giovedì 30 aprile 2015

Gli influssi dei mondi spirituali



“Avrei gran desiderio di fare una profezia;
e si dice che le profezie operino di per se stesse
il proprio adempimento.”
(John Keats)

Al primo approccio con le opere di Steiner si resta perplessi, sia leggendo gli scritti divulgativi che le moltissime conferenze. Ci spiazza il suo linguaggio ottocentesco che risulta poco attuale per i gusti di un lettore moderno. Ma la maggior difficoltà è la corretta comprensione dei suoi concetti inconsueti. E questa difficoltà è compresa da Steiner stesso che adottava la cautela di fare conferenze diverse a seconda che si rivolgesse a un pubblico che fosse introdotto, o meno, ai “rudimenti” dell’antroposofia. Molte cose si capiscono con difficoltà, non solo perché Steiner rivela ciò che conosceva per mezzo delle sue personali “indagini spirituali” ossia per mezzo delle sue esperienze di veggente.

Egli è pienamente consapevole delle difficoltà insite nel suo ruolo di “risvegliatore della vita spirituale” e afferma che le idee non sono “una somma di comunicazioni” ma che esse devono divenire un’esperienza viva, accompagnata da interiori sconvolgimenti, tensioni e soluzioni.” Questo va tenuto presente soprattutto se affrontiamo la difficile concezione che riguarda gli spiriti delle tenebre di cui fanno parte Lucifero e Arhiman. Premesso che essi sono entità spirituali, teniamo presente che vanno pensati come esseri incorporei, perciò non vanno visti come esseri sulfurei con la coda e gli zoccoli, ma sono potenti forze spirituali. E questo non esclude che possano vivere, o che abbiano già vissuto in terra incarnati in corpi umani.

Steiner dice che, dalla metà del 15° secolo, è iniziato qualcosa che finirà verso il 4° millennio, e questo fatto riguarda la ricerca di un equilibrio diverso. L’uomo dovrà emergere dalla coscienza di gruppo e dovrà ridestarsi alla coscienza individuale: questo è il prossimo passo evolutivo. Per l’uomo moderno è importante sviluppare una maggiore sensibilità per quello che è come individuo, perciò di non lasciar prevalere la forza del gruppo a cui si appartiene. L’uomo deve ricercare l’equilibrio tra due tendenze contrapposte che agiscono nel suo organismo fisico e animico-spirituale.

Attualmente l’uomo non vive nell'equilibrio, dice Steiner, perché è combattuto tra due poli opposti. Il primo polo è Lucifero che spinge a superare se stesso e ad elevarsi oltre il suo capo, perciò istiga a diventare fanatici, fantasiosi, illusi, a riempirsi di stimoli mistici indefiniti, a realizzarsi come panteisti, teisti o simili. Invece l’altro polo, Arhiman, spinge alla freddezza, l’aridità, la pedanteria e la piccineria perché è il polo che attira verso la terra, ossia è il polo del materialismo. Questi due poli estremi vivono all’interno dell’uomo perciò è tra di loro che va ricercato l’equilibrio umano.

Parlando in modo spirituale si può esprimere questo fatto dicendo che l’uomo ha una tendenza al fanatismo e al fantasioso perciò sviluppa la bramosia senza curarsi delle reali condizioni del mondo che lo circonda. L’altro estremo lo si può rappresentare simbolicamente come uno sprofondare troppo eccessivo nella terra, come l'arido intellettualismo. Uno dei due poli è raffigurato come il polo del sangue che si scalda fino a diventare come una febbre, dice Steiner, perciò Lucifero si connette con il sangue. L’altro polo è legato all’ossificazione perché Arhiman è connesso con la pietrificazione dell’uomo e con tutte le forme di sclerosi. Questi sono i poli messi sui due piatti della bilancia di cui l’uomo è fulcro.

Quando Steiner dice che l’uomo deve mantenersi in equilibrio riferisce questo concetto al livello fisico, al livello simbolico, al livello spirituale ma anche alla vita sociale, politica ed economica. La lotta non è solo il conflitto interiore ma è anche una lotta che si svolge nella realtà esterna perciò assume e avrà sempre più valore politico. Riflettiamo su tutte le sfumature che può assumere la lotta tra due poli opposti che vedono gli estremi di febbre o di sclerosi. L’equilibrio tra gli estremi è necessario anche nella vita personale, infatti si deve trovare l'equilibrio tra l'eccesso di freddezza, aridità, pedanteria e quello di fanatismo e di astratta fantasticheria.

Questo può avvenire in molte maniere, e ognuno deve trovare la sua soluzione personale. Valutiamo che la personalità arimanica è pedante, vuota, arida e materialistica, mentre la personalità luciferina vede prevalere il fanatismo, la fantasia che fa superare una giusta misura. L’evoluzione che si è avviata dalla metà del 15° secolo possiede queste caratteristiche perciò la lotta avviene anche nel tempo presente come avvenne in passato. Il rischio che corriamo è quello di cadere in un terzo tipo di abisso.

Il primo abisso che rischiamo è quello del prevalere della menzogna dovuta alla degenerazione della tendenza arimanica, il secondo abisso temuto è quello dell’egoismo prodotto dalla degenerazione di Lucifero. Ma corriamo anche il rischio di sprofondare nel terzo abisso che porta nella malattia fisica e nella degenerazione che darà la morte alla civiltà e alla cultura umana causata dall’influsso degenerativo degli Asura, le forze spirituali collegate al desiderio smodato.

Perché queste entità che vengono evocate dalla potenza dei desideri smodati potranno prevalere qualora la vita economica verrà orientata sempre più sul pensiero economico e sulle idee sociali anglo-americane del liberismo sfrenato. È questo il punto più attuale delle idee di Steiner. Nella penultima conferenza che Steiner dedicò alla funzione degli esseri spirituali delle tenebre e alla “missione di Michele” che tenute nel novembre e nel dicembre del 1919, egli dichiara che, allo scoppio della I guerra mondiale, contribuirono le forze arimaniche.

Steiner disse che era consapevole che le sue idee erano strane per il consueto modo di vedere, ma è un dato di fatto che gli uomini devono iniziare a considerare, perché i tempi sono divenuti maturi per affrontare queste verità! Mentre siamo in un’epoca materialistica, nell'ultimo terzo del 19° secolo è avvenuto un fatto nuovo. In quel momento alcune forze spirituali son giunte a contribuire all’evoluzione umana perciò molti più uomini riescono a comprendere le verità spirituali. E ancora maggiore sarà il numero di chi potrà comprendere questi fatti, perché è accaduto che il mondo spirituale potrà agire molto più profondamente nell’anima degli uomini.

Gli uomini riceveranno dal mondo spirituale maggiori influssi, perché è in gioco il futuro dell’umanità. “Tutto sarà inutile - dice - se la trasformazione non avverrà partendo dalle fondamenta delle anime umane, dal pensiero dei nessi esistenti tra questo mondo e il mondo spirituale.” Se non ci si trasformerà verrà il diluvio morale sull’Europa. Se pochi saranno in possesso di queste idee l’umanità peggiorerà per “comodità di pensiero e di sentimento” soprattutto se ci abbandoneremo alle illusioni, alla confusione del materialismo senza applicare queste idee al contesto sociale, economico e politico.

Il pensiero scientifico e sociale si deve fecondare maggiormente di queste idee e deve applicarle. Dall’anno 1964 entrerà anche in azione l’influenza degli spiriti del terzo periodo perciò potranno avere ancora maggior forza altre potenze spirituali. Entrerà in azione un corso di cose per cui tutte le forze spirituali potranno entrare in azione più velocemente quando gli uomini li chiameranno in loro soccorso. Per questo dobbiamo imparare a pensare, a sentire e volere cose diverse, e dobbiamo imparare a pensare all’inverso anche riguardo alla relazione esistente tra l’uomo e le forze spirituali.

Dobbiamo imparare a cercare e scegliere diversamente le fonti delle nostre ispirazioni. Dobbiamo “imparare a cercare nell’uomo la sorgente da cui si sviluppano le forze mediante le quali questo o quell’essere divino può accostarglisi. Siamo arrivati a questo importante momento dell’evoluzione della Terra - dice - e quel che avviene interiormente va inteso come l’espressione del divenire interiore, comprensibile solo dal punto di vista della concezione scientifico-spirituale.”

Buona erranza
Sharatan

domenica 26 aprile 2015

La duplicità del male



“Lo scopo del male è favorire l’ascesa dell’uomo.”
(Rudolf Steiner)

Hanna Arendt, da corrispondente del New Yorker, osservò il processo contro Adolf Eichmann, il criminale nazista, poi disse che il male è di una banalità assoluta se viene incarnato da persone tanto ignoranti, mediocri, e che rubano le idee degli altri per farsene gloria. Le sembrò incredibile che l’inferno della guerra e lo sterminio di milioni di persone fosse stato compiuto da personaggi così mediocri. Rudolf Steiner invece disse che il male è molto sottile e duplice nella sua manifestazione. Disse che il male è costituito da due forze opposte tra loro che hanno la tendenza a formare un’alleanza. All’interno della sfera terrestre, esistono due entità che cooperano agli avvenimenti del mondo, infatti vi sono le entità spirituali di tipo luciferino e quelle di tipo arimanico.

Queste due forze abitano nella sfera terrestre insieme agli uomini e, se le osserviamo nell’aspetto esteriore, ce le possiamo raffigurare come due forze opposte. Una forza è associata a Lucifero che incarna l’arroganza, la grandiosità e l’auto indulgenza, mentre l’altra forza è associata ad Arhriman ed è avida, manipolatoria, ed essenzialmente sterile. Queste due forze hanno sempre svolto un ruolo primario nell’evoluzione della terra e dell’umanità. All’influsso luciferino dobbiamo la conquista dell’arte mentre ad Arhriman dobbiamo la tecnologia, perciò anche se sembra strano, stanno concorrendo a favorire l’evoluzione della terra e dell’umanità.

Lucifero agisce con l’intenzione di spingere l’uomo a essere ribelle e intollerante al potere, mentre le forze arimaniche sono tese a sottomettere l’umanità usando la forza e la prepotenza. Il nostro mondo ci vede coinvolti in questo gioco di forze, però la triplicità che governa tutto l’universo è mostrata dall’uomo che sta al centro di questa opposizione: l’uomo è il terzo elemento. La vita umana è come una bilancia, dice Steiner, in cui su un piatto sta Arhriman e sull’altro piatto vi è Lucifero, perciò l’uomo diventa il fulcro della bilancia.

L’elemento luciferino è la forza che ci tira verso l’alto, mentre l’elemento arimanico ci spinge in basso: l’uomo ha il compito di mantenersi in equilibrio. Chiaramente l’interesse di queste entità è quello di tenere segreta la loro esistenza per impedire che l’umanità assuma la giusta posizione e possa eliminare la loro influenza. Nell’interpretazione di Steiner la condizione di equilibrio nella lotta tra le due forze è donata dall’impulso del Cristo. Ma c’è ancora ignoranza sul vero ruolo di queste potenze perciò si tendono a confondere le due potenze. L’uomo sarà sempre squilibrato se non comprende la duplicità del male.

L’uomo può conoscere le sue prerogative divine soltanto se affronta in maniera giusta come diventa operante l’equilibrio tra i due elementi. L’universo possiede una struttura trinitaria perciò è falso credere al conflitto continuo tra bene e male. Nell'uomo si è sviluppato un illusorio dualismo che crede nella lotta tra il cielo e la terra. Si crede nella dualità e si crea l’equivoco in cui una parte viene attribuita al presunto bene e l’altra parte al presunto male. Ma cosa è avvenuto in seguito all'equivoco?

È accaduto che il vero elemento divino è fuggito dalla nostra coscienza, perché si sono attribuite le prerogative divine all’elemento luciferino. E quelle di Lucifero sono state attribuite ad Arhriman, perciò mentre avveniva la lotta tra Lucifero e Arhriman, al regno di Lucifero venneno attribuite le qualità divine. Nella coscienza umana si è diffuso l’errore della dualità male/bene mentre svaniva la verità della triplicità. Si cominciò a credere al paradiso contrapposto all’inferno e venne rinnegata la struttura trinaria di corpo, anima e spirito, e si affermò una struttura binaria di corpo e anima.

Nel concilio di Costatinopoli del 869 s'impose il dogma di credere solo a questa idea, e la struttura trinitaria fu proclamata eretica. Ma alcuni sanno che non è lo stesso, per la vita spirituale, porre una partizione binaria al posto di una ternaria. Certe idee penetrarono nell’umanità moderna partendo da idee che sembrano minuzie e che si rivelano essenziali nelle decisioni che hanno molta importanza nel pensare e sentire antroposoficamente. Il capovolgimento dei valori a cui allude Nietzsche, dice Steiner, andrebbe preso molto sul serio.

L’umanità dovrà prendere sul serio e interpretare in modo corretto in quali campi vada applicato quel rovesciamento. Steiner dice che non avremo la possibilità di mettere fine ai conflitti se gli uomini non iniziano a vedere la realtà spirituale. Il non saper vedere lo spirituale che ci circonda, il non rendersi conto dell’elemento spirituale era il motivo dello spaventoso conflitto che si svolgeva. E tutti concetti non sono banali, o vuota oppure oziosi, perché ci sono motivi precisi per cui questo che si dice. Per quanto strano possa sembrare il tempo presente ci richiede molto più che in passato, però ciò che si chiede è quello che gli uomini non vogliono.

Si richiede comprensione per la scienza dello spirito. E questo è necessario perché ci si deve rassegnare al fatto che dal caos attuale per molto tempo non verrà alcun ordine, a meno che non ci compenetriamo di conoscenza scientifico-spirituale. Tutto sarà solo apparenza, perciò potrà venire l’apparente tranquillità che nasconde il disordine sotto la superficie: sotto arderanno le fiamme da cui verranno altre fiamme. L’ordine verrà dal caos attuale, dice Steiner, solo se comprenderemo da dove nasce il caos. Il caos nasce dalla comprensione non spirituale della realtà, cioè dall’ignoranza. Ma non si può ignorare lo spirito e sperare di restare impuniti. Il mondo spirituale non tollera di essere ignorato, perciò anche gli spiriti non vogliono essere ignori.

Lo si consideri come un loro egoismo o un vezzo, ma per il mondo spirituale ha altre regole, e gli spiriti si vendicano se sono ignorati. È una legge, una ferrea legge di necessità che gli spiriti sono vendicativi. Fra le diverse caratteristiche della loro vendetta per essere stati troppo ignorati c'è il caos attuale dell’umanità (scrive nel 1917!). Si sappia che esiste un misterioso legame tra la coscienza umana e le forze distruttive dell’universo. Ma questo legame esiste anche nella realtà concreta, perché una delle due può sostituirsi alle altre, ma può avvenire anche il contrario.

L’umanità ha dimenticato lo spirito perciò si è centrata solo sulla conoscenza e sui fatti materiali. Non si è cercato di conoscere la realtà spirituale, e muovendo da essa, non si è cercato di dare al mondo un tratto e una base che non mirasse solo alla produzione e al trionfo degli strumenti di morte. E cosa è nato dall’abbondanza di beni materiali? E cosa sarebbe venuto se l’umanità avesse cercato l’acquisizione spirituale e avesse usato gli impulsi spirituali per un’azione sociale più giusta? Ebbene, sarebbe stato un pagamento parziale per le forze distruttive. Steiner dice che, se gli uomini fossero stati più desti non sarebbe venuta tutta questa distruzione.

Non lo sappiamo ma, se viviamo come persone materialistiche sentiamo l’ansia, lo sforzo e la fretta della vita materiale. Quando passiamo la porta della morte non portiamo nulla con noi, perciò restiamo con quella fame inappagata. Così accade alle anime che non hanno avuto la comprensione spirituale perciò non conoscono lo spirito. E cosa cercano costoro? Essi cercano di avere le forze distruttive del mondo. Questo è il loro parziale sdebitamento. Ma questi concetti sono profondi, avvisa Steiner, e non si possono liquidare con concetti comodi.

Le teoria della conoscenza ha degli aspetti che sembrano crudeli, ma occorre formarsi una sensibilità che gli antichi misteri egizi chiamavano ferrea necessità. Anche se sembra terribile fu necessario fare spazio anche alla distruzione perché le anime cercavano le forze distruttive per sfamarsi e saldare parzialmente i debiti con le forze spirituali. Non si può avere ordine se gli uomini non sanno far fluire le idee spirituali nel loro essere e nell'agire sociale, e inserirle nelle idee politiche che girano, dice Steiner. Si avrà ragione di pensare che queste verità sembrano pessimistiche e si avrà ragione di pensare che l’umanità sembra lontana mille anni luce dal suo traguardo finale.

Ma, a queste idee pessimistiche si deve opporre l'esortazione a fare almeno un tentativo, da qualsiasi parte la vita ci abbia posto. Ridestiamo la nostra anima perché il fatto concreto è che i tempi terribili in cui muoiono troppe persone così producono morti che sono bramosi e distruttivi, perciò noi viventi sperimentiamo guerre e orrori. Molti hanno perso l’intelletto, ma i tempi richiedono di saper analizzare, perché c’è bisogno di guardare le cose con profondità. Dobbiamo cercare di capire come le cose si connestono tra loro, per cercare la vera realtà e non l’apparenza. L’umanità è posta al bivio, dice Steiner: o lo spirito viene capito, oppure il caos rimane.

Se nel futuro avremo sempre più materialismo, se si dovesse correre sempre più freneticamente verso l’accumulo di beni materiali, accresceranno sempre più la quantità di desideri e avremo sempre più defunti bramosi che accrescono la diffusione della distruzione. Le anime varcherebbero le porte della morte con il desiderio di distruggere la terra, e la distruzione sarebbe infinita. Deve essere chiaro che ogni periodo materialistico riesce a provocare solo devastazioni e morte. Ma le anime dormono, perciò non vedono la discrepanza esistente nell’umanità fra lo sviluppo intellettuale e quello morale.

Buona erranza
Sharatan

martedì 21 aprile 2015

Come un cane in chiesa



“L’amore non chiede un contraccambio.
L’amore inonda tutto.” (don Andrea Gallo)

Avere la fortuna del cane in chiesa è come dire che non si è fortunati perché i cani in chiesa hanno scarsa accoglienza. I cani vengono accolti in chiesa in poche ricorrenze tra cui il 16 agosto che è il giorno di san Rocco, taumaturgo e santo protettore degli appestati e dei cani. L’iconografia rappresenta il santo in abiti da pellegrino, accompagnato da un cane che, a volte, porta in bocca una pagnotta di pane e gliela offre. Altre volte si raffigura il santo con il cane che gli lecca le ferite, perché entrambi le immagini alludono agli episodi della vita del santo e del suo cane.

Don Gallo diceva che alcune persone vengono trattate come i cani in chiesa. Il Giorno del Giudizio, saremo chiamati al cospetto del Figlio dell'Uomo che è seduto sul trono di gloria del Padre e saremo chiamati a rispondere di quello di buono che abbiamo fatto. Saranno salvi solo quelli che hanno avuto compassione, che hanno aiutato gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i carcerati, i diseredati e gli ultimi della terra. Credo che questo libro non sia stato letto dai politici che si dicono cristiani e di retti principi, non ho sentito ricordare queste prescrizioni evangeliche.

Piuttosto sento dei discorsi stupidi, demagogici e cinici contro i migranti che vengono accusati di “venire in casa nostra a mangiare il pane a sbafo.” Questi discorsi sono molto pericolosi perché sono usati per diffondere la paura di essere invasi e venire derubati delle nostre comodità e sicurezze. Mai come in questi giorni sembra che il punto centrale non sia la sorte dei migranti, non siano i troppi morti. I morti fanno lievitare gli ascolti della "tv del dolore" ed i commenti cattivi e cinici diffusi dai social.

Ho sentito delle discussioni troppo cretine fatti da politici che non si rendevano conto della complessità del problema. E l’idea surreale di creare barriere marine contro i barconi? Forse vogliono appaltare delle paratie protettive come fanno a Venezia? Vacci a capire dove credono di parare! Cosa dire dell'idea di affondare i barconi? E quella di rimandarli indietro mentre gli altri, nell'altra sponda, ce li rimandano indietro?

Faremmo forse il ping pong dei loro corpi? Dovrei ridere ma è troppo drammatico. Mi ero riproposta di evitare la politica, ma ora faccio un’eccezione. Intanto mi fa felice di dover gioire limitatamente, o almeno non di lamentarmi della scadente qualità della nostra politica, perché all'estero stanno peggio. E l’Europa che pensa ai confini come un problema di singoli stati vicini alle zone rischiose? Cosa fa ora l’Europa che è tanto veloce a punire i conti “poco virtuosi” di alcuni, e che è lenta a finanziare i soccorsi e dare accoglienza ai disperati?

Direi che devono aiutarli e ospitarli, ma farlo meglio di come l'ha fatto l'Italia che fu sanzionata per la sua cattiva accoglienza. Spaventano le scelte strategiche che potrebbero affermare una strategia di intervento militare di terra, in Libia o altrove. Se qualcuno era contento per la fine di Saddam e Gheddafi, oggi dovrebbe ripensare sull'opportunità di un successo diventato "catastrofico." Abbiamo mutato il delicato equilibrio di zone strategiche e molto delicate, e adesso ne vediamo gli effetti nefasti. Facciamo attenzione affinché il rimedio non sia peggiore del male!

Il metereologo americano Edward Lorenz diventò famoso quando si chiese se il battito delle ali di una farfalla in Brasile potesse scatenare un tornado nel Texas. Io non conosco quello che accade in Texas ma so - per certo - che nel Mediterraneo avviene una tragedia causata da una scelta ottusa. Si dice che i paesi che abbiamo più destabilizzato negli anni passati con 3 guerre ottuse, ora sono diventati il terreno fertile del terrorismo. Se questo è vero, sospetto che il problema non sarà limitato a poche zone.

Se la globalizzazione è vera, come sembra sia, affrontare le crisi umanitarie e politiche dei migranti equivale a costruire la nostra pace futura. Altro che risolvere il problema con muraglie o barriere navali, oppure con la politica della clava! La soluzione intelligente deve vedere l’intervento immediato e intelligente delle istituzioni internazionali, europee e dei governi nazionali. La soluzione non può essere quella armata ma deve essere una soluzione umanitaria, diplomatica e politica.

La Libia va aiutata a creare un governo di unità nazionale che possa fare fronte comune contro l’avanzare delle ideologie terroriste. Io sono certa che molti islamici osservano le prescrizioni dell’Islam, che non sono quelle dell'Isis. Sono state belle le immagini dei popoli islamici che protestavano contro l’Isis, e ho apprezzato l’adesione della Regina di Giordania che ha dimostrato la protesta e la forte presa di posizione dell'Islam civile contro il terrorismo offerta al mondo intero. Nessuno di loro vuole l'islam dell'orrore, molti sono stati bruciati vivi, decapitati o sgozzati.

I migranti sono persone che scappano dalla guerra, e le guerre d’Africa sono troppe. Molte vengono favorite dagli interessi dei paesi occidentali. Troppe sono ignorate, ma chi legge attentamente la politica internazionale sapeva che, gli analisti dissero che c'è un network jihadista nato negli anni '90 che si è frantumato dopo la morte di Osama Bin Laden. La Cia ha detto che la rete del terrore è diventata una galassia, con basi e militanti in Yemen, Marocco, Sudan, Pakistan, Somalia, Kashmir, Iraq, Usa e nella stessa Europa.

La creazione del Califfato ha offerto un riferimento unitario. Dove la politica lo permette, accadono gli orrori che esistono in Darfur, in Sudan, in Somalia, in Siria e Libia. Cosa dire della situazione dello Yemen? E nell'avanzata dell'Isis in Turchia abbiamo girato il capo per non vedere l'eroica resistenza dei curdi, che abbiamo lasciato soli nel fronteggiare il pericolo. Se i miliziani non sono passati in Turchia lo dobbiamo solo al loro valore, ma nei campi profughi siriani accade la strage dei palestinesi.

Oggi siamo obbligati a riflettere e trovare la soluzione, perché i migranti non sono solo le vittime della crisi umanitaria e politica. Non possiamo volgere ancora la testa, non possiamo dire che non possiamo fare nulla per aiutarli. No! Io credo che possiamo e dobbiamo, anche in piccolo, noi possiamo aiutare le associazioni che aiutano, possiamo fare una donazione e dare l'8 o il 5 per mille. Si possono fare delle pressioni con petizioni e con messaggi di protesta inviate alle varie organizzazioni nazionali e internazionali.

Si può fare tutto quello che possiamo fare, e anche quello che un’inventiva pacifica può inventare, ma non possiamo tacere. Non è possibile dire che il problema della schiavitù e della sofferenza dei disperati in fuga è lasciarli al loro destino. Questa mattina, mi è tornato in mente il libro: “Come un cane in chiesa” in cui, don Andrea Gallo, parla dell’obbligo morale che abbiamo nei riguardi degli ultimi, dei diseredati, di tutti gli umani che vengono trattati come cani in chiesa.

Don Gallo scrive: “Quando lavoriamo per il bene e per la giustizia, quando restituiamo al prossimo il pane, la casa, la dignità, rendiamo culto e onore al genere umano, oltre che alla madre terra.” Don Gallo racconta di una volta che fu chiamato in udienza dal suo superiore, allora il cardinal Bagnasco che gli rimproverò di aver fatto una dichiarazione in cui prendeva posizione a favore del suicidio.

Don Gallo gli disse: “Vostra Eminenza, questo non me lo può proprio rimproverare, perché a Genova c’è un cane che ho salvato dalla morte certa, e mi sono accanito a far vivere.” Poi gli raccontò che il caso aveva voluto che fosse arrivata nella Comunità san Benedetto una ragazza triestina, agli arresti domiciliari, che portava con se un cane lupo meraviglioso chiamato Ara.

Il cane era malatissimo, quasi in fin di vita. Don Gallo lo aveva portato da un amico veterinario che era stato un suo allievo. Il medico lo aveva preso in cura e lo aveva curato per tre mesi con le medicine che aveva pagato di sua tasca. Quando il cane era guarito aveva preso l’abitudine di andare a messa tutte le domeniche nella comunità, perciò era molto amato da tutti.

Per entrare bussava con il muso e quando don Gallo aveva un colloquio privato si accucciava ai suoi piedi senza far rumore e senza disturbare. Dopo cena, quando don Gallo vedeva la televisione, il cane si metteva al suo fianco, e anche se la padrona era nella stanza, lui rimaneva al suo fianco a fargli compagnia. "Come vede, Vostra Eminenza, sono uno che si è accanito per la sua vita. Stavolta sono innocente." E noi, cosa risponderemo, quando dovremo rendere conto della misericordia che abbiamo dimostrato?

Buona erranza
Sharatan

giovedì 16 aprile 2015

Altre dimensioni



“Ma l’illusione più pericolosa
è che esista soltanto un’unica realtà.”
(Paul Watzlawick)

“La tua non è l’unica dimensione dell’esperienza: ci sono molte altre aule, ciascuna con il proprio programma. Nella tua classe la materia principale è l’uguaglianza, sei qui per imparare che tutti gli esseri sono uguali indipendentemente dalle apparenze e dalle circostanze. Uomini e donne, bianche e neri, cattolici e indù hanno tutti lo stesso valore esperienziale. Tutte le disuguaglianze sono una tua creazione e devono essere abolite. Alcuni di voi lavorano a questo programma da tanto tempo. Non vi dirò da quanto!

Avete sviluppato modi molto ingegnosi per distorcere la vostra eguaglianza spirituale con gli altri. alcuni di voi vivono in condizioni di povertà, altri possiedono varie tenute; alcuni hanno troppo da mangiare ed altri non ne hanno abbastanza. Per favore, cerca di capire che, se tu avessi completato il programma, queste condizioni d’ineguaglianza non esisterebbero. Tu sei qui, quindi, per superare la convinzione radicata che alcuni esseri viventi siano più degni di altri. come puoi riuscirci?

Per prima cosa devi accettare il principio di uguaglianza per te stesso. Se ti senti superiore o inferiore anche ad una sola persona, non hai accettato la verità nei confronti della tua identità spirituale. In secondo luogo, devi accettare l’uguaglianza di chi ti circonda. Accettare la loro uguaglianza significa che, se hai più di loro, sei disposto a condividerlo, se hai di meno, sei disposto a chiedere il loro aiuto.

Sei qui anche per imparare a rispettare il diritto di ognuno a decidere per se stesso. Se decidi al posto di un altro, o lo lasci decidere per te, non accetti la vostra scambievole uguaglianza. L’offendersi a vicenda sembra darti il permesso di rendere tuo fratello responsabile delle decisioni che hai preso o che hai rifiutato di prendere, ma è un permesso falso. Ti renderai conto in tempo di poter ferire o aiutare una sola persona, e cioè te stesso, finché non imparerai a prenderti la responsabilità delle tue decisioni dando a tuo fratello lo spazio per fare lo stesso.

Quando lascerai il corpo continuerai ad imparare in un’aula non fisica nella quale l’apprendimento sarà accelerato perché il tempo e lo spazio non moduleranno l’effetto creativo del pensiero. Nel tuo mondo ci vuole tempo perché i pensieri abbiano effetti visibili. Nelle dimensioni non fisiche questo processo avviene all’istante.

Alcuni di voi hanno esperienza di comunicazione con esseri che risiedono in dimensioni non fisiche. Ovviamente, questa comunicazione ha luogo solo attraverso il pensiero. La comunicazione fra dimensioni è difficile, ma non è impossibile… le possibilità creative sono infinite. La scuola terrena allora diventa un ambiente in cui mettere alla prova le capacità che sviluppi nelle aule non fisiche finché non mostri padronanza del programma.

Tutti gli esseri lo sanno perciò sono ansiosi di incarnarsi in corpi fisici per dimostrare di avere imparato le loro lezioni. È difficile impadronirsi della condizione di densità dell’esperienza fisica. Ci vuole tempo per svilupparsi fisicamente. Bisogna riconoscere che, per qualcuno abituato ad un ambiente non fisico, nel quale gli effetti dei pensieri sono immediati. Tutto questo è una tortura vera e propria.

Nel tempo, la coscienza si contrae e si sposta ad abitare più completamente il corpo fisico, perdendo la consapevolezza di altre dimensioni e delle loro possibilità creative. Più semplicemente, la coscienza viene assorbita dalla densità dell’ambiente fisico nel quale si sente intrappolata e vittima; non ricorda il suo stato meno limitato; non ricorda di non essere un corpo.

In qualche raro caso, la coscienza non si contrae completamente quando entra nell’aula fisica. Queste persone abitano il corpo però ricordano ancora la dimensione non fisica. Sanno di non essere limitati al corpo, di non essere vittime di pensieri o azioni altrui e di poter creare la realtà con il potere del loro pensiero.

Queste persone sono i maestri spirituali che si sono incarnati nel livello fisico per aiutare i fratelli e le sorelle a ricordare la loro vera identità non fisica. Senza la presenza di questi maestri, la densità dell’ambiente terreno nasconderebbe la coscienza collettiva e ostruirebbe i collegamenti verso la conoscenza spirituale.

Il tempo che tu stai vivendo nella tua aula fisica è un tempo di transizione. Tecnologicamente tu hai la capacità di distruggere l’ambiente fisico del pianeta tutte le volte che vuoi. Eppure c’è più luce disponibile adesso sul pianeta, di quanta ce ne sia stata in altri tempi della storia.

A questo punto la maggior parte di voi dovrebbe conoscere la natura di questa trasformazione. siete qui per superare il vostro vittimismo, per accettare di avere un potere creativo capace di stabilire la vostra realtà e siete qui per aiutare il prossimo ad abbracciare il suo potere creativo. Siete pronti per farlo in massa, ed io sono qui per aiutarvi. Attraverso la vostra comunione non fisica con me e altri maestri, imparerete a lasciar andare tutte le condizioni che rafforzano la vostra sofferenza e vi risveglierete alla vostra Dinività.” (Paul Ferrini)

lunedì 13 aprile 2015

Imparare a conoscere



“Scoprite che cos’è vero e che cos’è falso
nell’ambiente in cui vivete che è opprimente
e crudele. Solo così scoprirete la verità.”
(Jiddu Krishnamurti)

“Ho l’impressione che tanto l’atto di imparare, quanto l’atto di ascoltare ci risultino straordinariamente difficili. Noi non ascoltiamo mai veramente, perché la nostra mente non è libera; le nostre orecchie sono imbottite di tutta la conoscenza che portiamo sempre con noi, così ascoltare diventa straordinariamente difficile. Penso - anzi, è un fatto - che se potessimo ascoltare con tutto il nostro essere, con una vigorosa vitalità, allora l’atto di ascoltare diverrebbe un fattore di liberazione. Ma sfortunatamente voi non ascoltate, perché non avete mai imparato a farlo.

In fondo, potete imparare qualcosa solo quando vi impegnate con tutto il vostro essere. Imparate la matematica solo quando vi ci dedicate totalmente; ma se vivete in uno stato di contraddizione, cioè se venite forzati ad imparare mentre non avete alcuna intenzione di farlo, allora l’imparare si riduce ad un vuoto processo di accumulazione. Se volete scoprire qualcosa di nuovo, dovete cominciare da voi stessi.

Dovete mettervi in viaggio abbandonando soprattutto la vostra conoscenza, perché questa conoscenza, unita a quello in cui credete, vi porterebbe facilmente ad avere esperienze di vario genere; ma queste esperienze sarebbero il frutto della vostra immaginazione e quindi sarebbero del tutto false, lontane dalla realtà. Se volete scoprire per conto vostro come è il nuovo, non è bene che vi portiate dietro il carico del passato, soprattutto il carico della conoscenza che altri hanno acquisito, anche se questi possono essere grandi personaggi.

Voi usate la conoscenza per darvi importanza, per sentirvi al sicuro. Ma chi usa costantemente la conoscenza per proteggersi non è affatto un cercatore della verità. Non ci sono sentieri che conducono alla scoperta della verità. Quando volete scoprire qualcosa di nuovo, quando siete alle prese con un esperimento delicato e difficile, la vostra mente deve essere calma, vi pare?

La mente affollata, che si riempie di fatti e di conoscenza, non è in contatto col nuovo. Per la maggior parte di noi la mente e diventata molto importante, è diventata un fattore predominante che interferisce di continuo con quello che potrebbe essere nuovo, con qualcosa che potrebbe esistere contemporaneamente al conosciuto. Così la conoscenza e quell’apprendimento che è accumulo di conoscenza ostacolano coloro che cercano e vorrebbero capire l’eterno. La funzione della mente è quella di indagare, di imparare.

Imparare, secondo me, non è affatto la coltivazione della memoria o un accumulo di conoscenza, ma implica la capacità di pensare con chiarezza, con logica, senza cadere nella trappola delle illusioni. Si può imparare solo partendo dai fatti e non dando spazio a qualche ideale o a quello in cui crediamo. Non si può imparare quando permettiamo che il pensiero si basi su qualche conclusione che diamo per scontata. E imparare non significa nemmeno acquisire delle informazioni o accumulare conoscenza.

Per imparare ci deve essere amore, l’amore che consente di capire, l’amore di fare una cosa per se stessa. Possiamo imparare solo quando non siamo sottoposti ad alcuna coercizione. Sono molte le coercizioni che subiamo: le sottili pressioni, gli attaccamenti, le minacce, gli incoraggiamenti o le ricompense che riceviamo e che ci lusingano. La maggior parte della gente pensa che il confronto faciliti l’apprendimento, mentre non è affatto così; è vero il contrario.

Quando si confrontano tra loro due esseri umani si apre la porta alla frustrazione, all’invidia, alla competizione. Questo genere di confronto non è altro che una forma di persuasione che genera paura e non consente affatto di imparare. Una cosa è imparare e un’altra cosa è accumulare conoscenza. L’imparare è un processo continuo che avviene in ogni momento e non richiede alcun accumulo di conoscenza. Non è assolutamente un processo nel quale si acquisisce qualcosa per poi agire di conseguenza.

Per la maggior parte di noi la conoscenza si basa sul ricordo di un’esperienza o sull’idea che ci facciamo di un’esperienza; e, dalla conoscenza che abbiamo, scaturisce la nostra azione. Questo significa che la nostra azione si basa sempre sulla conoscenza, tecnologica o psicologica, legata ad una tradizione o a una nostra particolare idiosincrasia. Ma finché va avanti un processo del genere, non è possibile imparare, non è possibile quel movimento costante nel quale non si accumula nulla.

Non so se vi siete mai chiesti che differenza c’è tra l’imparare e l’accumulare conoscenza… l’imparare non richiede alcun accumulo. Quando imparate, non state accumulando qualcosa che poi condizionerà la vostra azione. Imparate in ogni momento, muovendovi con la vita. Così, quando imparate, non c’è alcun degrado, alcun declino o deterioramento. La saggezza non è il prodotto della conoscenza: è qualcosa che ognuno deve scoprire.

Conoscenza e saggezza non procedono insieme. La saggezza affiora col maturare della conoscenza di noi stessi. Senza conoscere noi stessi non avremo alcuna possibilità di vivere nell’ordine e nella virtù. Imparare su noi stessi non significa affatto accumulare conoscenza su quello che siamo. La mente che accumula conoscenza non sta imparando: sta raccogliendo delle informazioni e facendo esperienza.

E basandosi sulla conoscenza che ha acquisito, continua a fare esperienza; quindi non sta veramente imparando, sta solo accumulando ulteriore conoscenza. Il vero imparare avviene nel presente, non ha passato. Quando dite: “Ho imparato”, avete a che fare con la conoscenza che avete accumulato e questo significa che ormai avete smesso di imparare. Una mente che non pretende di accumulare nulla impara in continuazione, e solo una mente simile può capire a fondo quell’entità che noi chiamiamo il “me”, il sé.

Io devo conoscere me stesso, la struttura, la natura, il significato di quell’entità che chiamo “me”. Ma non posso farlo se continuo a portarmi dietro tutto il carico di conoscenza legata al passato, alle mie precedenti esperienze, ai miei condizionamenti. Finché mi tengo tutto questo non posso imparare, posso solo interpretare a modo mio quello che vedo con occhi annebbiati dal passato.” (Jiddu Krishnamurti)

giovedì 9 aprile 2015

Con i piedi di Buddha



“Il Buddha camminò per quarantacinque anni portando la sua saggezza e compassione, e condividendo con tantissime persone la pratica della liberazione; con le persone più potenti della società, re e ministri, e con i più reietti dalla società come gli intoccabili e gli spazzini. Al Buddha piaceva camminare, di fatto camminò molto, visto che ai suoi tempi non c’erano automobili né treni, né aerei.

Ogni tanto usava una barca per discendere il fiume o per attraversarlo, ma di massima si spostava camminando. Camminava insieme con amici e discepoli. Nei suoi quarantacinque anni di insegnamento visitò una quindicina di stati dell’India antica e del Nepal, dandovi insegnamenti. Certo, il Buddha amava la meditazione seduta, ma apprezzava moltissimo anche la meditazione camminata.

Durante i tre mesi della stagione delle piogge si fermava in un luogo dove teneva il “ritiro delle piogge” insieme agli altri monaci. Negli altri mesi dell’anno, invece, gli piaceva andare qua e là e incontrare persone per aiutarle nella pratica. […]

Quando camminiamo in presenza mentale i nostri piedi diventano i piedi del Buddha. Oggi possiamo vedere i piedi del Buddha camminare non solo sulla costa occidentale dell’India ma anche in Africa, in Australia, in Nuova Zelanda, in Russia, in Sudamerica, i tuoi piedi sono diventati i piedi del Buddha. È grazie al fatto che sei dove sei che il Buddha può andare ovunque.

Dovunque ti trovi, che tu sia in Olanda, in Germania, in Israele o in Canada, cammini per il Buddha; sei un amico del Buddha, un discepolo del Buddha, una continuazione del Buddha. Grazie a te il Buddha continua a camminare e a toccare ovunque la Terra. Ogni passo che fai può portare stabilità, libertà e gioia.

Con i piedi del Buddha possiamo portare il Buddha nelle zone più remote, nei bassifondi o nelle campagne più povere dove c’è fame e discriminazione sociale; possiamo portare il Buddha nelle carceri, mettere il Dharma a disposizione di tutti. Penso che sia meraviglioso essere la continuazione del Buddha.

Sai di poterlo fare, di poter essere la continuazione del Buddha; è facile, basta respirare e camminare ed ecco che puoi essere la continuazione del Buddha. Così facendo ogni attimo della tua vita diventa un miracolo. Questo è il dono più grande che tu puoi fare alle generazioni future. Per essere felici non serve una gran quantità di denaro, né di fama o di potere: per essere felici abbiamo bisogno di presenza mentale.

Abbiamo bisogno di libertà - libertà dalle preoccupazioni, dall’avidità, dalle ansie - in modo da poter entrare in contatto con le meraviglie della vita che abbiamo a disposizione qui e ora. Dovunque tu vada puoi portare con te il Buddha, perché tu sei la continuazione del Buddha.

Camminare è un modo di entrare in contatto con la terra. Toccando la terra coi nostri piedi la risaniamo, risaniamo noi stessi e l’umanità. Ogni volta che ti avanzano cinque minuti o dieci o quindici, goditi una camminata in consapevolezza. A ogni passo che facciamo possiamo portare guarigione e nutrimento al corpo e alla mente.

Ogni passo che facciamo in presenza mentale e libertà può aiutarci a guarire e a trasformarci, e insieme a noi anche il mondo sarà guarito e trasformato. Puoi cominciare anche solo con sette passi, come il Buddha neonato. Ti riporti a casa nel “qui e ora” e fai un passo: “Toccando la terra, so che questo pianeta è meraviglioso.”

Facendo il secondo passo, la tua visione profonda si approfondisce ulteriormente: “Non solo sto toccando la Terra, ma sto toccando anche il cielo che è nella Terra, dunque tocco la natura dell’inter-essere.” Con il terzo passo puoi entrare in contatto con tutti gli esseri viventi, compresi gli antenati e i figli che appartengono al futuro.

Ogni passo è un momento di illuminazione. Camminare in questo modo non è uno sforzo ma serve a generare la presenza mentale, quella concentrazione e visione profonda che sono la fonte del benessere e della felicità. È facile: ti basta camminare in consapevolezza nel “qui e ora” come il Buddha neonato, pienamente consapevole delle meraviglie della vita che hai a disposizione.” (Thich Nhat Hanh, Camminando con il Buddha, Mondadori)

lunedì 6 aprile 2015

Shalom!



”Le compagnie più piacevoli sono quelle fra i cui membri
regna un sereno rispetto reciproco.”
(J. Wolfgang Goethe)

“Tanto nella Bibbia quanto nei testi religiosi successivi, la parola shalom ha un significato più ampio e più ricco che la parola pace quale è ordinariamente intesa. Il senso originario di shalom è completezza o sanità, e quindi significa il benessere tanto fisico quanto spirituale, dell’individuo e della comunità. Per realizzare ed esprimere shalom in questo senso più profondo e più ampio, il primo passo, è naturalmente una reciproca tolleranza che escluda ogni fanatismo, ogni imposizione, ogni aggressività. Ma questo è soltanto un primo passo, che da solo è insufficiente.

Ad esso deve seguire il riconoscimento, anzi l’apprezzamento positivo, della necessità e della utilità delle differenze. L’unità non richiede uniformità; essa consiste dell’unione organica di parti diverse… Si tratta quindi di accettare e di mantenere le diversità, ma insieme di riconoscere che esse sono relative e non assolute; che sono essenzialmente, e devono divenire in pratica, subordinate ad una superiore unità o completezza. Esse hanno un’origine comune e devono servire ad un fine comune.

Questa concezione di shalom ha una portata universale e dovrebbe venir attuata soprattutto in quattro campi: in noi stessi, fra gli individui, fra le nazioni, nella religione. In primo luogo in noi stessi, fra i vari elementi consci o inconsci del nostro essere complesso e multiforme. Senza questa shalom interna, senza questa “psicosintesi”, la nostra salute e la nostra efficienza sono menomate e instabili, e noi abbiamo la tendenza a proiettare i nostri conflitti interni nei rapporti con i nostri simili.

Shalom fra gli individui - anzitutto nella famiglia e poi via via nei molteplici rapporti della vita sociale - richiede il sentimento e la pratica della fratellanza, che è basata sulla comprensione reciproca, ma che ha la sua fonte superiore nel riconoscimento che siamo tutti figli dell’unico dio e perciò realmente fratelli.

La terza espressione di shalom, cioè pace salda e duratura fra i popoli, potrà avverarsi soltanto se, e quando, le nazioni verranno considerate e riconosceranno se stesse quali organi di un organismo planetario - l’umanità una. La quarta manifestazione di shalom è necessariamente nel campo religioso, nel quale troviamo troppo spesso intolleranza e ristrettezza, fanatismo e lotte, che costituiscono la negazione della religione, perché questa significa essenzialmente collegamento e unione fra l’uomo e Dio e fra umomo e uomo.

Shalom deve venire attuata entro ciascuna religione; nel nostro caso fra le varie tendenze esistenti entro l’ebraismo. Inoltre essa deve venir attuata fra le varie religioni del mondo, le quali sono manifestazioni storiche di una stessa verità universale ed hanno la loro fonte nello stesso unico e vero Dio. Proponiamo di realizzare tale pace entro di noi, e di cooperare ad attuare nel mondo l’unità piena ed armonica, l’unità che è la vera shalom.” (Roberto Assagioli)

mercoledì 1 aprile 2015

L’Uomo con il Megafono



“La natura umana partecipa della sciocchezza
più che della saggezza.” (Francesco Bacone)

George Saunders ci chiede di immaginare un uomo in mezzo ad un campo nel 1200, e di pensare a quello che può pensare un uomo del 1200 che sta in un campo. Cosa gli girerà nella testa? Con chi ce l’avrà? Da chi si starà difendendo? In parole povere, dice Saunders, chiediamoci se tra la sua vita e la nostra notiamo una qualche differenza. Abbiamo molte cose in comune con lui perché siamo entrambi occupati in un dialogo mentale con le persone che conosciamo, infatti parliamo internamente con genitori, coniugi, figli e con i vicini di casa.

Ma se ci riflettiamo meglio vediamo che, la differenza tra lui e noi esiste. E la differenza riguarda il numero e la natura delle conversazioni che intratteniamo con tutti quelli che non conosciamo. L’uomo del 1200 di sicuro parla interiormente con i suoi dei, i suoi avi oppure con gli esseri mitologici o con i personaggi storici della sua epoca: ma tutto questo lo facciamo anche noi.

C’è una categoria che l’uomo del 1200 non conosceva, ma che noi conosciamo, ed è composta da tutte le persone lontane che entrano nella nostra mente, che agiscono con fini diversi e usano l’alta tecnologia. Questa è la differenza tra l'uomo del 1200 e quello moderno ma, obietta Saunders, sarà un bene o un male questo? Non lo sappiamo, e al momento limitiamoci a notare la differenza.

Ora continuiamo l’esercizio di immaginazione e immaginiamo una festa. Gli ospiti della festa fanno parte di vari ceti sociali perciò non sono delle persone qualsiasi. Sono tutte persone che hanno avuto le loro esperienze, persone che lavorano e che vantano di avere competenze. Tutti gli ospiti stanno conversando tra loro su molti argomenti che li appassionano molto.

Si scambiano delle opinioni correggendo il punto di vista degli altri. Se vengono alla superficie le preoccupazioni o le paure nascoste, se ne accorgono però pensano: “Oh meno male, ma che bello!” perché sentono che le esperienze sono condivise. Sentono che le loro paure vengono alleviate da quelli che ci sono già passati. A un certo punto, entra un uomo con un megafono. Non è l’uomo più intelligente della festa e non è neppure quello più navigato, mai possiede un megafono!

Ora mettiamo che l'uomo inizi a parlare nel megafono, parla della bellezza delle mattine di primavera. E sapete cosa accade? Accade che tutti gli ospiti iniziano ad ascoltarlo sia perché sarebbe impossibile non farlo (a causa del volume del megafono), ma anche per un fatto di buona educazione. Perciò, dopo un pochino, tutti gli ospiti cominciano a parlare della bellezza della primavera.

Qualcuno gli darà ragione e altri gli daranno torto, ma siccome l’Uomo col Megafono fa un gran rumore, sono tutti costretti a reagire ai suoi stimoli. Appena l’Uomo col Megafono cambia l'argomento lo fanno pure gli altri. Se inizia a usare l'intercalare: “in fin dei conti” anche gli altri iniziano a usarlo. Tutte queste reazioni non dipendono dalla sua intelligenza, neppure dalla sua competenza o da qualche potere di preveggenza o dalla sua padronanza del linguaggio, ma derivano “dal volume e dall’onnipotenza della voce narrante”.

La principale caratteristica del personaggio è il predominio, perché l’Uomo col Megafono sovrasta tutte le altre voci, e la sua retorica diventa quella di riferimento. Rapidamente l’Uomo col Megafono avrà guastato la festa, perché tutti smettono di credere al loro valore di ospiti e iniziano a credere che esistono solo per reagire a lui. Smetteranno di parlare di quello che li interessa e inizieranno a parlare di quello che interessa l’Uomo col Megafono. Inizieranno a diventare passivi, non avranno fiducia nelle proprie sensazioni e crederanno solo a quello che sentono dire.

Potrebbero anche non accorgersi che iniziano a parlare e pensare nel suo stile, perciò tutto quello che è importante per l’Uomo col Megafono sarà importante anche per loro. Ricordiamo, dice Saunders, che l’Uomo col Megafono non è più intelligente di loro, che non è bravo a parlare e che non possiede neppure un’esperienza adeguata. Ci potrebbe andare peggio di così? Certo che si.

Sarebbe possibile che l’Uomo col Megafono non pensi a quello che dice, perciò che apra bocca e che dia fiato. Ipotizziamo che debba urlare per farsi sentire, perciò che debba anche limitare la complessità dei suoi discorsi. Poiché deve intrattenere tutti gli ospiti è costretto a privilegiare, il tono concettuale-didascalico o il tono ansioso-polemico, oppure il pettegolezzo o l’argomento futile.

Solitamente si crede che il linguaggio sia un prodotto del pensiero. Si crede che si deve formulare il pensiero e poi si potrà scegliere il linguaggio che possa esprimere il pensiero. E si è provato che la qualità del pensiero viene condizionata dalla qualità del linguaggio. Ogni volta che tentiamo di esprimere ciò che pensiamo comprendiamo meglio ciò che vogliamo esprimere. Ma l'oratore logorroico ha imposto un lessico ristretto che ha saputo limitare la qualità e la quantità dei pensieri.

In sostanza, dice Saunders, L'Uomo col Megafono è riuscito a imporre un tetto massimo d’intelligenza alla festa. Ora immaginiamo che un uomo sia seduto in una stanza e che senta qualcuno che gli urla dalla finestra. La voce che urla parla delle condizioni della casa del vicino. La mente del tipo seduto inizia a immaginare cosa è avvenuto, ma quali fattori condizioneranno il suo pensiero? Proviamo a dirli:

1) la chiarezza del linguaggio (meno il linguaggio è confuso, sconnesso e pieno di termini gergali e meglio è)
2) gli intenti dell’informatore (nessuna intenzione è preferibile ad avere troppe intenzioni e troppo diverse)
3) il tempo e la cura che viene messa per avere un resoconto fedele di ciò che è avvenuto
4) il tempo che viene concesso per spiegare, analizzare e approfondire.

Ora facciamo due ipotesi: una positiva e l'altra negativa. L’ipotesi positiva è quella in cui l’informazione offra il vero quadro della situazione. L’informazione è scritta, riveduta e corretta nel lungo periodo di tempo per verificare che sia veritiera. Ipotizziamo che sia verificata da persone competenti e disinteressate che danno un resoconto lungo, denso e dettagliato che esprime ogni aspetto della questione nella sua complessità.

Poi ipotizziamo che sia attuata l’ipotesi pessimistica in cui l’informazione è scritta da persone non troppo competenti. Queste persone non possiedono delle informazioni di prima mano, inoltre lavorano sotto pressione e perseguono l’intento di distorcere la cose a loro vantaggio. Ora abbiamo avanzato l’idea che esiste un fenomeno che era latente nei mezzi di informazione, e che oggi è diventato dichiaratamente smaccato.

Se dobbiamo inventare qualcosa di falso dobbiamo inventare anche un modo nuovo di esporre i fatti. Per fare molte ore di trasmissione usando fatti scemi come quello del cane che ha defecato nel vaso, dice Saunders, è necessario operare dei ritocchi. Per dire tutte le scemate che sono necessarie per dare l’impressione che la notizia del cane che ha defecato nel vaso sia importante, si deve trattare quel caso come una cosa seria.

Bisogna chiamare l'esperto in cacche di cane e dobbiamo fargli fare una stima della taglia del cane e delle sue condizioni psicologiche mentre si accingeva a defecare nel vaso. E il fatto, in apparenza ridicolo, inizia a gonfiarsi e ci fa distorcere la percezione. Questo accade con il continuo sfruttamento di casi morbosi, di scandali minori e altre notizie ridicole che sono gonfiate fino all’inverosimile. A quel punto il gioco è fatto!

Il discorso è stato degradato talmente che siamo diventati bersagli facili. E nelle ore di bisogno e di paura, dice Saunders, ci siamo trovati con un armamentario mentale rozzo e iperbolico, perciò abbiamo iniziato a usarlo anche per discutere le cose importanti. È così abbiamo deciso di invadere la casa del vicino! In un attimo siamo a Baghdad, guidati dall’Uomo col Megafono che gridava che iniziava un conto alla rovescia contro il Malvagio.

Accadeva che l’Uomo col Megafono aveva spento il cervello o, almeno, aveva annullato una parte di cervello. Si era spenta la parte più curiosa, la parte che avrebbe dovuto aiutarci a decidere se quella era la scelta più intelligente e moralmente più valida. Si era spenta la parte che capiva che si sarebbe combattuta una guerra vera che avrebbe ucciso le persone vere. Dov'erano andati i nostri dubbi?

Si è parlato di tattiche e di logistica ma non si era valutata la moralità di quella invasione. Abbiamo dimenticato il monito di Gandhi: “Che differenza fa per i morti, gli orfani e gli sfollati se la distruzione viene portata in nome del totalitarismo o nel sacro nome della libertà e della democrazia?”

E sorge il dubbio se, date alcune condizioni, la stupidità umana non finisca per prevalere contagiando gli intelletti più brillanti, e possa abbassare il cervello di tutti? Saunders sospetta che siamo stati resi più ottusi e più tolleranti verso la fuffa. Siamo stati minati nella nostra capacità di costruire delle frasi ambiziose, di creare dei concetti che siano densi di significato, e di saper ridere di cose stupide e insensate.

L’informazione deficiente ha il suo costo anche quando viene data senza secondi fini. Il costo dell’informazione deficiente è direttamente proporzionale all’onnipotenza del messaggio. Dicono che la mente umana, all'inizio, è come una tabula rasa e poi nasce l’idea e cominciano i guai perché la mente scambia l’idea del mondo per il mondo.

Dopo aver confuso l’idea con il mondo, la mente fa una teoria e, sulla base di quella teoria, si precipita ad agire. Poiché l’idea è un’approssimazione del mondo l’azione è catastrofica o benefica secondo la distanza che la separa dalla realtà. Il compito dei media è quello di fornire questi simulacri di mondo con i quali creiamo le idee: la costruzione è chiamata narrazione. L’Uomo del Megafono è un narratore nato anche se le sue storie non sono il massimo!

Le sue storie non maturano bene, nascono troppo in fretta e si rivolgono a un pubblico troppo vasto. Le storie migliori nascono dalla spinta verso la libertà, sono storie complesse perché devono farci riflettere. Ci devono rendere più umili e devono farci immedesimare con quelli che non conosciamo e aiutarci a immaginarli meglio. Se li immaginiamo vediamo che essi sono sostanzialmente come noi.

Una cultura che possiede una immaginazione ricca riesce a vedere dimensioni diverse dalla sua, perciò ha un maggior rispetto per la guerra. Possiede una maggiore consapevolezza della legge e delle conseguenze, anche involontarie, delle sue azioni. Possiede una maggiore dimestichezza del mondo perciò sa che all’aggressore si risponde sempre con inattese forme di violenza e di aggressività.

Una cultura che immagina in termini complessi, dice Saunders, è una cultura umile che sa agire con prudenza. Essa agisce quando deve agire, ma il più tardi e il più cautamente possibile, perciò vede che ha un esiguo spazio di manovra nel negozio di porcellane in cui è capitata. Ma come è potuto essere che ci siamo ridotti così?

Secondo Saunders avvenne che alcuni elementi della destra americana hanno iniziato la deriva mentale riattivando l’antica vena americana della retorica semplicistica, sciovinista, che è fondata sulla paura e sul clima di terrore dell’11 settembre, e che fu contagiata dai media. Ai tempi avvenne così, ma ancora oggi sta andando così, e così sarà per il futuro se la malattia non sarà debellata.

Si rischia che, a ogni attentato, si rinforzi sempre più lo schema malato, e si dirà che non si deve cadere nel permissivismo e nei discorsi senza censure, perché così si incoraggerebbe il terrorismo. Siamo arrivati alla frutta? No, forse non ancora suggerisce Saunders, nel bel saggio: “Il megafono spento: cronache da un mondo troppo rumoroso” di Minimum Fax ed.

Buona lettura
Sharatan