domenica 5 giugno 2011

Ama te stesso e osserva!


“Se vuoi essere amato, ama”

(Lucio Anneo Seneca)

Come il cibo è il nutrimento del corpo, scrive Osho, così l’amore è il nutrimento dell’anima perciò, se il corpo è lasciato senza cibo si indebolisce e muore, così anche l’anima che viene privata dell’amore diventa sempre più debole. Da secoli il potere e la chiesa amano quelli che sono poveri d’amore perché fragili e deboli, infatti chi ha l’anima forte perché sazia dispone di energia e di sicurezza e si sente ribelle: queste anime forti e ribelli sono sempre represse.

L’anima che è rinforzata dall’amore diventa rivoluzionaria, poiché l’amore ci infonde l’ebbrezza del volo e ci dona la visione raffinata che sa andare oltre le apparenze, infatti l’amore raffina i sensi e ci rende tanto percettivi da non poter essere ingannati, sfruttati o oppressi. Ma solo chi ama sé stesso sa amare gli altri, dice Osho, perché chi si ama si rispetta, perciò sa come amare e come rispettare l’altro, infatti amare significa identificarsi con l'altro, perciò saper capire quello che accresce il suo piacere.

Chi ama comprende che tutti gli esseri umani nelle cose fondamentali sono identici, perciò nulla di ciò che l’altro sente può essere estraneo al mio modo di sentire. Chi ama prova piacere se riceve amore, rispetto e dignità, perciò sa come offrirli anche agli altri, infatti possiamo donare solo ciò che abbiamo. Chi ama prova piacere nell’essere accudito e il suo piacere trabocca all‘esterno, perché chi vive l’amore lo vuole condividere con il mondo: l’amore non può vivere nascosto.

Per questo l’uomo deve amarsi se vuole amare e il primo passo, dice Osho, è sempre nell’amare sé stessi, anche se Socrate diceva che bisogna conoscersi, e “Conosci te stesso” era l’invito che rivolgeva ai suoi discepoli, ma io mi chiedo, dice Osho, come possiamo voler conoscere coloro che non amiamo? Tutti dicono che l’uomo è indegno e imperfetto, infatti tutti parlano volentieri delle nostre limitazioni e riescono a vederle così bene da poterle ingrandire e dilatare a loro piacimento facendole divenire anche maggiori di quello che sono.

Tutti vogliono chiuderci nelle limitazioni e nei difetti, e come non potrebbero, se sono le loro stesse limitazioni e gli stessi difetti che vedono in loro stessi? Perciò tutti sanno trovare delle carenze sempre più ampie, perché è in gioco la loro credibilità e l’occultamento della loro personale impotenza di cambiare, e della loro mancanza di coraggio. Il gioco è nella loro credibilità o nella tua! Ecco il motivo per cui l’uomo non riesce ad amarsi e perché nel mondo esiste così poco amore.

L’uomo che si ama diventa come l’onda che si diffonde nel mondo, perché l’amore trabocca e non viene limitato da un solo oggetto, infatti l’amore è illimitato perché è universale, perciò chi ama è un individuo libero dalla sofferenza, e vive come una divinità che cammina sulla terra. Il mondo teme Dio perché teme la sua ira, perciò lo assimila alla morte, infatti gli uomini hanno ucciso molti dei Buddha che sono venuti nel mondo vedendo la loro grandezza come una prova della limitazione umana, e non sapendoli vedere come un esempio di ciò a cui può giungere la natura umana.

L’uomo teme il suo Dio, perché la Chiesa e le istituzioni lo convincono che è un essere debole, indegno e bisognoso di essere accudito, infatti l’uomo è trattato come un bambino a cui viene somministrata una dose di verità minima, poiché potrebbe non sostenerla. L’uomo è povero e debole nella ragione, perciò va accudito, infatti gode di una libertà che è condizionata dal consenso e dall’arbitrio degli altri. Una persona che ama sa pensare, perciò solo chi ama può essere meditativo, infatti la meditazione è la capacità di celebrare ciò che siamo e di essere in relazione con noi stessi, poiché l’altro non è necessario.

Nella meditazione siamo soli ma sufficienti a noi stessi, ma solo se ci amiamo sappiamo restare in nostra compagnia. E come potremmo stare con un nemico? Nella meditazione vi è la celebrazione della presenza a noi stessi, infatti siamo vivi e in connessione con tutto ciò che vive. Per essere meditativi bisogna amare la nostra manifestazione e il nostro modo di essere: per essere presenti è necessario sentire il gusto del respiro che ci anima, perché quell’amore ci dona la forza e la vita ci scorre nelle vene.

Ma, attenzione! Solo chi ama sa celebrare l‘amore, perché se siamo ostili alla vita e odiamo il nostro modo di essere non possiamo stare in presenza del nemico, infatti fuggiamo a noi stessi. A chi piace stare con chi è ostile? A chi piacerebbe sprofondare nell’inferno dell’estraneo? Ognuno nasconde i suoi difetti con dei fronzoli e con dei fiori profumati, infatti ognuno vuole sentirsi migliore di quello che è, e il mascheramento riesce se l’uomo fugge la solitudine in cui deve analizzare sé stesso.

Si usa anche il tempo come una via di fuga, infatti viene sprecano con delle cose futili che servono per non pensare, perciò fuggiamo dal presente per le stesse ragioni per cui fuggiamo dalla solitudine, e quando Buddha ci dice: “Ama te stesso e osserva!” molti intendono il monito al contrario. Tutti puntano l’attenzione sull’osservazione, che è sempre necessaria, ma pochi comprendono che il primo passo è l’amore, poiché solo se ci amiamo sappiamo stare in meditazione: amarsi viene prima della conoscenza di Socrate, perché l’amore apre la strada, poi viene la conoscenza che è sempre successiva, dice Osho.

L’amore è l’accettazione preliminare, infatti se accettiamo gli altri sappiamo vederne i difetti come qualità che non ci impediscono di amarli, poiché il difetto diventa la particolarità e non è una limitazione per offrire l’amore. Molti credono di poter iniziare dalla seconda parte, perciò pensano che l’osservazione sia la meditazione, ma il concetto che Buddha insegna è che l’osservazione dona la consapevolezza della visione. L‘osservazione interiore fa emergere la vigilanza che rende acuti e percettivi, perciò l’uomo diventa consapevole della sua vita, e scopre che il mondo lo ha reso come una macchina, perciò tutti siamo sradicati da noi stessi per essere controllati.

Tutti siamo sradicati e sfruttati se non diventiamo consapevoli di noi stessi, e se non siamo attivi nelle scelte che ci riguardano. Osservare, semplicemente osservare è l’invito di Buddha, ma non dice ciò che va osservato, dice solo: “Amati e osserva” perché si riferisce alla pratica dell’osservazione come da protrarre nel tempo, perché l’osservazione è il segreto della meditazione. Se vediamo un imperativo nell’insegnamento del Buddha è solo nella preliminare condizione dell’amore che dobbiamo dare a noi stessi, poiché solo l’amore ci fa vivi e presenti: l’amore risana perché dona la forza della vita.

Nell’amore non vi è repressione, infatti l’amore è piena accettazione di tutto il nostro meccanismo con tutte le sue peculiarità: chi ci ama ci vuole come siamo e accetta tutto quello che siamo, perciò se ci amiamo sappiamo accoglierci totalmente. Noi guardiamo con piacere solo ciò che amiamo, come potremmo osservarci se non accettiamo ciò che rispecchia quello che siamo? L’amore ci sostiene se sappiamo amare il nostro stile, perché è il nostro modo di essere e di partecipare al mondo: è solo questa coscienza d‘amore che rende possibile l’osservazione, ma avviene se sappiamo avere amore per l‘oggetto dell‘osservazione, poiché solo così proviamo l’estasi meditativa.

L’uomo vive nella condizione che è opposta alla sua natura, infatti crede di essere sveglio e cosciente mentre vive in modo meccanico e inconsapevole, perciò siamo perennemente addormentati. Solo quando sappiamo meditare siamo consapevoli di poter essere svegli anche mentre il nostro corpo dorme, infatti solo il corpo ha bisogno di riposo, mentre la coscienza può essere sempre desta. La consapevolezza è uno sforzo che è possibile per la coscienza umana, poiché l’essenza dell’uomo è nell’essere consapevole e presente alla sua vera natura.

L‘uomo può raggiungere un livello meditativo molto più elevato, e il supremo livello di meditazione si raggiunge quando l’osservazione prosegue durante il sonno, poiché il nostro Testimone può osservare il suo corpo mentre si rigenera nel sonno, poiché l’osservatore può restare desto anche mentre il suo corpo sta riposando. Se la nostra capacità di osservarci con amore si accresce continuamente possiamo dominare il mondo, poiché abbiamo la possibilità di evolvere all‘infinito. Questa suprema condizione meditativa è la condizione ideale dell’uomo, poiché viviamo all’opposto della nostra condizione ideale, in quanto nutriamo male il corpo, lasciamo dormire la nostra coscienza e neghiamo all’anima il nutrimento dell'amore.

Buona erranza
Sharatan

2 commenti:

Michele ha detto...

Non ti conosco, e non ho mai letto in modo approfondito ciò che Osho ci ha lasciato - anche se un mio amico l'ha fatto e me ne ha parlato - e vorrei la tua opinione riguardo a un pensiero che ho avuto stamattina. Spero di non essere troppo 'chiacchierone'. ;)

Io pratico da tanti anni e con molta passione la disciplina della spada (principalmente giapponese, ma più si va avanti, meno differenze si notano fra i vari stili). Questo potrà essere apparentemente in contrasto con Osho ma io sono convinto del contrario, in quanto che la spada, finché non è usata come mezzo politico, riesce a uccidere solo il proprio ego.
Nelle discipline di spada viene spesso insegnato che bisogna raggiungere il "Mushin", lo stato della mente-vuota (oppure anche mente-fluente), nel quale i penseri razionali e discorsivi diventano poco più che un brusio di sottofondo mentre si è completamente immersi nell'azione, nel mondo reale: in questo modo si riesce a reagire alle minacce dell'avversario senza effettivi tempi di reazione. Mentre si 'pensa' (termine sbagliatissimo) cosa fare, lo si sta già facendo.

Io, senza vanterie né false modestie, ho - a volte - raggiunto questo stato durante l'allenamento, e come potrai immaginare è stata un'esperienza unica. La cosa frustrante, però, è il non riuscire né a mantenere questo stato, né a raggiungerlo 'a piacimento': ci sono alcune tecniche, come il concentrarsi sul respiro, che a volte funzionano e a volte no.
Mi sono più volte interrogato - senza successo - sul perché di questa casualità, finché non ho notato una cosa:
Non riuscivo a raggiungere il Mushin solo nei momenti in cui non amavo me stesso. Anzi, ad essere precisi, nei momenti di sconforto e di frustrazione, provavo la tecnica del respiro per scacciare i brutti pensieri, fallendo puntualmente. Mentre invece, nelle giornate migliori, funzionava sempre.

Ora mi chiedo: Questa mia esperienza è 'paragonabile' al principio di "ama te stesso e (POI) osserva"?
Perché l'osservazione che descrivi, soprattutto nelle sue caratteristiche di percezione della realtà fisica, concreta, ricorda il Mushin molto da vicino.

Scusami se ho scritto troppo. :)

Sharatan ain al Rami ha detto...

Caro Michele,
quello che Osho vuol dire è che l’amore per noi stessi è la chiave primaria per avvicinarsi alla vita. Se non ti ami, non puoi proporti alle cose che la vita offre. Non conosco le arti marziali giapponesi, perché la mia esperienza è collegata marzialità cinese. Le situazioni che tu descrivi le conosco con altre parole, ma il contenuto, come dici tu è sempre lo stesso.

Quando fai una pratica marziale è essenziale amarti, perché altrimenti la pratica non si “apre” alla comprensione. Per farti capire, immagina che quando pratichi sei un bambino che deve imparare come far circolare le sue energie. Sei un apprendista, ma non devi sentirti presuntuoso nel riuscire o pauroso di fallire. Tu sei come sei. E’ difficile da descrivere, ma immagina di vederti come un gattino che scopre la sua coda. Spesso il gatto rincorre la sua coda fino a cadere sfinito nel tentativo infruttuoso.

Quando vedi il maestro che esegue un movimento vedi un braccio che si muove con la grazia della gru… poi vedi te che ripeti il gesto, ma sembri un gorilla ubriaco. Qui interviene lo scoramento e la critica, il senso di ridicolo, la voglia di riuscire e la competizione con gli altri, perché riescono meglio. E’ tutto sbagliato, credimi. Tu sei il piccolo gatto che insegue la sua coda, perciò devi avere tenerezza e amore per quel piccolo te che impara a fare. Non importa se le tue zampe sono rigide e incapaci, se il respiro non si sincronizza e il gesto è immondo da vedere. Non importa, perché tu ami il piccolo gatto che sta imparando a fare. Mi dispiace di non saper descrivere, ma devi provare tenerezza e amore. Mai la condanna per i tuoi errori, ma sempre la voglia di migliorare quello che fai. Questa è la pratica marziale: determinazione, pazienza e amore!

La meditazione può essere fatta se ci amiamo, altrimenti non possiamo. E’ un controsenso, lo dice bene Osho. La meditazione per la pratica è una cosa ancora maggiore. Nelle arti marziali c’è il triplice versante: conoscenza di te stesso, conoscenza delle tue energie e applicazione di questi concetti nella pratica. Seguendo questo, le armi sono solo una prosecuzione delle braccia. Le armi che preferisci sono quelle in cui la tua energia interiore esprime meglio se stessa, ma anche quelle che ti piacciono di più. Avrai notato come ognuno abbia delle simpatie, anche nelle fasi in cui si apprendono un po’ tutti i tipi di arma: le lunghe, le corte, etc. e questo dipende per la simpatia per una di esse. Questo non è diverso dall’amore perché scegli ciò che “senti” meglio.
Se mediti prima di praticare calmi la mente, e la elevi alla funzione maggiore in cui essa si distacca dal resto del mondo e si esprime con la tecnica. Attenzione, molto maggiore sarà il successo se c'è la sicurezza del movimento, infatti devi arrivare alla perfetta memorizzazione delle forme per sentire solo l’energia. Se non avviene, allora persevera nella ripetizione, finché l’automatismo dell’esecuzione è perfetto: ora sei pronto per meditare nel movimento della forma!

E’ allora che non si pensa più, e tu diventi quel movimento, per cui tu segui la forma mentre lei entra in te, e tra i tuoi movimenti e il respiro che scivola con la forma non c’è più differenza. Se senti questa esperienza allora la mente è dietro alle cose, ma tu sei nelle cose che fai, perciò anche la mente diventa come il piccolo gatto che insegue la sua coda. Ti puoi permettere di vedere e sentire tenerezza per quella piccola mente che presume idi essere. Tu sei nella disciplina, ed esisti in quei momenti in cui percepisci. Sei percezione e non sei più Michele, sei semplicemente tu! Quelle movenze, tu le ami e le hai fatte diventare una modalità espressiva di te stesso, e se ami te stesso ti impersoni al meglio. Se ami te stesso puoi amare e apprezzare tutto quello che fai. Come vedi è difficile esprimere quello che si prova, bisogna sperimentarlo. Sono momenti di grazia che ripagano dei sacrifici che impongono queste meravigliose discipline. Ti ringrazio e ti mando un caro abbraccio
Sharatan