domenica 13 settembre 2015

Molti riflessi



“Quello che è il Brahman supremo
l'atman di tutto, il grande fondamento
di questo intero universo, più sottile
del sottile, eterno, questo sei tu!
Tu sei questo!”
(Kaivalya Upanishad, 16)

L’universo è un fenomeno, un riflesso, una proiezione del Seme principio che resta non manifesto perché è trascendente ad ogni manifestazione. Visto così, l’universo risulta composto da quello che si manifesta diventando oggettivo e da quello che è immanifesto e soggettivo. Nell’universo abbiamo, dunque, una parte che appare e una parte che resta velata, perciò abbiamo quello che è il fenomeno e quello che è il noumeno.

Se consideriamo il Principio seme universale vediamo che, a sua volta, anch'esso è solo uno degli infiniti riflessi di Brahman Nirguna che è completamente trascendente sia al Principio seme che a tutto quello che si produce in conseguenza del successivo sviluppo proiettivo.

Vediamo che c'è una forma formale cioè che abbiamo un Principio seme in cui si mostra sia il fenomeno che il noumeno, e che dà la forma ad entrambi. Vediamo che c'è una Costante Assoluta, in quanto c’è quello che dà la forma, la vita e la morte essendo la radice di entrambi gli aspetti e che viene chiamato Brahman Saguna. Però non dobbiamo confondere i tre livelli di Braman Nirguna, di Brahman Saguna con il livello del mondo dei nomi e dei fenomeni ossia con la realtà della materia.

L’universo non è uscito fuori da Brahman perché l’universo o sogno cosmico è solo una modificazione ideale della mente di Brahman Saguna o Isvara. Isvara, con la sua mente compie un movimento pensativo che è simile al sogno notturno del sognatore. Così come il ghiaccio è solo una modificazione dell’acqua, il sogno non è altro che un’idea che si è fatta oggetto nella mente del sognatore.

Sappiamo che nessun principio può uscire dai principi che sono insiti alla sua stessa natura principale. La mente universale o prakriti costituisce il polo negativo della diade di cui il purusha è il polo positivo, perciò prakriti simboleggia la Madre universale mentre purusha è il suo stimolatore. Per questo, essi sono il Padre-Madre della creazione da cui deriva tutto il mondo empirico.

Nel sogno, la mente proietta un soggetto, jiva, ed esso s'identifica con il mondo di sogni che si è reso oggettivo. Ogni universo nasce da istanze o samskara, non risolte degli innumerevoli jiva, anime individualizzate, che sono come dei semi che premono per uscire, per esprimersi e per fiorire. Il jiva si identifica con le sue proiezioni, con il suo corpo, con i suoi sensi o con gli oggetti e così via, fino a dimenticare di essere la costante e la radice della sua stessa essenza.

Maya si sovrappone alla Pura Essenza Costante perciò la realizzazione consiste nel ritrovare la propria natura di Essere. Il messaggio è quello di ricordare che siamo della stessa natura della Costante Assoluta. Noi siamo Beatitudine, Coscienza ed Esistenza assolute ma le nostre identificazioni con tutto ciò che non siamo ci porta al conflitto e alla sofferenza.

L’uomo si pensa come corpo, come desiderio, come intelletto e come molte cose e altri aspetti di Maya. Ma, dietro tutte le immagini deformate si nasconde il vero Essere, quello che non è mai nato e che non potrà mai morire. Il Saguna-seme è un riflesso che si staglia sullo schermo dell’infinito, Brahman, che è la sola e unica realtà, l’Uno senza secondo, la vera Costante Assoluta.

L’anima vivente è il jiva ma non è altro che un riflesso dell’Anima Universale e, quest’ultima, non è altro che un riflesso cangiante di Brahman Nirguna. L’io è incompletezza perché le sue espressioni non sono realtà ma sono solo un riflesso, sono Maya. L’intuizione o illuminazione del Sé fa comprendere che l’unica realtà è il Sé: è il Sé che ci fa ritornare alla realtà dell’Assoluto.

Ma la nostra ricerca inizia dal punto esistenziale in cui ci troviamo, perciò dobbiamo accettare l’esistenza di un nostro sistema di coordinate, e capire che esso non è un dato assoluto. Dobbiamo riconoscere che è un semplice dato relativo del mondo dei fenomeni perciò, di fronte ad altri sistemi, riveste ben poca importanza e, in prospettive superiori, qualche volta, può scomparire completamente.

Certamente anche un miraggio possiede una sua verità come la possiede anche il sogno del sognatore. Il mondo dei nomi e delle forme non va negato, ma va dato il giusto valore al contesto delle cose. Ogni jiva esprime delle qualificazioni: egli sente, esperisce, percepisce, prova l'odio, l'amore, l'ambizione, la coscienza dell'accumulo, perché ogni jiva si esprime secondo la sua propria natura.

Nel Vedanta si parla di idee cristallizzate quando si vuole alludere ad un mondo che è superato, che è invecchiato, che si è cristallizzato e coagulato in un determinato modo e con una certa struttura. Quando si arriva a questo, quello che occore è far morire le idee coagulate riguardo a quello che siamo. Noi siamo Quello, cioè l’atman eternamente risplendente e la Quintessenza di ogni possibile Quintessenza.

Ma ci conosciamo solo per mezzo dei guna ossia ci conosciamo solo per mezzo delle nostre qualità energetiche. E poi, credendo solo in queste identificazioni, non ci consideriamo per quello che siamo veramente perciò siamo alienati da noi stessi. Abbiamo dimenticato che siamo un riflesso della Coscienza incarnata, ma la consapevolezza ci deve fare riconoscere come enti che hanno assunto un nome e una forma, e che sono collocati in uno spazio e in un tempo definiti.

Ritrovare la fonte significa riconoscersi come l'atman la cui vera natura è la pienezza. Ma poiché questo stato non può essere descritto con le parole, poiché non abbiamo nessuno schema concettuale che può definire questo stato, ne consegue che, l'Essere vada realizzato compiutamente. La realizzazione è la presa di consapevolezza totale della nostra vera Realtà.

La nostra coscienza non deve muoversi più verso altre proiezioni della mente, ma deve riprendere il suo proprio stato d'Essere. Dobbiamo riconoscere che siamo un riflesso dell’Essere che si è incarnato, perciò dobbiamo riconoscere la nostra immortalità e dobbiamo riconoscerci come degli esseri immortali. Ma tutto questo deve essere creduto nell’immediatezza e con un’integrale comprensione.

La nostra consapevolezza deve afferrare, comprendere e riconoscere che tutto questo è verità. Diciamo che ritrovare Brahman non dipende da specifiche tecniche o da alcuni metodi più importanti di altri per loro natura e grado. Ma è anche vero che l’individuo può servirsi dei mezzi e dei metodi che riconosce come i più adatti a favorire una completa presa di consapevolezza della sua vera Essenza.

Un vero maestro cerca di dare a ognuno quello che gli necessita, perché lui stesso è andato oltre la tecnica, oltre l'insegnamento, oltre il metodo e il pensiero. Una dottrina o una filosofia che vuole offrire la salvezza non può essere considerata un tesoro esclusivo di una singola individualità, ma va considerata patrimonio dell’umanità. Nell’universo non c’è nulla che possa essere accettato o rifiutato in assoluto, perché l’unica cosa che può renderci schiavi è avere un errato accostamento alle cose.

Buona erranza
Sharatan

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