martedì 26 luglio 2011

L’albero della vita



Ogni tanto, il Baal Shem Tov andava nella foresta e restava in solitudine: chiaramente questa abitudine aveva risvegliato una grande curiosità da parte dei suoi discepoli perciò, quando chiese a tre dei più smaliziati chassidim di accompagnarlo, Sendril, Yehiel e Gershom furono ben felici di farlo. Salirono tutti sul carro del maestro, mentre i cavalli partirono subito al galoppo senza che nemmeno ci fosse bisogno che il Baal Shem Tov facesse schioccare la sua frusta. Dopo aver lasciato la città, corsero attraverso la campagna senza che fosse pronunciata nessuna parola, mentre gli zoccoli dei cavalli quasi non toccavano il terreno e il carro correva lungo un percorso che gli animali conoscevano bene.

Giunsero, infine, ai bordi di una foresta impenetrabile e mentre il Baal Shem Tov scioglieva i cavalli per lasciarli liberi di abbeverarsi e pascolare, i tre chassidim fissarono con ammirazione le nobili piante della millenaria foresta, ma si riscossero quando il maestro gli fece il cenno di seguirlo e si addentrò nel fitto bosco. Avanzarono a lungo nel folto di quella stupenda foresta tanto che, ai discepoli, sembrava quasi un sortilegio dover calpestare le foglie di quel luogo pieno di pace che sembrava inviolato, perciò procedevano cauti temendo quasi di rovinare qualcosa di quel luogo perfetto, o che qualcuno potesse venire disturbato dalla loro presenza.

Molti alberi avevano dei tronchi che potevano essere circondati dalle braccia di molti uomini per contenerne la circonferenza, e il loro enorme fusto sembrava ergersi quasi a toccare il cielo. Mentre passavano nei pressi di un’enorme quercia dalle misure maestose, Yehiel si fermò a sbirciare tra la fronde di quell’albero e vide un nido su cui era posato a covare un uccello stupendo dalle piume iridescenti con le ali dorate. Il sole accendeva le iridescenze delle sue piume diffondendo uno spettro di mille colori e facendo brillare l’oro delle sue ali: Yehiel restò a bearsi di quello splendore dorato e si perse in quegli splendenti colori, mentre il Baal Shem Tov e i due compagni procedevano oltre.

Camminando per un altro bel pezzo di strada, i tre giunsero ai bordi di un magnifico laghetto, e gli chassidim videro che il Baal Shem Tov si chinava a sbirciare nell’acqua, perciò fecero la medesima cosa, ma il lago non era di acqua normale, poiché non videro riflessa l’immagine del loro volto reale, ma si videro fissare dallo splendido volto di una presenza angelica. Dopo aver fissato il viso angelico, i due chassidim volsero lo sguardo verso il Baal Shem Tov per chiedere qualche spiegazione su quel miracoloso lago, ma il loro maestro si stava già allontanando, perciò Sendril gli corse dietro per non smarrirne le tracce. Invece Gershom restò immobile a fissare le acque, come se fosse diventato di pietra, e restò calamitato a fissare quel volto: aveva capito che fissava il viso del suo angelo custode, perciò non riusciva più a lasciarlo.

I due chassidim rimasti entrarono nel cuore più profondo della folta foresta e lungo una strada videro degli alberi che brillavano come se fossero arsi dall’incendio, infatti gli alberi sembravano di fuoco, ma non bruciavano con nessuna fiamma e non si consumavano con nessun fuoco. Sendril si ricordò del racconto biblico di Mosè e del roveto ardente che trovò nel deserto, perciò volle indagare e restò a osservare gli alberi infuocati, mentre il Baal Shem Tov gettava un’occhiata distratta al fuoco e proseguiva per la sua strada. Sendril non si accorse neppure che il maestro lo aveva lasciato per proseguire il suo cammino. Fu così che, quando il Baal Shem Tov giunse fino all’Albero della vita nel cuore della foresta, ormai era rimasto da solo.

Il protagonista della storia è il celebre cabalista Rabbi Isra’el ben Eliezer, noto come Baal Shem Tov cioè “Maestro dal Nome Buono” fondatore del chassidismo, di cui si dice che abbia raggiunto il massimo traguardo spirituale, cioè di diventare maestro del proprio nome, perciò maestro di se stesso. La storia esorcizza la paura degli uomini di poter percorrere una strada con troppa velocità oppure di sbagliare e non saper procedere, così che abbiamo il timore di non poter arrivare all’albero della vita. Questo albero, dicono i cabalisti, è inserito nella nostra vita cioè nel nostro stesso procedere, perciò ognuno deve seguire le sue inclinazioni e deve scegliere secondo le sue peculiarità concrete.

Stiamo tutti andando verso la medesima direzione, perché tutti vogliamo trovare la vocazione che sentiamo come più adeguata per la nostra anima, infatti tutti comprendiamo meglio ciò che corrisponde alle tendenze che sentiamo interiormente. Perciò tutti dobbiamo tornare alla nostra vita concreta, come punto di partenza da cui trovare lo spunto per scoprire la nostra massima realizzazione. Il Baal Shem Tov non precludeva dalla condivisione delle sue conoscenze, infatti amava avere dei compagni con cui condividere il cammino e sapeva come condurre i suoi discepoli verso la vera conoscenza. La storia insegna pure che, l’albero della vita del maestro era diverso da quello dei tre chassidim, infatti la storia insegna che ciascuno viene condotto ad un albero della vita diverso, perché ognuno è chiamato alla realizzazione usando una direzione diversa.

Buona erranza
Sharatan


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