martedì 31 gennaio 2012

Il cercatore del sogno


Un tempo, nella favolosa città persiana di Isfahan viveva un povero contadino di nome Hassan. La sua unica ricchezza era il possesso di un pietroso pezzo di terra che era l'eredità di famiglia su cui sorgeva una piccola casa di pietra decorata da una meridiana dipinta sulla facciata scolorita dal sole. All’estremità del piccolo campo cresceva un bell'albero di fichi vicino alla piccola fonte di acqua freschissima, e ogni giorno a mezzogiorno spaccato Hassan si sdraiava all’ombra del fico e si faceva un bel pisolino prima di riprendere il lavoro dei campi.

Il povero contadino era abituato a lavorare duramente per poter ricavare qualcosa dalla sua terra, ma anche così tirava avanti a stento, perché il raccolto del piccolo campo non era mai abbondante. Un giorno, mentre si era addormentato sfinito dal caldo e dalla fatica con il capo appoggiato al tronco del suo fico, facendo il suo sonnellino pomeridiano fece un sogno bellissimo.

Nel sogno camminava in una città stupenda e molto popolata, e andava lungo una via molto sfarzosa. Hassan si ritrovò a camminare lungo le strade della città sconosciuta, però capì che era in una zona ricca e piena di botteghe colme di ogni ben di Dio. Tutte le botteghe traboccavano di frutta sconosciuta, di spezie fragranti, di stupendi tessuti esotici ricamati in oro, e degli enormi tappeti che erano degni della corte del sultano erano esposti al suo sguardo stupito e incantato da tanto lusso.

I profumi delle spezie e della frutta si univano al tenue aroma dell’incenso e degli estratti pregiati destinati alle più belle dame della città. Un sole sfolgorante risplendeva al centro del cielo azzurro, mentre ovunque si vedevano solo gli splendidi palazzi ricoperti di marmo, le cupole preziosamente decorate e i minareti che svettavano contro quel cielo di lapislazzuli.

Hassan guardava a bocca aperta quella città meravigliosa, il suo sguardo si perdeva sulle merci preziose che erano esposte nelle botteghe, e sembrava non saper scegliere quello che valesse la pena di essere guardato meglio, perché era troppo povero per comperare qualcosa. Tutti erano indaffarati nelle loro faccende e ovunque c'era il vociare di chi elogiava le merci e faceva le trattative di compravendita nei negozi.

Hassan oltrepassò il vivace mercato e arrivò ai bordi di un fiume che divideva la misteriosa città, infatti giunse vicino a un ponte di pietra con un alto parapetto dove trovò un forziere pieno di monete d’oro e di pietre preziose. Mentre guardava sorpreso quelle ricchezze sentì una voce dal cielo che disse: “Questa è la città egiziana del Cairo e il forziere che vedi ti è destinato!”

Appena quelle parole furono pronunciate, Hassan si risvegliò di soprassalto e si ritrovò sdraiato ai piedi del fico dell’orto, nella città di Isfahan, e il suo primo pensiero fu di riconoscenza verso Allah che gli aveva mandato un sogno per annunciargli l’arrivo della ricchezza e la fine delle ristrettezze.

Mentre s’inchinava a ringraziare il cielo pensava: “Questo sogno dimostra che i miei sacrifici hanno mosso a pietà la misericordia dei Cieli, perciò l’indulgente bontà dell’Altissimo mi manda incontro una fortuna. Che sia Lode all’Altissimo, al Misericordioso!” Era così colmo di pensieri di riconoscenza che, senza pensarci più di tanto, fece un fagotto delle cose necessarie, prese dei viveri, nascose la chiave della casa tra le pietre del muro e si affrettò a partire per cercare il tesoro annunciato dal sogno.

Il viaggio era lungo e rischioso, ma lui era un uomo volenteroso, le sue gambe erano robuste, aveva una salute di ferro e non temeva la fatica, perciò partì senza indugiare. Il viaggio proseguì per settimane e Hassan riuscì a sfuggire alle belve feroci accodandosi a una carovana che andava verso il Cairo, perciò uscì indenne anche alle insidie dei banditi che tendevano trappole agli sprovveduti viandanti.

Dopo un faticoso viaggio, finalmente la carovana arrivò alle porte del Cairo e la città gli apparve stupenda così come Hassan l’aveva vista in sogno, infatti il povero contadino si ritrovò a camminare lungo le strade che aveva sognato, passò tra gli stessi mercanti e le stesse botteghe e ascoltò le voci di coloro che contrattavano il prezzo delle preziose merci.

Riconobbe i palazzi riccamente decorati, le moschee e i minareti che si stagliavano contro il cielo di lapislazzuli, perciò non ebbe difficoltà a riconoscere la strada che portava al fiume e al ponte di pietra che lo attraversava. Riconobbe il fiume e il ponte, perciò affrettò il passo per arrivare al parapetto di pietra dove avrebbe trovato il forziere pieno di ricchezze.

Quando fu nel posto sognato si guardò attorno e non vide il forziere, ma vide solo un povero pezzente che chiedeva l’elemosina di un soldo di rame: del tesoro e del forziere nessuna traccia! Il cercatore di sogni si disperò e sentì il freddo che gelava il cuore, sentì salire in petto la disperazione impotente, mentre sentiva l’angoscia, e le amare lacrime della più profonda disperazione sgorgavano dai suoi occhi.

Tanta fatica, tanta strada e tanti disagi per non avere nulla! Hassan era giunto al limite delle forze, perciò la stanchezza gli gravò sulle spalle e lo schiacciò senza pietà, infatti si disse:” Per quale motivo dovrei vivere ancora? Dopo questo dolore non posso tollerare altro! Che mi deve succedere ancora? Non voglio vivere, meglio gettarmi nel fiume e affogare.”

Preso dalla disperazione scavalcò il parapetto e fece per gettarsi nei gorghi, ma il mendicante lo vide e si lanciò per riportandolo sul ponte. Hassan era debole e preso alla sprovvista, perciò non reagì alla stretta del mendicante, infatti quello lo portò via mentre gli chiedeva:”Ehi, fratello, che scherzetto mi vuoi fare? Tu sei un pazzo a morire in una giornata di sole radioso. Perché morire in modo stupido? Vieni a casa mia per riposare e raccontami cosa è successo.”

Hassan andò dal mendicante, che viveva in una stanzetta vicino al porto, e mentre quello accendeva un fuoco per offrire un thè, gli raccontò del suo sogno e del lungo viaggio, poi pianse amaramente per la stanchezza e per la delusione e sfogò il suo dolore. Quando Hassan ebbe concluso il racconto della triste vicenda, il mendicante scoppiò in una solenne risata: “ E lo sapevo io che tu sei matto! Sono certo che io, con la mia misera vita e la mia ignoranza, se vengno paragonato alla tua ingenuità sembro il più saggio consigliere del sultano.

A te sembra una cosa normale affrontare un viaggio così lungo e pericoloso per inseguire un sogno? Nessuna persona normale farebbe una sciocchezza tanto grande. Credi di essere il solo a sognare la ricchezza? Io da anni sogno una città verso oriente, credo che il nome sia Isfahan, che dopo tanti anni ormai conosco e vedo nei minimi particolari. Nel sogno giro per le strade finché arrivo alla casetta di pietra che sorge al centro di un campo. La casetta è molto piccola e povera con una clessidra dipinta sulla facciata, e il colore è arso come le pietre del misero campo che gli è davanti, però possiede una fonte con un fico che fa ombra.

Nel sogno io scavo ai piedi del fico e trovo un forziere pieno di monete d’oro e di pietre preziose. Io sono anni che tutte le notti faccio questo sogno, ma non sono lo scemo che corre dietro ai sogni. Io sono una persona equilibrata che non crede alle sciocchezze, perché me la cavo bene con le elemosine, vivo nella mia stanza e mi procuro sempre un pasto con cui riempire la pancia. La saggezza popolare insegna dice che il sogno è illusione, perciò resto dove sono e ringrazio Dio di quello che possiedo. Anche tu dovresti fare la stessa cosa e tornare a casa.”

Mentre il mendicante faceva il suo giudizioso discorso, Hassan era rimasto di stucco perché aveva riconosciuto la descrizione della sua casa, del campo e del fico che cresceva vicino alla fonte. Quando il mendicante ebbe cfinito di parlare Hassan gli gettò le braccia al collo e lo ringraziò con molto calore. Quando il mendicante vide passare Hassan in modo repentino dalla nera disperazione all’entusiasmo acceso si confermò nell’idea che il poveretto fosse veramente uno svitato.

Da parte sua Hassan si sentiva rinvigorito dall’entusiasmo e dalla voglia di ritornare verso casa, perciò riprese il suo fagotto e si affrettò a fare ritorno verso Isfahan. Anche se il ritorno era lungo come l’andata, questa volta la fatica non lo opprimeva, troppa era la voglia di arrivare a casa, perciò le giornate passarono velocissime e il cammino proseguì senza intoppi fino a destinazione.

Una volta che ebbe raggiunto Isfahan e la sua proprietà, Hassan prese la zappa e la vanga per scavare alle radici del fico, infatti scavando un’enorme buca trovò il favoloso forziere. Una volta che fu aperto, il forziere si rivelò pieno di tesori, perciò quella somma favolosa rese Hassan ricco per tutta la vita, e l'immensa ricchezza fu la ricompensa dell’uomo che trovò un tesoro inseguendo un sogno.

Buona erranza
Sharatan


sabato 28 gennaio 2012

Sentire la nota giusta


“Due sentimenti sono i più difficili da superare:
aver trovato ciò che era stato già trovato
e non aver trovato ciò che si sarebbe dovuto trovare.”
(Johann Wolfgang von Goethe)

I vedantini dicono che tutta la manifestazione ha un ritmo e una vibrazione e che anche l’uomo ha una vibrazione perché vibra e risuona, però solo chi possiede una grande sensibilità sa riconoscere il suono ritmico che viene emesso dagli uomini. Ogni tipo di vibrazione si esprime con un tono e una qualità, perciò la vita è prodotta dal numero e dal tono delle oscillazioni. Nell’induismo si afferma che tutto ciò che risuona emette una qualità di toni a cui è collegato un modo di essere, un modo di vivere e uno stato d’animo oppure la proiezione delle tre cose, perciò tutto l'insieme della manifestazione ha una qualità espressiva che si può rapportare alla scala musicale.

L'uomo per l’eccessiva “metallizzazione” delle sue sostanze e per la forza dell'individualità prova l’isolamento e l'incomunicabilità, perciò non sa ascoltare il linguaggio armonico della creazione. Gli uomini credono che la vita sia un ambito da contabilizzare, ma se la realtà è vista in modo così riduttivo diventa ostile alla comprensione e tutto il vivere diventa un fatto incomprendibile, perciò non se ne comprende il senso e si vive infelicemente. Per conoscere qualcosa è necessario percepire che le sue oscillazioni sono un modo per esprimersi, perché nulla è una cosa morta, infatti tutto ciò che vive possiede delle modalità espressive che vengono espresse dal numero e dal tono delle sue vibrazioni.

L’uomo vede con gli occhi esterni ma non percepisce con la sua vista interiore perché non sa come usare la sua sensibilità, ma se non la sviluppa non arriva a comprendere la vita. L’uomo si comporta come un ragioniere che vede il mondo solo come un dato da computare, perciò lo riduce facendo sottrazione, aumento e moltiplicazione, perciò incrementa la sua vita solo di classificazioni mentali. Seppure sia utile poter dare un nome alle forme e saper classificare il mondo, questa utilità va usata solo per la creazione delle coordinate generali nella conoscenza, perché le cose della vita non si studiano teoricamente, infatti le cose della vita si comprendono solo se vengono vissute con una sensibilità profonda.

La vita viene paragonata alla sinfonia che è suonata con un certo suono e con un tono, perciò bisogna diventare molto sensibili interiormente per saper riconoscere le sue caratteristiche, perché i piani sottili rivelano meglio il senso profondo della vita. L’approccio materialista usa solo i nomi e le categorie mentali per definire le forme, ma questo errore concettuale ha causato l’interruzione del legame tra l'uomo e il cosmo. La separazione tra la materia del mondo e lo spirito del mondo ha reso l'uomo un essere solo e abbandonato, e seppure promettesse di renderlo padrone del mondo, l'ha reso uno schiavo dalla mente limitata.

Osservando il funzionamento del mondo vegetale vediamo la sua armonia sottile, perché la natura vegetale possiede una grande varietà di suoni e di colori diversi. Un giardino può essere armonico o disarmonico, perché l’insieme della flora produce la nota espressiva di un tono armonico, infatti nel giardino sono importanti tutti i fiori e le piante che sono presenti. Il giardiniere esperto sa che è necessario scegliere con cura le piante migliori, poiché il loro suono e il loro colore dovranno creare quell’armonia che dovrà manifestarsi nel giardino.

L’armonia finale espressa dalla vegetazione sarà prodotta dall’insieme di piante e di fiori, perciò sarà prodotta dall'armonia totale e non da quella del singolo fiore, perché è l'assieme delle varie qualità che sanno creare l’armonia. Similmente l'esecuzione della sinfonia non è la somma delle note che si susseguono, perché la musica è nell’armonia dell'assieme delle vibrazioni sonore e non proviene dalla somma delle singole note. Nella partitura musicale la nota produce delle vibrazioni sonore, e ogni vibrazione si esprime con delle diverse tonalità, perciò è il ritmo espresso nella musica che esprime la qualità della sinfonia.

La percezione dei sensi ordinari arriva alla percezione dello schema dei toni musicali, infatti riesce a capire la nota da cui inizia l'esecuzione musicale, e il tono iniziale è il schema di riferimento più importante per poter valutare la qualità dell’evento sonoro. L’intonazione è la nota con cui inizia la sinfonia, perciò diventa il punto di riferimento essenziale, perché il tono è la caratteristica principale della sinfonia.

Con la sensibilità dell’anima e con l’uso dei sensi più sottili che l’uomo possiede si possono percepire sia il ritmo che la qualità, perciò si può percepire sia la qualità che il tono della musica. L’orecchio interno può udire e valutare tutto quello che lo circonda, perciò può percepire tutti i toni, e può percepire istintivamente la tonalità armonica dell'ambiente. Ogni ente si esprime con i toni che sono prodotti dalle sue vibrazioni, e tutte le qualità armoniche delle vibrazioni formano un “tono musicale” particolare e mostrano una nota del temperamento che è tipico dell’ente.

Per capire veramente le cose è necessario saper sviluppare la sensibilità interna che usa l’occhio interno per ascoltare le vibrazioni degli enti, perché per capire è necessario penetrare totalmente in quello che ci circonda. Per capire non possiamo usare il sentimentalismo dell’emozione, perché la comunicazione vera trascendere la conoscenza superficiale, infatti nei rapporti non devono essere viste solo le forme, ma dobbiamo vedere il ritmo e l’armonia che l’essere emana nello spazio che lo circonda, e questa percezione profonda è la vista e l'udito interiore.

Se vediamo gli uomini solo come delle strutture fisiologiche vediamo le loro strutture generali, perciò abbiamo le strutture dei sentimenti, delle emozioni e lo schema mentale nei tratti tipici della specie. Ma gli schemi strutturali generici sono utili solo per organizzare delle conoscenze in schemi generali, ma se vogliamo condurre un'analisi accurata dobbiamo ammettere che l'indagine seria avviene con l'analisi delle eccezioni, perciò è sulle particolarità degli organismi che possiamo valutare e apprezzare le potenzialità “quantistiche” della specie.

Gli orientali dicono che anche le piante hanno delle vibrazioni per esprimere i loro sentimenti, ma questo noi non lo crediamo perché non abbiamo sviluppato quella piena sensibilità interna che è adatta a percepire in modo completo il mondo. I vedantini dicono che ogni suono è un modo per poter esprimere la qualità che definisce un temperamento, perciò per udire l’armonia del mondo non possiamo usare le orecchie esterne che riconoscono solo il tipo di nota, ma che non sanno udire la tonalità espressiva. L’orecchio esterno non sa riconoscere la qualità che esprimono i vari suoni, perciò non sa riconoscere l’espressione della vita profonda che costituisce l’anima del suono.

Per i vedantini, dietro ogni suono esiste la vita e l’Essere, perché l’Essere esprime la qualità del tono per mezzo della forma, del numero e del suono, perciò esprime una vita, una qualità e una forma diverse in tre diversi aspetti distinti e separati che sono l'unità trinitaria. La qualità della vibrazione è il tono di fondo, perciò è la nota che esprime la qualità fondamentale dell’Essere vivente: e dalla nota fondamentale si possono sviluppare delle scale armoniche all'infinito, perché la scala musicale può salire in modo illimitato.

Gli orientali dicono che ogni essere è una scala armonica che inizia dalla Nota fondamentale dell’Essere, perché ognuno esprime un aspetto diverso e particolare della divinità. Si dice che la Coscienza Assoluta, il Supremo Brahman, che ha manifestato tutte le forme create si è espresso in triplice forma con tre definizioni e con tre aspetti che riescono a racchiudere e rappresentare tutta la realtà. L’Ente si manifesta differenziandosi in tre qualità fondamentali pur essendo l'Assoluto e l'Ineffabile che è senza forma, perciò l’Anima che trascende le forme ha fatto il sacrificio della sua infinita vastità per dar vita alla sua creazione e alle sue creature.

Brahman il Supremo è l'Essere perfetto, onnisciente, onnipotente e onnipervadente, ma si è imposto dei limiti, infatti ha accettato di fare la riduzione delle sue vibrazioni creatrici per permettere all’uomo di esistere come entità differenziata. I vedantini dicono che il Supremo si è limitato perché l’uomo potesse manifestarsi. La creazione è l’atto dell'amore supremo di Brahman che si è volontariamente limitato e definito assumendo delle qualità specifiche e diventando Isvara, cioè l’Entità Unica che possiede tutte le qualità e gli attributi. Le note dell'Infinito non sarebbero sufficienti per definire l'Immensità di Brahman che è senza forma e senza definizione.

Tutte le forme di vita sono delle scale armoniche che contengono altre note e sottonote perché tutte le forme di vita hanno, nell’essenza, quella Nota Fondamentale. Tutte le forme di vita sono delle sfumature armoniche che provengono dalla Prima Nota che originò la creazione. Poiché l'oggetto con una forma solida nello spazio deve avere delle dimensioni che lo possano contraddinguere per degli attributi specifici da altre forme diverse, Brahman diventò Saguna dando origine alla prima qualità della vita universale.

Il punto è la nota fondamentale della forma solida, infatti senza il punto non ci sarebbe la linea, il piano e il volume che è la proiezione del piano, perciò ogni nozione fisica che crea una forma solida deve iniziare con la definizione del concetto di punto. Il punto è la prima determinazione della geometria che crea le coordinate dello spazio, perciò l’origine deve tracciare i limiti e le definizioni dei concetti basilari, e Brahman si è qualificato per essere l’origine che riordina i concetti. Avvenne che la Divinità creatrice si esprimesse come Brahman Saguna, anche se l'Ente è illimitato e universale, e il fatto avvenne quando il Punto iniziò a produrre le vibrazioni che trasmettono le qualità che lo rendono quello che Lui è.

Poiché i vedantini credono che esiste il principio di assonanza tra il microcosmo e il macrocosmo, possiamo affermare a buona ragione che anche il punto più microscopico possiede un tono poiché ogni ente è un’armonica della prima Nota fondamentale. Ogni ente possiede la sua vibrazione, perchè possiede un suono e un tono che è l'espressione caratteristica del suo essere. Se impariamo a riconoscere la qualità del suono e del tono di ogni essere che è esistente sappiamo riconoscere la vita e possiamo risuonare in armonia con ogni forma di vita: questo è il concetto fondamentale del fatto di essere una musica vivente.

Per imparare a risuonare come la saggezza orientale ci insegna è necessario avere due strumenti, cioè lo strumento che è fornito dai sensi esterni e lo strumento che viene fornito dai sensi interni, che non sappiamo usare. L’udito esterno usa l’orecchio per sentire i suoni, ma il senso interno di sensibilità cosciente riesce a percepire l’armonia che il suono esprime, perciò sa apprezzare e sa valutare ciò che il suono vuole esprimere: è il senso interno che riconosce la qualità dell’espressione musicale. Davanti alla materia è necessario saper percepire la forma esterna usando gli occhi, ma è necessario attivare anche una sensibilità profonda che sorge dalla coscienza, perché sa percepire la qualità interiore che la forma vuole esprimere.

Queste due prerogative della materia, cioè la forma e la qualità della forma si possono rapportare al valore e al numero del tono musicale, perché la percezione completa deve percepire la materia sia per la quantità che per la qualità. L’applicazione ottimale della sensibilità completa non può prescindere dal fattore soggettivo, perché l’uomo ha una caratteristica aggiuntiva che lo qualifica anche per la sfumatura emotiva della sua percezione, perciò l’interpretazione che viene attuata ha una variabile soggettiva.

Il fattore soggettivo personale non è possibile da spiegare o da osservare, ma si può esemplificare in modo evidente se pensiamo alla differenza che esiste nell’ascolto della medesima musica quando l’orchestra viene diretta da diversi direttori d’orchestra. Anche il medesimo brano sinfonico risulterà diverso per l'orecchio dell'ascoltatore, infatti anche la stessa musica diventa diversa quando viene eseguita con un “temperamento” esecutivo diverso. Ma, delle variabili così impapalpabili non possono essere descritte in modo adeguato, perché queste caratteristiche non sono evidenti agli occhi fisici, perciò accettiamo anche l'esistenza di qualità che sono invisibili e saranno non osservabili finchè saremo nel veicolo fisico-corporeo.

Vi sono delle verità conoscibili solo fuori dalla materia, perché esistono delle cose invisibili di cui si può avere solo una percezione interiore, e di cui ognuno deve avere un'esperienza personale, perciò sommando tutti i fattori concludiamo che, anche la qualità del soggetto che percepisce assume una scala di valore. Secondo gli insegnamenti che Pitagora ha diffuso, si dice che nella realtà esiste l’Armonia, perché ogni regno della vita ha una sua modalità di esprimere la vita, perciò possiede il suo numero e il suo tono, che è diverso e differente da quello delle altre specie viventi.

I quattro regni: minerale, vegetale, animale e umano possiedono una gamma di suoni e di toni espressivi che sono articolati salendo da una scala che è crescente e che progredisce dalla pietra all’uomo, ma che può proseguire per l'infinito. Si afferma che, oltre il livello degli uomini esistono dei toni e dei numeri espressivi che l’uomo non può percepire, perché i sensi umani sono inadeguati a percepire quegli stati vibrazionali. Ma l’uomo possiede anche dei corpi più sensibili di quello fisico-corporeo, infatti possiede dei veicoli sottili che sanno variare la frequenza della loro vibrazione per poter percepire una sostanza più rarefatta della materia.

Anticamente si diceva che ogni regno possiede una nota fondamentale che è l’archetipo che rappresenta l’intero regno, perché impersona l’Idea fondamentale che il regno deve esprimere. Ogni regno della vita e ogni modo di vivere si rapportano all'archetipo determinato, perciò si rapportano all’Idea che è più in Armonia con quel regno, perché quell’idea meglio di tutte lo rappresenta. Per questo motivo appare naturale che l’orecchio interno possa percepire il numero e il tono con cui condivide una maggiore affinità, perché l’orecchio interno riconosce istantaneamente la musica preferita dell’idea che si insegue.

Gli uomini usano le modalità espressive degli istinti, dei sentimenti e dei pensieri, perché l’individualità umana è una armonica minore della Nota principale dell’Essere, perciò gli istinti, i sentimenti e i pensieri non sono altro che degli stati vibratori con cui l'essere umano cerca di esprimere i suoi toni specifici. Se esprimiamo un affetto o un pensiero emettiamo delle vibrazioni che sono corrispondenti, e che possono essere avvertite da una corda psichica sensibile, per questo si dice che il pensiero può viaggiare nello spazio e può essere percepito dalla fonte ricevente anche se la fonte emittente è lontana.

La cosa importante che tutte le saggezze antiche dicono è che la corda dell’individualità è sempre un’emissione degradata, perché emette una musica che è discorde e discontinua. Per esemplificare la teoria, si dice che l’essere è una vibrazione con un certo numero e un certo tono di vibrazioni espressive che mettono in moto l’etere. L'uomo può muovere l’akasha, che è l’elemento eterico del piano esistenziale in cui l’organismo umano agisce. Si dice che l’akasha risponda all'azione dell'uomo e che nella reazione la materia eterica si modella secondo la struttura e la qualità fondamentale di quella nota.

L’Essere Cosmico è il grande musico che usa la tastiera del suo Logos che è Intelligenza e Consapevolezza suprema, perciò l'Essere usa la Saggezza infinita per plasmare l’akasha con la sublime melodia che esegue. Da questa armonia provengono duplici effetti, cioè provengono delle armoniche di numero e di diversa qualità di tono con cui avviene il continuo rinnovamento della creazione. Questa prerogativa è stata infusa anche nell'uomo con il possesso della nota essenziale, perciò anche l’uomo può agire come fa la Divinità.

Anche l’uomo può usare la tastiera del suo logos, cioè l’intelletto per far risuonare le note e plasmare l’akasha per modellare il suo atto creativo. Gli istinti, i sentimenti ed i pensieri dell'uomo hanno lo stesso effetto, perché l’intento che abbiamo nella mente produce gli effetti vibratori che esprimono quella determinata qualità. L’umanità è un’entità che usa una tastiera collettiva, perciò se il singolo uomo è discorde e disarmonico anche l’umanità produrrà delle melodie discordanti che fanno una pessima musica.

L’uomo deve sapere che il sommo Demiurgo è il plasmatore volontario dei suoi eventi, perciò dobbiamo saper accordare la nostra consapevolezza in modo tale da fare una splendida esecuzione, però l’umanità è fatta di pessimi musici e di personaggi stonati che pretendono di essere tenori. Per l’uomo è difficile comprendere che l’umanità vive così come la vediamo perché così vuole vivere la maggioranza delle persone, in quanto nulla impedirebbe di cambiare musica.

L’uomo incolpa Dio di non saper suonare meglio il suo strumento, infatti vuole trovare solo qualcuno su cui scaricare le colpe di responsabilità che sono personali. In questo aspetto l’uomo è un bambino immaturo e capriccioso che non vuole crescere, perciò il bimbo irragionevole non vuole ammettere che potrebbe suonare meglio. Se l'uomo fosse un essere ragionevole andrebbe a scuola di musica, perché gli potrebbero insegnare che per cambiare musica è necessario mutare la chiave dei toni, perciò a scuola imparerebbe che è la qualità che va migliorata.

Per cambiare la qualità dei toni della nostra consapevolezza è necessario agire in modo personale e diretto, dobbiamo eseguire in modo preciso e provare e riprovare con un’azione molto impegnativa, perché la perfezione esecutiva non è un fatto solo apparente. Una piena competenza avviene quando la competenza è profonda, perciò avviene se l'arte sa penetrare fino alle “midolla dell’essere,” perciò avviene se essa penetra e impregna la nostra profondità più intima. Per questo tutti i maestri avvertono che solo la trasformazione della qualità della coscienza può produrre un’umanità migliore, perché l’akasha andrebbe plasmata con qualità espressive molto migliori di quelle che usiamo.

Buona erranza
Sharatan

martedì 24 gennaio 2012

La danza della creazione


“Il prana è l’anello mancante tra la Coscienza e la Materia”
(Paramhansa Yogananda)

Nella filosofia indiana si dice che l’energia collega la mente al corpo e che lo stesso legame esiste tra la coscienza e la materia, infatti all’atto della creazione, lo Spirito emanò da se la Coscienza Pura da cui ebbero origine sia il mentale che la materia. Per espandere e per diffondere la sua creazione, lo Spirito iniziò a emettere un’energia vibrante pur non essendo fatto di vibrazioni, perciò trasformò il suo essere indifferenziato in un Essere che si esprime con un moto ondulatorio. Con l’emissione di una vibrazione fu creato l’universo delle cause ossia il mondo delle idee causali, perciò dal livello in cui esistono solo delle forme-pensiero furono proiettate verso l’esterno delle ondate vibratorie che si condensarono per originare gli stati densi della materia.

La Pura Coscienza nel creare con le vibrazioni delle idee, per avere una fissazione nelle forme concrete dovette abbassare il livello delle sue vibrazioni rendendole dense, perciò le idee si cristallizzarono nelle varie materie. La Pura Coscienza dovette diminuire la sua potenza, perciò dovette filtrare l’intensità delle sue vibrazioni agendo come un trasformatore che riduce le onde, perché la riduzione della frequenza ondulatoria permise che le energie venissero differenziate e si potessero avere le diverse qualità di materia: e questo avvenne nel terzo stadio del ciclo di creazione quando si manifestò la realtà materiale.

Se le energie non si fossero legate agli involucri materiali che le tengono imprigionate al loro interno, l’energia sarebbe stato attratta dal potente Magnete Cosmico e le energie avrebbero fatto ritorno al centro della Coscienza Cosmica. La materia permette la permanenza della creazione, perché la materia trattiene l’energia permettendo l’esistenza della realtà che vediamo manifestarsi in molteplici forme e in qualità espressive diverse. I miti antichi dicono che gli dei vollero creare il mondo perché la materia offre una comprensione maggiore e ci fa raggiungere più velocemente la saggezza suprema, infatti la verità sperimentata in modo concreto è compresa a livello elevato e profondo.

L’applicazione concreta di ciò che l’idea dice in modo astratto permette di avere una comprensione completa e permette di apprezzare una totale verità, perciò la materia assolve a questo compito complesso. Paramhansa Yogananda dice che l’universo causale è il luogo in cui avviene il progetto dell’Architetto, poi nel mondo astrale si cercano i materiali per costruire l’edificio pensato, ma nel mondo materiale va concretizzata l’opera architettonica. La Pura Coscienza si espande verso l’esterno con le onde vibratorie della divina danza cosmica, perciò lo slancio creativo si trasforma in luce e in energia, infatti le vibrazioni si cristallizzano nelle forme della materia.

Tutte le cose materiali del mondo concreto hanno la loro specifica vibrazione altrimenti non le potremmo vedere, e tutte le cose che si muovono producono una particolare vibrazione sonora, anche se questo suono non può essere sentito. Gli orientali affermano che, all’origine, la Coscienza Cosmica viveva in uno stato di profonda Beatitudine, perciò iniziò la creazione per diffondere il suo piacere e la sua gioia con la danza e con il canto. Nell’etere cosmico esistono dei suoni che si propagano nello spazio cosmico, perciò una divina sinfonia pervade tutta la creazione, infatti il “Verbo” della creazione è il suono che costruisce un alfabeto che ordina le varie espressioni della creazione.

I cabalistici dicono che i suoni dell’alfabeto ebraico di 22 lettere non sono un linguaggio casuale, perché ogni lettera è uno strumento che ordina uno dei settori della creazione. Essi dicono che l’emanazione, la creazione e la combinazione delle 22 lettere originali permise alla Divinità di organizzare tutto il mondo materiale e quello spirituale, infatti il potere del suono separa e unisce le energie che pervadono il cosmo. La creazione è rappresentata come un albero cosmico vivente, perché la sua crescita avviene dal centro e procede verso l’esterno, perciò gli insegnamenti antichi ci dicono che è necessario meditare per ritornare al centro dell’essere e per imparare a penetrare nel cuore del mondo, perché il cuore dell’Essere è ovunque.

Si dice che il legame tra la mente e il corpo è nell’energia, perché la mente interagisce con il corpo, anche se il legame sembra invisibile, però l’azione è evidente se conosciamo il movimento dalle energie, perché la mente deve usare la volontà per poter muovere l’energia, infatti è la volontà che muove la forza vitale all’interno del corpo. L’azione umana segue lo stesso schema d’azione creativa che fece la Divinità quando creò il cosmo, infatti il pensiero muove le energie che agiscono sulle azioni karmiche con cui viene forgiato il corpo e il destino dell’uomo.

La mente controlla il corpo con il flusso di energie che lo muovono, anche se molti automatismi fisiologici di base sono meccanici e automatici, infatti sono gestiti dalla parte subconscia della mente. Gli orientali dicono che ogni malattia ha un’origine metafisica, perché la malattia è la conseguenza di un disturbo delle energie, infatti la malattia è prodotta dai conflitti che avvengono lungo la nostra spina dorsale. Nelle concezioni yogiche si dice che, ogni volta che l’energia pranica si ritira da un organo, l’organo deperisce e poi muore, perciò si dice che la salute degli organi dipende da questa “corrente elettrica” che fa scorrere la forza vitale.

L’energia deve essere accumulata nel cervello e va immagazzinata nella mente, perché la mente la deve convogliare lungo la nostra spina dorsale per potersi distribuire nei vari distretti del corpo in modo che gli organi la possano usare secondo le necessità dell’organismo. Le malattie sono la conseguenza dei conflitti che esistono tra le correnti che ascendono e che discendono lungo il canale spinale, perché c’è sempre una guerra tra le forze che vogliono la vita e le forze che vogliono annientarla. Quanto più violenta e cruenta sarà la guerra e maggiore sarà l’indebolimento di energie dell’organismo, perciò più sarà sanguinoso il conflitto e maggiore sarà l’impatto negativo che si ripercuoterà sul corpo fisico.

Il flusso delle energie del corpo è governato dalla mente, perché la forza dell’energia che abbiamo dipende sempre dalla nostra forza mentale, infatti se eliminiamo tutti i conflitti mentali abbiamo un rafforzamento della forza di volontà e anche il flusso delle energie fisiche viene potenziato. La volontà può governare sia la diminuzione che l’aumento della forza vitale di cui l’organismo può disporre, perciò la cattiva volontà è la causa dell'inerzia fisica e mentale, mentre la gioia e l’entusiasmo per la vita ridanno anche la salute al corpo.

Sebbene la forza di volontà possa far aumentare la carica energetica dell’organismo, il punto essenziale non è quello di fare degli sforzi sovrumani, perché la cosa essenziale è nella qualità dello sforzo, perciò l’essenziale è saper fare un buon uso della nostra volontà. Quando modifichiamo il flusso delle energie non possiamo usare dei metodi rigidi e duri, perché i flussi di energia si muovono più facilmente se lavoriamo essendo molto rilassati. La volontà umana non ama essere forzata con la violenza, perciò si deve agire sempre in accordo con le esigenze e con le caratteristiche dell’organismo, perché il rilassamento permette una migliore focalizzazione e una forte concentrazione sull’obiettivo.

La forza di volontà, secondo Yogananda, è la fusione del desiderio e dell'energia che si uniscono per perseguire un appagamento specifico: la mente è come l’arciere che carica l'arco mentale e lancia le frecce delle azioni per colpire il suo bersaglio. L’uomo vive in un ambiente in cui c’è una continua circolazione di energie, perciò dobbiamo imparare a riconoscere e gestire ogni tipo di energia che incontriamo nella vita, ma si deve usare solo il livello di energie più elevate. E questo avviene solo per merito della qualità della nostra volontà: e la nostra volontà è sempre collegata alla nostra consapevolezza personale.

L’antica scuola indiana ha un dogma in cui afferma che tutti e tre i mondi, cioè il mondo dei sensi, il mondo della forma e il mondo del senza-forma sono “cittamatra” cioè sono “solo mente.” La parola “citta” che significa “mente,” fin dai tempi più antichi indicava non tanto un deposito in cui si conservavano i pensieri, ma indicava una stanza in cui sono immagazzinate e trasmesse le impressioni, perciò indica il luogo in cui va fatto lo smistamento delle impressioni. Questa parola ci indica che la mente deve funzionare come un accumulatore di energie, infatti la mente deve accumulare una potente carica di energia per poterla lanciarla verso l’obiettivo desiderato.

Il concetto indiano che definisce la mente insiste sul funzionamento, perché vuole insegnare che il mentale deve saper accumulare, elaborare e usare al meglio tutte le esperienze che si trovano nella vita, perché le esperienze hanno una funzione primaria nella vita concreta. Dobbiamo ricordare che la mente umana è un filtro attraverso cui la Coscienza Cosmica si manifesta usando un diverso punto di vista per vedere il mondo, perciò dobbiamo ricordare che la mente pensante è sempre in contatto con la Coscienza che esiste prima della materia e del tempo-spazio.

Se rapportiamo la Coscienza Pura con le categorie del tempo e dello spazio vediamo che sono le strutture solide che hanno bisogno di essere collocate nelle coordinate che definiscono le forme, perché la Coscienza esiste in modo indipendente da ogni forma, però senza una coscienza non avremmo la percezione del tempo e dello spazio. Le vibrazioni della Coscienza cosmica hanno creato una realtà concreta che deve usare il tempo e lo spazio, però il pensiero umano può rinnegare ogni tipo di realtà quando vive come che non esistesse nulla al di fuori di se stesso, perciò può rinnegare ogni coordinata di esistenza logica.

La coscienza cosmica si è proiettata nel mondo per manifestare il suo piacere in modo materiale, però i nostri sensi percepiscono solo la parte più esterna, cioè la buccia delle cose, ma le cose possiedono all'interno tutte le qualità impercettibili in cui è vivo l'agire dello Spirito. La coscienza cosmica si è espressa in modo variegato a seconda della forma plasmata, infatti la coscienza del minerale è più salda e più immobile della coscienza dei fiori e degli alberi che hanno una coscienza che Steiner definisce “sognante” perché è molto leggera e poco permanente. Negli animali, che sono degli organismi più evoluti, esiste una coscienza molto più elevata che è basata sull’intelligenza istintiva tipica dell’animalità.

Solo l’uomo può percepire uno stato di coscienza che sa prescindere dalla forma della materia visibile e vedere nell'essenza delle cose, perché solo l’uomo sa percepire trascendendo l’ego, perciò può percepire come Coscienza Cosmica. Un livello così eccelso è raggiunto molto raramente dagli uomini, perché l’energia mentale è filtrata in modo sbagliato, infatti non sappiamo gestire il flusso energetico che circola nella nostra materia penetrando dall'ambiente, perciò non sappiamo aumentare il nostro livello di percezione per innalzare la nostra consapevolezza.

Questo è il nucleo più vero e più profondo che unisce ogni concezione spirituale, perché in tutte le dottrine si dice che l’esterno è utile solo se è usato per migliorare l’interno, infatti la rettificazione del mondo va attuata sia nella dimensione interna che esterna dell’uomo. Lo stato di coscienza supremo è quando l'uomo sa vedere la realtà senza dover subire le illusioni dei sensi, perciò quando ritrova la percezione che aveva nello stato originario. L’unica realtà degna dell'uomo è quella di ritrovare lo stato beato originario che abbiamo perduto, perciò la meta suprema è quella di ritornare nella Coscienza Cosmica.

Buona erranza
Sharatan

domenica 15 gennaio 2012

Procedendo nella via


"Dovunque tu vada, vacci con tutto il tuo cuore."
(Confucio)

Secondo Gurdjieff non c’è niente che distingue chi trova la via da chi non ne incontra alcuna, perché non c’è nessuno che scelga il tipo di uomini che possono entrare in contatto con una strada. In qualche modo nessuno li sceglie, ma sono loro stessi che si scelgono, in parte perché si imbattono per caso nell’insegnamento e in parte perché sentono una certa fame. “Chi non è affamato non può essere aiutato accidentalmente,” perché solo una fame violenta può condurre all’inizio di una via, dice Gurdjieff, ma oltre alla fame violenta sono necessari anche degli altri impulsi interiori, perché accedere alla Quarta Via è più difficile che procedere lungo altre strade.

Affinché si possa apprezzare questa via in modo adeguato è necessario aver intrapreso prima il percorso indicato nelle tre vie tradizionali, cioé è necessario aver intrapreso il percorso del fachiro, del monaco e dello yogi, o almeno è necessario aver conosciuto e aver meditato per aver compreso come avvengono questi percorsi. Oltre alla percezione della fame è necessario sentire che i percorsi tradizionali sono delle vie incomplete e insufficienti per il nostro appagamento completo, altrimenti non vedremmo nessuna via anche se l'avessimo davanti agli occhi.

Per poter affermare che le vie tradizionali non sono soddisfacenti dobbiamo conoscerle, ma soprattutto dobbiamo conoscere i metodi che quelle vie usano per poter concludere che esse non sono le strade più adeguate al nostro essere. E’ falso affermare che l'uomo non può evolvere se non percorre una delle tre vie tradizionali, perché le vie sono solo un aiuto che viene fornito a ciascuno a seconda delle caratteristiche del proprio tipo. Le vie sono percorsi accelerati di evoluzione personale perciò devono aiutare il singolo individuo. Le vie sono dei percorsi abbreviati che si distinguono dall’evoluzione generale, perciò se non ci fossero queste vie di fuga, le persone sarebbero condannate a girare sempre in tondo nello stesso cerchio.

Se non ci fossero le vie che indicano la possibilità di fuggire dal perpetuo ritorno dovremmo rassegnarci a restare un “nutrimento della luna,” perché al di fuori di questi percorsi evolutivi non esiste altra opportunità di evadere dal destino generale stabilito per questo mondo materiale che è posto al più basso livello di tutto il Raggio della Creazione. Se i maestri non avessero tracciato le vie saremmo degli esseri condannati a restare al livello più basso di evoluzione, perché l’evoluzione generale deve procedere senza doversi curare della sorte del singolo.

Nella vita è necessario imparare a essere delle persone serie, dice Gurdjieff, ma la serietà richiesta non è quella comune, perché essere serio significa saper assumere un’attitudine seria nelle cose della vita, dopo aver compreso quali sono le cose veramente importanti per il nostro bene. La maggioranza delle persone attribuisce il valore di "cose serie" a dei contenuti che non hanno nessun valore durevole e che sono del tutto privi di senso, perciò una cosa è seria oggi e diventa inutile domani, perché la serietà di senso comune diventa un fattore variabile come le condizioni atmosferiche.

E’ necessario comprendere che anche la serietà deve essere relativa e che le cose importanti non perdono valore nel tempo, perché "valore" è un concetto riservato a ciò che è immutabile e vive al riparo dai capricci della sorte. Se si potesse vedere l’orrore di una vita che viene sprecata e che è impiegata solo a girare meccanicamente intorno a se stessi e dentro a interessi, scopi e valori vuoti, faremmo qualsiasi cosa per fuggire da questa orrenda condizione.

Se l'orrore della condizione è vissuto con grande lucidità, dice Gurdjieff, ammettiamo che l’unica cosa seria e importante della vita è quella di fuggire dalla nostra prigione. Non c'è una cosa più importante e più seria che salvare la vita, perciò la persona seria e sensata sa valutare con molta attenzione i fattori più vantaggiosi per poter raggiungere questo scopo. Lo scopo delle vie è quello di offrire modi diversi per trovare la salvezza e la liberazione, perché il primo scopo del prigioniero è come evadere dalla prigione.

Per l’uomo sensato, quelli che perdono tempo dietro le illusioni e le stupidità non sono affatto persone serie, perché quelle sono persone che vivono per ingannare se stessi e quelli che hanno intorno. Chi vive di menzogne non ha problemi a promettere dei miracoli mentre sta sistemando i suoi affari e sta curando le sue faccende personali. Nel mondo esistono esseri “lunatici” che credono alle fandonie che vengono dette, perciò esistono i politicanti inadatti a evolvere, infatti esistono i ciarlatani che attirano i lunatici, perché i furfanti usano i sognatori per reggiungere i loro loschi fini.

Una persona può essere sensata anche senza conoscere la filosofia, infatti una persona sensata possiede interiormente una “perspicacia tutta sua,” che gli permette di poter ridere di chi millanta di avere un valore, perché sa che è molto raro trovare chi abbia un valore immutabile e chi sa agire in modo veramente autonomo. La persona sensata sa che la gente fa poco seguendo la sua volontà, perciò il sensato riconosce ciò che è serio rispetto a quello che non lo è. Procedendo e camminando sulla via impariamo che la libertà è un'illusione, infatti vediamo che gli uomini sono schiavi di pensieri e di azioni che sono istigate da altri, perciò vediamo che non si deve temere di lasciare ciò che non ha valore.

Solo chi segue una via sensata sa che quello che si crede utile può diventare inutile, perché si diventa consapevoli che tutti i valori interiori sono condizionati da concezioni parziali, perciò si comprende che nulla è così importante da essere una seria perdita. Soprattutto se abbiamo attraversato una fase in cui abbiamo vissuto come degli schiavi obbedienti e non come dei veri uomini, dice Gurdjieff, solo così possiamo comprendere queste cose, infatti “tutto gli ritorna,” ma tutto ciò che ritorna, ritorna sempre arricchito dalla capacità di saper fare meglio che nel passato.

Il miglior partito da prendere è quello di decidere di non volere vivere mai più in quel modo, perché solo quando si vede il vero valore di quella che si credeva una vita, solo allora l’uomo sensato può decidere di voler essere sincero almeno con se stesso, perciò solo allora può decidere che non vuole più quella condizione. Ma non esiste nulla di peggio che fare un lavoro per interromperlo e trovarsi tra due condizioni egualmente scomode che è il restare “seduti tra due sedie.” Per non doversi trovare molto più scomodi in seguito, si deve scegliere subito ciò che siamo disposti a sacrificare, dice Gurdjieff. Evidentemente non si può chiedere a nessuno di sacrificare tutto se stesso, anche se volesse iniziare in grande stile, perciò è preferibile iniziare dal minimo cioè dalle cose di ogni giorno.

Nella Quarta Via non si richiede a nessuno di ritirarsi dal mondo e non si richiede nessuna rinuncia a nulla di ciò che si fa nella vita normale, perché la sua attuazione riguarda proprio la vita ordinaria. In questa via si dice che la migliore competenza del vivere si apprende nel vivere, e che la competenza ottimale si conquista nella realtà ordinaria, però dobbiamo essere seri e dobbiamo essere disposti a cambiare ogni aspetto dell’essere. La via afferma che la nostra vita esteriore e interiore risente di condizioni che diventano barriere, perciò la prima difficoltà della via è che vada cercata e trovata, perché questa via è molto difficile da riconoscere non essendo una via fissa per tutti come le altre strade.

Questa è una via difficile da trovare, perché è la strada che si inizia a cercare quando l'uomo non si trova nelle sue migliori condizioni, perciò il primo ostacolo è nella difficoltà di saper riconoscere di avere difficoltà, perché per ognuno le sue condizioni sono le condizioni più ottimali, infatti il livello del vivere corrisponde sempre al livello dell’essere. Ciò che si vive corrisponde sempre alle condizioni che la nostra vita stessa si è creato a sua precisa misura, e le altre condizioni sembrano artificiali e non naturali, perciò finché si sente questo, nessuna via si può cercare.

In questa via non si può iniziare se non siamo disposti a cambiare tutti gli aspetti dell'essere, perché il lavoro avviene nelle tre camere dell’uomo, perciò nei suoi centri fondamentali. Per raggiungere la quarta camera è necessario che si conoscano altre tre camere, perché il fachiro lavora nella prima, il monaco nella seconda e lo yogi nella terza camera, perciò si raggiunge la quarta camera solo se sappiamo che le altre camere non ci sanno offrire un contributo completo. Si deve percepire che qualcosa degli altri percorsi ci lascia incompiuti e incompleti, perché il fachiro è padrone del corpo ma non domina le emozioni e il pensiero, il monaco domina le emozioni ma non è il padrone del corpo e del pensiero, mentre lo yogi è il padrone del pensiero, ma non sa come dominare il corpo e le emozioni.

La Quarta Via è diversa da questi percorsi, perché in essa si richiede una dose supplementare di comprensione, infatti non si deve fare nulla che non si riesce a comprendere. Non si deve fare senza sapere, perché più si sa comprendere e maggiore diventa il risultato dei nostri sforzi: e questo è il principio fondamentale del nostro percorso. I risultati ottenuti sono sempre proporzionali alla quantità di coscienza che usiamo nel nostro procedere, perché non viene richiesta nessuna fede o fiducia cieca, perché l'ottusità è sempre un intralcio nel procedere.

La via richiede l'esperienza concreta di ciò che afferma l'insegnamento, perciò finché non vogliamo applicare concretamente le teorie è meglio non fare nulla. Il metodo usato è quello di agire in modo simultaneo su più livelli, infatti si agisce simultaneamente sul corpo, sulle emozioni e sul pensiero, perché l'uomo è un essere fatto di molti livelli. L'altra condizione richiesta è quella di acquisire un sapere che deve essere proporzionale al livello evolutivo dell'essere, perché questo lavoro viene sempre personalizzato a misura d'individuo. L'uomo deve eliminare tutto quello che è superfluo, perché ciò che non può essere utilizzato può ostacolare il procedere e va conservato solo quello che verrà utilizzato, infatti il sapere vero è quello che è utile per fare.

Quando un uomo ha raggiunto la volontà di fare con le pratiche della quarta via, dice Gurdjieff, ha conquistato il controllo delle sue funzioni fisiche, emozionali e intellettuali, perché un lavoro simultaneo e ben fatto fa guadagnare molto tempo. La quarta via è quella che viene indicata dall’uomo astuto che ha conosciuto un segreto, e il suo segreto dice che è necessario saper riconoscere quali sono le sostanze migliori per poter raggiungere i nostri scopi. Nel segreto dell'uomo astuto viene indicato anche il modo con cui queste sostanze sono ricavate, perché le sostanze possono essere introdotte dal di fuori, ma a condizione di conoscerle e di sapere come fare.

Buona erranza
Sharatan


mercoledì 11 gennaio 2012

Fluttuazioni


“L’armonia nascosta vale di più di quella che appare.”
(Eraclito di Efeso)

Gurdjieff dice che tutto quello che esiste è materiale, perciò tutto è sottoposto alla legge universale della trasformazione, infatti la trasformazione è insita nella realtà cosmica. La trasformazione porta la materia più grossolana allo stato sottile e la materia sottile allo stato grossolano, ma il movimento non avviene in modo uniforme. A certi livelli di sviluppo esistono delle stazioni che funzionano nei punti d’arresto, infatti funzionano come apparecchi trasmittenti e trasformatori della materia.

Le stazioni che funzionano come trasformatori sono il sole, la luna, l’uomo e gli organismi microscopici, perché gli organismi trasformano in modo diverso la materia. Abbiamo la materia che si trasforma seguendo il corso ascendente perciò si affina evolvendo, ma avviene anche che la materia segue il corso discendente e si possa addensare, e la trasformazione avviene meccanicamente.

Nel cosmo esiste solo la materia anche ogni livello cosmico possiede una densità diversa, perché ogni sostanza occupa un posto determinato nella scala generale delle materie esistenti. I trasformatori che sanno elaborare la materia sono dei meccanismi diversi solo per la loro dimensione, perché il loro funzionamento è sempre identico, perciò l’elaborazione avviene nell’uomo, nel sole, nella luna e in tutto l'universo in modo identico.

La trasformazione segue due linee perchè può seguire l'evoluzione oppure l'involuzione anche se la cosa non avviene in modo lineare, perché nella posizione intermedia dei livelli evolutivi abbiamo l'opportunità di poter seguire due diramazioni diverse. La conoscenza antica dice che l'organismo può captare e assorbire solo ciò che gli è necessario per vivere, però si può scegliere se usare ciò che si assorbe per lasciarlo com’è, oppure se usarlo per l’evoluzione o per l’involuzione.

Ogni cosa deve assorbire il suo cibo specifico oppure deve diventare il nutrimento per un’altra cosa, infatti questo è il senso del concetto di “scambio reciproco” che esiste nella vita organica e inorganica. Tutto è mutevole perché è sottomesso alle metamorfosi ma non esiste solo la direzione lineare, perché il movimento può avere due direzioni. Ogni cosa ruota intorno a se stessa ma ruota anche verso il centro di gravità che gli è più vicino: il fenomeno in fisica è detto la legge del moto.

Queste regole erano conosciute nell’antichità più remota e gli uomini passati usavano la saggezza di queste conoscenze, infatti le regole sono sempre identiche anche se viene cambiato il linguaggio che definisce i fenomeni. Le conoscenze diventano incomprensibili solo perché le generazioni che vivono dopo trasformano il senso del linguaggio, perciò solo i termini sono modificati, ma la sostanza dei fenomeni è invariata.

Tutto ciò che vive è circondato da un’atmosfera che si differenzia per l’ampiezza di dimensione, infatti più grande è l’organismo e maggiore è la sua atmosfera. Ogni organismo va pensato come la fabbrica che vive circondata dai vapori, dai fumi, dalle scorie dei prodotti che evaporano durante la lavorazione delle materie. L’unica cosa che cambia è la qualità della materia che la fabbrica trasforma, infatti varia solo la qualità degli elementi che formano l’organismo.

Ogni fabbrica possiede un’atmosfera con un odore preciso, infatti l’uomo ha un odore e un gusto caratteristico, perciò è impossibile confondere l’atmosfera di un uomo con quella di un altro, perché ognuno elabora in modo diverso. Una parte delle sostanze che gli uomini producono sono usate per la nutrizione dell'organismo, e la parte restante si disperde nell’atmosfera che lo circonda, perché nessuno esiste solo per nutrire se stesso e tutto serve anche per altri scopi.

Chi conosce la regola impara ad accumulare molte sostanze sottili, perché le materie che fanno l’atmosfera dell’uomo sono continuamente consumate, ma possono venir ricostruite con il lavoro interiore. L'uomo può essere immaginato come una fabbrica che lavora su tre piani, perché ogni piano elabora sostanze diverse. Il nutrimento è introdotto da parti diverse e il primo nutrimento è l’aria, il secondo è il cibo che nutre il corpo fisico, ma il terzo nutrimento è quello che viene fornito dalla elaborazione interiore delle impressioni.

Gli elementi vanno elaborati in modo adeguato, infatti vanno elaborati in modo che le sostanze possano cambiare la densità di vibrazione: nel cosmo tutto è concatenato all’altro, ma la frammentarietà è solo apparente. L'universo sembra essere regolato da un infinito numero di leggi, mentre invece viene regolato da un numero ridotto di leggi che si combinano tra loro.

Per spiegare la trasformazione sappiamo che la prima legge cosmica è la Legge del Tre cioè la Legge dei Tre Principi o delle Tre Forze, in cui si prescrive che, in tutti i mondi, ogni azione e ogni fenomeno deve essere risultato dell’azione simultanea di tre forze, cioè dell'azione di una forza attiva e di una forza passiva che subiscono l’azione di equilibrio del contrasto, per come vediamo nei meccanismi omeostatici che reggono l'equilibrio degli organismi.

La seconda legge cosmica è la Legge del Sette o dell’Ottava che esiste nelle antiche concezioni quando si afferma che tutto è composto da vibrazioni di densità diversa. Le vibrazioni si muovono discontinuamente, perché la discontinuità è nella realtà cosmica. L’universo è fatto di vibrazioni diverse che esistono nella materia con diverso aspetto e diversa densità, infatti esistono materie più sottili e materie più grossolane.

La caratteristica delle vibrazioni è quella di avere uno sviluppo non uniforme, perché il movimento avviene in ascesa o in discesa perché l’impulso originario non impresse un moto uniforme. Nella creazione venne impresso uno moto discontinuo, perciò le vibrazioni procedono come onde che accelerano e decelerano discontinuamente. La cosa particolare è che le onde attraversano fasi in cui le onde sono più lente, ma dopo la fase lenta, le vibrazioni riprendono la velocità iniziale.

La trasformazione procede per ascese e per discese di velocità minore o maggiore, perché la periodicità delle fasi di ascesa e discesa non è mai uguale. Le vibrazioni creano un oceano di forze che vanno in ogni direzione, perciò le forze si incrociano o diventano parallele, si uniscono o si dividono mentre percorrono il cosmo, perciò le correnti diventano più deboli o più forti e diventano delle maree che procedono in modo discontinuo.

Le vibrazioni devono vincere la resistenza dell’ambiente cosmico, perciò se esauriscono la forza dell’impulso originario hanno un movimento sempre più debole e perdono la velocità. Quando avviene che le vibrazioni sono arrivate a questo livello subiscono un punto di arresto, perciò si rende necessario saper funzionare come trasformatori di materia.

La durata dei periodi di ascesa e discesa è discontinua, poiché le ascese sono più lente in quanto il fenomeno è dovuto al fatto che il movimento di risalita segue 7 fasi di gradazione. L’ottavo gradino viene conquistato per lo sforzo di salire dal settimo all’ottavo gradino in cui inizia la nuova scala composta da 7 gradini. L'antica teoria dice che il movimento avviene a velocità non uniforme, perché l’ascensione richiede una forza doppia rispetto alla discesa che è molto più veloce.

Ogni ascensione vede 7 gradini progressivi uniformi, ma la forza per fare il salto dal 7° gradino va raddoppiata, perché il salto è necessario per avere un’ascensione maggiore. La teoria dell'ottava si basa sulla mancanza di uniformità del movimento delle vibrazioni contenuto negli insegnamenti che ogni maestro dava ai suoi discepoli, infatti la teoria fu applicata concretamente in campo musicale creando la scala musicale con 7 toni.

Osservando l’universo vediamo le leggi soprattutto nella luce, nel calore, nel suono, negli elementi chimici e nelle vibrazioni magnetiche, perché nessuna materia sfugge all'ottava. Secondo Gurdjieff la legge dell'ottava può spiegare tutta la vita e il concetto di evoluzione e progresso, infatti spiega perché nel mondo non sembrano esistere delle vie dritte e perché tutto il mondo sembra pensare da sé.

Nel mondo tutto accade perché si ascende e si scende in modo discontinuo, infatti il mondo sembra una marea che trascina le esistenze e le cose. L'ottava spiega che alla natura non serve l’evoluzione individuale, infatti essa procede anche quando il mondo fa il contrario di ciò che vogliamo. Tutto accade perché nelle cose esiste un procedere che è insito nelle cose e che determina il corso, perciò le cose diventano veloci e lente ma, nel punto di rallentamento massimo, nella corsa interviene qualcosa che devia la direzione e che imprime la forza necessaria per ricominciare l’ascesa.

L’ottava interviene quando si manifesta una deviazione, perciò la corsa subisce una deviazione per l'intervento di forze che fanno prendere una direzione diversa. La cosa da ricordare è che può avvenire che, nella deviazione, la vibrazione voglia tornare verso la direzione originaria, perciò è necessaria una sosta ulteriore che faccia modificare la direzione per riportarla al punto d’origine.

La legge insegna che le pause, cioè i momenti in cui la forza d’inerzia prevale e avviene un rallentamento diventano necessari per assumere una nuova direzione. La legge spiega che l'ascesa e la discesa sono in tutte le cose, infatti spiega quei fenomeni inspiegabili che mostrano un mondo che appare come forgiato da un demente che assemblò per caso il miserabile ingranaggio che cammina a tentoni verso una meta imprecisa.

Tutti i fatti sono spiegabili se li analizziamo con questa legge, ma soprattutto sono chiari i due principi basilari, cioè il principio di deviazione delle forze e l'evidenza che nulla può restare immutato. L’ottava spiega che la trasformazione è assieme una crescita e una degenerazione, perciò la stessa discontinuità esiste anche nell’uomo.

La particolarità dell’applicazione, perciò il fattore inesorabile della ascesa e della discesa della fluttuazione esiste in tutti i ritmi. La cosa vera è che nulla evolve se tutto resta così com’è, perciò la legge definisce che nulla muta se tutto resta al suo posto. L’uomo non vede la bontà della legge perché preferisce che tutto resti al suo posto, perciò resterebbe immobile per l'ignoranza.

Il secondo errore è quello di confondere salite e discese, infatti si sbaglia direzione prendendo il sentiero che si crede una comoda ascesa, ma che diventa una discesa fatale. Non vediamo l’inevitabilità delle cose, perché non vogliamo staccarci dall’illusione che fa desiderare le cose per come vorremmo fossero e non per come sono. La seconda difficoltà è credere di poter sviluppare la coscienza con l'uso di mezzi meccanici, perciò l'ipnosi mostra salite e discese anche dove non esistono i sentieri.

Riconoscendo le ottave della vita, dice Gurdjieff, impariamo che la vita impone delle oscillazioni in cui le cose diventano onde che si sollevano e ricadono. Anche la nostra energia interiore segue l'oscillazione del pendolo cosmico, perciò l’umore migliora e peggiora, perché gli uomini vivono anche le fluttuazioni interne. Le fluttuazioni sembrano prodotte da un motivo apparente, infatti sono mosse dai desideri, dai pensieri e dai sentimenti che ci rendono troppo oscillanti.

La legge dell’ottava condiziona la vita fisica e la vita psichica, perciò produce fenomeni che sembrano inspiegabili, ma che sono enigmatici solo per la ristrettezza del sapere e per l’ignoranza umana che nega il fatto che non tutti possono evolvere in modo uguale. Quando le ottave si susseguono in modo ininterrotto tutte le vibrazioni seguono il ritmo oscillatorio, ma se avviene l'incontro con vibrazioni più potenti, le vibrazioni più deboli vengono sommerse dalla forza delle più potenti che le trascinano nel loro corso.

Nelle ottave che sono travolte e deviate, le vibrazioni subiscono un cambio di natura che produce risultati opposti a quelli desiderati, perciò veniamo trascinati fuori dalla direzione desiderata. Solo le ottave cosmiche, sia nelle fasi di ascesa che di discesa, sanno sviluppare in modo consapevole di loro stesse e sanno seguire la direzione che avevano deciso di avere dall’inizio.

L’osservazione dimostra che lo sviluppo di ottave superiore è possibile, sebbene lo sviluppo possa sembrare accidentale, infatti avvenire che le ottave possano incontrare una certa ottava e nell’incontro, le ottave possano colmare i blocchi che le tenevano al livello inferiore. Gurdjieff dice che se l’incontro avviene quando l’ottava è nell’intervallo può esserci un flusso di forza e di carattere tale da imprimere uno shock addizionale.

L’osservazione dimostra che lo shock impone lo sviluppo oppure l'ottava può continuare il suo corso senza cambiare nulla di ciò che era, perché uno shock può agire in modo molto diverso. A seconda della fase d'ottava avviene una cosa diversa, infatti se le ottave sono in fase discendente l’intensità della forza necessaria diventa minore. Nelle fasi discendenti è necessaria una forza minore per avanzare, perciò l’ottava in discesa ascende più facilmente dell’ottava che è ascendente.

Per le ottave che non sviluppano un solo shock non è sufficiente, perciò è necessario ricevere uno shock supplementare che sarà meno violento del primo. Gli shock addizionali sono necessari per dare le forze opportune per raggiungere lo scopo prefisso, anche se tutti gli shock sembrano occasionali. Un caso è un fatto incerto, infatti crediamo che avere uno sviluppo lineare significa seguire la linea dritta, perchè il pensiero manca di relatività.

Nell’uomo non esiste la prospettiva relativa, infatti non vede che anche la linea spezzata segue un corso certo, infatti pur deviando poi si raddrizza, perché la logica diventa lineare se segue un obiettivo. La mente non crede che le linee spezzate possano avere un obiettivo certo, perché si crede che la certezza sia seguire la linea diritta, infatti l’illusione è credere che le rette siano la regola e le spezzate siano le eccezioni.

L’attività umana cerca fini che sono obiettivi solo per l'apparenza e che hanno solo il nome di scopo originario, perché gli uomini sanno perseguire solo le illusioni che sono alimentate dai loro desideri. Questa è la causa per cui gli uomini raggiungono degli scopi solo in modo accidentale, ed è pure il motivo per cui la mente non sappia valutare come il tempo possa trasformare la vittoria più ambita nella sconfitta più disastrosa.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 5 gennaio 2012

Nei centri dell’uomo


“L’insegnamento giunge solo per indicare la via e il viaggio,
ma la visione sarà di colui che avrà voluto vedere.”
(Plotino – Enneadi II, 3,7)

Gurdjieff dice che l’uomo non possiede un cervello ma possiede tre menti che sono collegate ai nostri centri principali, e che ognuno dei tre cervelli che abbiamo possiede una sua logica che è diversa da quella delle altre. L’idea della pluralità della mente è collegata al fatto che l’uomo è un meccanismo dal funzionamento complesso e delicato. L’intera macchina è la totalità dell’uomo, ma la grande macchina possiede tre macchine più piccole inserite al suo interno, perché ognuna delle macchine inferiori è stata progettata per svolgere un lavoro specifico e per governare una funzione diversa della macchina generale.

Ognuna delle macchine piccole può funzionare in modo autonomo, perciò ognuna di esse possiede una relativa indipendenza per lo svolgimento delle sue funzioni, infatti non ha bisogno dell’aiuto delle altre per assolvere ai suoi compiti. La relativa autonomia delle funzioni istintivo-motorie, emozionali e intellettuali spiega la nostra imperizia riguardo ai meccanismi dell’organismo umano, perché l’ignoranza impedisce che l’intera struttura venga sviluppata in modo ottimale. L’idea che l’uomo abbia una sola mente nasce dall’illusione di avere un funzionamento integrato e armonioso fin dalla nascita.

Dobbiamo accettare il fatto che l’armonia interiore sia una conquista che va saputa attuare con un duro lavoro di perfezionamento interno, perciò dobbiamo imparare a studiare le nostre caratteristiche per migliorare il loro funzionamento. La prima mente governa la costruzione dei concetti, la capacità di rappresentare e di ragionare sul mondo concreto con l’organizzazione del linguaggio e con tutti i processi mentali posti nel Centro Intellettuale. La seconda mente è nel Centro Emozionale che coordina la manifestazione dell’emozione e l’espressione del sentimento, perchè questa mente permette l’espressione dei sentimenti di gioia, di paura, di piacere, di dolore, etc,.

La terza mente è nel Centro Istintivo-Motorio che è il cervello dei due poli avendo un lato istintivo plasmato dal nostro patrimonio genetico, che va integrato con il lato motorio che viene acquisito tramite l’educazione, infatti impariamo a camminare, a parlare, a scrivere, etc., ma nasciamo con gli schemi fisiologici di base già strutturati secondo le direttive della specie. La mente istintivo-motoria ha il polo istintivo che presiede al funzionamento fisiologico del corpo, ma questo polo si deve integrare con quello motorio che coordina i movimenti e la deambulazione.

Secondo Gurdjieff restiamo inconsapevoli delle diverse menti, perché temiamo di conoscerne i meccanismi, infatti usiamo in modo sbagliato i nostri centri se non conosciamo la struttura e il funzionamento dei tre cervelli, perciò solo l’attenzione può indicare dove dobbiamo riequilibrarne l’azione delle varie funzioni. Se crediamo di essere coerenti e già completamente integrati non possiamo pensarci divisi in tre parti, perciò non possiamo comprendere le logiche dell’Uomo Intellettuale, dell’Uomo Emozionale e dell’Uomo Istintivo-Motorio.

Per ritrovare l’equilibrio dobbiamo saper accettare i nostri limiti e dobbiamo lavorare lungamente per emendare ai difetti della macchina. Dobbiamo capire che è necessario sviluppare le migliori prerogative che possediamo, ma questo avviene raramente, sebbene sia facile capire che il lavoro migliore lo deve fare chi lo sa fare, perché è il più adeguato al suo ruolo. Ogni mente si divide in tre parti e queste parti sono suddivise in altre tre parti inferiori, perciò ogni mente possiede delle funzioni che si concatenano una dentro all’altra, infatti ogni centro possiede i tre aspetti istintivo-motori, emozionali e intellettuali all’interno di ogni sottodivisione.

Ogni centro può scendere e salire in varie modalità espressive che sono permesse dalla ripetizione della logica istintivo-motoria, emozionale e intellettuale dei vari livelli. La complessa struttura dei centri permette lo sviluppo di una ricca scala interiore che è composta da nove gradini su cui si devono vedere delle espressioni di progressivo e crescente livello di raffinatezza. Lo sviluppo della scala cromatica interiore avviene raramente in tutta la sua ricchezza, perché l’ignoranza ci fa temere una completa espressività, perciò l’ignavia ci lega al pigro sopravvivere delle reazioni meccaniche.

Le vite meccaniche sostengono ottimamente anche chi non sviluppa delle raffinate competenze, perché per vegetare non è necessario diventare un pozzo di scienza, e per non soffrire per i cambiamenti che sono imposti dalle trasformazioni è sufficiente vivere come automi. Molti non riescono a cambiare il loro essere, perciò cercano il vivere del pappagallo, perché è una vita che non richiede l’onere di doversi affaticare. Molti vogliono vivere sempre le stesse esperienze, molti pensano usando le frasi fatte e diventano gli schiavi di forme di pensiero che rubano agli altri, perché non sanno pensare in modo autonomo, perciò scelgono di reagire in modo automatico a quello che la vita gli offre.

Conoscendo la logica delle menti e indagando sul loro funzionamento diventiamo più consapevoli della vera qualità della nostra vita, perciò possiamo vivere meglio. Nell’analisi generale dei tre centri, avverte Gurdjieff, facciamo molta attenzione quando vediamo degli apprendimenti basati su tecniche ripetitive, perché se la ripetizione è utile per avere degli apprendimenti più intensi e persistenti, valutiamo anche che la meccanicità plasma l'inconscio, perciò l'azione ripetitiva causa sempre un indebolimento della nostra consapevolezza.

Valutiamo che le funzioni emotive sono stimolate dall’interesse che nutriamo per l’elemento esaminato, e che l'attrazione diventa più forte se eliminiamo i fattori che disturbano l’azione attrattiva. In ogni meccanismo che cattura l’attenzione si muovono le leve dell’interesse e della curiosità che sono meccanismi del Centro Emozionale, perciò l’emozione si lega al sentimento di simpatia o di antipatia. L’emozione si controlla con la volontà, dice Gurdjieff, perciò il controllo diventa possibile sebbene al costo di sforzi e fatiche, però si può fare così come è possibile sviluppare le funzioni mentali se sforziamo l'intelligenza con una intensa attività.

La parte emozionale si educa conoscendo le gradazioni emozionali, perché la discriminazione aiuta a trasformare le emozioni. Questo lavoro inizia con il blocco dell’immaginazione, perché durante la pausa si possono riordinare i dati che abbiamo raccolto, infatti ci fermiamo per riflettere separando le registrazioni dei fatti dai sentimenti che essi suscitano, perchè il riordino aiuta l'educazione del Centro Emozionale. Svolgiamo le attività del Centro Motorio quando ci muoviamo nella vita di ogni giorno, perciò la riflessione riguarda il fatto che il lavoro affatica il corpo, ma è sempre l’attività fisica che rinforza e potenzia il corpo, perciò è normale dover imporre al centro motorio di fare i lavori più gravosi.

Per accordare le funzioni delle menti dobbiamo sapere che va attivato solo il centro che è più adatto allo scopo, perché è quello più opportuno per il compito, e che un lavoro deve essere fatto sempre a regola d’arte. L'avanzamento nella pratica arreca dei vantaggi che non si perdono, perché il lavoro benfatto diventa un patrimonio che arricchisce, e che resta per sempre in noi. Ma un lavoro si fa bene solo se lo amiamo profondamente, perciò il piacere si rinnova ogni volta che facciamo, perché il maggior piacere è nel fare solo ciò che amiamo. Solo l’amore resta indelebile facendo del bene, dice Gurdjieff, perché solo l’amore giova mentre la violenza causa l'infelicità.

Il Centro Istintivo è la parte più saggia, perché è il centro che conosce quello che è il meglio per noi, perciò la cosa peggiore da fare è quella di ostacolarlo, infatti l’istinto agisce quando deve avvertire del pericolo, e per essere ascoltato usa il linguaggio del dolore e del disagio, perciò la cosa migliore è quella di riconoscere e di apprezzare la bontà dei suoi messaggi. Per ottimizzare i centri dobbiamo imparare il loro comportamento e il loro linguaggio, perché l’analisi del loro linguaggio ci permette di comprendere la grandezza della mente che ha costruito il discorso, però facciamo attenzione perché il linguaggio è usato per falsificare la verità delle concezioni.

Riflettiamo sui meccanismi che eliminano lo sforzo e la fatica esprimendo la logica dell’inerzia, perché gli equilibri omeostatici ottimizzano la spesa energetica bilanciando la produzione per farla diventare sempre più vantaggiosa per il benessere dell’organismo. Se l'emozione strumentalizza il piacere e la curiosità e se l’emozione si collega al desiderio, pensiamo che l’emozione può venire stimolata anche dalla paura e dall’avversione. E' bene essere attratti dal piacere, dall’amore e dal desiderio, ma possiamo subire anche l'attrazione di ciò che deve suscitare il disgusto e l’avversione.

La mente emozionale è tanto sensibile da provare un dolore intollerabile se non può ottenere ciò che vuole, perciò è una mente che prova l'emozione anche nella privazione. Nel Centro Intellettuale esprimiamo la capacità di creare, di costruire, di relazionare e di raffrontare, perché l’intelletto ama confrontare e computare, perciò la mente può vedere oltre la realtà concreta e valutare la logica unitaria che è nascosta dietro l’apparente frammentarietà del mondo, perchè sa vedere anche gli aspetti astratti che sono negli oggetti concreti.

Ognuno sceglie di usare la mente che preferisce, ma la preferenza è causata dalla simpatia per la mente che si conosce meglio, perciò possiamo reagire in modo meccanico usando ogni forma di logica. La cosa migliore è quella di sviluppare tutti i cervelli, perché ogni mente può far comodo se viene usata al momento giusto, perciò la cosa migliore è quella di sviluppare ogni centro perché tutto è necessario. Le persone tendono a usare il livello che, per loro, è meno impegnativo e faticoso, perciò si costruiscono dei piccoli io che vivono una vita meccanica nel loro limitato mondo interiore.

La vita può essere un bene che è protetto da piccoli servi che si comportano come padroni però, pur ammettendo la necessità di avere degli ottimi domestici, nella vita dobbiamo avere anche esigenze più elevate. Se viviamo in modo automatico ospitiamo una folla di teste mediocri che non arrivano alla mente necessaria per capire gli obiettivi più normali. Se prevale la meccanicità, avverte Gurdjieff, dobbiamo ammettere di essere governati da un manipolo di inetti, perciò dobbiamo correre velocemente ai rimedi perché abbiamo affidato il nostro tesoro a una cricca di pericolosi cialtroni.

Buona erranza
Sharatan