sabato 31 gennaio 2015

Osserva con occhi diversi



Osserva, esamina con occhi diversi
la tua vita. Nessun altro ti aiuterà.

Sei dipeso dagli altri così a lungo?

Adesso prenditi cura di te,
assumiti le tue responsabilità.
Lo devi a te stesso: devi guardare
in profondità dentro di te,
per capire cosa stai facendo
della tua vita.

Nel tuo cuore c'è poesia?
Se non c'è, non perdere tempo:
aiuta il tuo cuore
a filare e a tessere poesia.

Nella tua vita c'e'
un po' di romanticismo?
Se non c'e', sei già morto,
sei già nella tua tomba.
Esci da quella tomba!

Fa' in modo che nella tua vita
ci sia un po' d’avventura. Esplora!
Ti attende
un'incredibile varietà di bellezza.

(Osho Rajneesh)

mercoledì 28 gennaio 2015

Pettegolezzi e preoccupazioni



“Come stranamente simili sono chiacchiere e preoccupazioni. Tanto le une quanto le altre sono il prodotto di una mente inquieta. Una mente inquieta deve avere una mutevole varietà di espressioni e di azioni, deve essere occupata; deve avere sensazioni sempre più accentuate, interessi passeggeri, e le chiacchiere contengono gli elementi di tutte queste cose. Le ciarle sono l’antitesi medesima dell’intensità e del fervore. Parlare di un altro, simpaticamente o con cattiveria, è un’evasione dal proprio io, e l’evasione è causa di irrequietezza. L’evasione è di per se stessa irrequieta.

Interessarsi degli affari degli altri sembra occupare la maggior parte della gente, e questo interessamento si rivela nella lettura d’innumerevoli riviste e giornali, con le loro colonne di pettegolezzi, i loro resoconti di delitti, divorzi e così via. Come ci interessa ciò che gli altri pensano di noi, così siamo bramosi di sapere tutto di loro; e da ciò sorgono le crude e sottili forme di snobismo e di adorazione dell’autorità. Diventiamo sempre più esteriori e interiormente vacui. Più siamo esteriori, più debbono esserci sensazioni e distrazioni, e ciò da origine a una mente che non è mai tranquilla, che non è capace di profonda ricerca e di scoperta.

Il pettegolezzo è un’espressione della mente inquieta; ma il solo fatto di essere silenziosi non indica una mente tranquilla. La tranquillità non viene in essere con l’astinenza o il diniego; viene dalla comprensione di ciò che è. Comprendere ciò che è richiede una pronta consapevolezza, perché ciò che è non è statico. Se non ci preoccupassimo, in massima parte non ci accorgeremmo di essere vivi; lottare con un problema è per la maggioranza di noi indicazione della nostra esistenza.

Non possiamo immaginare la vita senza un problema; e più siamo assorti in un problema, più vivi crediamo di essere. La costante tensione su un problema che soltanto il pensiero ha creato non fa che ottundere la mente, rendendola insensibile e stanca. Perché questo incessante preoccuparsi di un problema? Il preoccuparsi risolverà il problema? O la risposta al problema viene quando la mente è tranquilla? Ma per la maggioranza delle persone, una mente tranquilla è cosa piuttosto temibile.

Hanno paura di essere tranquilli, perché lo sa il cielo che cosa potrebbero scoprire in se stessi, e preoccuparsi è prevenire questo. Una mente che tema di scoprire deve stare sempre sulla difensiva e l’irrequietezza è la sua difesa. Per la tensione continua, per l’abitudine e l’influsso delle circostanze, gli stati consapevoli della mente si sono fatti agitati e irrequieti. L’esistenza moderna incoraggia questa superficiale attività, questa distrazione, che sono un’altra forma di autodifesa. La difesa è resistenza, che inibisce la comprensione.

La preoccupazione, come il pettegolezzo, assomiglia all’intensità e alla serietà. Ma quando si osservi più attentamente, si vedrà che essa deriva dall’attrazione e non dall’ardore. L’attrazione è sempre mutevole ed è per questo che gli oggetti della preoccupazione e del pettegolezzo cambiano. Il cambiamento non è che continuità modificata. Ciarle e preoccupazioni possono avere fine solo quando l’irrequietezza della mente sia compresa.

La mera astinenza, il controllo e la disciplina soltanto non procureranno la tranquillità, ma ottunderanno la mente, rendendola insensibile e ristretta. La curiosità non rappresenta la via della comprensione. La comprensione viene dalla conoscenza di se stessi. Colui che soffre non è curioso; e la semplice curiosità, coi suoi eccessi meditativi, è un intralcio alla conoscenza di se stessi. La meditazione filosofica, come la curiosità, è un indizio di irrequietezza; e una mente irrequieta, pur dotata che sia, distrugge la comprensione e la felicita.” (Jiddu Krishnamurti)

domenica 25 gennaio 2015

La nostra vera natura



“Realizzarsi significa anzitutto fare pace con se stessi,
senza perdere il gusto e la passione per la vita.”
(Dugpa Rimpoche)

“In uno dei suoi discorsi brevi, il Buddha afferma che i cavalli si dividono in quattro categorie: eccellenti, buoni, mediocri e pessimi. Secondo il sutra (discorso o insegnamento del Buddha) il cavallo eccellente si muove prima ancora di sentire sulla schiena il colpo di frusta: l’ombra della frusta o il più piccolo richiamo del cavaliere sono sufficienti per farlo avanzare. Il cavallo buono si muove alla minima frustata. Il cavallo mediocre non si sposta finché non sente dolore, e il cavallo pessimo aspetta che il dolore gli penetri fin dentro le ossa.

Nel suo libro “Mente zen, mente di principiante” Shunryu Suzuki afferma che quando si ascolta questo sutra si vorrebbe essere sempre il cavallo eccellente; ma in realtà, durante la meditazione, non ha proprio importanza che voi siate il cavallo migliore. Suzuki precisa che, in effetti, è il cavallo più scadente il praticante migliore. Attraverso l’esperienza ho capito che la pratica non ha nulla a che vedere con l’essere il cavallo eccellente o quello buono, mediocre o pessimo. La pratica consiste nello scoprire la nostra vera natura, e nel parlare e nell’agire in conformità con essa. Qualunque sia la nostra natura, sono la nostra ricchezza e la nostra bellezza ciò a cui gli altri sono sensibili.

Un giorno dissi a Chogyam Trungpa Rinpoche che non riuscivo a praticare nella maniera giusta. Avevo appena iniziato le pratiche vajrayana e avrei dovuto praticare le visualizzazioni, ma proprio non ci riuscivo. Provavo e riprovavo ma non visualizzavo un bel niente. Mi sentivo una specie di impostore, perché la pratica non mi veniva naturale. Ero molto avvilita, perché tutti gli altri sembravano avere ogni sorta di visualizzazioni e procedevano senza problemi. Rimpoche mi disse:

“Diffido sempre di quelli che affermano che va tutto bene. Credere che va tutto bene, in genere, è una forma di arroganza. Se una cosa ti riesce troppo facile, ti rilassi: vuol dire che non stai facendo un vero sforzo, e quindi non saprai mai cosa significa vivere fino in fondo la condizione umana.” Così mi incoraggiò dicendo che finché si hanno tali dubbi la pratica sarà corretta. Quando si comincia credere che tutto vada a gonfie vele e ci si sente orgogliosi e superiori agli altri, allora… attenzione!

Dainin Katagiri Roshi una volta ha raccontato la sua esperienza di sentirsi il cavallo peggiore. Quando si recò negli Stati Uniti era un giovane monaco di quasi trent’anni. Da molto tempo era monaco in Giappone, dove tutto era così preciso, chiaro e pulito. Negli Stati Uniti i suoi discepoli erano hippie con i capelli lunghi e sporchi, che andavano in giro scalzi e vestiti come straccioni. Non gli piacevano. Era più forte di lui: non poteva sopportarli quei tipi! I loro modi erano per lui un’offesa totale.

Raccontò: “E così, per tutto il giorno, davo insegnamenti sulla compassione, e la sera tornavo a casa e piangevo dalla disperazione, perché mi rendevo conto che non provavo neanche un briciolo di compassione. Dato che i miei discepoli non mi piacevano, dovetti lavorare molto più duramente per aprire il mio cuore.” Come suggerisce Shunryu Suzuki nel suo libro, questo è un punto decisivo: siccome scopriamo di essere un cavallo peggiore, siamo spinti a impegnarci più seriamente. […]

Non dobbiamo essere duri con noi stessi quando pensiamo, durante la pratica, che la nostra meditazione, il nostro oryoki o il nostro modo di vivere appartengano alla categoria del cavallo peggiore. Possiamo invece guardare con compassione il senso di inadeguatezza, usarlo come sprone per continuare a impegnarci nello sviluppo interiore, nella ricerca della nostra vera natura. In tal modo, non solo scopriremo la nostra natura autentica, ma impareremo anche a comprendere gli altri, perché, nel più profondo del cuore, quasi tutti hanno la sensazione di essere il cavallo peggiore.

Può darsi che vi considererete più arroganti o che consideriate arrogante qualcun altro. Ma chiunque abbia sperimentato anche solo un attimo di arroganza, sa che essa non è altro che una specie di maschera, che si indossa quando ci si sente il cavallo peggiore ma ci si sforza di dimostrare il contrario. Suzuki Roshi afferma che la meditazione e l’intero processo di scoperta della nostra vera natura sono un errore continuo, e che ciò, anziché motivo di sconforto e depressione, in realtà devono servire da incitamento.

Quando vi accorgete di essere caduti, usate il vostro errore come uno sprone a rialzarvi, non con i sensi di colpa ma con l’orgoglio per tutto ciò che vi capita, orgoglio per la persona che siete proprio come siete, per la vostra bontà, la vostra bellezza o la vostra indegnità. Comunque vi consideriate, siatene orgogliosi e fate di questo orgoglio uno sprone. Il lignaggio Karma Kagyu del buddhismo tibetano, nel quale vengono istruiti i discepoli di Chogyam Trungpa, è talvolta definito “lignaggio dei guai” perché i suoi saggi e venerati maestri ne hanno combinate di tutti i colori.

Il primo di questi maestri fu Tilopa, che era veramente matto da legare. Il suo principale discepolo era Naropa, un tipo così intellettuale e concettuale che gli ci vollero 12 anni, durante i quali venne sottoposto da Tilopa a prove di ogni genere, come fargli passare sopra un carro, per cominciare a risvegliarsi. Era talmente concettuale che quando gli si parlava di qualcosa diceva: “Oh sì, ma di sicuro dicendo questo vuoi intendere quest’altro!” Era fatto così.

Il suo discepolo principale fu Marpa, famigerato per il suo pessimo carattere. Aveva frequenti accessi di collera, picchiava le persone e le insultava. Era anche un ubriacone. Inoltre, era famoso per la sua incredibile testardaggine. Rinpoche raccontava di lui che aveva iniziato a studiare il Dharma perché sperava di fare tanti soldi portando in Tibet i sacri testi indiani e traducendoli in tibetano. Il suo discepolo fu Milarepa, che era niente di meno che un assassino! Divenne discepolo di Marpa perché era terrorizzato dalla prospettiva di finire all’inferno per i crimini che aveva commesso.

Il discepolo di Milarepa fu Gompopa, dal quale ha preso il nome Gampo Abbey. Poiché tutto gli riusciva facile, era un arrogante. La notte precedente il suo primo incontro con Gompopa, Milarepa disse ad alcuni discepoli: “Domani arriverà qualcuno che è destinato a diventare il mio principale discepolo. Colui che lo condurrà da me acquisterà grandi meriti.” Così appena Gompopa entrò nel villaggio, una vecchietta lo riconobbe e gli corse incontro dicendo: “Milarepa mi ha detto che stavi arrivando e che diventerai il suo discepolo prediletto, e voglio che sia mia figlia a portarti da lui!”

Gompopa pensò: “Devo proprio essere un tipo speciale!” e tutto orgoglioso se ne andò da Milarepa, sicuro che sarebbe stato accolto con molti onori. E invece Milarepa lo fece sistemare in una grotta, e andò a trovarlo solo dopo tre settimane. In quanto al discepolo principale di Gompopa, il primo Karmapa, l’unica cosa che sappiamo di lui è che era estremamente brutto. Si dice che somigliasse ad una scimmia.

Si racconta anche che lui e altri tre importanti discepoli di Gampopa vennero espulsi dal monastero perché una volta si erano ubriacati e avevano cantato, ballato e infranto le regole monastiche. Allora, possiamo farci coraggio. Sono questi i saggi seduti di fronte a noi, i saggi ai quali ci prostriamo. Possiamo venerarli come esempio della nostra saggezza innata di esseri illuminati, ma forse è anche giusto venerarli come persone confuse, disorientate e piene di nevrosi, esattamente come noi.

Sono buoni esempi di persone che non si sono mai arrese e non hanno avuto paura di essere se stessi. E grazie a ciò hanno scoperto le loro più vere caratteristiche e la loro vera natura. Il fatto è che la nostra vera natura non è un qualche ideale al quale dobbiamo elevarci. È ciò che siamo in questo preciso istante, ciò con cui possiamo fare amicizia e che possiamo onorare.” (Pema Chodron, Senza via di scampo: la via della saggezza e della gentilezza amorevole, Feltrinelli)

venerdì 23 gennaio 2015

Ipersoluzioni



“Sire, l’anelito alla perfezione è fra le malattie
più perniciose che possono colpire lo spirito dell’uomo.”
(Appello del Senato a Napoleone I)

Secondo Paul Watzlawick esistono delle soluzione che chiameremo ipersoluzioni, almeno finché non troveremo un termine più appropriato. Il termine indica un certo modo di affrontare i problemi ossia un modo che, pur volendo agire con i migliori propositi, si finisce per ottenere gli effetti più disastrosi. Il termine è nuovo ma la condizione è vecchia come il mondo, e viene illustrata nel Macbeth dove il meccanismo è illustrato ottimamente.

Il dramma shakespeareano è legato al ruolo delle 3 streghe a cui Macbeth chiede un responso sulla sua sorte futura. Ma le 3 streghe hanno avuto l’ordine di Ecate, l’oscura dea della fortuna, di rovinarlo perciò lo ingannano con la promessa di un futuro radioso. Macbeth è felice di crederlo perché è assetato di potere, e nel tentativo di far avverare la profezia, andrà in rovina. Ma perché Ecate odia così tanto Macbeth? Questo non lo sappiamo, ma è sicuro che Ecate rovina tutti gli uomini con le sue ipersoluzioni: su questo non c’è dubbio.

La sua attività distruttiva continua anche oggi, ma Ecate oggi deve usare strategie più raffinate: ma lo schema resta quello del dramma. Macbeth è ammaliato dall’ebbrezza del potere perciò commette i delitti più atroci per raggiungere il suo scopo. Quando esita, Ecate gli impedisce ogni pentimento e accellera la sua sconfitta. Ecate interviene e ordida alle streghe di rassicurarlo. Impone di dirgli che Macbeth potrà essere sconfitto solo da un uomo non nato da donna, e solo quando la foresta marcerà contro di lui.

Rinfrancato da due condizioni che crede irrealizzabili, Macbeth affretta il disastro commettendo altri misfatti. Naturalmente questo è un esempio letterario, ma l’azione di Ecate è presente in mille esempi antichi e attuali. In molti casi le persone usano delle ipersoluzioni che portano sventura nel mondo, ma le mascherano da buone intenzioni. Ecate non indossa più la maschera della signora degli spiriti e della magia che è accompagnata da un branco di cani latranti.

Watzlawick narra il caso di un tipo che chiama “il nostro uomo” per artificio letterario. Il tipo visse felice, finché si chiese se la vita fosse retta da regole proprie. E nel porsi il quesito vide finire la sua felicità e si ritrovò come il millepiedi a cui chiesero come potesse muovere con tanta eleganza e fluidità tutte le sue molte zampette. Il millepiedi iniziò a pensarci sopra, e non fu più capace di camminare. Detto in parole semplici, il nostro uomo si ritrovò in quella stessa condizione d'impotenza.

Capire l’ordine del mondo significa porsi la questione della sicurezza del mondo. Ma, alla questione si può risolvere solo con un Si! o con un No! E dato che il tipo non era un triste pessimista, preferì optare per il Si! E allora iniziò a cercare le prove a favore della sua opzione. Affrontò una spaventosa Via Crucis che lo spinse a cercare le risposte nella filosofia, nella logica, nella sociologia, nella teologia e in altre forme di culto e di interpretazioni minori del mondo, ma non trovò nessuna risposta certa.

Ogni volta aveva l’impressione che quel ramo del sapere fosse in possesso della risposta giusta, ma non era mai vero. Ogni volta c’era un qualcosa che non quadrava, perché la certezza che sembrava raggiunta veniva spostata in un futuro incerto. Tutto andava: alla fine dei tempi, dopo il raggiungimento di una certa condizione spirituale, oppure dopo lo sviluppo di altri presupposti che avrebbe dato certezze solo dopo averli realizzati.

L’unica cosa certa, e fu notato da tutti quelli che lo conoscevano era che, prima della ricerca era aperto e fiducioso nella vita. Adesso era diventato un maniaco della sicurezza. Molte volte, lui stesso, si diceva che, in passato, era fiducioso perché non rifletteva abbastanza sulla sua sicurezza. Adesso prendeva tutte le precauzioni del caso, però si sentiva sempre più insicuro. Le sue precauzioni potevano scongiurare solo un pericolo alla volta, ma non potevano impedire l’insorgere di altri tipi di pericolo di tipo collaterale.

L’aumentare delle precauzioni fu notato dai vicini che iniziarono a ridere delle sue ossessioni. Iniziarono a parlare alle sue spalle per l’uso ridicolo di certi suoi accorgimenti maniacali. Tutto questo lo infastidiva e aumentava la sua insicurezza, perciò lo spinse ad aumentare le precauzioni. E più vigilava e più trovava altri motivi per farlo. Passarono gli anni, ma il problema del nostro uomo non si è ancora risolto.

Da tempo, dice Watzlawick, il nostro uomo ha esteso l’atteggiamento paranoico a tutto il mondo e all'intera vita, perciò non trova più l’armonia, l’accordo, la felicità e la riconciliazione. Ma com’è stato possibile? Sono intervenute altre strategie ideate da Ecate. Fra i trucchi e le illusioni che lei usa maggiormente vi è il convincimento che una quantità maggiore si traduca, per forza, in una maggiore qualità. L'ovvia conseguenza di questa opinione illusoria è l'avvento di una mania moltiplicatoria.

Niente di più logico che supporre che una soluzione, dopo che si è trovata e provata, si possa applicare, con le opportune moltiplicazioni, anche alle problematiche maggiori. L'inganno di Ecate è nascosto nella realtà che, le cose non fanno solo dei salti di quantità ma anche dei salti di qualità. E il passaggio, di solito, colpisce le persone come se fosse un disastro inaspettato. Non riflettono mai sul fatto che, si può arrivare ad un certo punto, in cui è normale che il troppo storpia, come si dice in gergo.

Le ipersoluzioni sono sbagliate perché la soluzione adatta in scala ridotta non resta buona se viene applicata al problema di scala maggiore. E sicuramente, dopo una soluzione sbagliata ci si può ritrovare con una problematica peggiore di quella iniziale. L’altra illusione di Ecate è l'idea che, se una cosa è male il suo contrario deve essere sempre un bene. Questa visione distorta è attribuito al fondatore delle dottrina gnostica, Mani, che credeva in un radicale dualismo: spirito e materia, luce e ombra, dio e demonio. Lui voleva risolvere il contrasto con la vittoria assoluta del bene sul male.

Purtroppo, le cose del mondo non sono semplici, dice Watzlawick, perciò ci si inizia a dispiacere che il prossimo non si comporti come noi vorremmo che facesse, perciò soffriamo se vediamo che non mantiene i suoi impegni. Il nostro uomo vede che il mondo è fuori squadra, e si prende la briga di volerlo salvare. Ma così facendo diventa la preda di Ecate. Infatti, come i servizi segreti, anche Ecate è sempre alla ricerca di ubriaconi, di donnaioli e di cialtroni ossia di categorie di persone facilmente ricattabili.

Perciò Ecate e le sue streghe si iniziano a prendere cura delle persone che, non solo vogliono raddrizzare il mondo, ma che vogliono anche renderlo felice. Ecate decide di fare un addestramento graduale che inizia quando il nostro uomo inizia a coltivare l’assoluta certezza che il suo modo di vedere sia l’unico modo giusto di vedere le cose. Di solito raggiungere questo obiettivo è facile perché l'orizzonte spirituale del nostro tipo copre più o meno lo spazio di uno schermo televisivo.

Poi il nostro uomo inizia a chiedersi perché solo lui possa vedere con tanta lucidità il male che c'è al mondo, mentre tutti gli altri vegetano e sono passivi. Deve esserci un potere oscuro che agisce in questo senso, lui pensa che certamente è stata orchestrata una mistificazione. Ma chi è che mistifica le cose? Sono coloro che hanno interesse a lasciare che le masse restino nell’ottusità perciò siano le vittime dell’imperfezione del mondo. Sono tutte le persone che ostacolano quelli che stanno prendendo la strada del paradiso.

Perciò il nostro uomo vuole mobilitare le masse, vuole aprirgli gli occhi e vuole infiammarle. Ormai il nostro uomo non è più padrone del suo pensare che procede solo per opposti. Tutto sommato è il modo con cui si addestra un folle. Lui voleva fare il bene e la felicità del mondo soprattutto per quelli che non l’hanno mai avuta. Ma arriva il punto che le cose prendono il loro corso. Adesso la cosa prende una forma, diventa un fenomeno in cui si deve credere ossia un’ideologia.

Qualcuno può pensare che Ecate lancia ipersoluzioni in un mondo debole e indifeso. Si crede che il mondo non vede una sciagura, se non quando è troppo tardi per fermarla, ma questo non è vero. Alcuni vedono le intenzioni di Ecate e cercano di contrastarla. Essi vedono un certo numero di lupi che si sono travestiti da agnelli, e che trovano ogni forma di auto-giustificazione alla loro violenza. Perciò vedono che altri dicono che fanno attentati terroristici per amore dell’umanità.

Questi profeti non sono muniti che di timidi barlumi di pensiero perciò si arrogano il ruolo del chirurgo che usa il suo bisturi contro un’umanità che credono bisognosa di aiuto e ottusa. Resta da capire, perché l’attentatore non sa capire che una strage non ha il potere di fare un’azione di destabilizzazione, ma che è destinata solo a creare un nuovo ordine. Accade che molte persone diverse e con diverse idee sentono il pericolo, si tengono vicine, e chiedono di avere un ulteriore irrigidimento dell’ordine stabilito.

Resta inteso che l’irrigidimento può creare l’esigenza di compiere altre folli imprese dello stesso genere. Eraclito ci aveva avvertito che le posizioni estreme non portano all’annullamento dei contrari, ma che portano al loro inasprimento. Ma in fondo, dice Watzlawick, a chi volete che interessi oggi giorno l’opinione di uno eccentrico come Eraclito?

Tutti pensano che sia meglio votarsi anima e cuore a coltivare una causa nobile anche se essa comporta doversi macchiarsi di delitti. Adesso Ecate è contenta perché ha compiuto il suo lavoro ossia sfruttare il male prodotto dalle buone intenzioni. Perciò, dice Watzlawick, ci sorge il sospetto che l’opposto del bene non sia il male, ma che sia il peggio. Se guardiamo ciò che avvenne nella storia vediamo che la religione dell’amore e dell’esaltazione della Madonna ha portato alla lotta contro le streghe.

Vediamo che gli ideali della Rivoluzione francese hanno portato al regime che usava la ghigliottina, che lo Scià è stato rimpiazzato dagli ayatollah e così via. E perché? Perché l’idea che il contrario del male sia il bene non funziona. Ogni aspirazione incondizionata al bene assoluto e supremo sia esso un valore come la sicurezza, la patria, la pace, la felicità oppure ciò che volete, è sempre una ipersoluzione che rischia di farci finire in un campo di rieducazione.

Ma Ecate non è contenta quando incontra delle persone che sanno scoprire l’inganno. Vi sembrano sogni? Neanche troppo, dice Watzlawick. Ammettiamo che alcuni non rispettano le regole, ammettiamo che sono pochi ma c’è chi capisce che il gioco che vede vincere tutti è meglio. Sembra improbabile, ma ammettiamo che qualcuno comprenda che è meglio vincere tutti. Chiaramente chi è fortemente motivato a salvare il mondo non vuole. Per gli altri c’è Paul Watzlawick, con il suo libro "Di bene in peggio: istruzioni per un successo catastrofico", edito da Feltrinelli.

Buona lettura
Sharatan

martedì 20 gennaio 2015

La trasformazione interiore



“Come trasformare il vostro essere? Cosa dovete fare? Nulla! Perché il vostro essere si trasformi, dovete vedere. Vedere qualcosa che vi trasformi. Nessuno cambia lavorando solo con se stesso. Voi sapete riparare molte cose e questo è un dono. Quando però tentate di riparare le persone, con ogni probabilità, avrete dei problemi. Voi non dovete fare nulla; dovete vedere le cose in modo nuovo. Il cambiamento avviene attraverso il vedere. La metanoia, il pentimento, poiché il regno di Dio è arrivato!

Pentirsi non significa piangere per i propri peccati; pentirsi significa vedere tutto in modo nuovo, cambiare idea, trasformare il cuore. Come quell’uomo che disse a sua moglie: “Ho cambiato testa!” e quella esclamò: “Grazie a Dio! Spero che questa funzioni meglio!” È così! Letteralmente, un’altra testa, un altro modo di vedere le cose. Un nuovo modo di vedere tutto. Questa è la trasformazione di cui sto parlando. Quando ciò avviene, cambierete, voi, le vostre azioni, la vostra vita. Questo è il fuoco!

Di cosa avete bisogno per vedere le cose in modo nuovo? Non c’è bisogno di forza, non vi si chiede di essere utili; non ci vuole fiducia in se stessi, né forza di volontà, né sforzo. Ci vuole buona volontà, per pensare a ciò che non è abituale, buona volontà per vedere qualcosa di nuovo. E ciò è l’ultima cosa che l’essere umano vuole. Gli uomini non vogliono vedere nulla di differente da quello che hanno sempre visto.

Perciò Gesù incontrò tante difficoltà quando annunciò la sua Buona Novella. Non solo perché era buona. Agli uomini non piace ascoltare cosa buone. Vogliono soffrire, vogliono sentirsi miserabili, per non sapere. Inconsapevolmente gli uomini vogliono produrre la sofferenza. A loro non piace la parte buona della Buona Novella. A loro non piace la parte nuova della Buona Novella!

Siete pronti a vedere le cose in modo diverso? Attenzione: non accettate tutto ciò che vi dico solo perché sono io a parlare, altrimenti non ne riceverete alcun beneficio. Quando vi dirò, non prendetelo per oro colato. Mi piace ricordare un detto di Buddha: “Monaci e discepoli non accettate le mie parole per rispetto”. Fate come l’orefice con l’oro: lo brunisce, lo leviga, lo intaglia, lo lega. Così si fa. Mantenetevi aperti, recettivi e sempre pronti a mettere tutto in discussione, a pensare autonomamente. In caso contrario cadrete nell’immobilismo, nel pregiudizio mentale. Noi non vogliamo questo.

Soffrite? Avete dei problemi? Detestate tutti i minuti della vostra vita? Vi sono piaciute le vostre ultime tre ore, ogni secondo delle vostre ultime tre ore? Se la risposta è no, se la risposta è che state soffrendo e vi sentite inquieti, allora significa che ci sono dei problemi. In voi c’è qualcosa che non va. Qualcosa di serio. State dormendo, siete morti!” (Anthony De Mello, Istruzioni di volo per aquile e polli, Piemme ed.)

domenica 18 gennaio 2015

Le Delizie dello Spirito



L’epoca della dinastia Tang fu il periodo d’oro della cultura cinese. A quei tempi, nel Paese Celeste, viveva il monaco Deshan Xuanjian uno studioso delle Sante Scritture che aveva scritto dei commenti molto apprezzati al Sutra del Diamante. La sua fama era estesa nelle provincie Nord dell’Impero dove era stimato come uno degli studiosi più illustri. Deshan era anche un convinto seguace del Vinaya ossia un devoto della più rigida disciplina basata sul rispetto di molte regole.

I suoi studi lo rendevano ostile ai maestri chan che avevano molti adepti nelle regioni meridionale dell'Impero. Deshan era convinto che i seguaci di quei maestri fossero dei degenerati perché negavano che l’Illuminazione fosse collegata allo studio delle sacre dottrine e perché non rispettavano i divieti. Credeva che i miseri che erano traviati da loro avessero un triste destino, perciò decise di partire per convertirli.

Credeva di poterli aiutare a ritrovare la Via perciò prese i suoi commenti sul Sutra del Diamante. Era sicuro che i suoi scritti potevano essere utili nella predicazione. Riempì due grandi bisacce di libri, legò le borse agli estremi di un bastone, se lo caricò in spalla e si mise in viaggio diretto verso Sud. Attraversò lo Yangtse e si inoltrò nelle province infettate dall'eresia. Viaggiando arrivò sfinito in una taverna che stava sulla strada che percorreva, perciò decise di fare una sosta per mangiare e riposare prima di riprendere il suo viaggio.

Lo studioso chiese del cibo e gli portarono varie specialità e, infine, offrirono la loro specialità cioè dei dolci squisiti chiamati “Le Delizie dello Spirito” che la padrona della locanda servì di persona. Mentre lo sta servendo, la donna gli chiese: “Reverendo, mi sembra che viaggiate con un carico pesante. Cosa avete di tanto prezioso nelle bisacce per faticare come una bestia da soma?”

Il monaco restò colpito dalle sue parole e rispose con orgoglio: “Sono scritture molto preziose. Sono i miei commenti al Sutra del Diamante!” La donna chiese: “Allora siete uno studioso. Come mai viaggiate dalle nostre parti?” Deshan rispose: “Sono venuto per convertire i seguaci del chan. Voglio riportare quei traviati sulla Via. E voi, per caso, sapete se qualche eretico vive in questi luoghi?”

La padrona sorrise e rispose: “Si, ne conosco molti. A circa un miglio da qui sorge il monastero del maestro Longdan che viene onorato come un Buddha vivente. Anch'io vado sempre a sentire i suoi insegnamenti.” Poi aggiunse con malizia: “Venerabile, voi sapete che il Sutra del Diamante insegna che lo spirito del passato è inafferrabile. E dice che sono inafferrabili anche lo spirito del presente e quello del futuro. Ditemi allora, quale spirito avete deliziato con i miei dolci? Se sapete dirmelo non vi farò pagare, se non lo saprete dire andate via subito!”

Deshan restò muto perché non trovò nulla da rispondere. Non gli restò che pagare, prendere le bisacce e uscire dalla locanda. Era stato sconfitto da quella donna impertinente, perciò si era indispettito ma rifletteva sul fatto che una semplice donna l’aveva potuto mettere in ridicolo. Se una seguace laica del maestro Longdan era così pericolosa, immaginò che il maestro fosse peggiore.

Se il maestro era chiamato Longdan che significa Stagno del Drago, era sicuro che lo stagno nascondeva un drago molto pericoloso. Mentre camminava verso il monastero in cui viveva l'avversario rifletteva su tutto questo. Si consolava pensando che l’avevano preso a tradimento e impreparato a rispondere a tono. Camminava pensando che il maestro Longdan andava affrontato con decisione e con lucidità. Giunto al monastero riposò un poco, prese fiato e poi bussò.

Al monaco che gli venne ad aprire chiese di parlare con il maestro Longdan. Fu portato nel Salone dello Studio, entrò deciso nella stanza, si guardò intorno e non vide nulla. Il salone era grande e circondato da colonne però sembrava vuoto. Deshan esclamò: “Sono giunto nello stagno, ma del drago non c'è traccia.” Una voce profonda risuonò dal fondo della sala. Longdan era seduto nell’ombra di una colonna e disse: “Il drago è nello stagno, ma gli occhi non vedono perché non sanno vedere.” A quelle parole lo studioso non poté replicare e uscì sconfitto dal rivale.

Deshan restò rinchiuso per tre giorni nel padiglione degli ospiti che era isolato dal monastero. Restò a riflettere, pensò alle cose che voleva sapere, rilesse i suoi commenti e poi chiese di avere una nuova udienza con il vecchio maestro. Longdan lo incontrò nei suoi appartamenti privati dove Deshan gli parlò del Sutra che preferiva. Nella conversazione cercò di farlo cadere in errore, ma non riuscì a trovare nessun punto debole nelle sue tesi. Longdan era preparato e rispondeva ad ogni attacco dottrinario del rivale con facilità.

Deshan tentò e ogni cosa fu inutile perciò parlarono finché Longdan disse: “Si è fatto tardi, fareste meglio a ritirarvi.” Deshan si rese conto che era giunta la notte, perciò prese congedo dal suo ospite. Uscì nel buio del giardino, ma la notte era buia e senza luna. Fece per scendere le scale ma inciampò sul primo gradino, rischiò di cadere e di rompersi la testa. Allora ritornò da Longdan e gli disse: “Maestro, il cielo è senza luna e io non vedo nulla. Non troverò la strada senza avere un lume.”

Longdan prese una candela, l’accese e gliela porse. Nel momento in cui Deshan la prendeva, il maestro Longdan soffiò sulla candela e la spense. La luce interiore si accese nel cuore di Deshan. Lui comprese, si inchinò profondamente davanti al saggio, gli rese onore e disse: “Perdonatemi maestro. Non dubiterò mai più del vostro insegnamento!” Il giorno dopo il predicatore venuto dal Nord prese tutti i suoi preziosi scritti, li accatastò nel cortile del monastero e li bruciò.

Buona erranza
Sharatan

martedì 13 gennaio 2015

Fisionomie armoniche



“Tutti gli oggetti hanno alla base
del loro essere un suono spirituale,
e nella sua più profonda essenza
l’uomo stesso è un simile suono spirituale.”
(Paracelso)

Sulla terra ci sono diversi tipi di sostanze, dice Steiner, infatti c’è la parte solida che l’occultista chiama “terra” perché rappresenta lo stato solido della materia. Tutte le parti solide sono “terra” perciò anche le ossa e i muscoli umani sono terra, in senso occulto. Poi c’è la parte liquida detta “acqua” perché acqua è anche il sangue ed i fluidi corporei. Poi c’è lo stato gassoso che è chiamato “aria.” E se guardiamo verso l’alto vediamo altre sostanze più sottili. Infatti, se prendiamo la terra di un minerale e lo riscaldiamo fortemente, vediamo che la terra fonde e diventa una fusione, cioè diventa acqua. Se l’acqua è fatta evaporare, sempre in senso occulto, diventa aria perché l’aria è la sostanza che, da ogni cosa, si sviluppa per ultima.

Se l’aria si espande diventa rarefatta perciò subentra un nuovo stato che l’occultista chiama “fuoco” e rappresenta il primo stato eterico. Il fuoco sta all’aria come l’acqua sta al solido, perciò lo stato più sottile del fuoco è “etere di luce.” Più in alto c’è lo stato di “etere chimico o del suono” perché regola l’ordine chimico delle sostanze. Questo etere regola e organizza le forze che differenziano, che separano e combinano le sostanze. Poi c’è lo stato più sottile detto “etere di vita” perciò l’occultismo dice che esistono 7 stati diversi di materia.

In senso occulto, nel corpo fisico esiste terra, acqua e aria, mentre nel corpo eterico esiste fuoco, etere di luce, etere chimico ed etere di vita. Nel contempo, il corpo eterico compenetra il corpo fisico e, il corpo astrale compenetra il corpo eterico includendo anche il veicolo denso. L’astrale può discendere fino al fuoco perché non può permeare l’acqua, la terra e l’aria. Il fisico può innalzarsi solo fino al fuoco cioè fino al fuoco scaldato che diventa vapore ossia fino all’aria. Se il fuoco sale dal basso e l’astrale scende, i loro sensi s'incontrano al centro, cioè nel corpo eterico.

La svolta evolutiva essenziale avvenne quando il corpo fisico, eterico e astrale vennero fecondati dall’io. Finché non avvenne, non esistevano che gli animali a sangue freddo cioè creature che non emettevano suoni. Quando l’uomo ebbe il sangue caldo iniziò a vivere nell’aria, perciò iniziò ad emettere suoni. Ci venne donata la facoltà di poter “emettere i suoni dell’anima” perciò l’uomo iniziò a effondere in suoni la sua anima verso l’esterno. Poté allora emettere dal suo interno quello che dall’esterno penetrava in lui” dice Steiner.

L’uomo sentiva i suoni con l’orecchio e li restituiva all’esterno tramite l'emissione di suoni, perciò l’orecchio è l’organo più antico e sviluppato, e la laringe umana è l’organo più recente che si è sviluppato. L’orecchio vibra come un pianoforte perché possiede le fibrille che vibrano ognuna per l’impulso di un determinato suono, perciò l’orecchio modifica poco o nulla di ciò che sente. Tutti gli altri sensi modificano le impressioni che ricevono dall’esterno e, in futuro, saranno perfetti come lo è perfetto l’orecchio.

L’orecchio è l’organo più altamente evoluto perché è in rapporto con il senso più antico. L’orecchio è collegato con l’orientamento nello spazio cioè con la capacità di percepire le 3 dimensioni dello spazio. Non lo sappiamo, ma l’orientamento e l’equilibrio sono correlati con l’orecchio infatti, nell’orecchio interno, ci sono tre strani archi ossia tre canali semicircolari disposti parallelamente uno all’altro. E se gli archi vengono lesi finisce la facoltà di orientamento, perché essi sono i residui del senso dello spazio che è anteriore all’udito.

All’origine si percepiva lo spazio come oggi si sente il suono, mentre oggi la capacità spaziale si attiva in modo inconscio. La struttura interna dell’orecchio mostra che c'è anche un’affinità tra il senso musicale e il senso della matematica. Dietro la fisionomia e dietro il gesto c’è l’anima che vediamo tralucere. Tutto quello che è nell’anima, dice Steiner, è anche nel corpo. Non solo quello che abbiamo in noi, ma anche quello che ci circonda è un’immagine del mondo spirituale. Tutta l’organizzazione terrena dell’uomo è un’immagine dello spirito. E quando ci esprimiamo nel linguaggio e nel canto dimostriamo tutto l’essere ossia l’organismo, il corpo, l’anima e lo spirito.

Chi entra nei mondi spirituali entra nel mondo astrale e “vede come dalle cose si distacchi una qualità” perché il mondo astrale offre una enorme quiete e parla usando solo colori oppure luci. Ma oltre il mondo sensibile e oltre il mondo astrale fatto di luce e colore esiste un mondo superiore che emette suoni. Se l’uomo entra in questo mondo sente un suono che Pitagora definisce “musica delle sfere.” La musica divina che udiamo è l’espressione del mondo devachanico. Nel nostro corpo eterico esiste il riflesso del mondo devachanico perché esso è stato plasmato nel mondo devachano perciò è completamente permeato dalle vibrazioni di quel mondo.

Il corpo eterico vibra di continuo, e se vibra verso la sua parte superiore produce tonalità maggiori, mentre se vibrante con la parte inferiore non purificata emette tonalità minori. Ma l’uomo diventa cosciente del suo sentimento di dominio solo se vibra su tonalità maggiori. Se invece sente che la vibrazione superiore non può predominare percepisce sempre la tonalità minore. Quando questo elemento musicale si riesce a inserire nel mondo universale sviluppa l’elemento del buddhi, e solo allora può conformarsi in sontuose armonie e in suoni artistici.

Il corpo eterico entra sempre in vibrazione con la musica, perciò la musica può rapire senza che scampo. L’occultista dice che l’uomo molto evoluto sente una musica celeste, ma l’uomo comune non può sentirla. L’uomo comune ha il compito di vedere l’impronta del mondo superiore nel mondo fisico, dice Steiner, e riconoscerla in ciò che si produce. La nostra anima proviene dal mondo devachanico perciò possiamo essere ammaliati dalla sua musica. Nel mondo devachanico c’è la nostra patria, perciò quando sentiamo qualcosa che ce la ricorda restiamo rapiti.

L’uomo è un essere complicato, perciò l’anima può aprire in sé facoltà superiori dovute alla conoscenza istintiva, e la musica rappresenta il modo migliore per conoscere l’essere nel cosmo. Il mondo visibile possiede un sigillo spirituale, ma dobbiamo sviluppare gli organi interni adatti a vederli. Se sviluppiamo un orecchio musicale possiamo sentire nel suono fisico, il ritmo, armonia e melodia che provengono dalle cose. I suoni influiscono sempre sul corpo eterico, ed è in rapporto con la musica emessa dalle cose e l’ascolto della musica spirituale che producono.

Il chiaroveggente, dice Steiner, può vedere come i suoni fluttuano e come afferrino la sostanza più densa del corpo eterico. I suoni fanno vibrare il corpo eterico e gli danno un senso di benessere. Ma il benessere è al massimo grado se superiamo quello che esiste nell’eterico e andiamo verso l’alto ossia verso il corpo astrale. La musica che proviene dal corpo astrale si sente solo se riusciamo a sopraffare i rumori emessi dal corpo eterico, perché la vibrazione sonora filtra dal corpo astrale a quello eterico, e viceversa.

L’uomo può penetrare profondamente nelle cose, ma non deve limitarsi a vederle per come appaiono. Deve percepire quello che le cose hanno nella loro interiorità, perciò il corpo eterico sente quando le cose iniziano a vibrare. Il suono è la vibrazione delle cose viventi perciò esprime la loro mobilità interna. Dobbiamo imparare a vedere la natura interna delle cose. Dobbiamo sentire come esse vibrano e pulsano al loro interno. Poi dobbiamo lasciare agire su di noi, il loro suono interno, finché l’anima delle cose parlerà alla nostra anima, e lo farà per mezzo dei suoni.

Un “senso” entra in azione prima che la coscienza se ne renda conto, perché agisce prima che intervenga il giudizio. Con il senso istintivo della comprensione penetriamo l’anima delle cose. Con il senso del concetto ascendiamo al primo senso astrale perciò sviluppiamo il senso adatto a percepire la spiritualità. I tre sensi astrali ci conducono sempre più dentro la struttura interna delle cose del mondo esterno. Ci inoltriamo in terre sconosciute in cui possiamo viaggiare solo con i concetti. Ma i concetti si fermano sullo strato esterno delle cose, mentre i sensi spirituali che dobbiamo sviluppare vedono l’interno delle cose.

Il corpo eterico non può progredire oltre, perciò chiede un aiuto per avanzare. L’uomo riceve aiuto dai piani superiori infatti riceve l’aiuto degli angeli. Questi esseri spirituali furono uomini in passato perciò offrono la loro sostanza astrale che è simile alla nostra. Gli angeli ci mandano la sostanza astrale e noi restiamo pervasi e la lasciamo filtrare in noi. Poi usiamo l’orecchio e la mandiamo verso quello che ci proviene dal suono. A volte il linguaggio e il suono possono venire aiutati da esseri superiori come gli arcangeli e, per loro merito, percepiamo l’anima del mondo.

Steiner dice che la sostanza degli angeli ci consente di sentire e riconoscere il tono musicale, ma anche di conoscere l’interiorità che viene rivelata dal suono. Una delle maggiori ascese alle conoscenze superiori accade quando iniziamo a “sentire qual è la differenza fra i singoli suoni nei riguardi della loro forza formativa.” La forza del suono mostra sempre l’azione dell’aria, e la forza del suono che viene articolato si mostra la prima volta, nell’elemento acqueo.

Il linguaggio è un prodotto spirituale, ma per percepire il suo spirito dobbiamo avere il senso del suono. Il linguaggio diventa un senso quando la parola ridesta la rappresentazione della cosa che viene nominata. Cosa significa avere la percezione del suono articolato? Significa che conosciamo l’organo che percepisce, che sentiamo l’armonia dei suoni che vibrano assieme, e che riconosciamo la melodia nei suoni che si susseguono. La percezione diventa completa se sviluppiamo anche il senso del rapporto tra il senso dell’elemento del suono articolato e il suono stesso.

Tutte le cose sono di vibrazione, perché il movimento serve per avere l’illusione della materia. L’infinita quantità di vibrazioni corre veloce per offrirci l’impressione della sostanza, della varietà di forma e della solidità della materia. Nell’induismo, l’uomo viene paragonato ad una corda sonora che viene accordata sulla nota del Musicista Divino. Se non lo si attua, l’uomo fa una musica sgradevole dovuta all’emissione di note dissonanti. Una musica diventa sublime se vibriamo sulla nota della Bellezza, e la vediamo come fonte di immensa beatitudine.

Le anime vibrano aritmicamente o armoniosamente perché producono scale armoniose o note sgradevoli. Si dice che l’Amore è perfetto rapporto di suoni, infatti è l’accordo che mostra l’armonia delle note. La musica divina è la musica che ci vivifica e ci trasfigura. Essa risuona con l’incontro di due anime o di due corde che vibrano all'unisono. Le due anime sono due raggi di colore che esistono in accordo, perché l’Amore crea la consonanza intima che mette le menti in sintonia.

Il polo positivo trova il polo negativo perciò l'unità si accorda sull’Amore. L’Amore è Bellezza e dona una gioia che è priva di desiderio di possesso e timore di separazione. La bellezza è il prodotto dell’accordo dei toni, perciò la Bellezza diventa un giusto rapporto delle proporzioni, e viene commisurata con la Verità Universale. La melodia è prodotta da due note che concordano, mentre l’egocentrico è chi non riesce ad accordarsi con il prodotto di note diverse.

Non c’è niente di meglio che incontrare una risonanza armonica come quella che sentiamo vibrare nell’armonia dell'Accordo. Ma questa sublime visione spirituale viene accordata solo alla nota che sa accordarsi al Sé Imperituro. Il Bello rende gioiosa ogni sensibile corda che ama tutta la realtà vivente, perché il Bello è l’estasi che unisce e che fonde tutte le anime. Sentire il Bello è una soavità che trascende ogni differenziazione, perché il Bello è Comprensione Pura che risuona nella coscienza che si è privata dell’io.

Buona erranza
Sharatan

domenica 11 gennaio 2015

Risonanza



“Il Suono intesse tutta la conoscenza.
Tutto l’universo poggia sulla risonanza.”
(Vakya Padiya)

All’origine, il Signore Supremo era in stato di riposo, perché la quiete è il primo grado di realizzazione dell’Assoluto. Lo stato iniziale è una beatitudine assoluta che non comporta la presenza dei suoni, degli oggetti e delle idee divine, perciò non c'erano i nomi (nama) e le forme (rupa). Dal quel punto, Bindu, inizia l’impulso che fa avviare la Creazione e si mostra l’energia che mette in azione tutte le Forze. Tramite il Verbo si attua il movimento delle forze che scorrono nell’universo. Il Signore Supremo dice la Parola e le cose iniziano a essere, come dice la Genesi: “Dio disse ‘Sia la Luce’ e la Luce fu” e nei Veda: “All’inizio era Brahaman e con lui era Vak.”

La Parola è il Suono, insito in forma potenziale, in Brahaman e nasce da Lui sotto forma di Energia creatrice. La Creazione inizia dal movimento della Sostanza Cosmica e il Suono che viene prodotto mentre si attua la Creazione è il suono sacro OM. Così inizia tutta la realtà duale ossia la divisione della Coscienza in Spirito e Materia. Per questo, nell'induismo si pensa che ogni suono (ahatanada) discende da un suono non manifestato (anahatanada), la cui essenza è spirituale.

Il suono spirituale che è emesso dalla Creazione può essere udito da chi si mette sulla via dello yoga, e quando si ode quella Musica Suprema si prova una beatitudine non condizionata dai sensi. I mantra sono uno degli aspetti più profondi e importanti della tradizione indiana per questo motivo. L’elemento fondamentale della formula mantrica è Vak che indica sia il verbo “parlare” che il sostantivo femminile, perciò il termine ha una duplice valenza di “parola” e di “voce”” ossia del suono che la produce. La parola possiede un significato supremo (para), uno sottile (sukshuma), e un significato materiale (shula).

Nel significato supremo, Vak è Verbo Divino che svolge un’azione creatrice e possiede anche un effetto sottile e un effetto materiale. Quando la Divinità produce un movimenito tramite il suo Verbo, la Sua Parola diventa Para-Vak, ossia la Parola Suprema. L’impulso creativo di Dio avviene con il Verbo, perciò la “Parola sottile” avvia la creazione e, infine, entra nella realtà sotto forma di Suono. Il Suono che viene emesso dall’Uovo Cosmico proviene dal suo stadio più elevato, in cui c'è Brahaman.

Da quel luogo che diventa la Matrice sonora si genera Shabda cioé il Suono che si manifesta negli uomini come lettere e come linguaggio parlato. Se la filosofia indiana dice che l’uomo conosce il mondo tramite i sensi, questo non va riferito alla capacità percettiva del soggetto, ma alle facoltà mentali che vengono sollecitate dai suoi sensi. Il movimento della sostanza viene colto dalla mente e dall’orecchio in forma di suono, ma l’occhio lo percepisce nella forma o nel colore, e la lingua lo riconosce come gusto.

Se riuscissimo a sentire il suono che è prodotto dalla Forza Creatrice potremmo sapere il nome archetipo di tutte le cose, ma le nostre orecchie non sono in grado di farlo. Solo uno yogi sa farlo e può tramandare quell’insegnamento ai suoi discepoli. I “mantra rivelati” sono i Mantra-Shastra che contengono i Bija-Mantra cioè i “mantra seme” che contengono i suoni archetipi delle cose. La tradizione indiana dice che tutto il mondo è nato da un suono spirituale, e che il Suo nome è Shabda-Brahaman.

Gli indù dicono che la via evolutiva dell’universo si svolge dal piano sottile non-manifesto al piano materiale manifestato, che Maya ci permette di conoscere. La Creazione possiede 3 gradi di emanazioni con cui lo Spirito scende dai piani spirituali a quelli materiali. Il primo grado di emanazione è quello sottile, Para, mentre il secondo ne fa ancora parte ma gli è inferiore e viene detto Pashyanti, mentre il terzo è Madhyama, e non fa parte del piano materiale ma gli è molto vicino.

Anche il suono articolato possiede due forme ossia la forma sottile e quella grossolana. I suoni hanno un grande potere che non si attiva con il pensiero concettuale, ma che risveglia le potenzialità che sono radicate nel profondo della coscienza di chi parla. I maestri indù dicono che possiamo conoscere il mondo tramite due modi diversi di vedere. Possiamo conoscere usando la ragione immanente che è collegata al mondo materiale oppure possiamo usare la mente trascendente collegata al mondo divino.

L’efficacia del suono è sempre collegata agli archetipi ossia alle energie sottili che sono collegate ai suoni. Ma, il potere del suono è collegato per affinità con "qualcosa" che è legato a chi parla, e "qualcosa" di simile o affine che è insito nell’energia che si evoca. La via della consapevolezza della struttura e dell’essenza dell’universo è collegata alla prima vibrazione della Sostanza Cosmica, cioè al sacro OM. Il mantra fondamentale è OM che deriva da AUM e corrisponde ai 3 suoni che sono correlati agli dei Brahama, Vishnu e Shiva.

AUM corrisponde alle 3 grandi divinità dei Veda, ai 3 stati di coscienza e ai 3 mondi, perciò la sacra sillaba indica l’Anima Suprema, Brahaman, e rivela la Trinità dell’Unità. Il mantra dei mantra è composto dalle 3 lettere che indicano i 3 piani dell’universo, in cui la A è il piano materiale, la U è quello sottile, e la M è quello causale ovvero l'aspetto non manifesto. Tutta la Creazione è retta dalle 3 Energie simboleggiate dalle 3 lettere. La vita animata universale è retta da 3 condizioni di coscienza: il sonno, il sogno e il risveglio. Il sonno è A e rappresenta il mondo materiale, il sogno è U e rappresenta il lato sottile mentre il risveglio è lo stato causale della M.

Nell'essere umano, la A è correlata con il suo veicolo fisico, la U con il suo corpo sottile o psichico-eterico e, la M è correlata con il corpo causale e il Puro Spirito. Il mantra OM è indicato pure come il “veicolo del prana”, Pranava, perchè il soffio divino scorre in tutte fe forme viventi. Il prana proviene dalla Sostanza Cosmica perciò vi ritorna alla morte del corpo fisico. Nell’universo nulla va perso, ma tutto viene trasformato e tutto è trasformabile. Ogni vita è come un nodo sulla Corda della Coscienza Cosmica che risuona mentre scorre: il nodo è annodato alla nascita e viene sciolto alla morte.

Gli indù dicono che, in origine, avvenne “l'addensamento” di una vibrazione rarefatta e sottile. E che, in seguito, dalla vibrazione originaria discesero piani successivi inferiori sempre più grossolani finché nacque la materia. Il rapporto tra Spirito e Materia non va pensato in maniera duale, ma va pensato come una differenziazione di energie sempre più dense. Perciò, in tutte le forme materiali è contenuto una forma di energia. Il suono dell'AUM è collegato anche alle 3 fasi respiratorie, in quanto la A è collegata alla respirazione addominale, la U alla respirazione toracica, e la M alla respirazione clavicolare.

Le ruote delle energie sono i chakras, che concentrano e distribuiscono l’energia pranica che scorre nel corpo, infatti sono posti sulla via che scorre dal capo e arriva alla base della colonna vertebrale. Il processo di “solidificazione” dell’energia che scende dall’alto e va verso il basso causa un “depotenziamento” qualitativo e quantitativo dell’energia, poiché l'effetto vibratorio scende dalla nota alta a quella bassa. Lo Spirito suona e il corpo risponde come una cassa di risonanza perché i nostri chakras sono molto sensibili ai suoni.

Buona erranza
Sharatan

martedì 6 gennaio 2015

Barlumi di luce



“In cambio del fuoco si hanno tutte le cose
e prima di tutte le cose, vi è il fuoco.”
(Eraclito di Efeso)

Quando ci avviciniamo ad una concezione e apprezziamo le sue idee, la prima tentazione è quella di volerla elargire agli altri. I maestri avvertono che corriamo questo pericolo e osservano che, non facciamo neppure in tempo ad assimilare una concezione che, ci illudiamo di poterla insegnare. La cosa più difficile è quella di vivere un percorso spirituale in prima persona, e non volerlo predicare agli altri. L’intento della ricerca spirituale non è quella di divenire tutti maestri, ma è quello di acquisire una diversa forma di coscienza, e di viverla concretamente. Non si deve parlare di voler essere, ma è necessario Essere realmente. Plotino afferma che il miglior capolavoro che si può realizzare è quello di rendersi “bello” rendendo bella la nostra anima, e che questo si può realizzare se impariamo a vedere il Divino.

Nelle "Enneadi", Plotino afferma che la Bellezza perfetta è la Bellezza Divina che è una bellezza di grado eccelso. Se la bellezza si percepisce con gli occhi, anche l'orecchio può sentire "l’accordamento delle parole" perché il percepire è anche saper sentire la musica che risuona nelle cose. Bellezza è ciòo che vediamo nelle azioni, negli atteggiamenti, nei costumi e nella scienza, ma esiste anche la Bellezza che splende nella virtù. Superiore a ogni bellezza è la Bellezza che trascende la forma. Questa bellezza non si percepisce con i sensi, ma si vede con l’Anima anche se è priva di sensi. Per avere questo tipo di visione si deve affinare la sensibilità a riconoscere lo spirituale, perciò si deve ascendere e contemplare.

Plotino insegna che l’uomo che possiede l’Anima del Bello distoglie lo sguardo dalle forme terrene, perché sa che quelle sono sono ombre della Bellezza. Al massimo grado è nella Bellezza che corrisponde anche al Bene, e dal Bene deriva la contemplazione dello Spirito che è fattore di Bellezza suprema. L’Anima è bella per lo Spirito, perciò le cose vengono rese belle in virtù della bellezza che l’Anima vi sa imprimere. Anche i corpi sono creature dell’Anima perciò l'anima li rende belli in proporzione alla bellezza che la riguarda. Questo l'Anima lo può fare con tutto ciò che tocca e che domina. Plotino insegna che si può fare un Bello che trascende la forma, e si realizza se apriamo la vista, l’udito e il tatto e vediamo non più la forma-quantità ma l’Essenza che è qualità vitale dell'essere.

Il musico apprezza tramite la sua sensibilità, l’Armonia che invisibile. Un musico diventa come l’amante che trova l’amato nell'Accordo dell’Amore. I sensi fanno amare il mondo ma, gradualmente, si ascende e vede il Bello invisibile che è nascosto nel mondo fisico. La bellezza materiale è solo il riflesso sbiadito della vera Bellezza, ma partecipa - in modo più o meno perfetto - alla Bellezza del mondo superiore. La vera soluzione è quella di ascendere e passare dalla sensibilità emotiva e individuale alla sensibilità universale che vede l’Accordo e l’Armonia. L’uomo usa tre canali per salire e scendere, infatti ha i sensi per conoscere il mondo. Per mezzo della sua mente conosce l'interiorità più profonda, e con la meditazione sale nel mondo divino e vede la realtà che resta invisibile ai sensi.

Nei misteri dionisiaci insegnavano che il Fuoco è la forza attiva che produce tutte le cose. La terra si comporta come una forza passivo che restava a ricevere il fuoco. Il Fuoco è la forza che impregna e che illumina la materia, sebbene sia invisibile e occulto. Agrippa nella "De Occulta philosophia" afferma che il Fuoco è smisurato, che è mobile e che è suscettibile di comunicarsi a tutto quello a cui si avvicina. Il Fuoco è la forza che rinnova e conserva la natura, perciò comprende tutti gli altri elementi sebbene il fatto sia occulto. Agrippa dice che il Fuoco è “atto a crescere per propria natura e a comunicare la sua grandezza agli oggetti che riempie di sé… esso riduce la materia… e non diminuisce per quanto concede abbondantemente.”

Il "Corpus Hermeticorum" insegna che lo Spirito ha una “Veste di Fuoco” e che anche il minimo frammento di quel fuoco ha il potere di incendiare il mondo intero. Kundalini addormentata alla base della colonna dorsale è il Fuoco non volgare che va fatto andare verso l’alto, fino a fonderlo con il Fuoco di Shiva che arde al centro della fronte. I maestri dicono che, al nostro interno, ci sono i fuochi delle nostre emozioni e delle nostre passioni che possono diventare il fuoco liquido caldo della felicità oppure il fuoco liquido freddo della mortificazione. La mente è fuoco che scioglie, che plasma e che forma il nostro destino. Quando pensiamo siamo fuoco akashico, quando percepiamo siamo fuoco solare, e l’ira ci trasforma in fuoco elettrico.

L'interno della terra è caldo, perciò i fuochi interni crescono e scendono. E anche mentre dormiamo abbiamo una fiamma di vita che ci sostiene e ci nutre nel suo caldo abbraccio. Ogni ente deve diventare radiante come accade nei minerali, perciò diveniamo radioattivi quando passiamo dalla condensazione alla radianza. La massa è fatta con fuochi condensati che devono diventare Energia pura ovvero Fuoco-Luce radiante. La massa deve diventare energia come dice la scienza, perciò i tempi antichi ci tramandano l’Arte perenne e sacra che insegna a trasformarsi. I fuochi condensati sono creati dalle reazioni basate sul corpo e sulla realtà fisica, perciò sono manifestazioni egocentriche che ci rendono metallizzati, riduttivi e unilaterali.

La comprensione dei fuochi interni rivela la sintesi della nostra vita. La comprensione dei fuochi universali rivela il fuoco dell’Essere, mentre l’Essenza del Fuoco rivela la Realtà della manifestazione. Si parla di Fuoco come Luce e come Suono, ma il suono non è prodotto da strumenti musicali. Il Suono è prodotto dal Fuoco che vibra e che saetta, e insegna a vivere in Armonia. Il Fuoco rivela la bellezza di essere un’unità o un anello della catena universale dell’Essere. Conoscere tutte le forme del Fuoco si offre la Beatitudine di sapere che siamo fatti a somiglianza dell’Essenza. La consapevolezza delle sue espressioni ci fa sentire la sua grande Potenza che ci renderà mai schiavi perché ci ama e conosce.

Il vaso fisico è il vero animatore e il modificatore degli elementi, perciò il Fuoco penetra, muove, restringe o amplia il nostro vaso mentre lo plasma. Vivendo nel vaso fisico possiamo realizzare tutto ciò che siamo, a livello potenziale. Le potenze del Fuoco rendono schiavi se non diventiamo i forgiatori del nostro destino. Questa è una via che non è indicata a tanti. La maggioranza delle persone è affamata di mistero, di potere materiale o psichico perciò è bisognosa di adattarsi alla vita profana. Costoro hanno bisogno di avere il conforto psicologico e la commiserazione degli altri.

La via del fuoco è la soluzione che manca di ogni sostegno, perché i sostegni alimentano i fuochi individuati perciò devono essere eliminati. La maggioranza ama perpetuare l'incompletezza perciò vuole coltivare solo i valori materiali o spirituali che sono amati dalle piazze. I cercatori dell’arte non amano frequentare i salotti alla moda e non amano le piazze affollate, perché sono meditativi che non vogliono sprecare le loro energie. Chi vuol dare deve avere, perché non si offre ciò che non si possiede. L’io empirico si illude di poter dare senza avere, e vive coltivando l'illusione. L’io fenomenico è sempre alla ricerca frenetica di un Accordo che non riesce a trovare in se stesso.

Anche se gli viene offerto un frammento di luce, gli si oppone e pretende d'imporre la sua arte fatta d’incompiutezza. L’io è il fantasma della mente perciò è assetato di desideri irrazionali, di volontà di dominare, di auto soddisfazione compiaciuta, e d'indipendenza. Ma è costretto a mendicarla perciò si svende a poco prezzo. Il desiderio è qualcosa che non è compiuto perciò è insoddisfazione e consapevolezza di non aver risolto. Il desiderio appagato è la soluzione provvisoria e la temporanea evasione dalla nostra incompletezza. Si cerca solo quello che non si ha. La solitudine dell’io è dovuta all’ignoranza di essere il Fuoco che tutto pervade, perciò ignoriamo che la nostra fiammella fa parte del grande Fuoco universale.

Ma, per farlo, dobbiamo amare la vita e dobbiamo lasciare spazio alla Bellezza, alla Armonia e all'Accordo. La consapevolezza maggiore è quella che la cosa più bella e preziosa è nascosto all'interno dell'Essere. La cosa peggiore è quella di credere che il dolore, la violenza e l’ignoranza siano un fatto naturale. Gli uomini si sono cristallizzati a credere che l’essere umano sia la bestia più sanguinosa e feroce della terra. Questo errore di prospettiva ci fa ripiegare impauriti in noi stessi per difesa, ma diventano più cinici e duri. Questa condizione è suicida perciò dobbiamo cambiare percorso perché amare il conflitto oppure l'armonia dipende dalla nostra libera scelta.

Buona erranza
Sharatan

giovedì 1 gennaio 2015

Buon anno!



Sopra la vetta una coltre di nuvole,
il fiume gelato alla sua sorgente.
Se vuoi vedere,
sali sulla cima del monte.
(Hakuyo)