martedì 29 settembre 2009

Imparare la verità


“Il mio silenzio canta, la mia pienezza è colma, non mi manca niente.
Non puoi conoscere la mia terra finché non ci sei dentro”.
(Sri Nisargadatta Maharaj)


L’inerzia mentale e la nostra scarsa preparazione all’auto-analisi determinano l’ignoranza di noi stessi, che è alla fonte di tutti i conflitti di cui soffriamo, perché sappiamo molto di noi ma non riusciamo ad armonizzare il nostro essere e il modo di pensare con il nostro agire. Sarebbe invece opportuno saper fare una corretta analisi della nostra natura per poter creare un conseguente armonioso agire. La capacità di saper distinguere tra la storia personale e la verità oggettiva, è l’essenza della saggezza discriminante o prajña, che è l’effetto collaterale dell’auto-analisi.

Ma vi è anche una naturale tendenza umana che vuole sempre dagli altri che essi mettano in pratica i principi superiori, senza mai tentare di conoscerli e di praticarli personalmente. Vi è un "scarico a catena delle responsabilità" che continua all’infinito, senza avere assolutamente realizzato alcun tipo di principio superiore. Insomma vogliamo che gli altri pratichino l’amore, la comprensione, l’umiltà e la sensibilità senza capire che questi principi sono prima per noi e poi per gli altri.

Ma praticare questi principi vuol significare l’armonizzazione della nostra natura e per farlo dobbiamo operare una rivoluzione psicologica di noi stessi. Senza la rivoluzione dell’individuo non si potrà realizzare nessuna rivoluzione sociale, perché la società è una somma di individui e, queste singole unità devono sapersi conoscere e realizzare per eliminare i conflitti, le disarmonie e le alienazioni. Il Mahatma Gandhi affermava che la rivoluzione interiore deve avvenire prima della rivoluzione politica, perché conoscerci ed armonizzarci ci permetterà di diffondere conoscenza ed armonia anche nel mondo esterno: diventando Armonia si diffonde Armonia.

Molte persone usano delle verità relative quando affermano di essere felici o arrabbiati o insoddisfatti. Queste verità sono relative perché noi sentiamo felicità, rabbia o insoddisfazione, ma il nostro sentire non corrisponde affatto al nostro essere. Le nostre parole esprimono solo i sentimenti che percepiamo per cui, noi sperimentiamo delle verità apparenti e transitorie, ma poi le reputiamo delle verità assolute.

E’ la nostra erronea identificazione con il corpo fisico, con il corpo emotivo o con il corpo mentale, che ci impedisce di analizzare quello che vi è di più profondo, ciò che è celato sotto le apparenze di quei sentimenti, di quelle emozioni o di quelle concezioni: questa nostra abitudine a proclamare la sola realtà dei sentimenti perpetua il ciclo della sofferenza, cioè il ciclo del Samsara. I nostri sentimenti, come pure le nostre emozioni, sicuramente fanno parte della nostra storia personale che è intessuta di gioia e di dolore, di esaltazioni e di cadute, di successi e di sconfitte, ma esse non sono l’essenza del nostro essere, esse non sono la verità.

E’ l’ignoranza della nostra vera essenza unita alla volontà di prolungare i sentimenti positivi e di accorciare quelli negativi, che ci impedisce di intraprendere la via del cambiamento, e che ci impedisce di comprendere la legge della trasformazione che governa la vita umana e le dimensioni di tempo e spazio. Abbandonarsi al cambiamento significa ammettere che il sentimento di infelicità è un sentimento di infelicità, ma che esso non è tutta la nostra intima essenza. Tutto si trasforma tranne la nostra vera natura, infatti, indipendentemente da ciò che noi crediamo di essere, in realtà, noi siamo quello che siamo.

Dice Sri Nisargadatta Maharaj: “E’ la mente, basata sulla memoria, che ti impedisce di riconoscere che sei tutto e al di là di tutto. Ma essa esercita questo potere su di te solo finchè lo credi; tu però non entrarci in conflitto, e limitati a non prenderla in considerazione. Privata della tua attenzione, rallenterà e svelerà i suoi meccanismi. Quando conoscerai le sue caratteristiche e i suoi scopi, non le permetterai di crearti problemi immaginari.”

Cosa non cambia quando il corpo cambia? Cosa non cambia quando tutto il mondo interno a noi si trasforma e si rivoluziona? Cosa non cambia quando cambiano i nostri sentimenti? Chi non muta è l’io sono. Dice ancora Sri Nisargadatta Maharaj: “Dopotutto l’io sono è sempre con te, solo che gli hai attribuito ogni genere di cose: corpo, sentimenti, pensieri, idee, possessi, eccetera. Ma sono tutte identificazioni fuorvianti, ed è a causa loro che credi di essere ciò che sei. […] Sei tu che osservi il cuore che prova sentimenti, la mente che pensa e il corpo che agisce. L’atto stesso di percepire dimostra che tu non sei ciò che percepisci. Può esserci percezione, esperienza, senza di te?”

Nel messaggio di Sri Nisargadatta Maharaj si afferma che nell’uomo manca la saggezza discriminante, quindi la capacità e la determinazione ma anche il coraggio di saperci dire la verità. Infatti dire la verità deve divenire la cosa più importante, deve divenire più importante dell’illuminazione e ancora più importante della felicità. E la verità che sapremo proclamare sarà la più autentica e la più implacabile, ma solo se avremo il coraggio di amarla e perseguirla. E’ solo la devozione assoluta per la verità, per la verità più profonda, che ci farà scoprire che le nostre storie personali e le nostre sensazioni sono solo una conoscenza parziale e non sono la verità ultima.

Essere distaccati e vedere lo spettacolo delle cose che scorrono, e non aggrapparci al corso dell’eterno fluire, poichè questo è solo un fenomeno passeggero, tutto questo ci offre la capacità di non preoccuparci di tutto ciò che non siamo noi, e di ciò che non è in nostro possesso. Le persone non prestano attenzione a loro stesse perché la loro mente è sempre con gli oggetti, con le persone e con le idee, e mai con loro stesse. Se ci mettiamo al centro dell’attenzione e diventiamo consapevoli della nostra esistenza, potremo vedere come funzioniamo, potremo osservare le motivazioni e anche le conseguenze delle nostre azioni.

Potremo vedere la prigione che ci siamo costruiti intorno, per nostra inadempienza o per nostra inavvertenza. Intanto iniziamo con il capire cosa non siamo, magari poi avremo molto più chiaro il profilo di ciò che siamo. E’ possibile così iniziare a sbarazzarci della tendenza a definire noi stessi, perché ognuna di questa definizione si basa sul corpo e sulle sue espressioni, perciò è falsa. Ma questo lo scopriamo se siamo seri, lo scopriamo solo se indaghiamo e se conosciamo, lo scopriamo solo cercandolo, solo interrogandoci e dedicando poi la vita a lavorare sulla nostra scoperta. Ma per farlo è necessaria la chiarezza, il coraggio e la determinazione di credere che la verità e l’amore sono la natura dell’essere umano, mentre la mente e il cuore sono solo i mezzi della sua espressione.

La verità è nascosta dietro il velo delle nostre storie e la verità che dobbiamo scoprire è che siamo radiosa e libera coscienza. Quando la radiosa coscienza si oscura calandosi ed identificandosi con il corpo, con il pensiero, con l'emozione o con le circostanze in cui viviamo, allora viviamo nella menzogna, e alla menzogna si accompagna sempre la sofferenza. Molti vivono superficialmente e soffrono le conseguenze della loro superficialità perchè nella parte più profonda del loro animo si trova un prigioniero che vuole solo potersi esprimere e che desidera essere riconosciuto ed onorato. Noi trattiamo questo essere come un prigioniero messo a marcire nelle secrete, ristretto in prigioni in cui l'accusato non ha diritto a comunicare con nessuno, condannato alle peggiori prigioni interiori, quelle in cui è racchiuso tutto l'Inconfessabile di noi stessi.

Quando ci accontentiamo e viviamo di verità relative e superficiali, uccidiamo tragicamente questo prigioniero che è la parte più profonda e l'essenza intima di noi stessi. Oggi il nostro pianeta è arrivato ad un livello incredibile di sofferenza perchè sono stati uccisi molti di questi esseri, ma in ogni momento possiamo arrestare il vortice di dolore. In ogni momento ognuno di noi ha la possibilità di distogliere l'interesse dal passato e dal futuro e di orientare la sua consapevolezza discriminante sul momento presente, così da riconoscere la realtà permanente e mutevole differenziandola da ciò che è sempre valido e presente. In ogni momento è possibile concedere la grazia al nostro prigioniero.

Buona erranza
Sharatan

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