venerdì 4 giugno 2010

Essere Luce a noi stessi


“Allora egli è luce a sé stesso;
poiché egli sta presso la luce del Sé e va intorno,
compie il suo lavoro e torna a casa.”

(Brihadaranyaka Upanishad, IV, 3-6)


Jung scriveva che la natura non ha nulla da temere ad essere interpretata dalla psicologia, ma la spiritualità corre sempre dei rischi qualora sia inquadrata in una metafisica. Laddove l’uomo inizia a definire una realtà divina si arroga il diritto di abbracciare il Tutto diventando un messia, mentre si nega l’ignoranza del vero sapiente che è consapevole di non sapere nulla. In questo modo avviene che Dio diventa colui che ha il timore di essere penetrato, come se Dio potesse temere la minaccia di una mente umana!

Invece l’uomo si dovrebbe rassegnare alla ricerca del divino essendo consapevole che essa non possa essere conseguita pienamente poiché, è nell’essenza del mistero non poter avere mai una soluzione. In effetti vi è nella natura umana il destino di dovere assumere una maggiore consapevolezza per poter conoscere la fine dell’isolamento ma, nel contempo, il senso d’isolamento si accresce qualora sperimentiamo pienamente la nostra Reale Unicità: ecco perché la ricerca spirituale è assai rischiosa, e perché richiede il coraggio di un leone.

Nell’alchimia si indica di operare il “riscaldamento” per significare un ampliamento di coscienza progressivo affinché, l’essere spirituale che noi siamo possa avere un’illuminazione maggiore però, lo stesso concetto, significa anche che la vita deve divenire più intensa in modo da acquisire una maggiore consapevolezza. Nella nostra testa deve entrare il concetto che la coscienza consapevole è la sola forma mentale che possa aiutarci a riconoscere una Via che sia percorribile poiché dotata di un cuore e di un senso: è l’andare con consapevolezza che aiuta a vivere una vita completa.

La natura della coscienza è identificata con la luce, perciò illuminare e riscaldare la vita sono dei concetti equivalenti, infatti ogni separazione tra la coscienza e la vita sono destinati a produrre una perdita di senso, e un conseguente senso di sradicamento dell’animo umano che viene condotto alla morte per carenza di nutrimento. Dobbiamo divenire consapevoli del fatto che il ricongiungimento tra la coscienza e la vita è la forma più intelligente di percorrere una Via.

L’uomo crede che la sofferenza sia la condizione naturale umana invece, il sentimento di scissione e di sofferenza è il modo con cui la nostra vita ci richiede indietro il suo senso, e il modo con cui il nostro Essere interno grida perché vuole condurre liberamente la sua esistenza. E' tramite la sofferenza che dovremmo comprendere come la strada intrapresa sia un sentiero senza vie di uscita e di fuga. Ecco un’altra limitazione che ci facciamo, qualora ci neghiamo il dono di poter cambiare un percorso laddove un sentiero sia errato: ecco un modo imbecille per cancellare il libero arbitrio dalla nostra vita!

Il messaggio nascosto nel cambiamento è nella spinta alla sperimentazione di vie nuove e più adatte ai nostri sensi e ai nostri veri sentimenti perciò più giuste, poiché ci rendono maggiormente felici. Molti scrivono che l’accrescimento di consapevolezza è capire che la modifica delle condizioni equivale a rettifiche e migliorie del progetto di vita. Assumendo come pienamente nostra una tale saggezza, la nostra vita diventa subito più piacevole e gioiosa poiché possiamo inventarla sempre, e la sentiremo sempre rinnovata ogni giorno.

Inizialmente, quando non avevamo divisioni, eravamo pienamente unificati nell’Uno che è il mare profondo, l’oceano di pace che riposa nel cuore del nostro inconscio. E’ questa realtà profonda la parte più nobile e anche la più alta del nostro essere e, in quel luogo, il progetto della nostra vita e la nostra coscienza consapevole più elevata sono completamente fuse. In questo luogo vi è l’insuperabile Unità che è fusa nel crogiolo della purificazione interna.

Ecco perché i germogli del mondo vegetale vengono sempre dissetati dalle acque che permeano la terra, ma poi possono germogliare solo tramite il calore di un fuoco che sale, e che li penetra procurandone la crescita fino al pieno splendore della loro fioritura. Questo processo è la “decantazione” o “sublimazione” del nostro essere in cui le parti inconsce devono affiorare alla piena coscienza per ottenere, contemporaneamente, una buona vita e una piena evoluzione della coscienza individuale.

La sola via che la saggezza addita è quella di vivere la vita con spontaneità, nel pieno abbandono a noi stessi in modo che la parte più profonda emerga per additare liberamente ciò che essa vuole percepire e realizzare per essere felice. Dicono che il nostro recinto sacro interno contenga un cerchio magico che delimita un “sacrum” che è il tabernacolo in cui è racchiuso il segreto dell’origine, e dove conosciamo la meta ultima dell’anima nostra.

Fissiamo la nostra attenzione e la nostra voglia di partecipazione al recinto sacro interno in cui esiste la completa Unità, in cui abbiamo la fusione primigenia di cui godevamo all‘origine, e allora andremo, così meditando, a recuperare il Tutto: è qui che abbiamo il recupero dei frammenti d’anima, è il luogo in cui riuniamo le scintille di Luce in cui siamo frantumati nella scissione del vaso, nella separazione tra l‘Io e il Sé che viene vissuta nella materialità.

L’unità della coscienza è identificata al centro della fronte in cui viene visualizzato un punto luminoso che è il “punto creativo” in cui si fondono “essere” e “coscienza” e che perciò, vengono indicati con il simbolismo della Luce. La luce infatti, possiede una grande gamma di intensità ma possiede anche un senso d’intensità vitale che gli permette di estendersi in un territorio sempre maggiore: allora immaginiamo la luce anche nel pieno equilibrio dell’intelletto.

E’ così che dobbiamo pensare se vogliamo immaginare la natura della Fonte di energia che proviene dall‘interno, e che è l’energia vitale che si slancia all’esterno del mondo poiché vuole manifestare sé stessa. La Fonte è nel recinto sacro poiché il concetto di circolarità è il deambulare in tondo usato nelle meditazioni contemplative per favorire la piena concentrazione, e la salda fissazione del nostro “perno interno” in modo da avere un corretto ancoramento equilibrato.

L’immagine della ruota che gira, e del sole che percorre la volta del cielo in un moto che è sempre uguale è il girare in cerchio dentro di noi stessi per contenere il nucleo dell’individualità personale fondendo Luce e Ombra interne. Pensando così restiamo incantati dalla maestosità e dalla potenza dell’atto di autoconoscenza umana che permette questa incubazione di noi, pensando così siamo smarriti nel senso incredibile del divino e siamo talmente estasiati che stare a chiedersi come sia e perché sia questo, diventa talmente irrilevante da divenire un nulla!

Buona erranza
Sharatan

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