martedì 6 ottobre 2015

Tipi umani



“Un giorno vi fu una lunghissima e interessante conversazione sui tipi. Gurdjieff riprese tutto ciò che aveva già detto su questo argomento, con molte aggiunte e con particolari indicazioni per il lavoro personale: "Ciascuno di voi ha probabilmente incontrato nella sua vita persone dello stesso tipo. Tali persone hanno sovente lo stesso aspetto esteriore e anche le loro reazioni interiori sono le stesse. Ciò che piace ad uno, piacerà anche all'altro. Ciò che l'uno detesta, pure l'altro detesterà.

Ricordatevi questi incontri e le osservazioni che avete fatto, poiché si può studiare la scienza dei tipi solo incontrando dei tipi. Non vi è altro modo. Tutto il resto è immaginario. Dovete capire che nelle condizioni attuali della vostra vita non potete incontrare più di sei o sette tipi di uomini, benché in realtà ve ne siano di più. Tutti gli altri non sono che le diverse combinazioni di questi tipi fondamentali".

"Quanti tipi fondamentali vi sono in tutto?" domandò uno di noi. "Qualcuno dice dodici - rispose Gurdjieff - secondo la leggenda, i dodici apostoli rappresenterebbero i dodici tipi. Ma altri dicono siano di più." Restò in silenzio un momento. "Possiamo conoscere questi dodici tipi, ossia possiamo definirli e conoscerne le caratteristiche?" chiese uno dei presenti.

"Aspettavo questa domanda - disse Gurdjieff- e non mi è mai capitato di parlare dei tipi senza che qualche persona intelligente facesse questa domanda. Come mai non comprendete che se questo potesse essere spiegato, da molto tempo qualcuno l'avrebbe già fatto! Ma la difficoltà è che i tipi e le loro differenze non possono essere definiti nel linguaggio ordinario, e voi siete ancora lontani dal conoscere il linguaggio nel quale ciò sarebbe possibile.

È esattamente la stessa cosa per le 'quarantotto leggi'. C'è sempre qualcuno che mi domanda perché non si possono conoscere le quarantotto leggi. Come se fosse possibile! Dovete comprendere che vi si da tutto ciò che può esservi dato, e a partire da questo aiuto tocca a voi ricavare il resto! Ma io perdo il mio tempo dicendovi questo, lo so. Voi non mi comprendete ancora, e non mi comprenderete per molto tempo. Pensate alla differenza fra sapere ed essere. Per comprendere certe cose un cambiamento d'essere è necessario".

"Ma se non vi sono più di sette tipi attorno a noi, perché non possiamo conoscerli, cioè riconoscere ciò che costituisce la loro principale differenza ed essere in grado, quando li incontriamo, di identificarli e distinguerli?".

"Dovete cominciare con voi stessi e riferirvi alle osservazioni delle quali vi ho già parlato, rispose G. In ogni altro caso si tratterebbe di una conoscenza inutilizzabile per voi. Alcuni fra voi pensano di poter vedere i tipi, ma non sono certamente i tipi che essi vedono. Per vedere i tipi, bisogna prima conoscere il proprio tipo. Questo deve essere il punto di partenza.

E prima di conoscere il proprio tipo, occorre avere studiato a fondo la propria vita, tutta la propria vita, fin dall'inizio. Bisogna sapere perché e come le cose sono accadute. Io vi darò un compito, che sarà contemporaneamente generale e individuale. Ciascuno di voi, nel gruppo, racconterà la sua vita, dirà tutto senza nulla abbellire e nulla omettere. Mettete l'accento su ciò che è fondamentale ed essenziale, senza perdervi nei dettagli.

Dovete essere sinceri e non temere che gli altri possano travisare ciò che voi direte; poiché ciascuno di voi si troverà nella stessa situazione. Che ciascuno di voi si spogli, si mostri quale egli è. Comprenderete così una volta di più perché niente deve trapelare al di fuori del gruppo.

Nessuno oserebbe mai parlare, se pensasse o supponesse che le parole da lui dette nel gruppo potrebbero essere riferite all'esterno. Occorre dunque che egli sia fermamente convinto che nulla verrà riferito. Solo allora potrà parlare senza paura, sapendo che gli altri dovranno fare come lui".

Poco dopo Gurdjieff ritornava a Mosca e in sua assenza noi cercammo di portare avanti il compito che ci aveva dato. Dapprima, per facilitare i primi tentativi, alcuni di noi, su mio suggerimento, cercarono di raccontare la storia della propria vita non alla riunione generale del gruppo, ma in piccoli gruppi composti dalle persone che conoscevano meglio. Devo proprio dire che tutti questi tentativi non approdarono a nulla.

C'era chi diceva troppo, e chi non abbastanza. Alcuni si perdevano in particolari inutili o in descrizioni di ciò che consideravano come loro caratteristiche particolari e originali; altri si concentravano sui loro 'peccati' e i loro errori. Ma tutto questo, nell'insieme, era ben lontano dal produrre ciò che Gurdjieff sembrava aspettare. Come risultato vi furono aneddoti, resoconti cronologici senza interesse o ricordi di famiglia, che facevano sbadigliare tutti. Qualcosa non andava.

Ma dove fosse l'errore, nemmeno coloro che si erano sforzati d'essere il più possibile sinceri erano in grado di stabilirlo. Mi ricordo dei miei tentativi. I ricordi che ho conservato dei miei primissimi anni non hanno ma cessato di stupirmi; tentai allora di evocare certe impressioni della mia prima infanzia che mi sembravano psicologicamente interessanti. Ma tutto ciò non interessò nessuno, e mi resi rapidamente conto che non era questo che ci era stato richiesto.

Continuai, ma quasi immediatamente fui invaso da una certezza: vi erano due cose delle quali non avevo la minima intenzione di parlare. Si trattava per me di un aspetto completamente inatteso. Avevo accettato l'idea di Gurdjieff senza la minima opposizione e pensavo di poter raccontare la storia della mia vita senza particolari difficoltà. Ma questo compito si rivelava del tutto impossibile. Qualcosa in me elevava una protesta così veemente che non tentai nemmeno di lottare.

E quando giunsi a parlare di certi periodi della mia vita di cui non volevo parlare, cercai di darne soltanto il senso generale. In questa circostanza notai che la mia voce e le sue intonazioni cambiavano mentre parlavo. Questo mi aiutò a comprendere gli altri. Quando parlavano di se stessi e della loro vita, anche loro avevano delle voci differenti, delle intonazioni diverse, che incominciavo a riconoscere.

E potevo talvolta identificare, per averle già sentite in me stesso, certe intonazioni di un genere particolare: esse mi indicavano gli istanti in cui gli altri volevano nascondere qualcosa. Ma le loro intonazioni li tradivano. L'osservazione delle 'voci' doveva permettermi in seguito di comprendere molte altre cose. Quando Gurdjieff fu di ritorno a Pietroburgo (era rimasto questa volta a Mosca due o tre settimane) lo mettemmo al corrente dei nostri tentativi: ascoltò tutto e disse semplicemente che non sapevamo separare la 'personalità' dall' 'essenza'.

"La personalità – disse - si nasconde dietro l'essenza, e l'essenza si nasconde dietro la personalità; così si coprono a vicenda". "Come è possibile separare l'essenza dalla personalità?” Domandò uno dei presenti. "Come separereste ciò che vi appartiene da ciò che non vi appartiene? - replicò Gurdjieff - Occorre pensarvi, occorre domandarsi da dove vi è venuta questa o quell'altra caratteristica. E soprattutto non dimenticate mai che la maggior parte delle persone, specialmente nel vostro ambiente, non possiede pressoché niente di proprio.

Niente di ciò che hanno appartiene loro; il più delle volte l'hanno rubato; tutto ciò che essi chiamano le loro idee, le loro convinzioni, le loro teorie, i loro concetti, tutto è stato arraffato da varie sorgenti. È questo insieme che costituisce la loro personalità; ed è questo che deve essere messo da parte". "Ma proprio voi dicevate che il lavoro comincia dalla personalità" disse allora qualcuno.

"Niente di più vero - rispose Gurdjieff - perciò dobbiamo per prima cosa stabilire di quale momento nello sviluppo dell'uomo e di quale livello d'essere intendiamo parlare. Io stavo semplicemente parlando di un uomo nella vita, senza legame alcuno con il lavoro. Un tale uomo, soprattutto se appartiene alla classe 'intellettuale', è quasi esclusivamente costituito dalla personalità. Nella maggior parte dei casi la sua essenza ha cessato di crescere fin dalla più tenera età.

Conosco rispettati padri di famiglia, professori pieni di idee, noti scrittori, uomini di stato, la cui essenza ha cessato di svilupparsi verso l'età di dodici anni. Non è poi tanto male. Capita talvolta che lo sviluppo dell'essenza si arresti definitivamente a cinque o sei anni. Da quel momento, tutto ciò che un uomo potrà acquisire in seguito non gli apparterrà: sarà solo un repertorio di cose morte, apprese sui libri; non si tratterà che di una contraffazione ".

Seguirono numerose conversazioni alle quali Gurdjieff prese parte. Volevamo comprendere la ragione del nostro fallimento nel compito che ci era stato dato. Ma più ne parlavamo, meno comprendevamo ciò che Gurdjieff in realtà si attendeva da noi. "Questo rivela fino a qual punto voi non conoscete voi stessi - disse Gurdjieff - non dubito che almeno alcuni tra voi abbiano voluto sinceramente fare ciò che avevo chiesto, vale a dire raccontare la storia della loro vita.

Tuttavia, come avete visto, non vi è stato possibile, non sapevate neppure da dove incominciare. Sappiate però che si tratta solamente di un rinvio, poiché dovrete prima o poi passare di lì. Questo è uno dei primi 'tests' sulla via. Chi non l'ha superato, non potrà andare oltre"."Cos'è che non comprendiamo?".

"Non comprendete che cosa significhi essere sincero. Siete talmente abituati a mentire, tanto a voi stessi che agli altri, da non trovare né parole, né pensieri, quando volete dire la verità. Dire tutta la verità su sé stessi è molto difficile. Prima di dirla, occorre conoscerla. Ora voi non sapete nemmeno in cosa essa consista. Io parlerò un giorno a ciascuno di voi del suo tratto caratteristico o del suo principale difetto. Vedremo allora se potremo comprenderci o no." (Piotr D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto)

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