venerdì 31 luglio 2009

I rami dell'universo


E’ di Cartesio il “Cogito ergo sum” che affermava il pensiero come dimostrazione dell’essere. Oggi sappiamo che è vero il contrario, e che è la consapevolezza a produrre il pensiero: per pensare è necessario avere coscienza. Non casualmente la mentalità occidentale è di tipo cartesiano, poichè considera il pensiero razionale come l’unica chiave per la consapevolezza umana, continuando un pregiudizio che risale al pensiero greco. Siamo cresciuti nella convinzione che la civiltà sia progredita “dal mythos al logos”, cioè dalle favole alla scienza, da una condizione imprecisa ad una realtà precisa e ordinata.

La coscienza e l’uomo sono la macchina organica che volevano i materialisti meccanici settecenteschi come Julien Offray de La Mettrie, che sosteneva la materialità dell'anima, essendo un elemento corporeo allo stesso titolo di altri organi. Ma ormai si sa che la coscienza non è il prodotto dell’attività cerebrale, e che essa può trascendere i confini fisici di tempo e spazio. La scienza studia i due tipi di energia più importanti, cioè quella potenziale e quella cinetica, così come le osserviamo nel pendolo che, se non avesse un potenziale energetico non potrebbe oscillare e perciò non avrebbe neppure energia cinetica.

Perciò da qualche parte esiste, ancor prima della creazione, una forma di energia che aspetta solo di manifestarsi: la vita ha sempre avuto il potenziale di manifestarsi ed è sempre esistita. I biologi cercano di dimostrare l’esistenza di una evoluzione delle forme viventi e anche quando usano la teoria del Big Bang in realtà parlano di esistenza latente, una potenzialità di cui non si è dimostrata un’origine certa. Così il materialismo ha visto per centinaia di anni nella materia la causa ultima della creazione di tutte le cose, fin quando la fisica di inizio ‘900 non ha dimostrato che la causa ultima è l’energia.

Secondo l’induismo, la coscienza richiede la materia per manifestarsi ma non ha bisogno della materia per esistere, perché la manifestazione esteriore della matera è un potenzialità insita fin dall’origine, e per esistere non ha bisogno di tempo e spazio: le vibrazioni della coscienza produssero l’energia e da questa si originò la materia. Senza questi movimenti della coscienza non avremmo né il tempo né lo spazio. La coscienza proietta sé stessa nell’universo materiale, assume non solo forme materiali ma anche qualità che si manifestano tramite queste forme, come potenzialità che poi diventano realtà, e la fisica ha dimostrato la concezione induista.

Una delle chiavi della meccanica quantistica, è il principio di indeterminazione formulato da Werner Heisenberg nel 1927, nel quale si afferma che: “non è possibile conoscere simultaneamente la quantità di moto e la posizione di una particella con certezza.” E’ questa la tesi con cui il mondo del determinismo causa-effetto cede il passo a quello dell'indeterminismo e del caso, perché il principio di indeterminazione pose fine al determinismo, così come teorizzato in origine Isaac Newton, secondo il quale era sufficiente conoscere la posizione e la velocità di un corpo per poter calcolare, con le leggi della fisica classica, tutti i suoi stati presenti e futuri.

Per Newton e poi per Laplace, doveva esistere un insieme di leggi fisiche in grado di predire qualunque accadimento futuro e passato che si potesse verificare nell'universo: il principio di Heisenberg esclude questa opzione. Il principio di indeterminazione esclude la possibilità di conoscere con un'accuratezza infinita la condizione iniziale nello spazio e/o nel tempo, essendo determinata da più di una grandezza fisica, come posizione e velocità, tempo ed energia, e che quindi risentono dell'indeterminazione.

Nella interpretazione di Copenaghen del 1927, nella meccanica quantistica l'universo fisico non esiste in forma deterministica, ma piuttosto come una collezione di probabilità, o potenziali. Nella fisica classica, si ricorre alla probabilità per sopperire ad una nostra conoscenza incompleta dei dati iniziali, mentre in meccanica quantistica, i risultati delle misurazioni di variabili coniugate sono fondamentalmente non deterministici, e anche conoscendo tutti i dati iniziali è impossibile conoscere a priori il risultato di un esperimento, poiché l'esperimento stesso influenza il risultato. Secondo la teoria quantistica, anche un singolo quanto di luce disturberà la particella alterandone in modo imprevedibile la velocità, e quanto più è precisa la misura, tanto più essa è invasiva e disturba il fenomeno da misurare.

In fisica, il principio di località afferma che degli oggetti distanti non possono avere influenza diretta l'uno sull'altro: un oggetto viene influenzato direttamente solo dalle sue immediate vicinanze. Il realismo locale è una caratteristica di rilievo della meccanica classica e della relatività generale, ma la meccanica quantistica rifiuta largamente questo principio a causa della presenza di entanglement quantistici.

L'entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno quantistico, privo di analogo classico, in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dagli stati di ciascuno dei sistemi che compongono l'insieme, anche se questi sistemi sono separati spazialmente. Esiste un teorema fisico della relatività, il quale sancisce l'impossibilità di trasmettere, tramite questa proprietà, informazione ad una velocità superiore a quella della luce.

Nel 1935 Einstein, Podolsky e Rosen formularono il paradosso EPR per il loro attacco alla meccanica quantistica, ma la conclusione andò in direzione opposta alle intenzioni originali dei tre scienziati. Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, perciò EPR, è un esperimento ideale che dimostra come una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico può propagare istantaneamente - secondo l’interpretazione di Copenhagen - un effetto sul risultato di un'altra misura, eseguita successivamente su un’altra parte dello stesso sistema quantistico, indipendentemente dalla distanza che separa le due parti. Questo effetto è noto come "azione istantanea a distanza" ed è incompatibile con il postulato alla base della relatività ristretta, che considera la velocità della luce la velocità limite alla quale può viaggiare un qualunque tipo d'informazione.

Ulteriori sviluppi teorici e sperimentali seguiti all'originale articolo di EPR, dimostrano che alcune delle teoriche azioni a distanza previste dall'esperimento ideale EPR accadono realmente, e costituiscono la prova positiva a favore della meccanica quantistica. Sono state sviluppate e stanno progredendo delle tecnologie che si basano sull'entanglement quantistico o intreccio di stati quantistici, e una teoria che ha fornito la spiegazione degli universi multipli.

Secondo questa teoria, ogni volta che qualcosa è incerto, l’”Albero dell'Universo” cioè il fenomeno di tutte le ramificazioni possibili e potenziali di eventi, produce un altro ramo e si ramifica. Ciascuna ramificazione, appena prodotta, è un diverso universo simile al precedente, perché l'incertezza generalmente è piccola, all'inizio, ma poi dovrebbe differenziarsi. Ogni possibilità è quindi un accadimento che capita da qualche parte nell’Universo.

Buona erranza
Sharatan

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