assumiti la responsabilità di ciò che sei e di ciò che fai. Hic et nunc: qui ed ora, cioè tutto nel momento presente.
L’esistensialismo filosofico diviene così la naturale coronazione dell’Umanesimo cinquecentesco, dell’ ”homo faber fortunae suae”. Questi concetti di esistenzialismo umanista sono espressi da Sartre in questi termini:
• Contingenza dell'essere: il mondo è “assurdo”, senza ragione. È “di troppo”. Esiste semplicemente, senza “fondamento”. Le cose e gli Uomini esistono di fatto, e non di diritto.
• L'Uomo è definito dalla coscienza, L'Uomo è dunque fondamentalmente aperto sul mondo, c'è in lui un niente, un “foro nell'essere” suscettibile di ricevere gli oggetti del mondo.
• L'Uomo è assolutamente libero: egli non è nient'altro che ciò che egli fa della sua vita, egli è un progetto, gettato nel mondo è responsabile di tutto ciò che fa.
• L'Uomo è “condannato ad essere libero".
• L'inconscio non saprebbe diminuire l'assoluta libertà dell'Uomo, e l’inconscio è una scusa. Cercare delle scuse significa essere in malafede: la malafede presenta infatti il voluto come fosse una necessità inevitabile.
• Dio non esiste e in ogni caso "se esistesse ciò non cambierebbe nulla", per cui l'uomo è unica fonte di valore e di moralità; è condannato ad inventare la propria morale.
• Siamo come una stanza con una finestra che si affaccia sul mondo esterno... e sta a noi decidere se aprirla: io sono ciò che decido di essere.
Mi viene da pensare a coloro che sono morti per conquistare il diritto umano alla costruzione della propria felicità. Mi viene da pensare alla lotta che tanti hanno fatto per proclamare che la mente è plastica, che può rigenerare anche il corpo, che essa può estendere la sua influenza anche al di fuori del corpo, ma non per facoltà o grazia divina, ma per pura facoltà e diritto di essere umano.
Nel vortice di tutti questi pensieri, mi sorge un dubbio.
Se fosse vera la “Teoria degli zombies” del filosofo australiano, David Chalmers?
Se fosse vera la possibilità teorica dell'esistenza degli "zombies", creature identiche agli esseri umani, sia nell'aspetto fisico che nel comportamento, tanto da essere indistinguibili da questi?
Per Chalmers lo zombi non è un uomo perché manca completamente di esperienza cosciente: agisce automaticamente e meccanicamente senza saperlo, senza la minima consapevolezza di ciò che fa.
Naturalmente secondo Chalmers, gli zombi non esistono. Potrebbero tuttavia esistere, da un punto di vista logico. E ciò prova che le esperienze coscienti non sono riducibili agli stati fisici del cervello. Come dire che avere il cervello non equivale a sapere pensare.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

giovedì 20 marzo 2008

Pedro Almodovar


Non credo di avere mai trovato un uomo che ammiri e ami le donne in modo più evidente di Pedro Almodovar. Suona strano solo perché lui è dichiaratamente omosessuale? Assolutamente no!
Dirette da lui ho visto donne non belle - come Rossy De Palma, la fidanzata brutta di “Donne su un orlo di una crisi di nervi “ molto somigliante a Federico da Montefeltro – diventare gradevoli e anche sensuali.
La stessa Carmen Maura, che è stata la diva del periodo del suo trionfo internazionale, è tutt’altro che bella, ma nei film di Pedro spesso siamo portati a dimenticarlo, in virtù di qualcosa che lui sa vedere e valorizzare nel suo corpo e nel suo volto.
Laddove ha diretto donne belle le ha rese non solo splendide ma anche bravissime. Basti pensare al personaggio di Raimunda in “Volver” (2006) dove Penelope Cruz ha una intensità che ricorda la giovane Loren.
Quella recitazione e quel personaggio le hanno meritatamente fatto conquistare il premio per la migliore interpretazione come attrice protagonista a Cannes nel 2006. “Volver” trionfa anche per la sceneggiatura, che è di Pedro, ma vince anche molteplici Premi Goya nel 2007 dove viene premiato come miglior film, migliore regia, miglior colonna sonora, migliore attrice non protagonista a Carmen Maura (nonna Irene) e miglior attrice protagonista a Penelope Cruz (Raimunda) e sfiora per poco l’Oscar nello stesso anno.
Mi rendo conto però che i film di Pedro o si amano o non si sopportano.
Capisco che difficilmente si accetta il modo, spesso con cui provocatorio, che lui utilizza per esprimere la sua visione della vita e del mondo.
Per me che l’ho amato da subito, da sempre, e che condivido la sua idea di cinema, di vita e di mondo, Pedro è un grande.
I temi dei suoi film sono sempre quelli: i conflitti nei rapporti madre e figli, la forza essenziale dei rapporti di amicizia, la forza travolgente dell’amore che inebria, stravolge e che a volte distrugge, la convinzione che il valore delle persone non provenga dalla vita che conducono, ma da ciò che producono e da come esprimono pienamente se stessi, dalla loro autenticità.
Tutto ciò viene espresso con una profonda vena di anticonformismo e di giovanile ribellione alle convenzioni sociali, con l’intelligente ironia con cui condisce tutte le sue convinzioni.
Molti restano scioccati nel vedere le provocazioni di cui è piena la sua produzione, ma solo perché i pregiudizi accecano l’intelletto e non permettono di vederne il volontario senso del grottesco, tipico della sensibilità spagnola, una sorta di “estilo crespo”, di barocchismo, che conosciamo in altri campi e forme d’arte iberiche.
In realtà il mondo che lui esprime è un mondo vero ed autentico come pure le donne che sceglie e che fa svelare; sono le vere donne che si possono amare, piene di carattere e di cuore.
Se forse l’amore possa essere confuso con il rapporto sessuale, in lui l’equivoco è presto disambiguato. Nascono così ritratti di donne sull’orlo di crisi di nervi in cui in molte si sono riviste, nascono quelle donne del sud che amiamo, quelle madri capaci di perdonare ogni cosa ai loro figli anche l’imperdonabile per gli altri, ma non per loro.
Così nascono anche ritratti di uomini rozzi e violenti come pure dolci ed ambigui. Le immagini maschili di Almodovar spesso non sono eclatanti, perlopiù sono macchiette che mettono in evidenza le contraddizioni della Spagna bigotta e fascista che le ha create, spesso sono creature fragili che si nutrono dell’amore di donne altrettanto fragili, come in “Legami”, altre volte sono uomini ambigui e di confine come Miguel Bose, il triplice personaggio del Giudice Domínguez/Hugo/Letal di “Tacchi a spillo” sensualissimo nella memorabile ed intrigante scena di sesso con Victoria Abril, consumata nel camerino del locale gay in cui lui si esibisce travestito da donna.
Miguel Bosè che ha dichiarato non solo di essere pansessuale, cioè orientato ad una sessualità non imbrigliata in rigide definizioni, ma anche che odia il clichè del maschio latino e che si ascrive tra gli uomini che sanno anche piangere, perchè " le lacrime servono per ripulirsi il cuore. Solo chi piange sa amare".
In tutti questi temi alcune persone si sono riconosciute, e per questo gli hanno concesso la loro stima e il loro affetto.
Tra coloro che non lo capiscono si annoverano quelli che non concepiscono la ricchezza di emozioni, la volontaria provocazione e la messa in scena di momenti anche grotteschi della vita.
In “Cosa ho fatto per meritare questo” Carmen Maura, che rappresenta una povera donna del sottoproletariato, mentre viene massacrata di botte dal bestiale marito, non trova di meglio che difendersi con un osso di prosciutto, comperato per cena.
Dopo il delitto, cucina l’osso riuscendo così efficacemente a fare sparire l’arma del delitto.
In “Tutto su mia madre” c’è la prostituta Agrado, con un nome d'arte che racchiude in sé il suo più grande desiderio, cioè alleviare le sofferenze altrui rendendo la vita di ogni persona con cui entra in contatto, più "gradevole.
Nel film viene assalita da un suo cliente, lei prima si difende, graffiandolo con le unghie e insultandolo ma poi, una volta ridotto all’impotenza, a pericolo scampato, lo porta da una sua amica per farlo medicare.
Per questi e per molti altri episodi simili, a qualcuno appare eccessivo il mondo di sentimenti che racconta.
A me che sono meticcia con sangue siciliano - molto orgogliosa di esserlo - vedere alcuni suoi film mi ha fatto rivedere il mondo delle nostre donne del sud piene di passione e di sentimento.
Ho visto quelle madri corporee e appassionate, dall’amore caldo ed avvolgente e la fibra è d’acciaio che queste donne quasi sempre nascondono dietro l’apparenza di fragilità e di femminilità.
Per questo credo che Pedro ami veramente e sia una grande ammiratore dell’universo femminile. Solo chi ama tanto profondamente sa capire l’oggetto del suo amore fino in fondo e sa quindi rappresentarlo.
In “Tutto su mia madre” Pedro chiude il film con la dedica:
« A tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre »
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

martedì 18 marzo 2008

Le notti dell’anima


Il Doctor Mysticus, Giovanni della Croce, afferma che Dio per dimostrare il suo amore manda ai suoi figli prediletti, ai suoi Eletti, l’esperienza della Notte oscura: la notte dell’anima.
Per un periodo più o meno lungo si affronta l’esperienza del silenzio dello Spirito e l’uomo resta solo a vagare desolato nelle terre del nulla. Questa esperienza viene fatta per crescere, e la solitudine che viene percepita è solo illusoria poiché Dio non lascia mai soli i suoi figli. Nella notte dell’anima Dio li sostiene e li sorregge non facendogli mancare mai il suo appoggio e la sua forza.
Senza dubbio molti hanno affrontato una notte dell’anima, e nel corso della mia notte dell’anima, mi hanno regalato un libro del Dalai Lama, facendomelo conoscere come maestro spirituale.
L’ho divorato letteralmente ed ho trovato che le sue parole sono come balsamo per l’anima.
Lo scopo della vita – dice il Dalai Lama - è perseguire la felicità e la felicità si persegue educando la mente, cioè comprendendo ed addestrando sia l’intelletto che il cuore.
Lo stato mentale è essenziale per essere felici; così che maggiore sarà la calma mentale che si saprà ottenere e maggiore sarà la stabilizzazione del nostro Io.
Coltivando il nostro Io potremo concentrarci sulle nostre risorse e utilizzare al meglio tutte le nostre facoltà, tramite la realizzazione della nostra creatività personale.
La pace del cuore e lo stato mentale calmo e tranquillo affondano le loro radici nella simpatia e nella compassione per tutti gli esseri viventi.
Le persone che sono pronte ad andare incontro agli altri – dice il Dalai Lama – sono coloro che hanno maggiori felicità dalla vita.
In queste ore, il popolo di questo grande maestro spirituale, viene distrutto e il Dalai Lama viene calunniosamente oltraggiato.
Amnesty International informa che le proteste sono scoppiate lunedì 10 marzo, quando circa 400 monaci hanno marciato dal monastero di Drepung verso Lhasa, chiedendo la fine della campagna governativa cinese che costringe i monaci ad abiurare il Dalai Lama e a subire propaganda politica. Oltre 50 di loro sono stati arrestati nel corso della marcia. I monaci di altri monasteri sono scesi in strada chiedendo la scarcerazione degli arrestati. Le proteste hanno dato vita a disordini a Lhasa e in altre zone del paese. Ad oggi i morti sono circa 100, mentre le fonti ufficiali parlano di 10 cinesi uccisi nel corso delle razzie dei negozi. Dalle ultime agenzie sembra che più di 100 persone si sono consegnate alle autorità cinesi che avevano promesso di usare clemenza in cambio della consegna volontaria dei rivoltosi.
La troupe di YouTube – che aveva messo in rete immagini della repressione cinese, è stata fermata alla frontiera e in Cina il sito YouTube è stato oscurato ed Internet reso inattivo.
Il premier cinese Wen Jiabao ha affermato, in una conferenza stampa a Pechino:
"Esistono sufficienti elementi per provare che il recente sabotaggio a Lhasa è stato organizzato, premeditato e orchestrato dalla cricca del Dalai. Questa è soprattutto la prova che le dichiarazioni della cricca del Dalai che affermano di perseguire il dialogo pacifico e non l'indipendenza non sono altro che bugie".
Di contro il Dalai Lama - in una conferenza stampa a Daramsala, nell'India settentrionale - dichiara che se la situazione si deteriora, la sua unica possibilità per evitare il peggio, sarà quella di dimettersi.
Numerosi i commenti da parte della diplomazia internazionale. La Russia ha detto ieri di sperare che la Cina farà tutto il necessario per limitare le "azioni illegali" in Tibet, mentre l'Unione Europea ha detto che il boicottaggio dei Giochi Olimpici non sarebbe una risporta adeguata alla questione tibetana esplosa negli ultimi giorni.
Insomma nessun governo vorrà fare nulla per fermare questo genocidio, la comunità internazionale non è disposta a scomodarsi, nessun vantaggio può essere guadagnato dalla difesa del popolo tibetano.
Mi chiedo solo … ma quanto è lunga questa notte dell’anima del mondo?
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

domenica 16 marzo 2008

I tempi … della moria delle vacche


Ultimamente ho avuto gravi shocks anafilattici vedendo la televisione. Non che io tragga le gioie della mia vita dalla visione di programmi televisivi o dalla pura contemplazione dell’apparecchio stesso, ma devo dire che un certo mio equilibrio, ora mi accorgo precario, credevo di avevo raggiunto.
Presuntuosamente avevo arrogato una sorta di onnipotente consapevolezza per cui indulgevo a tutto quello che ci veniva propinato, senza dare sintomi di intolleranza o di altri disagi. Presumibilmente la presunzione mi aveva assalita perché intossicata da acerbe letture giovanili durante le quali avevo assunto “La fenomenologia di Mike Bongiorno” di Umberto Eco unita a saggi di semiotica di eguale tossicità e potenza, in dosi sostenute.
Come Mitridate, re del Ponto mi sono sentita invincibile e mi ero pasciuta di tutte le schifezze che venivano scodellate: veline e vallette ochette riciclate come sociologhe, muscolosi tronisti che passavano dal costume da bagno alla cronaca di costume, interviste ai tuttologi studiosi di ovvietà che scodellano volumi ai ritmi con cui mia nonna scodellava ciambelle.
Naturalmente le ciambelle di nonna erano squisite, inzuppate nel caffellatte, mentre i suddetti volumi hanno tutto il sapore stantio della Luisona di benniana memoria, il bignè storico che esisteva, nel Bar dello Sport, fin dalla fondazione dello stesso.
Ma io, implacabile come il Conte di Montecristo, avanzavo con spavalderia nei salottini pomeridiani farciti di gossip, un “taglia e cuci” su tutto e su tutti. E vai con gli adolescenti assassini e malamente sessuati, e vai con i vicini alla Tarantino, in versione casareccia e pecoreccia, e vai con la velina ed il calciatore che ti fanno ammirare la loro casa, il loro nido d’amore, rigidamente affittato tutto arredato. Vabbè qui si dimostra che se hai soldi affitti anche il nido d’amore già fatto e confezionato, quindi su misura.
E se ti trovi troppo impantanato nei miasmi della cronaca nera, senza trovare pace nella tua brama di provincie viziose e misteriose, puoi sempre vararti verso qualcosa di più sobrio, anche se qui la scelta è molto più difficile e diventa come la cerca di Giasone al Vello d’Oro.
Navigando quindi tra le Medee “de casa nostra” e gli omicidi misteriosi, ero nella mia pace immersa, una sorta di stupore e rassegnata ammirazione per il tempo che scorreva, quando è successo l’inaspettato.
E’ giunto il mio crollo! Ma come, ma perché e, soprattutto … ma quando?
Non so dirvi altro che è giunto in concomitanza con la propaganda elettorale. E’ giunto dopo il crollo del governo Prodi, quando si è riaccesa la bagarre elettorale, e non so se questo sia il sintomo o il disagio.
Sono tornati i soliti alieni: le stesse vecchie facce che si dichiarano nuove, con un concetto di nuovo che si ricollega alle categorie temporali di Matusalemme con brillanti programmi e dichiarazioni anch’essi coevi al patriarca biblico. Questo forse è stato il colpo di grazia!
Le mie crisi si sono acuite di fronte alle visioni epiche che si sono scatenate: le carestie, le pestilenze, i sacrifizi e le mortificazioni, le emendatio e le fustigazioni, che vengono annunciate neanche tanto tra le righe.
Insomma tutto si è stato scatenato quando ho capito quello che ci stanno preparando i galantuomini che ambiscono… non tanto alla nostra mano, ma peggio: al nostro voto!
Non ho resistito più al mondo che preparano per noi mentre il loro scorre felice, e mentre ci recitano lo stesso monologo di Totò e Peppino De Filippo:
“ … noi ci fanno specie che questanno, una parola, questanno, c'e' stato una grande moria delle vacche come voi ben sapete …” quello famoso della lettera alla malafemmina, mi veniva in mente che non ci stanno promettendo neanche un tozzo di pane e che erano arrivati i tempi … della moria delle vacche .. e che le vacche eravamo noi.
A questo punto non ricordo più niente… mi sono risvegliata 2 giorni dopo e mi hanno detto che il colpo era stato forte, anche se non mortale. Soltanto che adesso non posso vedere più propaganda televisiva per un lungo periodo, almeno finchè non passa l’intossicazione.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

sabato 15 marzo 2008

Samsara


Qualche tempo addietro ragionavo con una mia amica di lunghissima data e insieme si rifletteva sulla sua simpatia per il buddismo.
Me ne sono uscita fuori facendogli notare che la sua liberazione dalla catena delle reincarnazioni, il suo samsara, potrebbe essere una grande fregatura.
Samsara (pali, sanscr.) trascritto anche sangsara significa letteralmente "percorrimento, peregrinaggio" del flusso del divenire. Rappresenta il mondo del flusso, del mutamento e dell’incessante divenire in cui viviamo, infine rappresenta la catena delle reincarnazioni che siamo costretti a percorrere, tramite la trasmigrazione delle anime, per liberarci dal Karma.
Accumulando karma positivo si riesce a raggiungere la liberazione nel Nirvana, condizione in cui ha luogo l’ identità dell’anima individuale con il Brahman cioè l’anima universale.
Il carattere delle mia amica non è mai stato mite, anzi diciamo che la mitezza non fa parte delle sue virtù, per cui in molti abbiamo salutato la sua simpatia per le pratiche buddiste come un percorso molto utile e fruttuoso per le sue intemperanze. Alle intemperanze non so quanto abbia giovato, ma il succo del discorso non era questo.
Lei stava preparando un the e intanto riflettevamo su varie cose inerenti la spiritualità, per cui siamo arrivate ad un punto in cui io gli ho detto che, dopo avere letto molto su varie filosofie, il succo era sempre lo stesso e diverse erano solo le vie per raggiungere il fine ultimo.
Il senso era che tutte le religioni o le concezioni mirano ad eliminare la sofferenza dalla condizione umana, ma poi ognuna si spende diversamente sul metodo utilizzato per giungere a questo obiettivo. Qualche concezione vuole arrivare portandosi dietro il corpo e l’anima, qualcuna vuole fare arrivare solo l’anima, qualcuna arriva ad abiurare ad una delle componenti delle qualità umane, quali il sesso o altre.
Altre ancora vogliono che ci sia un distacco netto dalla corporeità già durante la vita tramite pratiche ascetiche ed eremitiche.
Io sono fermamente convinta che al Tutto si giunge con il Tutto dell’uomo e che se sei in una condizione corporea, nulla e dico nulla del corporeo va mortificato. Ogni mortificazione corporale assume il significato di insulto al creatore. La condizione umana può essere un’esperienza meravigliosa se attuata con la passione, l’intelligenza e la consapevolezza, con la compassione e l’empatia di una sensibilità affinata ed arricchita quotidianamente.
Mi figuro questo concetto come una situazione in cui un direttore d’orchestra viene fornito di un’insieme di strumenti per eseguire una sinfonia: ha senso rinunciare a qualche d’uno di essi, illudendoci che la musica sarà migliore?
Fatte tutte queste ed altre nobili deduzioni alla fine me ne sono uscita con una riflessione facendogli notare come tutta la storia della Nirvana fosse una vera scemata. Il senso della riflessione è questo.
Prima te ne devi scendere per risolvere ‘sta storia del Karma, e vai lì che te lo pesano, valutano il positivo e il negativo e ci fanno la tara. Beh! Almeno spero che ci facciano la tara, per cui le attenuanti che valgono nei tribunali te le portini a detrazione di pena anche sul Karma.
E quindi scendi e ti travagli per fare tutto ‘sto pellegrinaggio, quest’erranza e per riportare almeno le penne alla fine del viaggio. Come dire che potresti travagliare e travagliare senza guadagnare. Poi te ne arrivi al Nirvana - e già qui me la vedo tetra - ma metti che ci arrivi.
Sei li che ti godi la tua bella promozione e ti pensi sistemato, quando ti arrivano dei Maestri illuminati, assistenti del Brahman, che ti dicono: “Ehi tu, mascherina!”
Tu fingi indifferenza, fischietti e ti spiumacci le alucce nuove nuove e fai finta di non avere sentito.
Ma loro insistono: “Ehi! Mascherina dico a te. Giusto giusto dovresti riscendere sulla terra per fare un lavoretto che puoi fare solo tu. Lo richiede il Grande Disegno universale.”
Potresti dire che non sei la persona adatta, ma tanto ti conoscono da prima che tu fossi nel grembo di tua madre, come vogliono le scritture. E poi sei un Illuminato e sai che il bene universale è più importante del bene individuale egoistico ed ottuso.
Rinunci a dire qualsiasi cosa e prepari una valigetta leggera : sei illuminato per cui vai senza angelo custode e scendi in tutta fretta. Un quarto d’ora e sei di nuovo nel Samsara: altro giro, altra corsa.
A quel punto la mia amica mi ha guardato come se avesse difronte un alieno con la pelle verde ed i pallini rosa e mi ha versato il the.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

giovedì 13 marzo 2008

Giordano Bruno


Non avrei potuto dare al mio blog una dedica che rappresentasse meglio la mia ammirazione e il mio amore per uno dei filosofi più grandi che abbia avuto l’Italia.
Poteva essere uno studioso del tempo, riverito ed incensato se non fosse stato schiavo della verità il mio "intrepido cavaliere errante del Sapere".
Lui stesso ammette nella lettera proemiale di “De l’infinito, l’universo e mondi”:
“Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento, nessuno mi guardarebbe, pochi m'osservarebono, da rari sarei ripreso e facilmente potrei piacere a tutti…”
E di seguito si chiede perché mai non possa essere in quella maniera. Insomma perché non poteva rimanere al suo posto, buono e tranquillo?
“Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la caggione è l'universitade che mi dispiace, il volgo ch'odio, la moltitudine che non mi contenta, una che m'innamora: quella per cui son libero in suggezione, contento in pena, ricco ne la necessitade e vivo ne la morte; quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena nei piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita, perché nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto l'inferno che le deprime, ne l'alma l'errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide… ma per amor della vera sapienza e studio della vera contemplazione m'affatico, mi crucio, mi tormento.”
Personaggio colto e brillante allievo di un maestro aristotelico di scuola averroista, la sua impronta mentale è formata alla logica più implacabile: poco spazio vi è nella forma o negli orpelli, quello che conta è il valore dei concetti.
L’ utilizzo degli studi mnemotecnici arricchiscono la sua intelligenza ed in un solido teatro della memoria articola un universo, una metafisica che da le vertigini ai suoi contemporanei. L’universo è prodotto da Dio, come sua manifestazione, effetto infinito di causa infinita. L’universo è vivo in ogni sua parte e l’uomo partecipa di questo infinito tramite la trasmigrazione delle anime come affermava Pitagora.
Lo stesso mondo fisico è infinito e si colloca in uno spazio infinito, con una grande varietà di soli e di pianeti, è omogeneo nelle sue parti ma soggetto a continua metamorfosi. Dice nel Candelaio:
“… il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila; è un solo che non può mutarsi, un solo è eterno, e può perseverare eternamente uno, simile e medesimo. Con questa filosofia l'animo mi si aggrandisce, e me si magnifica l'intelletto...”
Rinnega l’idea della terra immobile al centro dell’universo ed afferma la centralità del sole, ma afferma anche l’infinità dell’universo per cui il sole è solo uno dei pianeti.
La terra è un corpo celeste come tanti altri, vi sono infiniti mondi in spazi infiniti e tali mondi sono abitati. Distingue tra le verità della fede e le verità delle scienze, ma non come semplice problema di competenze ma come primato della verità filosofica rispetto alla teologia. Non ammette la fine del mondo, rigetta l’esistenza di inferno e paradiso, nega il giudizio universale, è scettico sulla trinità, senza paura afferma che il Cristo è un seduttore, il dogma della verginità di Maria è un’aberrazione e la messa è una blasfemia.
La bibbia è un tessuto di menzogne ed i teologi sono dei pedanti che aggrottano le sopracciglia per darsi un’aria importante, mentre i filosofi sono dei pedagoghi ignoranti accecati dal culto degli ideologi, (...) tutti "asini col basto" che passano la propria vita a sciupare tutti gli argomenti che vangano loro sulle labbra.
No, le donne non sono meno intelligenti degli uomini. No, la gente di chiesa non dovrebbe godere di beni così grandi ma accontentarsi di un po’ di brodo; no, gli Spagnoli non hanno fatto bene a scoprire l’America, perché hanno "violato la vita altrui" e gli indios sono esseri umani come gli altri e non sono delle mezze bestie.
Cosa invece fa innamorare perdutamente, il mio grande filosofo poeta?
“Anzi quello che n'innamora del corpo è una certa spiritualità che veggiamo in esso, la qual si chiama bellezza; la qual non consiste nelle dimensioni maggiori o minori, non nelli determinati colori o forme, ma in certa armonia e consonanza de membri e colori. Questa mostra certa sensibile affinità col spirito a gli sensi piú acuti e penetrativi; onde séguita che tali piú facilmente ed intensamente s'innamorano; ed anco piú facilmente si disamorano, e piú intensamente si sdegnano, con quella facilità ed intensione, che potrebbe essere nel cangiamento del spirito brutto, che in qualche gesto ed espressa intenzione si faccia aperto; di sorte che tal bruttezza trascorre da l'anima al corpo, a farlo non apparir oltre come gli apparia bello.
La beltà dunque del corpo ha forza d'accendere, ma non già di legare e far che l'amante non possa fuggire, se la grazia, che si richiede nel spirito, non soccorre, come la onestà, la gratitudine, la cortesia, l'accortezza. Però dissi bello quel fuoco che m'accese, perché ancor fu nobile il laccio che m'annodava. “ (De gli eroici furori – Dialogo terzo)
Per tutto questo, potrei amarlo meno di quanto lo ami?
Nel proemio di “L’ombra delle idee” ammonisce:
“Ombra profonda siamo; non tormentateci, o inetti.
Non voi richiede un'opera così seria, ma i dotti. “
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami

martedì 11 marzo 2008

La morte di Nustrat


Sono passati più di 10 anni dalla morte di Nustrat Fateh Ali Khan e credo che dal 1997 il mondo abbia perso una delle voci più belle che siano mai esistite.
La prima volta che l’ho ascoltato sono rimasta incantata, era il 1993 quando conobbi i suoi dischi che la Real World, la casa discografica di Peter Gabriel , aveva edito nella collana World music. Nusrat ebbe un successo travolgente, presso il gusto occidentale quando collaborò con un gruppo musicale, o meglio con una sorta di collettivo musicale, i Massive Attack, considerato fondatore del trip hop, una sorta di meticciato musicale che spazia dal moderno soul all’electro-rock con spruzzate di funk ed ambient, conditi da incursioni elettroniche.
Il remix Mustt Mustt dei Massive con la voce celestiale di Nusrat restano, indimenticabili.
Nusrat discendeva da una famiglia pakistana che da 600 anni eseguiva la musica qawwali, la musica devozionale sufi considerata una delle forme più alte di comunione mistica con Dio.
Suo padre Ustad Fateh Ali con Ustad Mubarik Ali Khan ha costituito uno dei gruppi qawwal più famosi.
La musica qawwali viene eseguita per avvicinarsi a Dio ed il cantore esegue il canto da seduto, per avere la comodità di facilitare la sua contemplazione spirituale e la trance, inducendo così l’estasi. Raggiungere la trance è l’aspetto fondamentale di questo canto.
Certamente difficile da assaporare, almeno inizialmente, il repertorio qawwali tradizionale, suggerisco invece come primo approccio, il repertorio più moderno quello contaminato e sperimentale del maestro.
Le musiche maggiormente adatte al nostro gusto occidentale sono: per iniziare "Mustt Mustt", poi "Night Song" collaborazione di Nusrat e M. Brook, a seguire con “Devotional songs” e poi per finire veramente direi di ascoltare le musiche tradizionali, che lui ha sempre continuato a produrre anche all’epoca dei grandi successi occidentali.
Le sue contaminazioni musicali tra oriente ed occidente sono dei gioielli musicali di bellezza incomparabile.
L’esempio di Nustrat è la più grande dimostrazione di tolleranza e di amore per tutte le religioni di cui la mentalità mistica islamica è somma espressione, basti pensare alla collaborazione tra Nusrat e il coro gregoriano dell’Abbbazia di Noci e alle sue numerose partecipazioni ad eventi delle confessioni più diverse.
Amatissimo da grandi artisti internazionali, era un uomo dalla voce celestiale capace di incantare le platee che lo ascoltavano, voce con una tonalità dall’intensità devastante, veramente capace di mandare in trance coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo.
Una voce dalla straordinaria intensità sia per potenza che per capacità espressiva, capace di avere fatto amare a tutto il mondo una musica così complessa e profonda come quella sufi. Veramente quella era una voce del cielo e lui veramente era un grande ed autentico sufi.
Nella tradizione sufi, attraverso l’ascolto della musica, l’ascoltatore può assorbire il significato di cui ha bisogno. C’è solo un cammino verso la luce attraverso il cuore, ed il cuore di chi ascoltava la sua voce sentiva il grande amore di Dio che scendeva con calore e lampi di luce. Onoriamo così un grande errante.

Sharatan ain al Rami

sabato 8 marzo 2008

Un cuore generoso


Credo che sia una cosa meravigliosa incontrare un cuore generoso.
La generosità del cuore per me viene espressa quando una persona possiede la capacità di percepire quello che appare oltre il velo delle convenzioni e dei comportamenti che ognuno di noi lascia trapelare per quieto vivere e per opportunismo.
Per cui un cuore generoso, percepisce quello che è la tua vera essenza e non quello che mostri o quello che vuoi lasciare vedere.
La generosità può essere elargita quando si possiede la pienezza, quando ciò di cui si è muniti è talmente in soprannumero, che può essere donato, condiviso, senza la paura di rimanere senza e senza avvertirne la penuria in noi stessi.
Per cui diversa è una sorta di magnanimità elargita con sufficienza, quasi sprezzando l’altro, a cui talvolta doniamo la nostra disponibilità.
Quasi l’altro fosse carente e che tu solo fossi colui che possiede qualcosa che vuoi o puoi graziosamente elargire.
Questo accade molto spesso ed il rapporto è caratterizzato dalla falsa aurea di generosità o benevolenza di uno verso l’altro.
In questo rapporto vi è disparità: vi è che elargisce e chi riceve, ma solo in un senso.
Questo non basta. Il cuore generoso invece, sa vedere ed apprezzare tutte le tue qualità, le apprezza e le ama, per cui condivide con te le sue di qualità, considerandole nobili ed alte come le tue. La generosità apprezza e mette sullo stesso piano entrambi.
Ma per vivere questo tipo di contatto, bisogna avere la fortuna di incontrare una persona che sia sullo stesso livello di vibrazioni e sullo stesso livello di raffinatezza emotiva.
Solo una persona di tale genere sa apprezzare e non invidiare tutte le tue qualità, amandole e mostrando, in contraccambio le sue. Solo questo tipo di persona riesce ad amrti con il cuore.
Se questo avviene, entrambi crescono e si sentono arricchiti.
Spesso vedendo i tempi in cui siamo immersi ci riroviamo, almeno a me questo avviene, quasi a dubitare che un tale modo di relazionarsi sia profondamente desueto e privo di senso.
Ma subito mi viene in mente l’aforisma della rana e dello scorpione e penso come non potrei essere diversa da quella che sono.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

giovedì 6 marzo 2008

Le arti marziali


Con le arti marziali ho avuto un’amore a prima vista.
Un mio amico frequentava una palestra in cui vi era un bel clima cameratesco e mi invitò ad andare. Io andai e … mi innamorai follemente della disciplina. Con il passare del tempo il mio amore non si è mai raffreddato anzi - se possibile - è diventato ancora più intenso come avviene nelle vere passioni.
Da subito ho cominciato a leggere libri sul taoismo e sulle filosofie orientali.
Ho frequentato manifestazioni di arti marziali in cui si esibivano persone esaltate e presuntuose che spesso inondano il mondo della marzialità di immagini patetiche e ridicole.
Questo mi dispiace perché una disciplina tanto bella meriterebbe una considerazione maggiore.
Sinceramente oggi apprezzo le lezioni che mi ha dato il mio maestro di marzialità quando mi disse che nella saggezza cinese il miglior combattimento è quello che non hai mai combattuto. Per la vera via della marzialità si accede primariamente vincendo te stesso.
Ho fatto qualche pratica di stili esterni e di stili interni e ad oggi, pur avendo smesso di frequentare la palestra - il mio maestro è sommerso dalla sua primaria attività che costituisce il suo vero lavoro – se posso non mi perdo una buona manifestazione di arti marziali.
Quello che apprezzo maggiormente nell’ esecuzione delle forme codificate è l’eleganza della postura. Ho visto molti eseguire le loro sequenze di forme codificate con perfezione e senza quella eleganza che altri possedevano naturalmente e che ti faceva godere di quei movimenti come se stessi vedendo un’armoniosa danza.
Erroneamente si potrebbe credere che una tale grazia e leggiadria sia in possesso di pochi e bellissimi corpi dotati di fisicità eccezionali. Beh, non è vero perché io ho visto eseguire la 1. e 2. forma di bastone del wushu codificato, da un mio amico che usava il bastone con una grazia ed una leggerezza accompagnandosi all’arma - nel corso dei movimenti – come fossero una cosa sola.
Il mio amico era qualcosina sovrappeso con un fisico già tarchiato da mamma natura, eppure in quei movimenti metteva una grazia impagabile.
Penso che il suo segreto fosse nel fatto che quell’arma gli fosse consona, che fosse insomma adatta al suo temperamento. Nelle arti marziali vi è sempre uno stile, una tecnica e un’arma che si adatta al nostra indole profonda. Questo avviene perché quei movimenti, quelle tecniche sono adatte alla nostra natura, al nostro vero essere : la perfezione si assapora quando riusciamo ad essecondare il nostro vero essere.
Spesso ci sembra di non conoscere il nostro essere profondo o ci aspettiamo la rivelazione di una qualche forma di Verità superiore e accecante come avvenne a san Paolo sulla via di Damasco.
Non è così che funziona, o perlomeno non per tutti. Il nostro essere lo incontriamo quando ci mettiamo in scolto del momento presente quando, lasciamo il resto del mondo fuori e ci fermiamo a chiederci che cosa ci fa veramente piacere, che cosa ci fa veramente bene, cosa vogliamo fare per creare qualcosa che ci piace.
Capire la nostra vera passione e poi … seguirla! E non sempre la passione è grande o per forza nobile, può essere anche la passione per la cucina o per il girdinaggio, ma il fare qualcosa che ci piace, ci illumina la giornata e ci fa sta bene con noi e con gli altri.
Buona erranza
Sharadan ain al Rami

martedì 4 marzo 2008

L’erranza


Nella vocazione all’erranza si manifesta il nomade, colui che è curioso di nuove terre e di nuove conquiste.
La vocazione errante è come un sigillo, come un’impronta, una marcatura che viene impressa alla nascita e conservata fino alla morte …e oltre.
Se è vero che siamo in viaggio da tante vite e che siamo anime raminghe, alla perpetua ricerca della nostra liberazione dalla catena delle reincarnazioni, allora la condizione umana è fondamentalmente errante.
L’erranza può essere fisica ma ancora meglio interiore e, quest’ultima assume il significato di un viaggio ininterrotto verso nuovi orizzonti, alla ricerca di territori sempre più vasti, e per il vero errante è irresistibile e fatale.
E’ amore per una conoscenza sempre maggiore e l’attrazione per nuovi luoghi, per nuovi pensieri e per nuove conoscenze.
Il viaggio vede lo spostamento del corpo ma anche della mente o forse solo dell’anima, gli spazi sono quelli vicini, quelli lontani ma anche quelli infiniti.
I tempi sono quelli presenti ma anche quelli passati e tutti i possibili futuri.
Le direzioni che si seguono sono tracce impercettibili, impronte quasi invisibili se osservate con gli occhi di ogni giorno.
Anche lo sguardo è quello del nomade che studia il paesaggio perdendosi nell’esplorazione dell’orizzonte.
Il sentimento dell’erranza offre il più grande momento di conoscenza e di libertà che l’uomo possa sperimentare.
Buona erranza
Sharadan ain al Rami

lunedì 3 marzo 2008

La vera amicizia


Quando ho bisogno di meditare su contenuti di qualità, mi leggo qualche frase di Seneca.
Trovo le "Lettere a Lucilio" di una bellezza unica. Chiunque le avrà lette non potrà che darmi ragione, ma per chi non ne conosce il valore, bisogna che le conosca assolutamente.
Il grande filosofo romano le scrive negli ultimi anni di vita. Una vita molto travagliata e agitata, essendo, Seneca, il precettore del giovane Nerone che crescendo si rivela un personaggio dagli alterni umori. Vive in una corte, nella quale le morti o gli incidenti occorsi ai vari membri della famiglia imperiale, perlopiù finiscono tragicamente, Seneca deve per anni barcamenarsi. Non ci riusce fino in fondo e cade vittima di quegli intrighi, per cui è accusato di congiura e costretto a darsi la morte.
Le sue lettere all'amico Lucilio sono scritte negli ultimi anni della sua vita e vengono definite la sua opera più geniale. Nel suo pensiero vi sono temi di un'attualità sbalorditiva, in esse Seneca si rivela fiducioso nell'uomo, comprensivo delle debolezze proprie ed altrui, pieno di senso di solidarietà che si estende a uomini di ogni razza, religione e rango, è nemico della violenza gratuita soprattutto quella dei ludi gladiatori e delle guerra che reputa una forma di omicidio legalizzato. Si scopre in questo grande filosofo, una sensibilità psicologica sensibile e raffinata, sempre impegnata nel perseguire, tramite il dialogo e la persuasione, il completo perfezionamento morale.
Vorrei trascrivere solo qualche brano della sua idea di amicizia:
"Il saggio, anche se è autosufficiente, vuole, però avere un amico, se non altro per esercitare l'amicizia, e perché una virtù così nobile non languisca...avere qualcuno da assistere lui stesso, nelle malattie, o da liberare se prigioniero dei nemici. Se uno si preoccupa solo di sé e perciò fa amicizia, sbaglia. ...Sono le amicizie cosiddette opportunistiche: un'amicizia fatta per interesse sarà gradita finché sarà utile. ...Così se uno ha successo, lo circonda una folla di amici, mentre rimane solo se cade in disgrazia: gli amici fuggono al momento della prova; per questo ci sono tanti esempi infami di persone che abbandonano l'amico per paura, e di altre che per paura lo tradiscono. L'inizio e la fine fatalmente concordano. Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finirà di esserlo. Se nell'amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andrà contro l'amicizia stessa. …"E come, dunque, ci si accosta ad essa?" Come a un sentimento bellissimo, non per lucro, né per timore dell'instabilità della sorte; se uno stringe amicizia per opportunismo le toglie la sua grandezza. “
E tu, quanti amici di questo genere pensi di avere?
Buona erranza
Sharadan ain al Rami

sabato 1 marzo 2008

La Vocazione di Errante



Credo che ognuno nasca con una natura ed una vocazione specifiche.
La mia vocazione è di essere Errante. In cosa consiste?
La mia erranza è la stessa descritta da uno storico che, valutando un suo eccentrico intellettuale coevo,
dopo averne decantate le doti,annota tra i suoi valori negativi, che “non osservò a pieno la historia; errò talvolta nelle persone, e ne’ tempi”.
Per cui l’Errante è colui che non resta fermo nei suoi tempi e fra i suoi simili; è chi dirazza, come si direbbe in gergo, è uno che non riesce a stare al suo posto.
E’ uno che chiede, che vuole sapere e che vuole capire.
E’ un ribelle, è un criticone, è uno che non si accontenta per cui … sta bene solo tra i suoi simili.
Per tutti quelli che non ne condividono la natura, è profondamente inadeguato.
Tenetevene alla larga.
Buona erranza
Sharadan ain al Rami