martedì 29 dicembre 2009

L'evoluzione sulla via dell’Amore


Quando ho iniziato a mettermi in viaggio non avevo minimamente idea di quello che avrei trovato lungo il cammino. Dice un proverbio zulu: “Chi è sazio sta fermo, chi ha fame non si ferma mai” ed è vero perché, se hai fame senti solo l’esigenza di trovare qualcosa di caldo che ti sazi e che ti appaghi: il resto non è molto importante, tu vuoi un letto accogliente ed una minestra calda.

Partendo dal pensiero orientale, ho provato a volare ed ho scoperto che la strada, come diceva il Buddha, non era importante: non esiste sentiero perché la strada è una sola: il cuore e la sua voce, che poi è l’Amore. Un Amore assoluto e totale in cui dobbiamo imparare a farci cullare, e in cui trovare riposo e conforto quando siamo incastrati nella carne. Molte volte mi sono trovata a leggere e a sentire mille polemiche sulla via giusta da seguire, a me veniva da ridere.

Ma che scemi, mi veniva da dire, ma che bambini sciocchi che vivono di seghe mentali, ma non hanno notato che tutti dicono la stessa cosa e che le strade sono diverse per divertire degli “scemi totali?” Tra i bambini che stanno su un campo che non gli appartiene, mi ci metto in prima fila, perchè ci sono anche io, perché è dopo tanto tempo che l'ho capito il messaggio. E l’ho capito studiando, che la via giusta non è poi così importante, perché i sentieri sono molti e nessuno è il più vero: sono tanti ruscelli che corrono verso lo stesso mare.

Di questa scoperta devo dire grazie al Dalai Lama, e alle sue dediche illuminanti: “Questo libro è dedicato a tutti gli esseri sezienti, affinchè possiamo liberarci della nostra sofferenza, e ai grandi maestri di tutte le tradizioni che ci hanno insegnato come farlo". Da questa dedica, il suo nome lo rivela veramente come “Oceano di saggezza” e di Compassione, come uno che si è reso disponibile ad accogliere il mondo, un maestro spirituale stupefacente che farebbe qualsiasi cosa per un sorriso.

Lui dice: “Amo i sorrisi. Di conseguenza ho il problema di capire come farmi nuove amicizie e ottenere sempre più sorrisi, in particolare sorrisi sinceri […] un sorriso autentico ci dà un senso di freschezza ed è, credo, una caratteristica unica del genere umano. Se questi sono i sorrisi che vogliamo, allora dobbiamo creare le premesse perché si manifestino.” Io credo che non ci siano parole più eccezionali, e non vedo strada migliore da percorrere per una migliore vita.

Lo scopo della vita, lui dice, è essere felici ed appagati, perciò bisogna essere consapevoli delle varie forme di sofferenza che possiamo incontrare perché, in questo dolore, tutti gli uomini sono uguali, e tutti gli uomini sono sottoposti a forme di sofferenza fisica o di sofferenza mentale. Di quella fisica testimoniano coloro che non hanno le più elementari forme di sostentamento, e che sono privi dello stretto necessario, ma la condizione fisica è secondaria se valutiamo la sofferenza che alberga nella mente dell’uomo, cioè quella mentale.

La maggiore sofferenza per l’uomo, afferma il Maestro oceanico, è la sofferenza mentale. E’ per questo motivo che noi facciamo tanti sforzi per raggiungere la pace mentale e, nella sua esperienza, consiglia la forma di cura migliore nell’amore e nella compassione. Lui afferma che, più ci preoccupiamo della felicità degli altri, più aumenta il nostro senso di benessere generale. Coltivare un sentimento di vicinanza e di amore risveglia automaticamente nella nostra mente uno stato di appagamento superiore.

Tutto questo ci aiuta ad eliminare le nostre paure, le angoscie e le insicurezze, è solo questo che ci dà la forza di affrontare ogni ostacolo e ogni dolore che ci colpirà nella vita: è questa la chiave del successo nella vita, non il denaro o il potere. E’ naturale che la vita nel mondo possa colpirci con lutti o sofferenze diverse, ma se ci sentiamo senza speranza e senza accoglienza da parte dei nostri simili non sapremo come uscire dalle tempeste della vita. Se invece impariamo a capire che le stesse sofferenza ci colpiscono tutti, che anche in questo soffrire siamo tutti fratelli, allora questa comunanza aumenta la forza della nostra sopportazione.

Un conforto solidale con coloro a cui ci sentiamo affini, diventa un elisir meravigliosamente risanante. Diventa un: “Coraggio! Come ce la faccio io, ce la puoi fare anche tu!” ma è anche: “Se tu, con questo dolore diventi più Grande, anche io allora, posso divenire Grande” che è la gara di generosità tra coloro che si vedono come fratelli, e non come contendenti. Per questo diventiamo veramente grandi nell’apprendimento della compassione, nello sviluppo di una sincera e genuina empatia per le sofferenze degli altri, e nella nostra attiva volontà di lenire i loro dolori. Così aumenta la nostra serenità e la nostra forza interiore e, nel dare, otteniamo il doppio.

Ma perché lo facciamo? Ci chiede sua Santità, e poi si risponde: per il nostro disperato bisogno d’amore, perché l’uomo muore senza l’amore dei suoi simili, diventa una terra di argilla arsa e desolata. Il bisogno assoluto d’amore è la base assoluta dell’esistenza umana, perché senza amore l’uomo languisce e poi muore. E’ l’amore il sole e la linfa della nostra vita, e le sue parole sono sempre assolutamente dolci ed inebrianti: le parole d’amore sono la luce e il calore della nostra esistenza.

Il bisogno d’amore è causato dal profondo legame di interdipendenza che ci unisce gli uni con gli altri, ed è un legame divino che ci viene donato come retaggio della nostra origine elevata: le scintille divine di cui dice la Cabala, l’Io Sono dell’induismo vedanta, o quello che vogliamo tanto è sempre Lui, è l’Uno, il Padre Divino da cui discendiamo che si sta risvegliando. L’interdipendenza è per questo una delle leggi della natura, ed è il livello più sottile che noi possiamo contemplare nella materialità.

Tutto ciò che ci circonda funziona come un grande sistema energetico, accordato dalle dita abili del Musicante Divino, ed è per questo che i simili si attraggono, perché vibrano sullo stesso tono e perciò si intrecciano le loro strade. Sul livello più semplice ed efficace, lo possiamo definire come un reciproco aiuto che ogni essere vivente offre per la conservazione della nostra specie, ma sempre è vero che i simili incontrano i loro simili per sostenere la reciproca evoluzione, per aiutarsi come dei buoni amici, perché la strada sia meno dura e meno buia.

Per questo noi abbiamo bisogno dell’amore, dice il Dalai Lama, per questo si raccomanda la necessità di un genuino senso di responsabilità, di tenerezza e di sollecitudine per il benessere degli altri: se spargiamo l’amore avremo l’amore. Se fossimo delle macchine ci accontenteremmo di soli beni materiali, ci potremmo sollazzare di oggetti e di persone come se fossero oggetti pure loro ma, il nostro disperato bisogno d’amore ci impone di sentirci fratelli, di essere solidali, di farci coraggio e non di sporcarci.

Se accogliamo gli altri impariamo a conoscere le nostre origini e la nostra vera natura, così scopriremo chi siamo ma anche le cose di cui abbiamo bisogno per realizzarci e per sentirci felici. Perciò il nutrimento più importante, il nostro cibo più soddisfacente è l’amore, che agisce sull’autostima personale, che ci magnifica e ci rende degli esseri grandi, dei cuori generosi e degli esseri felici.

Per l'anima dell'uomo moderno, che soffre di depressione e di solitudine, non c’è cura migliore per le malattie, non esiste sistema terapeutico migliore del cibo offerto dall’amore, l’ambrosia degli dei, il balsamo celestiale. E’ un elisir risanante che assaggiamo quando abbiamo davanti un interlocutore con molta umanità, che ascoltiamo volentieri, con cui la conversazione diventa sempre interessante, anche parlando di cose banali. Siamo felici e rilassati e ci sentiamo felici.

Questo è l’amore reciproco, questo è il conforto, questo è l’affetto ed il rispetto reciproci che sono vitali per la nostra felicità! Anche se dobbiamo fare ricorso ad un animale o ad una pianta, non neghiamoci al conforto e al calore dell’amore, senza paura e senza risparmio, perché l’Amore non ha interesse, dona sempre e non toglie mai nulla, arricchisce piuttosto.

Pertanto un atteggiamento amoroso non cambia neppure se gli altri si comportano come noi non vorremmo, o non sono come li vorremmo noi, ognuno di noi deve avere la libertà di conquistare la felicità come lo ritiene meglio, siamo diversi ma anche fratelli.

In questa accettazione vi è la forma più evoluta di Amorosa Comprensione dei nostri fratelli, perché non esiste una ragione logica che ci possa spingere a fare delle discriminazioni verso i nostri simili, e di fronte ad un loro atteggiamento che noi consideriamo negativo.

Nessuna scusa per giudicarli, loro cercano così la loro felicità. Certamente se vengono a calpestarci dobbiamo essere decisi nel difendere le nostre ragioni, però mai violenti o aggressivi, mai troppo feroci, non possiamo pemettercelo.

Ma io aggiungo di mio, che noi non siamo i giudici dei nostri fratelli, perchè anche il Padre Celeste è Misericordia. Dico che il male è segno delle scelte negative dell'uomo, perchè nessuno ha mai visto Dio che inizia una guerra, siamo noi, nella nostra mente che inventiamo la sofferenza come modo di vivere.

E' così che la vita diventa la beffa di bambini cinici e crudeli, verso sé stessi, così diventiamo i boia della nostra anima e gli aguzzini dei nostri fratelli. Questo non lo dice, e non lo può dire un Maestro Illuminato a causa della sua infinita bontà, ma io, che non sono illuminata, me lo permetto!

La compassione è di natura gentile, è pacifica e dolce, ma la sua forza è molto potente. E allora impariamo anche a valutare con l'intelligenza che non sono gli amici che vengono per darci delle lezioni, loro ci amano troppo per farlo, sarebbero addolorati di vedere scorrere il nostro sangue: prima verserebbero il loro piuttosto che il vostro.

Sono i nemici i nostri veri maestri, dice il Maestro di Oceanica dolcezza, sono i nemici e coloro che ci fanno del male che diventano i nostri maggiori insegnanti, quando ci aiutano a vedere le caratteristiche nostre in siamo fragili, in cui siamo attaccabili, le cose di cui siamo carenti.

Ma questo è il livello più elevato di Amore e Comprensione. E’ terribilmente difficile ed importante dire che dovremmo pregare e ringraziare i nostri nemici perché si sono assunti il peso di un Karma penoso per poterci aiutare a stare attenti, a vigilare e a crescere. Non sono nemici ma sono grandi insegnanti, anche se usano la mano pesante e fanno il lavoro sporco, ma vi sono costretti da una causa importante: la nostra evoluzione spirituale e l'ampliamento della nostra comprensione sulle varie forme dell'Amore.

Le persone che vengono a farci del male non sono importanti, perchè i veri nemici sono i sentimenti che vengono con loro, cioè l’ira e l’odio da cui le persone reali vengono ammantate dalla nostra mente ignorante. Queste sono le forze da affrontare e sconfiggere, dice il Dalai Lama, e l'unico rimedio è una paziente evoluzione sulla via dell'Amore.

Buona erranza
Sharatan


venerdì 25 dicembre 2009

Unio Mystica




Ci sono due modi in cui l'anelito si manifesta:
uno è il desiderio di anestetizzare il dolore della separazione,
addormentandosi completamente;
l'altro è liberarsi del dolore della separazione
trovando l'unione mistica.

Se assaggi la luce, non è possibile non volerne di più…

E tutto ciò di cui c'è bisogno è:
qualsiasi cosa tu stia facendo, perditi in essa;
fonditi così totalmente che non resta più nulla alle tue spalle.
In quel momento il divino accade,
il divino è l'unione mistica: unio mystica.

(Osho, da: Unio Mystica, vol. 2 pag. 9)


giovedì 24 dicembre 2009

Il pensiero abissale è profondo


“Vieni e considera. Il pensiero abissale è il principio di tutto.
Se tu poi porgerai mente alle Sephiroth,
vedrai che il pensiero abissale,
la parola interna, la voce percepibile e il discorso
sono la stessa cosa. Tutto è Uno.”
(Zohar I,246 b)


Una famosa massima rabbinica attribuita a Rabbi Yokhanan ben Zakkai, che visse nel 1. sec. d.C., afferma: “Non si insegna il Maasse Bereshit a due persone contemporaneamente, e non si insegna il Maasse Bereshit nemmeno individualmente a meno che non si tratti di una persona sapiente che capisca grazie alla propria Daath (Conoscenza).”

Queste sono le parole più usate da coloro che sostengono che la Cabala debba essere diffusa solo tra pochi, e che i segreti della Torah sono pericolosi per coloro che non sono disposti a riceverli. La stessa frase è anche la prova che esistevano sistemi e pratiche cabalistiche mistiche e molto potenti, che potevano essere usate in modo improprio. Il Maasse Bereshit viene tradotto come “Opera della creazione” ed è la vera e propria parte metafisica della dottrina cabalistica.

Nel Maasse Bereshit viene spiegato il modo con cui è avvenuta la creazione, i vari gradi spirituali delle Sephiroth, i gradini dell’anima, il significato esoterico delle varie prescrizioni religiose con le varie corrispondenze e gli ordini di concatenazione tra il mondo superiore e quello inferiore. Altra opera ancora più segreta era il Maasse Merchavah, cioè l’Opera del Carro, in cui vengono spiegate tutte le significanze esoteriche e mistiche della visione di Ezechiele. Questi due pilastri della dottrina cabalistica sono quelli basilari per conoscere la disciplina.

Si narra che Rabbi Aqiva, vissuto nel 2. sec. d. C., fosse riuscito ad entrare nel Pardes, quello che noi chiamiamo Paradiso, ma che dovremmo tradurre come Giardino degli Aranci, poichè entrambi vengono dalla stessa etimologia. L’entrata nel Pardes è la metafora della comprensione simultanea dei quattro livelli di interpretazione delle sacre scritture: letterale, allegorico, omiletico ed esoterico, cioè segreto.

Nel “Talmud babilonese” si racconta che quattro maestri cabalistici entrarono nel Pardes, e furono Ben Azzay e Ben Zoma, Aher e Rabbi Aqiva. Ben Azzay sbirciò e ne morì, Ben Zoma sbirciò e ne fu leso nel cervello. Aher “potò i germogli” quindi deviò dalla retta via e passò dall’Altra Parte, quindi seguì l’apostasia e solo Rabbi Aqiva ne uscì indenne. Si narra che Rabbi Aqiva fu un maestro cabalistico che ebbe la comprensione completa delle scritture, che riusciva a penetrare interpretandone perfino il più piccolo segno grafico dell’alfabeto ebraico.

Si dice che sia stato lui l’autore dell’Aleph-Beith, cioè “L’Alfabeto di Rabbi Aqiva” in cui viene espressa la scienza delle lettere che è un cardine simbolico essenziale per lo studio della Cabala. E’ lui l’autore del Sepher Yetzirah, in cui scandisce secco e puntuale tutti i fondamenti della misura e del ritmo della Creazione, che è il testo più significativo per capire il legame tra esoterismo antico e pensiero cabalistico medievale.

Nell’Aleph-Beith, lo stesso Rabbi Aqiva rivela che le milizie angeliche gli chiesero: “Perché sveli questo arcano a un figlio d’uomo, nato di donna, che appartiene a coloro che sono portatori di deformità e d’impurità, di sangue, muco blenorragico e fetidi goccioli? Perché sveli quel segreto con cui furono creati il cielo e la terra, il mare e il continente, i monti e le colline, i fiumi e le sorgenti, la Geenna di fuoco e di fulmine, il giardino dell’Eden, l’albero della vita, con cui furono formati l’uomo, le bestie e le fiere selvatiche, i volatili del cielo e i pesci del mare, Behemot e Leviatan, gli animali striscianti e i rettili, quelli che guizzano nelle acque e brulicano per il deserto, la Torah e la sapienza, la conoscenza e il pensiero, la dimora superna e il timore del cielo? Allora dissi loro: ‘Perché il Santo, sia Egli benedetto, me ne ha dato facoltà; inoltre, ho ottenuto il permesso dal trono eccelso ed elevato, dal cui cospetto tutti i nomi ineffabili scaturiscono come fulmini e fuoco, lampi di splendore e baleni di fiamma’.”

Ma a chi Rabbi Aqiva voleva spiegare i segreti della Torah, a chi voleva dare le sue illuminazioni? Lui stesso, nell’Aleph-Beith risponde con un versetto di Isaia: “A chi vuol egli insegnare la scienza, a chi spiegare la lezione? Ai pargoli appena slattati, ai bambini appena svezzati. (Isaia 28.9)”

Nelle pagine del Sepher Yetzirah, Libro della Formazione, che è un’opera di pochi fogli, egli dà vita ad una ricostruzione puntuale ed inappuntabile, in cui è come se il cosmo si scolpisca nella nostra mente scandito dai numeri e dal suono delle lettere: “Con trentadue meravigliosi sentieri di sapienza ha tracciato Iddio Signore delle schiere, Dio d’Israele, Dio vivente, Dio onnipotente […] Egli creò il suo mondo con tre registri: con la scrittura, il computo e il discorso. […] Dieci Sephiroth senza determinazione: dieci e non nove, dieci e non undici. Devi intuire con sapienza, essere sapiente con intuito, scrutarle e indagarle. Devi conoscere, calcolare, immaginare, stabilire la cosa sul suo sostegno, porre il Creatore sul suo fondamento. La loro misura è dieci, ma sono infinite.”

Il più grande discepolo di Rabbi Aqiva fu Rabbi Shimon Bar Yohai, l’autore delle Zohar, che è il testo più importante della Cabala. Rabbi Shimon ebbe la rivelazione del significato più elevato delle scritture durante un periodo di 13 anni in cui visse nascosto in una grotta dell’alta Galilea, non lontano dalla città di Safed, che diventò uno dei luoghi più importanti del cabalismo mistico.

Rabbi Shimon si ritirò nel deserto per sfuggire ad una feroce persecuzione romana dell’imperatore Adriano, come colpevole del reato di avere insegnato in pubblico la Torah, delitto che era costato la vita al suo maestro Rabbi Aqiva, come a tanti altri prima e dopo di lui. Alla morte dell’imperatore l’editto con la pena di morte fu revocato, e Rabbi Shimon potè ritornare nella comunità, in cui fondò una scuola di studi esoterici formata da 10 rabbini che chiamò “Il Gruppo di Amici.”

Tutte le concezioni che noi abbiamo dei mondi spirituali provengono da persone che sono riuscite ad acquisirne la percezione, e che poi ce li hanno descritti nelle loro opere. Essi ci hanno anche insegnato ad acquisire metodi e modi di pensare che ci permettessero d'imparare a conoscerli. E’ grazie a loro se noi riusciamo a vivere in questo mondo materiale come persone normali, ma possiamo anche concepire una realtà di mondi spirituali; così gli occhi degli uomini vedono attraverso gli occhi degli angeli, così noi possiamo vedere il superiore mondo divino.

I cabalisti moderni credono che vi siano tre sorgenti essenziali per abbeverarsi alle dottrine cabalistiche: Rabbi Shimon Bar Yohai, che è l’autore dello Zohar, che visse circa nel 4. sec. d. C., tutti i lavori dell’Ari, il Leone della Cabala, il cabalista che visse a Safed nel 16. sec., e le opere di Rav Yehuda Ashlag (1884-1954) detto Baal Salam (Il Padrone della Scala), che scrisse un commento alla “Sulam” (La scala) e anche un bel commento allo Zohar.

Questi tre cabalisti in realtà sono una sola e una stessa anima, che si è incarnata successivamente in tre corpi per trasmettere ogni volta l’insegnamento in un modo diverso, è tornata ogni vita portando un diverso metodo che permettesse di dominare i mondi spirituali, affinchè si facilitasse lo studio della Cabala alla generazione successiva, perchè la dottrina fosse conosciuta.

Quest’anima è giunta al suo apogeo durante la sua ultima vita come Rabbi Yehuda Ashlag, il Baal Sulam, quello che imparava ad esplorare le soffitte divine, ed era esperto in scale di armonie divine. Scendendo in questo mondo, questa anima era giunta ad un tale livello di conoscenze che ha potuto fornire una spiegazione esauriente sulla struttura dei mondi spirituali, dalla nascita della prima creatura fino al completo perfezionamento dell’universo.

Rabbi Yehuda Ashlag insegna che la “Luce emana dal Creatore” per il suo desiderio di creare le creature e di fare la loro delizia: è questa, è la Luce che viene emanata dal Creatore che crea il recipiente, e che poi lo riempie per fare la sua completa delizia, cioè la gioia della sua Creatura. Noi così possiamo capire, cosa possa avvenire quando il Creatore viene a dosare con una tale generosità la sua misura, che il vaso prodotto è talmente tracolmo ed inebraiato dalla mistura, da voler tornare ancora, ancora, e poi ancora, in una Legge reiterata di Amoroso Ritorno.

Buona erranza
Sharatan

lunedì 21 dicembre 2009

Recuperare le scintille della radice


Secondo il Leone della Cabala, cioè Isaac ben Salomon Luria, il geniale cabalista vissuto a Safed nel 16. sec., in seguito alla catastrofe della rottura dei vasi, nulla è rimasto più al suo posto: ogni cosa è andata da qualche altra parte e, da allora, tutti sono in esilio e tutti sono in attesa di essere riportati indietro e redenti.

Luria suggerisce che in realtà, il sistema delle Sephiroth, che era previsto nella Cabala, non esisterebbe nella sua forma ideale dopo la rottura dei vasi, perché questo avvenimento avrebbe retrocesso la Creazione ad un livello inferiore rispetto a quello pensato originariamente dalla Mente Divina.

Secondo Luria, fu Adamo il primo che ebbe l’opportunità di operare la prima rettificazione, separando completamente le scintille dai loro gusci, e così ristabilire l’ordine del mondo, poiché il suo corpo era il microcosmo di Adam Kadmon, l’Adamo Divino, e ne condivideva tutte le prerogative, ma il tentativo di Adamo fallì.

Il peccato di Adamo, secondo Luria, non fu la causa dell’origine del male del mondo, ma piuttosto la causa della sua completa diffusione: se Adamo avesse compiuto la sua missione divina, mediante le opere spirituali di cui era capace, e che richiedono azione contemplativa e profonda meditazione, il potere del male sarebbe stato completamente separato dal bene, ma questo non avvenne.

Secondo Luria, l’anima di Adamo conteneva tutte le anime che avrebbero fatto parte dell’umanità: ogni anima, compresa la nostra, è perciò una scintilla della grande anima di Adamo ma, siccome la sua anima si divise in “gruppi” o “famiglie di anime,” tutte le “famiglie di anime” posseggono una radice comune pur essendo diversamente raggruppate per livelli di qualità ed assonanza.

Solo le scintille generate dalla stessa fonte sono in grado di rafforzarsi e di aiutarsi vicendevolmente. Esse soffrono insieme e ogni azione buona o cattiva di una di loro, si riflette su tutte le altre: il loro destino è stabilito da un legame profondo ed invisibile che viene definito “affinità di anima.”

E’ compito dell’uomo cercare le scintille della sua radice, mentre è compito del cabalista quello di riparare la frattura avvenuta in Dio, a causa della rottura dei vasi e del peccato di Adamo; il processo di riparazione dell’universo e dell’uomo è chiamato Tikkun che significa “riparazione, fissaggio e restaurazione.”

Il tikkun è compito dell’uomo e non di Dio perché, per fare il tikkun, dobbiamo ritrovare le scintille contenute in ogni luogo intorno a noi e liberarle, per permettere loro di ritornare alla Fonte Divina. Il tikkun non solo riparerà il disastro cosmico, ma riparerà anche la frattura avvenuta nella Divinità, segnando così la definitiva sconfitta dell’Altro Lato. Non dimentichiamo che sono le scintille che si attaccano alle Klippoth perciò, se recuperiamo tutte le scintille che gli conferiscono potere, anche il male cesserà di esistere.

Secondo Luria vi sono due tipi di anime da salvare: le prime sono quelle cadute dalla rottura dei vasi e le seconde sono i frammenti dell’anima di Adamo. Ricordiamo però che, mentre tutti possiamo contribuire a salvare i frammenti delle anime dei vasi, per quanto riguarda le scintille dell’anima di Adamo, ogni uomo può sollevare solo quelle che appartengono alla propria famiglia di anime, e così perfezionare e salvare anche la sua anima.

Coloro che fanno parte del corpo mistico di Dio devono compiere una missione collettiva, che è quella di recuperare scintille, ma ogni figlio o figlia di Dio ha pure un suo ruolo unico da svolgere nella storia del mondo. Per arrivare al tikkun è necessario vivere una vita spirituale perché, quando facciamo del bene, doniamo energia al mondo divino e togliamo il potere all’Altro Lato.

Ogni azione malvagia invece infonde energie al Lato oscuro e disturba il mondo Divino, perché ogni azione malvagia tiene imprigionate le scintille divine nelle Klippoth e trasmette verso l’alto degli impulsi dannosi che disturbano l’armonia delle Sephiroth: ogni azione buona invece invia influssi benefici che aiutano a catturare e liberare le scintille, aumentando la gioia del Creato.

Ha detto il cabalista moderno Hillel Zeitlin, che “ogni uomo è il Redentore di un mondo tutto suo,” perché le scintille che ognuno di noi può liberare si trovano nell’ambiente circostante, cioè nel cibo, nelle bevande, in ogni oggetto e in ogni persona che incontriamo sul nostro cammino. Ogni individuo è perciò responsabile del recupero delle scintille che sono all’interno della sua sfera personale, perché Dio fa in modo che ognuno di noi incontri le scintille che appartengono alla radice della sua anima.

Il nostro compito è quello di elevarle fino alla radice superiore, perché il principio di ogni cosa è legato alla sua fine, perciò anche le scintille inferiori hanno qualcosa in comune con la loro origine, che è all’interno dell’Essere Infinito. Se l’uomo a cui appartengono tali scintille riesce ad elevarsi e a salire, anche tutte le altre scintille salgono con lui, e tale ascesa avviene tramite devekut, cioè l’Unione Mistica con Dio, che è l’unica via per fare salire le scintille.

Secondo Baal Shem Tov, l’unione con Dio o devekut, è la chiave della nostra missione di redenzione delle scintille perché, se l’uomo cammina con Dio anche Dio risiede regolarmente presso di lui e gli procura abiti e cibo e anche le persone che contengono le scintille della radice della sua anima, così che possa fare il suo Tikkun o reintegrazione.

Così, quello che l’individuo attira, è quello che corrisponde alle sue azioni e alla sua natura; perciò se è meritevole per le azioni che compie, allora incontra le scintille che gli appartengono, altrimenti non potrà essere in grado di incontrarle per poterle reintegrarle al luogo legittimo cui esse appartengono.

Nel recupero delle scintille, secondo l’hassidismo, l’uomo è impegnato non solo tramite le sue pratiche spirituali, ma anche nel corso di ogni sua minima azione quotidiana, a patto che la sua mente resti sempre vicina a Dio; così quando desideriamo mangiare, o bere, o dare soddisfazione agli altri nostri desideri terreni e materiali, dobbiamo focalizzare la nostra mente su livelli molto elevati e sul nostro amore per il Creatore.

E’ così che possiamo trasformare ed elevare quegli oggetti fisici e quei desideri materiali fino al più elevato livello spirituale: così facendo tiriamo fuori le scintille divine che dormono in noi, e produciamo simultaneamente scintille divine nel mondo materiale. Non esiste un cammino più grande ed elevato di questo nostro Servizio di Dio perciò, ogni volta che pensiamo che non siamo stati collocati nel posto giusto e nel momento adatto, in realtà dovremmo sapere che, noi siamo sempre collocati nei luoghi in cui vi sono le scintille della radice della nostra anima.

Nel corso delle nostre incarnazioni noi vaghiamo come un pastore che cerca le sue pecore, perciò erriamo nei secoli per cercare le anime di cui noi siamo responsabili, o a cui siamo legati da un karma positivo o negativo, o le persone della nostra parentela di anima. Ecco perché le circostanze in cui noi siamo nati, coloro che sono stati i nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri figli, i colleghi e i nostri compagni, non sono mai accidentali ma ci vengono destinati, affinchè noi possiamo fare il nostro tikkun, quindi operare il loro recupero ed il loro reintegro alla Fonte Divina.

Buona erranza
Sharatan

sabato 19 dicembre 2009

Il tocco di una zampa


Per valutare quale sia il ruolo dell'uomo, nella diffusione del male nel mondo, offro la lettura di un articolo che è stato pubblicato sul sito La Zampa.it. e che mi piace diffondere, perchè è più loquace di mille parole, sicuramente inutili che, io potrei scrivere. Lo riporto integralmente:

"Così minuta è difficile immaginarla mentre accarezza un orso. Jill Robinson è una signora bionda di cinquantuno anni; è inglese e gira il mondo a raccogliere fondi per gli «orsi della luna», una definizione dolce e poetica che nasconde una tortura terribile: gli animali chiusi in gabbie piccolissime che impediscono anche il più piccolo movimento, un catetere conficcato nel fegato che «munge» la loro bile più volte al giorno, le zampe spesso mutilate, i denti segati per evitare ogni possibile ribellione.

Sembrano immagini da una galleria di tortura medioevale, ma sono la realtà di oggi. In Asia le chiamano «fattorie della bile», e sono numerose perché la bile è l’ingrediente di base per molti preparati della medicina tradizionale cinese.

Era il 1993 quando Jill Robinson entrò per la prima volta in una «fattoria». «Mi ero allontanata dal gruppo e mi ritrovai in una grande stanza - racconta -. In gabbie grandi quanto i loro corpi erano rinchiusi decine di orsi con dei tubi di ferro, quasi tutti arrugginiti, piantati nel ventre: in quelle condizioni gli animali possono sopravvivere per anni, anche decenni.

All’improvviso un’orsa allungò un zampa, io la presi tra le mani e guardando quell’animale decisi che cosa avrei fatto nel resto della mia vita». Qualche anno dopo nasceva la «Animal Asia Foundation, la creatura di Jill, che da qualche settimana ha aperto una sede anche a Genova, oltre alla casa madre a Hong Kong, e le filiali di Germania, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti.

«Rimpianti? L’unico è quello di non essere riuscita a salvare quell’orsa», dice mentre le guance le si colorano un po’. Il racconto di Jill è semplice non ci sono toni esasperati o accuse, alza la voce solo quando sottolinea che «non è vero che i cinesi sono crudeli e insensibili, la gente lì è cambiata molto. Oggi ci sono sessanta associazioni in Cina che si battono per i diritti degli animali».

Molti degli orsi che vengono liberati hanno tumori al fegato, proprio dovuti alla pratica alla quale per decenni vengono sottoposti. E questo è pericoloso anche per gli uomini. Anche i medici cinesi ormai stanno cercando di informare e di sensibilizzare la popolazione su questo pericolo. «Quella bile presa da animali ammalati può far ammalare chi usa i prodotti che la contengono».

Anni di lotte, di campagne animaliste. E il privato? «Ho avuto un marito per vent’anni, ora siamo separati, e lui ha una carica importante nell’associazione». Ma la vita di Jill sono gli «orsi della luna», chiamati così perché sul petto hanno una specie di falce di luna chiara sul petto.

Jill Robinson ha acquistato il suo primo orso, liberandolo nel 1998. «È stato relativamente semplice trovare i fondi per farlo - ricorda -. È bastato raccontare gli orrori che avevo visto per ricevere denaro da persone semplici e personaggi celebri. Più complicato è stato costruire i rapporti con le amministrazioni locali, convincere a riconvertire le fattorie della bile».

Ma questa piccola signora bionda in jeans e maglietta, rigorosamente sponsorizzata Animal Asia, è l’unica in grado di «trattare» con il governo cinese. L’associazione che lei ha fondato è la sola che può entrare nei confini cinesi, così come in quelli del Vietnam e in Corea, perché le fattorie degli orrori sono sparse in tutta l’Asia.

Si calcola che siano ventimila gli orsi prigionieri nelle gabbie per la bile, liberi in natura ne restano solo quindicimila, la loro bile viene utilizzata anche fuori dalla medicina: per produrre shampoo, dentifrici, vino e bibite. In Corea quel tipo di orsi, specie protetta tra l’altro, è ormai quasi estinta per l’elevate richiesta di bile. Dal 2000 a oggi sono stati liberati circa 260 orsi nella provincia di Sichuan, l’accordo siglato da Animal Asia e governo cinese prevede la scomparsa delle fattorie della bile. Gli orsi liberati vengono poi «rieducati» nel centro «Moon Bear Rescue».

«È incredibile vedere la loro capacità di ripresa - spiega Jill Robinson - sono animali traumatizzati, feriti, impauriti. Eppure bastano pochi giorni perché recuperino fiducia e il contatto con i loro simili». Così Bluebell, Bodo, Charley, Chica, Claudia e tanti altri orsi ognuno «battezzato» dai volontari sono come tornati alla vita, ma con segni fin troppo evidenti della prigionia. Come Quantock: ha il muso deturpato da anni di colpi dati contro le sbarre della gabbia, ha perso parte delle orecchie e del naso. «Ma il suo carattere è estremamente gentile - racconta chi l’ha incontrato -. Gioca in continuazione, e la sua fiducia nell’uomo è una lezione per noi ogni giorno».

Io ringrazio la giornalista Antonella Mariotti per il suo bellissimo articolo di denuncia della stupidità dei nostri simili, e la ringrazio anche per la sensibilità con cui ha raccontato una vocazione al bene risvegliata dal tocco di una zampa.

Buona erranza
Sharatan

mercoledì 16 dicembre 2009

Il Sentiero della Rettificazione


Nella Cabala si afferma l’esistenza di due creazioni, perché Dio ha creato il mondo in due riprese, di cui la prima fu quella del Mondo del Caos, mentre nella seconda prevalse l’ordine e la creazione di Olam Ha Tikkun, cioè del Mondo della Rettificazione.

Questo è il mondo che viene creato dopo la rottura dei vasi, ed è il mondo che permette la riparazione della realtà materiale, portando ordine ed armonia in un luogo in cui esse non esistevano.

I due mondi sono perciò, uno al servizio dell’altro, e sono strettamente intrecciati, perché il Mondo della Rettificazione viene creato con i frammenti dei recipienti sephirotici, quindi è una riparazione del primo mondo caotico, che è la somma di tutta la serie dei mondi precedenti.

Nella creazione di Olam Ha Tikkun, cioè del Mondo della Rettificazione, Dio rimette al loro posto i vasi sephirotici, dopo averli riempiti nuovamente di luci e riordinati nel loro giusto ordine: per questo vi è la necessità dei 7 giorni per la creazione, perché la riparazione fu operata sulle sette Sephiroth che si erano fratturate dopo la fuga delle 3 Sephiroth divine verso il cielo. Se valutiamo la rettificazione in senso simbolico, vedremo che l’operazione venne operata a livello etico, oltre che in senso cosmico e materiale.

Nel Mondo del Caos vi era una netta differenziazione tra il bene e il male, infatti essi erano divisi, e ognuno conduceva le sue battaglie nell'isolamento di sistemi rigidi, in cui vivevano delle luci circolari. Essendo un mondo chiuso in se stesso, il bene accumulava dei meriti che non comunicava agli altri, mentre il male si moltiplicava senza che il bene riuscisse a riparare i suoi guasti.

Secondo la dottrina cabalistica, in ognuno dei due mondi vi erano dei maestri e degli uomini illuminati che vivevano tra la gente comune, ma nessuno aveva il discernimento opportuno per riconoscerli. Nel Mondo del Caos, l’isolamento era insanabile, perché ognuno comunicava solo con la sua sfera e non con tutte le altre, mentre nel Mondo della Rettificazione, viene inserita la correzione degli errori e il perdono dei torti, che riescono a operare il risanamento delle azioni malvagie.

Questo avviene poichè il Mondo della Rettificazione possiede delle luci rettilinee, che mettono in comunicazione le varie realtà, per cui anche un piccolo bene riesce a fare la sua lotta tramite la sua qualità elevata, perciò ne basta anche una sola goccia per equilibrare una grande quantità di male.

Il Mondo della Rettificazione sa prendere dove c’è molto, e sa dare dove vi è poco, e questo può avvenire tramite i suoi canali di comunicazione. Ciò che manca nel Mondo del Caos è la potenza del Teshuvah "ritorno," grazie al quale si possono trasformare le trasgressioni in meriti, cosa che invece avviene nel Mondo della Rettificazione.

In questo mondo, grazie ad una rete di canali rettilinei, scende nelle Sephiroth, dal più alto dei mondi, la Luce Infinita proveniente dal serbatoio inesauribile di origine divina, ma essa produce una circolazione che funziona ancora in modo troppo irregolare, cosicchè il male ed il bene fluiscono, ma circolano in modo troppo copioso e radicale, cioè per estremi assoluti.

Di tale condizione le sacre scritture offrono una simbologia nell’interpretazione del sogno del faraone, da parte di Giuseppe prigioniero in Egitto, a cui questi predisse sette anni di vacche magre e sette anni di vacche grasse, in cui bene si rappresenta il tipo sbilanciato di circolazione energetica. E' la Sephirah Yesod che è il Fondamento, che ha questo ruolo per eccellenza, cioè quello di stemperare gli eccessi assoluti e di portare l’equilibrio, perché il suo numero è 566 che è lo stesso di Tikkun, che è "reintegrazione".

Nel primo dei mondi creati, che è chiamato Tohu che significa “stupore” si vive lo stato d’animo di colui che viene coinvolto attonito in una catastrofe improvvisa, e la cui la mente non è in grado di registrare l’entità di ciò che avviene, perciò l'uomo non prova né gioia né dolore per le conseguenze delle sue azioni.

Nel Mondo del Caos questo dolore stupito rimane congelato per millenni di millenni, finchè Dio non decide di creare il Mondo della Rettificazione, in cui la consapevolezza o presa di coscienza, regna sovrana nell’animo delle persone. Per questo si può eliminare il patimento di un dolore incomprensibile ed assoluto, e si può comprendere il "senso" e il "significato" della sofferenza dell'uomo.

Nel Mondo della Rettificazione esiste la Teshuvah, che significa Metanoia, cioè il cambiamento di consapevolezza e di modo di pensare, ed è una Teshuvah di consapevolezza attiva che ci spinge ad un’azione dinamica. Qualcuno traduce Teshuvah come “penitenza,” ma ne offre una interpretazione spirituale assai parziale poiché, seppure in essa vi sia inclusa anche la contrizione del cuore, è ancor più vero che finchè una persona non soffre a causa dei suoi errori, non prova l’impulso interno di cambiare.

Quindi Teshuvah non significa solo dispiacere del cuore, ma significa anche il cambiamento consapevole di uno stile di vita, significa anche la capacità di operare una modificazione che riesce a trasformare un debito in credito, significa quindi la capacità di trasformare il male in bene: che è poi la capacità di praticare l'alchimia spirituale, che è la nuova capacità che viene infusa nell'uomo, con la creazione del Mondo della Rettificazione.

E’ allora questo il messaggio dell’insegnamento cabalistico, quando parla della novità della seconda creazione, ed è anche la Buona Novella che è venuto a predicare Gesù, che era un Maestro rabbinico Divino. Gesù ci insegna che viviamo in un mondo in cui, anche avendo sbagliato, possiamo sempre essere perdonati e riparare a tutti i nostri errori.

Perciò colui che dice che Dio è un essere terribile, che distrugge la sua creazione, che combatte gli uomini, e che causa tutti i mali che vediamo nel mondo, dovrebbe invece imparare che il male è commesso dall’uomo che si rifiuta di riparare ai suoi torti, mentre Dio resta il Padre Compassionevole, lento all’ira e fin troppo Misericordioso con gli orrori e le aberrazioni dei suoi figli imperfetti.

La Cabala insegna che nessun mondo che viene creato con il Lato Sinistro, cioè con la sola giustizia e il rigore, potrebbe esistere molto a lungo, quindi non è di questo tipo il Mondo della Rettificazione, che è quello nostro e che dura ancora oggi malgrado tutti i nostri errori: tutto ciò dimostra che è stato creato con il Lato Destro, che è quello della Luce e dell’Amore.

Perciò Dio crea il Mondo della Rettificazione e lo ordina con delle concatenazioni, perché sia possibile salire e scendere lungo tutte le sue gerarchie, per mezzo delle nostre azioni e della nostra crescita spirituale. E in queste ascese non si deve sbagliare, perché ognuno può salire al suo livello di consapevolezza, e se si spinge troppo in alto, in zone in cui la consapevolezza è per lui troppo sbilanciata, perché eccessivamente cristallina, in lui “viene bruciata la buccia.”

Questo è l’esempio di cui si fa sempre la citazione, quando si vuole dissuadere dallo studio delle dottine cabalistiche, ricordando il caso del rabbino cabalistico Ben Zuma che entrò troppo precocemente nel Pardes, cioè nel giardino paradisiaco divino, e che sbirciò la Divinità senza poterla sostenere, e che perciò se ne uscì completamente pazzo, cioè ricadde nelle tenebre del Mondo del Caos.

Quindi dovremmo sapere che Dio ha creato un mondo ordinato, e che esso andrà avanti fino alla sua completa rettificazione, che l’uomo sia volente o nolente al progetto divino, poiché quest’ordine viene dall’alto, ed è imposto in tutta la creazione. In questo ordine divino viene posto l’uomo che viene chiamato a essere un “riparatore” o “rettificatore” della Creazione sia universale che personale, eguagliando Dio che ha riparato i "cocci" del Mondo del Caos.

E’ per questo che nelle Sacre Scritture è detto che “Dio aveva creato per fare” ed è per questo che, in una creazione che poteva fare perfetta e completa, Egli lasciò un piccolo difetto, in cui ripose il senso del fare dell’uomo.

Quando si parla del “lavoro delle mani,” questo concetto non possiede perciò una qualificazione negativa di condanna umana alla fatica, come comunemente viene detto, ma viene affermato il proclama divino di dover seguire un Sentiero di Rettificazione.

Ecco svelato nell’insegnamento cabalistico, il senso più elevato dell’azione umana: ed è che il nostro "fare" deve essere inteso come il nostro riparare, il nostro risanare e il nostro continuo perfezionare la natura umana e quella del mondo, che poi è il vero significato del concetto di Processo di Salvezza, che dobbiamo tutti percorrere nel corso della vita umana.

Buona erranza
Sharatan


domenica 13 dicembre 2009

La “sporcizia dell’unghia”


La dottrina delle Emanazioni tramite le Sephiroth insegna che tutto ciò che esiste è immortale, perciò ogni cosa possiede l’impronta divina e nulla di ciò che possiede la divinità può essere annichilito sebbene, nell’ordine dell’universo, oltre alle Sephiroth della luce vi siano anche delle Sephiroth tenebrose che distruggono la vitalità divina.

Dice lo Zohar: “Considera dunque. Il Santo, che benedetto egli sia, produsse dieci corone, diademi sacri, in alto, con le quali egli si incorona e si riveste. […] In corrispondenza di queste esistono però altre dieci corone, che non sono sacre, e si trovano in basso. Esse sono legate “alla sporcizia dell’unghia” di una santa corona, che è chiamata Sapienza; perciò anche esse sono sapienza.”

Quindi vi sono le Sephiroth della luce e del bene, ma vi sono anche quelle del male e delle tenebre perché, all’opposto della suprema emanazione dell’Uomo Archetipo vi è l’Uomo Vile, perciò in simile assonanza, vi è l'opposizione di Sephiroth di luce e di Sephiroth delle tenebre, in cui quelle di destra sono luminose mentre a sinistra vi sono quelle tenebrose.

Anche le Sephiroth buie sono in numero di dieci, perciò il regno delle tenebre ne possiede delle Emanazioni con diverse gradazioni di valore cioè di buio, e con una vera gerarchia di spiriti del male, a cui viene messo a capo Samael, l’Angelo del Veleno e della Morte.

Secondo lo Zohar, prima della creazione, il male ricopriva il bene come le bucce (Klippoth), coprono il frutto. Fu l’azione divina che separò il bene dal male, relegandolo in due differenti specie di influenza, e definendo gerarchie angeliche e gerarchie infernali. E’ per causa dell’influenza della gerarchia tenebrosa che il nostro mondo viene così perturbato, e ciò avviene perché gli uomini si allontanano da Dio, permettendo alle Klippoth di avere il completo dominio delle azioni umane.

Le Klippoth, Kellippah o Kellipot sono i gusci, cioè le bucce dei frutti divini, cioè dei materiali di scarto, e delle forze malvagie che hanno coperto di immondizia le 288 scintille di luce spirituale fuggite dai vasi infranti. Secondo Isaac Luria, all’origine dei tempi, tutti i mondi creati erano spirituali, ma la rottura dei vasi fece precipitare in basso il Mondo di Assiah o Mondo dell’Azione, per cui le bucce si mescolarono ai frutti della divinità che andarono dispersi dai vasi sephirothici esplosi.

E' così che si è prodotto il mondo di materia cieca e grossolana che conosciamo e che non possiede nulla di spirituale, ma il potere delle Klippoth sarà spezzato in futuro, perciò il Mondo di Assiah ritornerà ad essere spirituale e ciò avverrà quando neppure la minima scintilla di divinità sarà rimasta nelle Klippoth, per mezzo dell'attività che viene detto tikkun, e che riporterà l’armonia nel Creato.

La magia nera, secondo la Cabala, si opera quando vi è la pratica di estrarre lo spirito impuro delle Klippoth per mescolarlo alle cose più pure, ma è una pratica di manipolazione che va attuata solo per combattere la stessa magia nera, perciò si può fare una manipolazione solo per fare il recupero del divino che è imprigionato nella sostanza impura, per poterlo liberare ed affrancare.

Seguendo la dialettica cabalistica della creazione, ricordiamo che le Klippoth, che sono le forze del male, traggono l'origine da una luce non pensante di Dio, perchè la luce pensante è creatrice, mentre la luce non pensante è sempre distruttiva, per questo il male cerca sempre di opporsi al bene e cerca di distruggerlo.

Secondo l'allegoria cabalistica, il Regno delle bucce o Olam Klippoth, che è la residenza di Samael il Principe delle tenebre, è il nostro mondo perchè, rivela lo Zohar: “Per il Servizio del Mondo Angelico, il Santo, che benedetto egli sia, fece Samael e le sue legioni, ovvero il Mondo delle Azioni, che sono come le nuvole usate per cavalcarle discendendo sulla terra, come se fossero i loro cavalli.”

Questo insegna, che le Klippoth contengono la stessa materia che ha fatto i pianeti e tutte le stelle, ma in una realtà materiale caotica ed incontrollata che, nello stato più sottile, viene usata dagli spiriti per rivestirsene, allo scopo di discendere nelle sfere inferiori. Il male non può riprodursi o propagarsi con le sue proprie forze, perché è sempre sterile ed informe, ma è solo l’azione morale volontaria dell’uomo, quando essa è fermamente contraria al bene, che gli conferisce forza e vigore.

Perciò contempliamo il male per ciò che è veramente, cioè come una massa inerte, un involucro, un guscio o una buccia vuota, insomma una forma falsa di energia che si millanta di un'apparente potenza che invece copre la codardia. Il male è vigliacco, perchè ruba le energie vitali degli esseri indifesi, e perchè si mostra forte con i deboli, ma sa diventare servile quando incontra la vera forza. Per questo sia il male che i suoi servi sono la “sporcizia dell’unghia” della vera Sapienza, e si dimostrano essere il volto della volgarità e dell'ignoranza.

Le Klippoth sono demoni e involucri materiali della sensualità più rozza, sono scorie che abitano lo spazio etereo e che si nutrono di energie vitali altrui, sono delle essenze basse che vivono in spazi di materia limitata e che mutano continuamente forma, sono i mentitori che millantano l'Amore per seminare l'odio e la discordia.

Poichè nel regno delle tenebre domina la Legge dell’entropia cioè la legge della discordia, perciò è l’influsso delle Klippoth che ci spinge a rifiutare ogni concezione spirituale, per concepire l’essere umano solo come un semplice involucro materiale senza finalità elevate e senza nessuna importanza, un mero ricettacolo di cui sfruttare energie e luce e poi da gettare senza pietà.

Se leggiamo attentamente le Scritture impariamo invece che, l’uomo ha un involucro corporeo che è il Tempio dell’anima, perchè possiede il soffio di Ein Soph, quindi vi è in noi un'entità divina che dorme, come in ogni essere vivente, e che è Sommo Spirito d’Amore: perciò, il male che nega questo, è assoluto inganno e menzogna.

Un concetto di male, di essenza diversa da questo contesto cabalistico non esiste, poiché il male è solo l'accettazione della scissione e della separazione dalle Emanazioni e dall’influenza benefica delle Sephiroth: quindi è l’uomo stesso che crea il male, e che poi acconsente a servirlo, e ogni altra scusa è inutile, essendo solo il segno della nostra vigliaccheria e della incapacità di accettare le giuste conseguenze delle nostre colpe e dei nostri errori.

Questo concetto può sembrare molto strano, perché il mondo del male deriva dalla Sephirah Geburah/Din o Giustizia/Diritto, detta anche la Mano sinistra di Dio, ma riflettendo con più attenzione, vedremo che questa emanazione di Giustizia severa deve sempre essere equilibrata da Chesed, che è Amore e Pietà, perchè da questo equilibrio nasce un equo e compassionevole criterio di giudizio.

Se guardiamo ancor più all'origine, prima del peccato di Adamo, vedremo che il Male formava un tutt’uno con l’Albero della Vita, ed era collegato all’Albero della Conoscenza da un unico germoglio: questi due alberi furono separati dal peccato di Adamo che causò il “taglio dei germogli” con la rescissione del legame tra il superiore Macrocosmo e il Microcosmo inferiore.

Ed è questa la vera origine delle forze del male, cioè il taglio del legame tra le cose umane e le cose divine, ma ciò avviene nello stesso momento in cui viene creato il mondo perchè, secondo lo Zohar, la creazione tramite Emanazione divina ha già creato l’universo finito poichè “a questo finito appartiene la tenebra”.

Nella metafora cabalistica, il male origina da un giudizio che non viene mitigato dalla pietà e dall’amore: il male si origina da Geburah/Din che è la Sephirah del Potere/Giudizio, quando entra in tensione con Hesed che è Amore/Pietà, perché il rigore non accetta di essere moderato, e vuole un assoluto dominio svincolato dalla debolezza dell’Amore.

Così Geburah/Din si ribella a Dio e produce una Emanazione sephirotica ad imitazione del regno divino ma, sfuggendo alle richieste dell’Amore, la Geburah/Din non è più attendibile e diventa una perversione della giustizia divina che, se viene deviata dalla durezza eccessiva, usa i suoi poteri per infliggere sofferenze e punizioni terribili ai mondi inferiori, senza sapere concedere alcuna pietosa misericordia.

La falsa emanazione di Geburah/Din è chiamata anche Sitra Ahra, cioè l’Altro Lato o Emanazione della Mano sinistra, perché la Sephirah ribelle faceva parte del lato sinistro dell’Albero della Vita, e la creazione di Sitra Ahra da parte di Geburah/Din fu come un punto e come una coagulazione creata dal fumo dell’ira.

Questa forza distruttiva emerse dall’ira furiosa, come fumo si diffuse nell’aria, e si levò a dominare tutte le altre emanazioni fino a soggiogarle con il veloce diffondersi dell’unico punto, come il movimento di una spirale o come un serpente malvagio, perciò il Serpente è simbolo di Satana, che è il Grande Seduttore.

Per questo si usa l’immagine del Serpente tentatore per rappresentare l’Altro Lato, poichè Satana è un serpente sia maschio che femmina, è colui che attira gli esseri umani verso una materialità di sensualità volgare e grossolana, ed è il serpente che simboleggia l’origine della stregoneria.

Secondo i cabalisti, l'Antico Serpente è sempre in giro per il mondo per denigrare gli uomini davanti a Dio e per cercare servitori, egli è il grande cacciatore di anime, che asserve e soggioga per potere sfruttare le energie vitali, necessitato dalla sua natura che è amorfa e priva di forze autonome, perciò bisognoso di cibarsi delle energie che ruba agli altri: il male è sempre limitazione e avarizia.

Se questo, se il lato oscuro del male ci spaventa, è solo a causa della nostra completa ignoranza spirituale, e non dovremmo indulgere al nostro viscerale disgusto per le squallide Klippoth, ma dobbiamo conoscere bene il mutevole volto di coloro che si schierano con la falsa Geburah/Din.

Allora riconosciamoli nel viso di coloro che giudicano spietatamente e crudelmente, di coloro che usano delle forme di giudizio basate sui razzismo, sull’intolleranza e sul pregiudizio, di coloro che praticano le vie del violento: tutti costoro sono i servi della “sporcizia dell’unghia” che siamo obbligati a conoscere e contro cui siamo chiamati a combattere.

Queste sono le persone che iniziano le guerre di religione, sono i calunniatori degli innocenti e degli indifesi, sono coloro che esaltano la violenza e la prepotenza, e sono tutti quelli che abusano del loro potere e della loro forza per opprimere la mitezza e l'innocenza del resto del mondo.

Ma ci vorrà tanto per riconoscere i veri seminatori di zizzania in coloro coloro che fanno a brandelli l’autostima delle persone, che disprezzano e distruggono le varie forme di vita, che beffano la speranza, che disprezzano la fede e la carità degli altri, e che combattono tutte le migliori qualità dell’uomo?

Allora dobbiamo considerare che, quando giudichiamo gli altri usando un giudizio troppo duro e non facciamo giustizia delle ragioni altrui, anche noi partecipiamo alla semina della discordia e alla moltiplicazione della zizzania contro i nostri fratelli, quindi anche noi diventiamo schiavi e vittime delle ripugnanti bucce.

Questo avviene anche quando siamo completamente soffocati dai fumi dell’ira o dall'acredine più astiosa per cui, una parte di noi viene presa nella trappola dell’Altro Lato, che è il luogo del buio e della tenebra perchè, quando siamo accecati siamo nel buio, e ci allontaniamo dall’influsso di Tiphereth che è la Luce dell'Amore e della Compassione.

Ogni volta che perdiamo la saggezza e l’acume di giudizio, ci ritroviamo irretiti dalla falsa Geburah/Din che produce odio e duro rigore ma, se questo avviene, la migliore strategia sarà quella di dichiarare guerra alle influenze distruttive tramite l'azione di Tiphereth che è il pensiero del sommo amore che riequilibra ogni eccessivo rigore.

Per questo Gesù, simbolo della Compassione e dell’Amore, dice nel Vangelo di Giovanni: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicarlo, ma perché si salvasse per mezzo di lui” perciò, nell’imitare il modello di amore divino che vive nel nostro Io Divino interiore, avremo il potere di sconfiggere le tenebre tramite la Luce e la dolcezza dell’Amore.

Riflettendo su Gesù, che dice in Matteo: “Beati i mansueti, perché erediteranno la terra (Matteo 5:5) e “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi in me troverete riposo alle anime vostre” (Matteo 11:29) io vedo l'invito all’azione tramite l’uso dell’energia luminosa della Sephirah divina offrendo affetto e protezione particolarmente agli ultimi e agli indifesi, che sono i veri mansueti del mondo.

Buona erranza
Sharatan


giovedì 10 dicembre 2009

L’origine del Mondo del Caos


“C’è abbastanza luce per quelli che desiderano vedere,
e abbastanza oscurità per quelli che hanno una disposizione contraria”
(Blaise Pascal)


Nel ciclo della creazione narrato dalla Cabala, si narra che il primo essere emanato da Dio fu Adam Kadmon, cioè l’Uomo Primordiale che è il primo atto della Luce Divina che esce da Ein-Soph nello spazio primo del Tzimtzum, ma non emesso da tutte le parti, ma in una sola direzione. E le luci uscirono dall’Adam Kadmon, scaturendo dagli occhi, dalla bocca, dalle orecchie e dal naso, senza distinzione tra le varie Sephiroth, e senza vasi che le potessero contenere.

Ma non fu così per le luci che uscivano dagli occhi, perché esse furono emesse in forma polverizzata e apparsero nelle Sephiroth solo come punti isolati, creando “un mondo di luce” puntiforme, che è detto Mondo della Confusione e del Disordine, o Mondo del Caos. Però il divino piano della creazione prescrive che ogni singola cosa abbia il suo giusto posto, ben definito in una gerarchia ideale, e quindi tutte le luci dovevano venire captate e conservate in vasi speciali, creati per questo particolare scopo.

Ma avvenne che, al momento della creazione del mondo, la Sephira Gheburah/Din, quella del giudizio più severo, fu talmente potente che riuscì a rompere il suo vaso, distruggendo tutti i mondi che erano stati creati, e così avvenne la violenta “rottura dei vasi. ”

Si verificò allora, un tale salto di qualità e potenza, che causò la nascita di mondi inferiori: quindi le luci uscirono con violenza, e i pezzi dei vasi si sparpagliarono, lanciando ovunque delle “scintille sante della luce divina” facendo nascere così le forze del male, sebbene la rottura dei vasi fosse avvenuto per eccesso di luce e non per carenza di essa. Le scintille restarono prigioniere e incatenate nei frammenti di quei vasi, come “scorze” lontane dalla loro fonte.

Così la Presenza Divina fu separata dalla Luce originaria, e lasciata a vagare nell’oscurità dell’esilio, e nel mondo del Caos. Tra i re che governavano il Mondo del Caos, vi era il Re di tutte le Klippoth, che sono le forze del male, e che si chiama Bela ben Beor, in cui Bela significa ingoiare, e Beor vuol dire fuoco che brucia. Egli è il Re che ingoia il fuoco che scotta, quindi divora tutto il fuoco non controllato delle scintille di luce: infatti lui e le sue legioni se ne nutrono ancora, usando l’energia che vampirizzano per diffondere discordia e distruttività.

Le Sephiroth che si ruppero furono infatti quelle del cuore e tutte le inferiori ad esse, quindi i centri governatori dell’affetto e del sentimento: è questo il motivo per cui l’uomo prova sempre i maggiori patimenti nel campo delle emozioni e dell’amore: furono solo le Sephiroth dell’intelletto che fecero in tempo a sfuggire alla violenta frantumazione, e che riuscirono a scappare prima che tutto scoppiasse.

In questo mito vi è la metafora che, se l’intelletto scappa, certamente salva se stesso, ma lascia indietro sia il corpo che il sentimento, come pure abbandona al loro destino tutti gli esseri più indifesi. C’è sempre chi fugge in tempo e chi, invece, non riesce a scappare perché non ne ha le forze: chi fugge non salva la creazione.

I cabalisti credono che, dopo la caduta di Adamo, tutti gli uomini sono chiamati alla rettificazione di questa frantumazione. Secondo la legge dell’entropia, un essere tende a restare chiuso in se stesso per matenere integro il suo equilibrio, ma restare chiusi all’infinito non è possibile, quindi sono improprie tutte quelle azioni che si compiono al solo fine di salvare solo noi stessi e la nostra anima, perché così non riusciamo a sfuggire all’azione del primo dei mondi creati: il Mondo del Caos.

Il primo universo era il Mondo del Caos che nasce prima del Mondo della Rettificazione, perché nessuna rettificazione avrebbe senso se non ci fosse stata una precedente caotica frantumazione. In questo mondo esistevano già le forze divine e le generazioni di esseri umani, ed esisteva anche la materia, solo che non esistevano i Partzufim, cioè delle Espressioni o ruoli che Dio assume nel rivelarsi alle sue creature.

I Partzufim sono dei modi per connettere le opposte Sephiroth tra di loro, in modo che l’eccesso di una possa essere assorbito dall’altra del lato opposto, mantenendo inalterato l’equilibrio dell’albero sephirotico.

Nel Mondo del Caos non vi era perciò un tale equilibrio, e i vari elementi non erano in comunicazione tra loro, le pareti e le strutture di questa realtà erano troppo rigide, per cui avveniva che i serbatoi energetici delle Sephiroth fossero troppo pieni, oppure che si svuotassero in modo eccessivo. Se ci riflettiamo vediamo che così avviene anche nel corpo e nella vita dell’uomo, perché il microcosmo riflette sempre la realtà macrocosmica superiore.

Il destino di questo sistema squilibrato era quello di implodere o esplodere: implodere per mancanza di energie vitali, oppure esplodere per un loro eccesso, così come infatti avvenne. Questo passo ci dovrebbe far riflettere sulla fondamentale importanza, per la vita umana, della presenza di connessioni, di collegamenti e di comunicazioni: questo ci dovrebbe insegnare molto sul potere negativo della Legge dell’Entropia o del disordine, e sulla forza squilibrante della disgregazione.

Il Mondo del Caos è Malkhut Edom, cioè il Regno del Rosso, e la Cabala simboleggia nel rosso il governo delle forze del lato sinistro, quelle della severità e del giudizio, perciò tutti i regni creati con questo colore, che erano i mondi che venivano ciclicamente distrutti, erano basati solo sulla valutazione del singolo merito o demerito. In questi regni se c’erano dei meriti si veniva salvati, altrimenti si era condannati a pagare tutto il debito accumulato con una cosmica deflagrazione.

Nel Mondo del Caos vi era anche del bene, ma era il bene sterile di coloro che agiscono solo per tornaconto personale: questo bene non produceva alcun frutto, e perciò non sfuggiva all’entropia di quella dimensione, per cui avveniva che i debiti si accumulavano eternamente, perché l’interesse passivo era talmente alto che nessuno poteva saldare i suoi conti. Arrivati ad un certo punto, il Giudice Universale si trovava davanti ad un mondo talmente oberato dal male che era costretto a lasciarlo, e così quel mondo privato di Dio arrivava al collasso finale.

L’anima che sfugge per salvare solo se stessa non ottiene alcuna salvezza, anche se sfugge al disastro cosmico non potrà rescindere in alcun modo la catena che la tiene collegata a tutti gli altri esseri. E’ la materia che va salvata e rettificata, insegna la Cabala, non l’anima che è già divina, e il mondo che va salvato è quello in cui anche le pietre, anche gli insetti e tutti gli atomi dovranno avere la salvezza, perché in tutti vi è un frammento divino. E' il Messia che verrà a rettificare l’intera creazione, affermano i cabalisti, e che ricostruirà il Tempio di Gerusalemme.

E che il tempio sia il simbolo del corpo dell’uomo non vi è alcun dubbio, perché Dio creò Adamo insuflando nelle narici il Soffio Divino: Adamo è il vaso di Dio e il Tempio in cui egli risiede. Ma ancor più dice la Cabala, quando afferma che il segreto del Tempio è quello di dimostrare che anche nell’elemento fisico, nelle pietre, nei pezzi di legno e nel ramo di vite, negli oggetti e nel pelo degli animali, così come in ogni briciola della materia noi contempliamo il volto di Dio; perchè il mondo è il mantello di Dio.

Una dottrina spirituale che insegna a salvare la sola anima individuale, assomiglia perciò alla rottura dei vasi con la fuga delle Sephiroth che saltarono verso l’alto e abbandonarono al loro destino i vasi inferiori, che furono vittime della tragedia colossale, conoscendo una pena che dura ancor oggi. Ma per la vera alchimia dell’amore, afferma la Cabala, non è questo ciò che il Padre Divino vuole per le sue creature, non è questo il Disegno divino per la sua creazione.

E’ dalla rettificazione di tutti che conseguirà la completa rettificazione dell’universo, perciò i maestri del cabalismo hassidico dicono: “Ogni uomo è stato creato per riparare una cosa del mondo. Il mondo ha dunque bisogno di lui come lui ha bisogno del mondo.” Quindi se chiediamo ad un cabalista perché Dio abbia creato il mondo, egli risponderà: “Perché soltanto l’amore ha bisogno di un compagno diverso da te, e che tuttavia è simile a te nell’essere.”

Quindi è facile giungere alla conclusione che, poiché Dio ha creato il mondo per amore, e l’amore dischiude tutto il senso ultimo della realtà, la vera identità si ritrova solo nel rapporto con gli altri esseri umani, e il rapporto con Dio si attua tramite i rapporti con i nostri simili. Nel hassidismo si dice che la Grazia Divina, quando si accorse che l’uomo era caduto nella Ghenna del peccato, scese dal cielo, e accettò di arrivare fino al luogo più profondo degli inferi per liberare coloro che vi erano rinchiusi.

Condotto dal suo amore per loro Egli riuscì a ritrovarli, a ripulirli dallo spesso strato di rifiuti che li ricopriva, fino a far risplendere le “scintille sante” che giacevano sepolte ed offuscate dalla polvere: Egli riuscì così a liberarle e riportarle a Dio, perché “nessuno deve essere respinto.”

Per questo gli hassidim, nel loro “servizio a Dio” tengono molto in conto il principio che afferma: “Ogni uomo deve pensare: è per me, in mio onore che il mondo è stato creato” e, quindi vivono e approfondiscono questo insegnamento, e sono conosciuti come i Maestri del Servizio Divino.

Buona erranza
Sharatan


martedì 8 dicembre 2009

Osservare l’Ordine di Concatenazione


Uno dei concetti più importanti della Cabala riguarda la comprensione degli ordini in cui i vari livelli della Creazione sono apparsi all’esistenza, detto Seder Ha Hishtalshelut. Seder significa ordine o modo con cui le cose vengono ordinate e messe in relazione a livello logico, mentre Hishtalshelut è un termine cabalistico che significa apprendere, terminare, completare, ad indicare tutta la serie di processi attraverso i quali i mondi della realtà sono stati appesi uno all’altro nella discesa sempre più bassa fino alla loro completezza.

Il termine Shelem significa completo, da cui deriva la parola Shalom che significa pace, che deriva da Shalah che significa essere calmo, tranquillo, vagare, tirare fuori. Perciò il Seder Ha Hishtalshelut è il luogo dove la coscienza può vagare attratta dalla grande varietà di mondi e di esperienze, pur restando nella più totale calma e tranquillità, e sentendosi sempre intimamente connessa con la sua radice cosmica, cioè Dio stesso. Quindi il termine si potrebbe definire come la contemplazione dell’Ordine di Concatenazione degli universi.

I vari livelli dell’esistenza sono come il concatenarsi degli anelli di una catena verticale che scende dall’alto, anelli che sono pur tuttavia saldamente intrecciati uno all’altro, e che sono non mai separabili perché, pur discendendo nel buio della materia, per i cabalisti, non si spezza mai il filo che ci lega alla nostra Radice divina. Dallo studio dell’Ordine di Concatenazione si procede per avere la piena comprensione di ogni processo creativo ed evolutivo a livello cabalistico.

Nelle dinamiche dell’essere vi è il livello in cui Dio è Ein-Soph (Senza Fine) che è il nome che viene attribuito al Dio nascosto ed infinito, senza qualità e senza attributi che lo possano delimitare. Sul Dio che non si presta ad alcuna definizione, dice lo Zohar: ”Egli afferra tutto e non c’è chi afferri Lui. Egli non si chiama col nome JHWH e con gli altri nomi, se non quando la sua luce si diffonde su di loro; mentre quando si allontana da loro, egli, a se stante, non ha alcun nome. E’ profondo, profondissimo, chi lo può trovare?”

In questo livello vi è il Volere che precede il Pensiero, da cui procederà poi una contrazione dell’energia che si concretizzerà nella fase del Mondo della linea o della Restrizione. Nella fase in cui avviene la contrazione dello Tzimtzum, l’essere si trova ancora al livello di unità che si concentra, e che si prepara a differenziarsi, perciò è detto il periodo del “grande nascondimento” o di incubazione di tutte le potenzialità.

A livello logico possiamo vederlo come un momento di riflessione, in cui tutti i pensieri vengono esaminati in maniera generale e potenziale, facendo la valutazione sulla migliore modalità di riuscita e di manifestazione: analogamente l’Infinito riflette sul modo migliore per la sua manifestazione.

Alla fine emerge il terzo livello, che è quello delle realtà delle Sephiroth, in cui abbiamo l’Adam Kadmon, ossia il livello dell’Uomo primordiale, in cui dalla potenzialità si è passati all’atto vero e proprio. Questi tre livelli di pensiero sono quelli che vengono attribuiti alla consapevolezza di Colui che crea: queste sono le dinamiche dello Pensiero Creatore divino, che costituiscono i Mondi dell’Infinito.

La forza di manifestazione della Potenza Divina avviene tramite l’Emanazione o Atziluth, con cui si intende la discesa di ciò che è in totale unità con lo Spirito Divino, e che questi riversa verso l’esterno: nelle Emanazioni sono contenute tutte le radici dei possibili mondi inferiori, che sono i Mondi della separazione.

Lo Tzimtzum o fase di contrazione, che è uno dei concetti più importanti della Cabala, costituisce anche uno dei capitoli degli studi esoterico-spirituali in cui viene ipotizzata una spiegazione misterica che è molto assonante alla teoria del Big bang, che la fisica moderna ha ipotizzato come la modalità di creazione dell’universo reale che noi conosciamo.

Dallo Tzimtzum nasce il tempo e lo spazio, ed esso costituisce il quarto livello di manifestazione, che viene collegato alla lettera Daleth, che significa povertà, e che non è un nome affatto casuale, perchè il Creatore si deve privare e limitare della sua onnipotenza, cioè si deve spogliare del suo splendore divino. Di questo fulgore Egli deve velare la potenza, perciò lo nasconde per un certo periodo di tempo: perciò si dice che nella Luce infinita sono tutte le future radici di potenziali realtà, ma esse sono giacenti in uno stato di beato annullamento indifferenziato, ancora privo di ogni qualificazione individuale.

La porta, altro significato di Daleth, è questo spazio vuoto ma ribollente di infinite potenzialità da cui il Creatore offre l’accesso alle sue creature, affinchè avvenga la loro manifestazione: esso è lo spazio vuoto che rende possibile la Casa della Creazione o Casa della Beatitudine assoluta. Lo spazio dello Tzimtzum viene creato nel Grembo del Creatore, che è una Sephira femminile, proprio al centro della Luce Infinita.

Il primo Tzimtzum non è quello essenziale perché ci furono molti atti di contrazione infatti, con la discesa dei mondi, tutti essi vengono originati da vere barriere che nascondono e restringono lo splendore dei mondi superiori, nascondendoli a quelli inferiori. L’aspetto negativo delle Parsaot o barriere, è costituito dal fatto che esse rendono molto difficile l’ascesa della consapevolezza dai livelli inferiori a quelli superiori.

All’interno degli spazi vuoti che vengono creati, il Creatore fa scendere una linea di luce che parte dalla Luce infinita, e che va a riempire la Cavità, così da avere un raggio che traccia una demarcazione che parte dalla divinità Emanante e giunge fino all’Emanazione. La forza si contrae per rimanere in una cavità molto ristretta, così da rendere possibile la discesa della Potenza Divina nelle 10 Sephiroth.

I vasi in cui la Potenza Creatrice puramente spirituale viene riversata, sono Sephiroth, perché risplendono come zaffiri, in cui palpita il movimento che Dio ha dato alla sua opera, poichè le azioni divine si dispongono in una scala che va dall’immateriale al materiale. Dall’Uno scendono le 10 parole con cui fu creato l’Universo, affinchè l’uomo fatto di “carne e di sangue” potesse ricevere la sua Luce e il suo splendore che, però è uno splendore troppo accecante, perciò ne va attuata una limitazione; facendo questo si crea così la “linea di misurazione” per cui lo spazio si assegna alle dieci parti delle 10 Sephiroth.

L’unione della Luce e dei recipienti, porta alla prima figura completa di Espressione o Partzuf, cioè l’Adam Kadmon, il prototipo di ogni futura creazione. In Adam Kadmon vi è l’ordine della concatenazione dei mondi, dei livelli dell’anima divina e delle Sephiroth. In lui vi è il livello logico del Volere che è molto più che l’intenzione di Essere, ma che è la sorgente dei voleri individuali da cui scaturiranno le future azioni: egli è il sommo Volere Divino.

Ancor prima di creare i 4 elementi (aria, fuoco, acqua, terra), perciò Dio creò un Quinto Elemento che costituisce la Quintessenza dell’alchimia occidentale, la cui conoscenza diviene essenziale in tutti i processi di trasformazione che l’alchimista contempla. L’Adam Kadmon è il macrocosmo di cui l’Adam è il microcosmo inferiore, che la Cabala ci aiuta a penetrare nelle assonanze e nelle corrispondenze sapienziali.

In Adam Kadmon vi sono contenitori delicati, in cui la Luce è ancora troppo intensa per essere contemplata, per cui è necessaria una ulteriore contrazione che avviene tramite l'Adam Kadmon, da cui vengono emanati i mondi inferiori, tramite l’emissione di 7 vapori dalle 7 cavità dell'Adamo Divino: occhi, orecchie, narici e bocca.

E' tramite questi vapori, che vengono create le galassie, e le stelle del mondo fisico ma anche la vita spirituale, perché l’aria e il respiro sono i veicoli di vita, che producono i vapori in cui si producono le masse di energia, che sono dette le fiamme di entusiasmo e di motivazione alla vita.

In Adam Kadmon avviene l'equilibrio dell’albero sefirotico sul pilastro centrale dell’unificazione, in cui si conciliano le tendenze dei pilastri laterali, cioè quello dell’unione e quello della divisione. E' da Adam Kadmon, il primo universo, che proverrà Adam ha-Rishon, il primo uomo creato, raffigurante la Sephirath Tifereth, cioè il centro dell’Albero della Vita, che è il luogo più armonico dell’intero Universo.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 3 dicembre 2009

Nell’anima vi è la voce della sua radice


Secondo Gershom Scholem, gli inizi della Cabala affondano le loro radici nelle tradizioni gnostiche, e perciò la Cabala più antica ha profonde connessioni con l’eredità di quel pensiero; sicuramente non è solo un contatto storico o filosofico, ma è invece un’eredità psicologica e strutturale ancor più profonda. Nello Zohar e nelle concezioni di Isaac Luria, l’elemento gnostico riesce ad essere molto ben apprezzabile.

Lo gnosticismo, che nasce nel cuore profondo del popolo ebraico, costituiva una piena rivolta all’ostilità ebrea per il mito, che invece, nello gnostico, era la passione prorompente per delle concezioni filosofiche intense e profonde, e per le teosofie cosmiche più ardite: i simboli gnostici diventano nello Zohar e negli scritti di Luria, la più profonda espressione di fede e di amore per il Divino.

Il mondo del rigido monoteismo ebraico, quello che seguiva la Legge come ferma determinazione, quello che vedeva la salvezza solo nella fede cieca, quello che aveva creato delle solide fondamenta, quello delle sicure ricette e delle infallibili pratiche formali, quello che si era affrancato dall’anarchia del mito, aveva prevalso e vinto nella mentalità abituale ebraica.

Lo gnosticismo irrompe e insorge per ribellarsi all’omicidio degli elementi mitici, perciò i cabalisti vivono e agiscono ribellandosi ad un mondo che la loro coscienza non sentiva, in favore di un altro progetto che non si stancavano di affermare. Lo gnosticismo rappresenta il matrimonio mistico tra il mito e la religione, nell’animo profondo e misticamente religioso del popolo ebraico: chiaramente questa strana unione portò a profonde ambiguità e lacerazioni.

Siccome la rigida affermazione della Legge aveva portato alla frantumazione dello sguardo mistico del popolo ebraico, dell’ebreo che discendeva dall’arameo errante, proveniente con il suo gregge da Ur del Caldei, ora e qui vediamo consumata la vendetta del vecchio pastore errante, la riscossa dell’antico pastore nomade che meditava nel deserto. Questi sentimenti mitici gnostico-cabalistici, riescono a portare consolazione all’animo popolare, alla componente sentimentale, alla parte più indifesa dell’uomo semplice, e a tutti coloro che hanno paura sia della vita che della morte.

A queste sensazioni di smarrimento umano non aveva mai fornito una risposta la filosofia ebraica, che aveva voluto separarsi da questi strati più semplici e quasi primitivi della vita umana, piuttosto guardando con distacco e fastidio alle loro problematiche esistenziali. Nulla è più lontano dal disprezzo per questi timori, nell’atteggiamento gnostico e cabalistico, che insorge a consolare con la certezza del riscatto, con il balsamo della reintegrazione dell’uomo alla sua Divinità. Nulla è più lontano dal disprezzo per coloro che vogliono lenire le sofferenze della diaspora, e le umiliazioni del popolo ebraico.

Se vogliamo convincerne, sia sufficiente guardare alla sensibilità raffinata con cui tali mentalità affrontarono il problema del male umano, e della sofferenza dell’uomo per la presenza demoniaca nella vita umana. Il senso per la realtà del male e per l’orrore dell’elemento luciferino, che i cabalisti affrontarono, viene quindi a coniugarsi con l’affine paura dell’animo popolare, creando un'allenza solida e duratura.

Allora, se ci chiediamo come mai, un cerchio aristocratico di mistici, potesse avere un’influenza così elevata sull’animo popolare, queste valutazioni renderanno la contraddizione molto meno aspra. Avvenne però che delle parole sublimi trovassero un’espressione sensibile, e quindi materiale, e nella loro materialità si trasformassero in elementi volgari e grossolani, per divenire anche sciocca superstizione.

Uno dei più famosi degli antichi cabalisti, e tra i primi in Provenza e in Spagna vissuto intorno al 1200, Moshè ben Nahman, afferma che la Torah fu scritta originariamente con fuoco nero su fuoco bianco, alludendo alla Torah scritta (nera) che si sovrapponeva a quella che si comunica tramite il contatto personale ed in forma orale (bianca).

La Torah scritta era il simbolo della sfera donativa, maschile, della divinità che è Tifereth, mentre la Torah orale era simbolo della sfera ricettiva, femminile, che è Shekhinah: la totalità della Torah è in questa unione, perchè il cuore rappresenta la Torah scritta, e la bocca rappresenta la Torah orale. La Torah venne scritta tutta di seguito, e senza suddivisioni di parole, perché fosse letta su due livelli e con i due colori, egualmente veri, ossia come una serie di nomi divini, ma anche come storie e comandamenti pratici.

Perciò nella Torah, ogni singola parola conta, e il valore del testo scritto ha un significato sacro. Questo viene narrato già nel 2. sec. d.C., da Rabbi Meir, il quale riferendo una raccomandazione del suo maestro Rabbi Ismael, in merito alla precisione della copiatura dei testi a cui Meir era affaccendato, gli disse: “Figlio mio, sii cauto nel tuo lavoro, poiché è un lavoro divino; se soltanto ometti una lettera o scrivi una lettera di troppo, distruggi il mondo intero.”

Se il senso letterale della Torah è oscuro, il senso cabalistico del mistero è Zohar, puro splendore, che trapela da ogni sillaba della sua Scrittura. Così il senso oscuro della Torah è dato dai suoi misteri che vengono completamente rivelati dallo Zohar, che ne rivela il più profondo significato spirituale e sapienziale. Lo Zohar ci ammonisce a non vedere la Torah in senso letterale, come un testo di semplici racconti, e di cronache storiche e quotidiane: questi racconti sono solo abiti esteriori che ricoprono il loro vero significato, come gli abiti che ricoprono il corpo degli uomini.

Questi abiti non rivestono che un corpo terreno, al punto che i folli vedono un abito bello o brutto e non vedono oltre, non sanno vedere cosa c’è sotto il vestito e oltre il corpo, cioè nell’anima. Coloro che sono veramente saggi, dice lo Zohar, non guardano corpi e vestiti, essi guardano l’anima e forse, un giorno, potranno vederla interamente. La Torah si riveste esteriormente di storie, come un buon vino che viene versato in una brocca, ma sarà sempre necessario penetrare fino al mistero che si cela sotto l’involucro esteriore per andare all’Essenza Divina.

Secondo una concezione antica della tradizione rabbinica, coloro che fuggirono dall’Egitto erano in 600.000. Secondo le leggi della trasmigrazione dell’anima e della distribuzione delle scintille, in cui l’anima si scinde in ogni generazione, nel mondo ci sono sempre queste 600.000 anime fondamentali: sono le anime di coloro che erano presenti al momento in cui Mosè scese dal monte portando con sè le Tavole della Legge.

Di conseguenza, queste anime che hanno fatto il patto, lo continuano ad onorare, quindi posseggono ognuna di loro una maniera particolare di interpretare il senso vero delle Sacre Scritture. Ogni singola anima possiede la sua via particolare per comprendere la Torah, dice Mosè Cordovero di Safer, ogni singola anima ha nella Torah un settore che è solo suo, e che non è di nessun altro. Quindi nessun altro, se non quell’anima che viene da lì, possiede il permesso di intenderla in quella maniera intima e particolare, che perciò è riservata solo a lui. A lui solo.

Collegandosi allo Zohar, i cabalisti di Safer giunsero ad affermare che la Torah, nella forma visibile contiene solo 340.000 lettere ma, in qualche misteriosa maniera, ne riesce a contenere 600.000 nella Torah mistica. Così ogni individuo possiede una lettera che è legata ad un’anima, quella che leggerebbe la Torah in modo particolare perché, in realtà, in quell’anima vi è la voce della sua radice: per questo la sua interpretazione è inappuntabile!

Uno dei maggiori cabalisti italiani, Menahem Azariah di Fano, vissuto intorno al 1600, nel suo trattato sull’anima, dice che la prima scrittura della Torah, incisa sulle tavole che poi si spezzarono, conteneva proprio 600.000 lettere, e che poi nelle seconde tavole comparisse molto ridotta. Ma poi, per una complessa operazione di ricombinazione delle lettere, pur sempre la Torah arriva a contenere le 600.000 parole primitive, che costituiscono il suo corpo mistico. Dice lo Zohar: “C’è una Torah di cui non si può dire che sia creazione, ma è la sua emanazione.”

Dio e la Torah sono la stessa cosa perché Dio divenne manifestazione e Legge nell’atto della Creazione, quando Egli rinunciò alla sua segretezza, e si fece conoscere creando mondi e universi. Secondo Hayim Joseph David Azulah, questi universi sono in continua creazione perché, se l’uomo pronuncia le parole della Torah, genera continuamente potenze spirituali, perciò nuove luci e nuove combinazioni nascono con quotidiane ricombinazioni di elementi e di lettere. Dice lo Zohar:

“La sacra Torah originariamente fu creata solo nella forma di una confusa mescolanza di lettere. Vale a dire che tutte le lettere della Torah […] allora non erano ancora combinate tra loro così da formare le parole che vi leggiamo ora […] e solo quando si verificava, nel mondo, qualche determinato evento, le lettere si associavano in modo da comporre quelle parole che descrivono tale evento. […] Se invece si fosse verificato un altro evento, sarebbero nate altre combinazioni di lettere, poiché la sacra Torah è l’infinita saggezza di Dio.”

Secondo il Rabbi Eliyahu Kohen Ittamari di Smirne, nato nel 1729, vi è una teoria ancor più ardita, e cioè la concezione che la Torah originaria esisteva al cospetto di Dio, cioè prima che fosse condotta alle sfere inferiori, in una forma non articolata. Davanti all’Eterno vi erano una serie di lettere che non erano composte in parole, come le leggiamo adesso, ma la composizione avrebbe dovuto avvenire a seconda di come si sarebbero comportati i mondi inferiori.

A causa del peccato di Adamo avvenne un certo tipo di scrittura, e si formarono le parole che parlavano di morte, di malattia e di dolore ma, senza quel peccato, le stesse lettere non avrebbero composto quelle parole, ma avrebbero composto storie molto diverse.

Perciò l’assenza delle pause e delle punteggiature della Torah originale, deve rammentarci che sarà solo con l’avvento del Messia, che si avrà la definitiva cancellazione della morte, della malattia e del dolore, cioè di tutte le infelicità che opprimono l’essere umano. Così avverrà l’ultima ricombinazione, in cui sarà lo stesso Dio che ci insegnerà a leggerle, che ci insegnerà a separarle, a conteggiarle e infine, a ricombinarle tutte nell'unica Torah.

Buona erranza
Sharatan

martedì 1 dicembre 2009

Comprendere il linguaggio dei rami


E’ scritto nello Zohar, Libro dello Splendore, che esso non fu scritto per la sua generazione ma per coloro che sarebbero giunti 2.000 anni dopo, quando ci sarebbe stata una sempre crescente disseminazione della conoscenza occulta. I cabalisti moderni dicono che questo è dovuto al fatto che la nostra generazione ha subito così tanti sconvolgimenti che necessita di un filo che la riconduca alla Divinità: secondo i calcoli del Gaon di Vilna, il grande cabalista vissuto nel 18. secolo, la data indicata è posteriore al 1990.

Quindi gli insegnamenti cabalistici sono considerati essenziali per l’uomo moderno, ma affinchè tutta l’umanità possa essere elevata e possa raggiungere il mondo spirituale, è necessario un filo che ci riporti al nostro Creatore, e una scala che elevi il nostro livello di comprensione. Secondo il Rav Yehuda Leib HaLevi Ashlag (1884-1954) conosciuto come Baal HaSulam “Il Padrone della Scala” autore del commento “HaSulam” (la Scala) dedicato allo Zohar, la sua opera avrebbe dovuto avere proprio quella funzione. Disse che l’uomo ha una soffitta che è piena di ricchezze, per cui lui avrebbe fornito la scala adatta per accedere a tutto il bene del mondo che era nascosto in quella soffitta.

Secondo i cabalisti la nostra generazione è iniziata all’inizio del 16. secolo ed ora giunge alla maturazione. Più a lungo aspetteremo a compiere l’ascesi spirituale e maggiore sarà il dolore che dovremo affrontare, perché il mondo spirituale sta spingendo per emergere e la sua pressione pesa enormemente su tutti noi. Dobbiamo velocemente realizzare quel regno che è nascosto dentro noi stessi, perciò il miglior momento per lo studio della Cabala è proprio il momento presente.

Nei libri sacri vi era un sigillo che li sigillava fino a quando fosse giunto il momento adatto, oggi il momento è giunto ed è necessario che le dottrine cabalistiche siano ampiamente diffuse. Oggi abbiamo il permesso di impegnarci per diffonderle, perciò per coloro che sanno non è possibile essere negligenti a questo dovere. E’ il momento, dicono i cabalisti, perchè i germogli sono comparsi sulla terra, e i germogli simboleggiano l’inizio del cammino spirituale umano che ormai è avviato.

Oggi l’acqua può permeare la “terra” che rappresenta il desiderio della creatura per il suo Creatore: oggi dobbiamo sapere che “essere uomini” in senso cabalistico, significa essere simili al nostro Creatore, e godere di eternità e di completezza. Quindi lo stato spirituale più elevato è quello in cui vengono corretti tutti i nostri desideri, perché così avremo accesso ad una vita spirituale completa, che è uno stato meraviglioso in cui godere la vita, e questo è il mondo dell’avvenire.

L’uomo, invece, percepisce meglio il gusto amaro e il guscio duro del seme che deve giungere a maturazione e, offuscato dalla sua cecità spirituale, non riesce a prevedere il frutto dolce che verrà realizzato. Di regola, l’uomo riesce a vedere meglio gli stadi evolutivi intermedi, piuttosto che la completezza del risultato finale. Ma solo chi conosce il risultato finale sarà in grado di tollerare l’imperfezione e la forma sgradevole dell’oggetto che sarà perfetto nella piena maturità.

Nel suo operato nei nostri confronti, il Creatore è guidato solo dal principio del “bene assoluto” senza alcuna traccia di malvagità, perciò lo scopo del suo perfetto disegno è solo quello di farci conseguire perfezione per ricevere tutta la bontà per cui siamo stati creati. Lo scopo di ogni sviluppo spirituale, è quello di aiutare il riconoscimento del male, e di insegnare a discernere il bene e il male che si nascondono in noi per cancellare tutte le nostre imperfezioni. Osservando le leggi spirituali, l’uomo può rettificarsi, discriminando maggiormente il male e così potenziare la sua volontà di combatterlo.

L’uomo compie il male verso gli altri per trovare sollievo a qualcosa che gli manca e di cui ha bisogno: questa sensazione di carenza è la causa del male del mondo, mentre in Dio non esiste questa “volontà di acquisire” perchè Egli è benevolo e perfetto. La sorgente del male è nel nostro egoismo, è nella nostra volontà di dominare gli altri con la prevaricazione, è la volontà di asservire e di manipolare noi stessi e i nostri simili. Se vogliamo sfuggire al dolore dobbiamo fare un duro lavoro su questi aspetti del nostro carattere, e raffinare la nostra natura per arrivare all’adesione con il Creatore.

Se trascenderemo l’egoismo e i desideri fisici, insegna la Cabala, fuggiremo al dolore ma anche al tempo e lo spazio, e vivremo la nostra vita in modo più equilibrato e felice, perciò due vie ci vengono preparate per giungere questa meta:
- la via della sofferenza qualora sfuggiamo dal disegno divino, perché non riusciamo a concepirlo per cui non vedendo il traguardo, siamo costretti a scappare continuamente per sfuggire al dolore. Questo è un percorso di evoluzione inconscia.
- La via della consapevolezza che è l’indolore e veloce, ed è la via dello sviluppo spirituale che è raggiungibile facilmente tramite lo studio cabalistico. Essa ci offre la visione della meta a cui perverremo, spronandoci con la visione del godimento finale.

La mistica ebraica afferma che la Torah è lo spartito su cui il Creatore trasse l’armonia del cosmo intero, perché Dio infuse vita all’intero creato attraverso la contemplazione della Scrittura. All’inizio dell’universo esisteva un enorme silenzio in cui irruppe la Parola che è la compilazione della materia tramite la scrittura: l’universo nasce dallo sguardo divino che si posa sul Libro che comprende ogni mondo e ogni azione. Dice lo Zohar che il Santo guardò le parole della Torah e realizzò il mondo, perciò la Legge è come una folgore che trapassa il velo dell’Inconoscibile affinchè sia manifestato.

Le forze spirituali universali vengono descritte come l’interconnessione di due sistemi di cui uno emanato dall’alto e proveniente dal Creatore, e l’altro che proviene dalla creazione e che, quindi, si eleva verso l’alto. I due sistemi funzionano come un meccanismo che è stato determinato dal mondo superiore ma che funziona identicamente, riflettendosi nel mondo inferiore. Questo meccanismo si descrive con il motto: Come in alto così in basso e come in basso così in alto.

Tutto l’universo è permeato di materia e forma, ma l’uomo non è in grado di percepirne l’intima connessione e unità perciò, quello che la mente crede reale, non è altro che un aspetto parziale dell’essere, per questo il mondo che ci circonda viene detto il Mondo delle illusioni. Quando il cabalista si eleva al livello spirituale dell’oggetto che studia, egli ne acquisisce le qualità, perciò ne domina il discernimento totale così da poter agire sulle varie forme di materia, modificandole prima che esse si manifestino nella materia reale. Esso attua questa manipolazione energetica, lavorando su di esse come se osservasse delle illusioni sensoriali dall’esterno, senza farsene condizionare.

Questo potere sugli oggetti e sulle azioni si ottiene usando una forza spirituale, oppure tramite l’attivazione delle forze di un mondo, oppure con l’energia di una Sefirà, come fossero simulacri che sono denominati con lo stesso nome dell’oggetto terreno che essi rappresentano: ciò avviene in virtù della legge dell’assonanza o simpatia tra mondo materiale e mondo spirituale. Perciò il cabalista che conosce le leggi della corrispondenza tra le forze spirituali e gli oggetti materiali può assegnare dei nomi agli oggetti spirituali, ma ciò avviene a livello di evoluzione spirituale avanzatissima.

Secondo la Cabala, l’uomo dovrebbe arrivare prima di tutto alla radice spirituale dell’oggetto, perché in essa è contenuta tutta la sua natura e tutte le sue caratteristiche. La conoscenza formale delle cose è insufficiente a penetrarne la reale essenza, per questo il nome dell’oggetto materiale non consente di padroneggiarla opportunamente. E’ il “linguaggio dei rami” che accede alla profonda essenza spirituale delle cose, e che permette di ottenere la conoscenza delle connessione tra spirito e materia. Solo quando l’uomo saprà comprendere e parlare il "linguaggio dei rami", egli sarà in grado di vedere le connessioni tra le due realtà (materiale e spirituale), che oggi appaiono invece come distanti e scollegate.

E’ attraverso il grande desiderio per la spiritualità che l’uomo conosce una giusta via mediana per acquisire il significato e conseguire l’accesso ai mondi superiori. Lo scopo della creazione è quello di portare gioia e piacere agli esseri creati, e di aumentarne il desiderio, così che la capacità di godere dell’anima o vaso spirituale, è sempre proporzionata all’intensità del desiderio stesso. La materia nelle sue manifestazioni di vita, non è altro che una diversa sfumatura e una diversa misura di questo desiderio, perchè la Luce che emana dal Creatore è sempre proporzionata al desiderio della sua Creatura.

In origine vi era l'eguaglianza tra il desiderio di ricevere e il desiderio di dare piacere, perciò tale desiderio riceveva sempre una piena e totale soddisfazione. Alla diminuzione del piacere di ricevere, è andata diminuendo anche la quantità di Luce che aveva riempito il vaso, così come il vaso stesso, così che esso si contrasse fino a ritirarsi dal suo Creatore. La discesa è giunta fino al livello più basso, dove il desiderio di ricevere si è materializzato nel mondo materiale e nel corpo fisico, perciò esso è sceso in “questo mondo” così come viene percepito da coloro che abitano il corpo.

Nella materializzazione il vaso superò l'evoluzione attraverso le 10 sefirot che corrispondono a 10 diversi livelli di evoluzione e di manifestazione, perchè le sefirot sono dei filtri inibitori che ci proteggono dal potente Splendore di Dio che si riversa nella sua creatura: sono i filtri che ci permettono di percepire e sopportare la Potenza di Dio. La limitata quantità di Luce divina che l‘uomo percepisce viene chiamata piacere e viene concepita come la forza della vita.

Malgrado la capacità di percepire la Luce che riempie il nostro corpo sia ridotta a tal punto che non ne percepiamo più la sorgente, noi dobbiamo purificarci dall’egoismo ed elevarci gradualmente fino a ritornare alla Sorgente divina. Pertanto, salendo a livelli spirituali più elevati, riceveremo sempre maggiori quantità di Luce fino a raggiungere il livello di assoluta Luce e di infinita delizia che è il luogo paradisiaco, l’Eden, che ci è stato destinato fin dalla Creazione.

Quindi ogni anima è circondata dalla luce spirituale, ed è il desiderio di ricevere la conoscenza del ricercatore spirituale, che evocherà su di lui una Forza spirituale superiore che lo proteggerà, lo purificherà e lo eleverà. Nel corso della vita tutti siamo destinati a ricevere questa elevazione spirituale, però gli studi cabalistici possono accellerarne il corso.

Per questo, colui che si dedica alla Cabala pronuncia i nomi delle Sefirot, dei mondi e delle azioni spirituali che sono connesse con la propria anima, affinché esse accorrano a lui e lo aiutino nella risalita. In questo modo l’anima viene sempre più vivificata da maggiori quantità di Luce, viene sempre più elevata e così riceve sempre maggiori energie spirituali e crescente delizia, accellerando maggiormente l'ascesa ai mondi superiori.

Abbiamo detto che Dio guarda attraverso la Torah per manifestarsi nel mondo, e che l’uomo guarda nella Torah per ritrovare le tracce di Dio: questo è il senso del profondo legame che lega il pensiero ebraico alle Sacre Scritture, e questo è il filo che lega il mondo superiore e quello inferiore. Lo stadio dell’esoterismo ebraico è anche una risalita alle radici della cultura ebraica perché nella Torah si ritrovano tutte le radici, cioè l’intimo significato delle cose nascoste, ma nella Torah vi sono anche le chiavi che fanno accedere alle meraviglie della Creazione.

L’insegnamento cabalistico è volutamente oscuro per scoraggiare la mente di colui che si avvicina ai suoi testi, questo affinchè il presuntuoso e lo sprovveduto siano dissuasi dalla dottrina. Molte cose vengono dette e altre solo accennate o lasciate intuire, tra le cose evidenti ve ne sono altre molto meno evidenti, come vi sono cose chiare dietro mascheramento voluti e volontari, perchè “Il segreto del Signore è solo per coloro che lo temono” (Salmo 25,14).

Per capire e per amare la cabala è necessario essere appassionati del linguaggio simbolico, essere disponibili a raccogliere delle ardite sfide intellettuali, avere pazienza, amore per lo studio, molto intuito e molto coraggio. In ricompensa si ottengono gratificazioni intellettuali eccezionali, e tante soddisfazioni pratiche da ricompensare pienamente la fatica che facciamo per comprenderla. Non riesce difficile capire perché su alcune parti di commento alla Torah si venisse accolti solo dopo i 30 anni, su altre parti oltre i 40, mentre l’accesso ai passi più complessi era possibile solo dopo i 50 anni.

Buona erranza
Sharatan