martedì 3 agosto 2010

L’ordine del mondo


“La paura o la stupidità sono sempre state
alla base della maggior parte delle azioni umane”

(A. Einstein - Lettera a E. Mulder, aprile 1954)



Michel Foucault affermava che tra le parole e le cose non esiste più un significato di corrispondenza, poiché tra il 18. e il 19. sec., il modo di essere delle cose è stato profondamente trasformato. L’ordine su cui si basava il pensiero ha avuto una profonda rivoluzione impostagli dal corso storico degli avvenimenti, così che si è prodotta una cesura che produce nell‘uomo una lacerazione tra il mondo e la sua rappresentazione dello stesso.

Questa è la ragione per cui è apparsa la soglia costituita dall’uomo che cerca di fornire un significato alle cose che rischiano di non offrire più l’ordine e la coerenza al mondo, e la mente umana che cerca di ricostruire un ordine in cui non sente più inserita: così nasce un luogo silenzioso, scisso, instabile e imperfetto in cui è consegnato il nostro pensiero.

La civiltà tolteca ha offerto la stessa immagine del mondo e dell’uomo affermando che l’uomo assume dei simboli e delle convenzioni per agire sul mondo, perciò utilizza il linguaggio per dare dei nomi alla realtà al fine di creare un significato e una coerenza, così da poter agire sulle cose. Di questo ordine noi siamo autori e creatori: queste sono le regole del gioco, e sono il frutto delle convenzioni che accettiamo sul senso delle cose e del mondo.

Ciò che nominiamo non ha altro senso che quello offerto dall’attribuzione di una simbologia condivisa, infatti tutta la verità che conosciamo del mondo è un’immagine a cui diamo un significato convenzionale: e questi simboli sono necessari per spiegare a noi stessi il senso e l’ordine del mondo. Infatti i modi di pensare e le concezioni non sono che una creazione a cui diamo la connotazione di realtà: i simboli che crediamo veri lo sono soltanto perché li riteniamo tali.

Allora c’è un oggetto che viene percepito, che è un dato oggettivo perciò reale, e c’è una interpretazione dell’oggetto che è soggettiva poiché è frutto delle convenzioni umane. Tutto ciò che l’uomo può acquisire è necessario che passi attraverso dei semi di significato, cioè engrammi dotati di significato pregnante e completo, poiché solo così l’uomo può “mentalizzare” la realtà soprattutto quando essa raggiunge un livello complesso di difficoltà.

Nella mente umana vengono seminate le idee fin dai tempi più precoci della vita tramite il nostro addestramento alle regole del mondo, cioè alle verità con cui i nostri padri e i nostri antenati hanno sempre concepito le cose, infatti ascoltiamo tante voci del mondo che ci dicono cosa va bene e cosa non va, abituando la nostra mente a sentire delle voci interne che guidano le azioni che compiamo.

In questo modo accogliamo tutte le concezioni create nel tempo e che si sono stratificate fino a divenire la verità sul mondo e delle cose che avvengono. L’uso del linguaggio e della simbologia culturale crea una realtà virtuale che viene percepita come vera sebbene sia frutto di un accordo fittizio a cui prestiamo fede e attenzione, poiché siamo addestrati a farlo fin dal primo sviluppo. Queste sono le preconcezioni che troviamo definite dal mondo: accettare questa consapevolezza significa poterci ribellare e liberare dal gioco.

Ciò che possiamo fare con la consapevolezza è eccezionale poiché conoscere la verità su noi e sul mondo ci libera e ci porta alla padronanza sulla nostra vita, negando ogni alibi e ogni incertezza sulle nostre concrete capacità di divenire i veri signori e i veri padroni della nostra realtà. E’ la responsabilità che connota l’azione dell’uomo che è padrone e maestro nell’arte di rappresentare e di agire sul mondo.

E' questo il motivo della paura e della resistenza al cambiamento e al mondo, poiché l‘uomo è abituato a vivere come uno schiavo, perciò teme una libertà che non sa come gestire. In realtà la mancanza di consapevolezza nasconde il timore di lasciare i posti tranquilli in cui siamo stati addestrati a vivere, infatti temiamo tutti i territori sconosciuti perché inquietanti e primitivi.

Ammettere che noi siamo i maestri della realtà che viviamo non è facile e privo di fatica, perciò richiede molto coraggio. E‘ necessaria l‘audacia e la fiducia nella bontà e nella bellezza della vita: questo fa la differenza, perciò è il limite di salvezza. Tutti nascono con questa consapevolezza ma poi essa viene obnubilata dal fumo del mondo, che ci offre una visione limitata e falsata guardando oltre lo specchio opaco e affumicato in cui contempliamo la nostra realtà, che è uno specchio offuscato dalle concezioni e dalle visioni a cui siamo abituati a credere.

Il fatto che l’uomo soffra non impedisce di perpetrare l’illusione di un mondo sbagliato, sebbene questa condivisione sia una concezione punitiva della vita. L’addestramento del mondo avviene seminando nel terreno della mente i semi delle idee, da cui germoglia il sistema di credenze e di preconcezioni da cui nasce il sacro Libro della Legge in cui sono tutte le istruzioni sulle giuste regole, e sulle norme del mondo.

Questa è la ragione per cui, molte delle verità create dalle persone passate non muoiono con loro, ma gli sopravvivono nella mente e nel cuore di coloro che vengono dopo di loro, e che le coltivano ancora. Che colpa abbiamo se siamo ammalati perché contaminati dal sogno angoscioso del mondo?

Nella contaminazione comune a tutti, gli altri diventano degli specchi in cui impariamo a vedere rappresentato ciò che vogliono che noi facciamo per loro: è in questo modo che impariamo a vivere credendo che le gioie e le soddisfazioni interne provengano dal plauso e dal consenso del mondo esterno, e non dallo sviluppo della nostra vera essenza interiore.

Così impariamo a vivere cercando di piacere a tutti ma non riuscendo a piacere veramente a nessuno e, soprattutto, rendendoci infelici e limitati poiché impariamo a usare la nostra magia di creazione e il nostro potere contro noi stessi. E’ per questo che la nostra prima padronanza è rivolta alla consapevolezza di questo funzionamento.

Nell’individuo viene inserito un Giudice che osserva e condanna ogni azione, vi è una Vittima che è condannata perché inadeguata e indegna. La nostra mente è abitata da un Parassita che sfrutta le nostre migliori energie vitali sabotando la felicità che per noi è possibile e naturale. L’uomo è nato con lo scopo di vivere bene e di essere felice, ha il diritto di amare, di godere della vita, e di condividere l’amore, e questo si ottiene se impariamo ad essere noi stessi, cioè esprimendo ciò che siamo e facendolo al meglio di come possiamo.

Questo è il seme migliore da piantare nella nostra mente e ci permette di essere vivi, di amarci, di amare la vita e di amare anche gli altri, perché dire “Ti voglio bene!” è la massima parola divina. Le vecchie abitudini sono dure a morire e difficili da estirpare, perciò non dobbiamo sentirci in colpa e giudicarci male se non riusciamo a cambiare con la velocità che vorremmo però, insistendo si ottengo delle sicure modifiche poiché è la pratica costante che crea il Maestro.

Ogni cosa si impara facendo delle continue ripetizioni, perciò bisogna ripetere molte volte prima di diventare esperti e sicuri: è solo questione di tempo, di metodo e di pazienza. Per cambiare non è sufficiente meditare ma è indispensabile muoversi ed agire, perciò bisogna onorare praticamente ciò che siamo.

Si inizia con l’amare e il rispettare il nostro corpo, perché esso va amato, accettato, accudito, curato e stimato perciò va ben nutrito, va esercitato con una buona disciplina fisica, e va gratificato in tutte le sue necessità: esso va celebrato poiché è il tabernacolo in cui vive il Dio che abita in noi. Nello stesso modo va onorata la nostra mente con un adeguato nutrimento mentale e, infine, va curato anche l’ambiente energetico in cui viviamo poiché anche esso nutre o avvelena l‘uomo.

Tutti cercano di impedire le trasformazioni usando la paura e il dubbio, perciò ogni elemento può divenire un reale impedimento perché l’abitudine al vecchio pensiero è molto profonda e potente. Tutto il pianeta è governato da patti e accordi con cui dirige le cose, ed essi sono sostenuti da tante persone perciò la forza della sua energia è veramente imponente poiché è viva e ci circonda completamente: l‘opposizione a tante forze richiede un intento eccezionale.

I Toltechi affermano che dobbiamo diventare dei grandi Cacciatori di energia per essere dei Guerrieri che hanno la forza di difendere il loro modo di vivere. La meta del guerriero è fuggire dall’inferno del mondo per non tornarci più, e la sua meta è trascendere il sogno sbagliato del pianeta che ha creato l’inferno sulla terra: la sua ricompensa è la fine della sofferenza per divenire in vita una incarnazione di Dio.

La cosa centrale è mantenere il potere di cui possiamo disporre per mantenere il nostro accordo positivo sul mondo. E’ certo che questa diventa una vera e propria guerra spirituale di guerrieri che vogliono costruire dei sogni che siano dei capolavori di gioia e di amore, cioè di veri uomini che possono controllare i sogni poiché sanno fare delle scelte, accettando di pagarne il giusto prezzo.

Una volta che sappiamo le regole del gioco possiamo divenire consapevoli perciò decidere se vivere come fanno tutti oppure costruire il nostro sogno personale: i guerrieri toltechi sono coloro che hanno il coraggio della ribellione e della guerra al Parassita emozionale che dirige il sogno imposto dal mondo. Il guerriero è colui che ha il coraggio di ribellarsi contro la schiavitù per iniziare la guerra contro ciò che controlla la sua mente togliendogli la libertà.

Come in tutte le guerre, non abbiamo la certezza di poter vincere perché in ogni guerra si può perdere o vincere ma non è questo l’importante: essenziale è non avere chiuso gli occhi, è essersi permessi di osservare fino in fondo ciò che è vero, è avere capito come vanno le cose e avere scelto la nostra strada con coraggio. E‘ la scelta della strada che dimostra il coraggio di essere noi stessi: noi abbiamo il coraggio di entrare in guerra se non vogliamo essere più vittime.

E se anche questo sogno non potesse essere realizzato nel guerriero resta immutato l’orgoglio di non avere piegato il capo davanti alle ingiustizie e alle violenze del mondo senza essersi neppure ribellato. In una guerra dura è possibile restare uccisi, perciò il vero guerriero non lotta per la vittoria in campo, ma lotta per avere l’opportunità di poter trascendere il mondo e di ottenere il suo paradiso sulla terra. E anche il solo tentativo merita il rispetto e l’onore per colui che lo compie.

Buona erranza
Sharatan


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