martedì 3 febbraio 2015

Coltivare i semi benefici



"La qualità della nostra vita dipende
dalla qualità dei semi che giacciono
nel profondo della nostra coscienza."
(Thich Nhat Hanh)

"La coscienza esiste a due livelli: sotto forma di semi e come espressione di quei semi. Supponiamo che in noi ci sia un seme di rabbia. In presenza di condizioni favorevoli, quel seme potrà esprimersi come una zona di energia che chiamiamo rabbia. È qualcosa che brucia, e che ci fa soffrire molto. È molto difficile essere gioiosi quando si manifesta il seme della rabbia.

Ogni volta che un seme ha occasione di esprimersi, ne produce di nuovi della sua stessa natura. Se siamo arrabbiati per cinque minuti, in quei cinque minuti si produrranno altri semi di rabbia che andranno a depositarsi nel nostro inconscio.

Ecco perché dobbiamo scegliere con cura il tipo di vita che conduciamo e le emozioni che esprimiamo. Quando sorrido, emergono i semi del sorriso e della gioia. Nel momento in cui si esprimono, sto piantando nuovi semi di sorriso e di gioia. Ma se non pratico il sorriso per diversi anni, quei semi si indeboliranno, e forse perderò la capacità di sorridere.

Dentro di noi ci sono tanti semi di diversa natura, positivi e negativi. Alcuni li abbiamo piantati nel corso della vita, altri ci sono stati trasmessi dai genitori, dai nonni e dalla società in cui viviamo. In un piccolo seme di granturco è contenuta tutta l'informazione, trasmessagli dalle generazioni precedenti, necessaria a germogliare, a produrre foglie, fiori e pannocchie di granturco.

Anche il nostro corpo e la nostra mente contengono le informazioni derivanti dalle generazioni precedenti. I nostri nonni e i nostri genitori ci hanno trasmesso semi di gioia, di pace, di felicità, ma anche semi di dolore, di rabbia e così via. Ogni volta che viviamo in modo consapevole piantiamo semi buoni, e rafforziamo i semi buoni già presenti dentro di noi.

I semi buoni si comportano come gli anticorpi. Quando un virus entra in circolo nel sangue, il corpo reagisce producendo anticorpi che accerchiano il virus, se ne impadroniscono e lo trasformano. Lo stesso vale per i semi psicologici. Se piantiamo semi sani, benefici, rigeneranti, saranno loro a prendersi cura spontaneamente dei semi distruttivi. Per riuscire, bisogna alimentare la scorta dei semi rigeneranti.

Un giorno, la nostra comunità subì la perdita di un carissimo amico, un francese, che aveva dato un grosso contributo alla nascita del Plum Village. Morì d'infarto durante la notte. Al mattino, ci dettero la notizia. Era una persona deliziosa, e incontrarlo anche per pochi minuti ci aveva dato sempre tanta gioia. Per noi era l'incarnazione della gioia e della pace. Il mattino in cui si seppe che era morto, rimpiangemmo di non aver goduto più spesso della sua compagnia.

Quella notte non riuscii a prendere sonno. La perdita di un amico come lui faceva troppo male. Ma, il giorno dopo, dovevo tenere una conferenza e avevo bisogno di dormire, quindi portai la mia attenzione sul respiro. Era una rigida notte d'inverno; rimasi steso nel letto, visualizzando i begli alberi che crescono nel giardino del mio eremo.

Anni prima avevo piantato tre cedri di una varietà himalayana, che ora sono diventati altissimi. Praticando la meditazione camminata, avevo l'abitudine di fermarmi ad abbracciare i miei bellissimi cedri, inspirando ed espirando. I cedri hanno sempre risposto al mio abbraccio, ne sono certo. Quindi non feci altro che restarmene a letto a respirare, diventando una sola cosa con i cedri e con il respiro. Stavo meglio, ma non riuscivo ancora a dormire.

Alla fine, rievocai l'immagine di una bambina vietnamita deliziosa che si chiama Piccolo Bambù. Arrivò al Plum Village che aveva due anni, ed era così graziosa che tutti volevano tenerla in braccio, soprattutto i bambini. Non c'era verso che la lasciassero camminare con le sue gambe! Ora ha sei anni e ad abbracciarla ci si sente splendidamente, come rigenerati. Quindi la invitai a emergere nella mia coscienza e restai con quell'immagine accompagnandola col respiro e il sorriso. Pochi minuti dopo caddi in un sonno profondo.

Tutti noi dobbiamo avere una riserva di semi belli, buoni e abbastanza forti da esserci d'aiuto nei momenti difficili. A volte, la massa di dolore che ci portiamo dentro è tanto grande che anche il fiore che abbiamo sotto gli occhi ci sembra irraggiungibile. Allora ci rendiamo conto di aver bisogno di aiuto. Se disponiamo di una provvista rigogliosa di semi buoni, possiamo evocarne alcuni in nostro aiuto. Se avete un amico che vi sta a cuore, che vi capisce, se sapete che per sentirvi meglio basta sedervi accanto a lui anche senza parlare, potete evocare la sua immagine e 'respirare in compagnia.'

Questo semplice gesto può essere di grande aiuto in un momento difficile. Ma se è passato molto tempo dall'ultima volta che lo avete incontrato, la sua immagine sarà troppo sbiadita per riportarla facilmente alla coscienza. Mettiamo che sia l'unico che può aiutarvi a ritrovare l'equilibrio, e che l'immagine che ne serbate sia sbiadita. Non c'è che una soluzione: comprare un biglietto e andarlo a trovare, perché vi faccia compagnia non come seme, ma come persona.

Se decidete di andarlo a trovare, visto che il tempo a disposizione è limitato dovete spenderlo bene. Una volta arrivati, sedetegli accanto: subito vi sentirete più forti. Dato che fra non molto verrà il momento di tornare a casa, approfittate dell'occasione per coltivare una perfetta consapevolezza di ogni istante prezioso della vostra permanenza. Il vostro amico può aiutarvi a ritrovare l'equilibrio, ma questo non basta.

Spetta a voi diventare forti dentro, per potervi sentire bene quando sarete di nuovo soli. Ecco perché, sedendo o camminando in sua compagnia, dovete restare consapevoli. Altrimenti, se la sua presenza vi serve solo a lenire il dolore, il seme della sua immagine non si rafforzerà abbastanza da sostenervi quando tornerete a casa. Dobbiamo coltivare la consapevolezza senza sosta, per piantare dentro di noi semi benefici e rigeneranti. Allora, quando ne avremo bisogno, si prenderanno cura di noi." (Thich Nhat Hanh)

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