venerdì 7 agosto 2015

Un tono peculiare



“Vuoi conoscerti? Guarda come si comportano gli altri.
Vuoi comprendere gli altri? Guarda nel tuo cuore.”
(Friedrich Schiller)

Steiner dice che la ricerca della nostra più profonda interiorità non si affronta mai troppo volentieri. Questa preclusione ad affrontare la questione della conoscenza di noi stessi è limitata da molte ragioni: una di esse è che ognuno crede che solo gli altri abbiano bisogno di farla perché ognuno crede di conoscersi a fondo. Per vari motivi l’auto-coscienza è una questione che si tende a rimandare fino al momento in cui non si potrà più fare a meno di affrontare la questione.

Ma la ricerca spirituale e l’autocoscienza procedono di pari passo, perciò chi indaga nel campo spirituale non può fare a meno di affrontare l’auto-conoscenza. E non va trascurato neppure il risvolto negativo che la cosa venga affrontata in modo sbagliato, perché un’auto-conoscenza perseguita in modo sbagliato ci può portare fuori strada.

La natura umana è complessa a causa della sua natura quadruplice, infatti siamo articolati in un corpo fisico, eterico, astrale e siamo portatori di un io che è in continua crescita. E se inoltre valutiamo che quello che percepiamo come il nostro sé è relativo all’articolazione e alle relazioni che vengono a crearsi tra queste parti è facile convincerci della nostra complessità. Per affrontare il problema in modo concreto e utile si deve riflettere sulla forma più semplice di conoscenza di se stessi.

Allo stato attuale di sviluppo umano è normale che l’io venga percepito nello stato di veglia quando il corpo fisico percepisce il mondo esterno per mezzo dei sensi fisici. Inoltre, il primo passo di auto-conoscenza si crede essere quello in cui si analizza la propria interiorità per fare una sorta di autoanalisi. Le persone vengono esortate a osservare le proprie azioni, le proprie qualità e i propri difetti per cercare di capire le proprie qualità e il proprio valore in base alla capacità di avere un certo tipo di comportamento.

Ma questo contesto è il campo più pericoloso. Secondo i più grandi maestri spirituali, l’uomo deve elevarsi verso i mondi spirituali, però l’ascesa comporta una trasformazione profonda rispetto a ciò che si è abitualmente. Il cammino spirituale comporta sempre dei rischi perciò la falsa auto-conoscenza può renderlo impossibile. La falsa auto-conoscenza è quella che riguarda l’atteggiamento di chi rumina sempre sul proprio io quotidiano, e di chi persistere nell’analisi dei propri errori.

Questo è l’atteggiamento più pericoloso che può farci regredire, perché il nostro giudizio non è sostenuto da un criterio generale. Pensiamo che, quando si giudica per vedere se una cosa è affrontata in modo giusto o sbagliato ci si basa su un parametro di riferimento che diventa un valore di orientamento. E quel criterio di valutazione che viene usato dovrà essere ritenuto valido pure in futuro perciò l’individuo non andrà mai oltre se stesso.

Ricordiamo che il vero ricercatore deve andare avanti sempre e non può fermarsi mai se vuole superare lo stadio evolutivo in cui si trova. Perciò questo modo di intendere l’auto-conoscenza e di lavorare su se stessi rischia di farci cadere in un perenne stato di rimorso per non essere riusciti a essere migliore. Oppure, ci spingerà verso un compiaciuto orgoglio per i traguardi spirituali che si crede di aver raggiunto.

Se vogliamo analizzarci in modo più fruttuoso dobbiamo pensare in modo diverso. Dobbiamo pensare a noi stessi cercando di immaginare quali sensazioni, quale sensibilità la nostra individualità avrebbe sviluppato se fosse nata in un luogo e in un’epoca diversa. Quali contributi avremmo avuto se fossimo nati in quel luogo, e quale particolare tonalità di carattere avremmo sviluppato?

Qual’è il modo migliore per analizzare il nostro tono particolare? Come trovare la caratteristica fondamentale che il nostro essere ha sviluppato? Quanto di noi stessi dipende dal contesto e dall’epoca in cui viviamo? Dopo che avremo eliminato tutti i contesti da cui veniamo condizionati, potremo analizzare quello che resta. Se togliamo i condizionamenti ambientali potremo ottenere una visuale di noi stessi che è libera dal tono caratteristico dei nostri tempi.

Il nostro sé si può imparare a conoscere se analizziamo il nostro ambiente. Dobbiamo imparare a conoscere il nostro mondo esterno identificando lo spirito dei tempi in cui viviamo, perché dobbiamo sforzarci di comprendere quello che ci ha plasmato in un certo modo. Solo allora potremmo conoscere il nostro io: questa è un'analisi oggettiva.

Fermarsi a guardare solo verso noi stessi è un grave errore, perché dobbiamo cercare e conoscere il motivo per cui siamo fatti come siamo. Le cause per cui siamo fatti in un certo modo diventano chiare solo se veniamo distolti da noi stessi. E così abbiamo anche il modo di sviluppare la facoltà di conoscerci come un io che si serve del proprio corpo fisico per vivere insieme ai suoi contemporanei.

L’io si serve anche di un corpo eterico che è un sottile organismo che è sempre impegnato a impedire la decadenza del corpo fisico. Il sé agisce in entrambi i corpi perciò condiziona anche il corpo eterico. Per questo si deve tener presente che non sono il luogo e l’epoca in cui viviamo che fanno di noi quello che siamo. Al nostro corpo eterico è connesso anche qualcosa di diverso che supera la nascita e la morte.

Arriviamo ad una parte che risale ai tempi passati e che vivrà ancora nei tempi futuri, un qualcosa che il sé contiene in se stesso anche prima dell’incarnazione nel corpo fisico. Se guardiamo in questo modo, vedremo che il corpo eterico mostra in modo chiaro i talenti, le predisposizioni e le facoltà che è riuscito a sviluppare il sé.

E, sotto un altro punto di vista, si arriva alla parte più spinosa di tutta la cosa, sebbene questo punto sia ancora un basso livello di auto-conoscenza rispetto a quelli che si possono raggiungere. Ma non potremo andare oltre se resteremo a rimuginare sulla nostra interiorità e restiamo a pensare a quali siano le capacità ed i talenti di cui siamo dotati.

Quando si pretende di ruminare troppo su se stessi nascono i mostri peggiori dell’auto-conoscenza. È proprio a questo punto che si devono portare le riflessioni dal livello personale al livello impersonale del nostro ambiente. Da questo momento dobbiamo distogliere lo sguardo dal nostro corpo eterico, perché dobbiamo riflettere sulla nostra appartenenza a una certa razza per capire di quale parte di umanità facciamo parte.

Dobbiamo impegnarci per capire la peculiarità del gruppo umano di cui facciamo parte per famiglia, razza, popolo rispetto alle qualità generali che appartengono a tutto il genere umano. Se impariamo a riconoscere le peculiarità che continuano a tramandarsi attraverso la nostra linea ereditaria, vedremo che, in quella linea ereditaria sono presenti delle peculiarità che sono appartenute a nostro padre, a nostra madre, ai nostri antenati.

Questi caratteri ereditari posseggono una certa peculiarità, una colorazione di fondo che mostra dei tratti particolari che non sono tipici di nessun luogo e di alcuna epoca. Se vedremo il carattere dei nostri tratti peculiari avremo lo sfondo giusto che ci permette di vedere dentro noi stessi. Ma questo tipo di auto-conoscenza è molto più scomodo di ciò che trova chi resta seduto a ruminare su se stesso!

Ma c’è pure l'aspetto occulto collegato al fenomeno. Sappiamo che il veggente vede il corpo umano immerso in un’aura astrale che è simile a una nube di forma ovale. La forma dell’aura è condizionata dal fatto che si è nati in un luogo o in un tempo preciso. La persona che possiede un orizzonte molto limitato che si basa solo sul proprio sé e che pretende di mettere il proprio sé come parametro di giudizio di tutto, mostra di avere un’aura che è molto compressa. Costui si mostra come molto contratto in se stesso e, in questo caso, la sua aura non sarà molto grande e neppure molto estesa oltre il suo corpo fisico.

Ma, nel momento in cui l’uomo estende il suo sguardo e allarga il suo punto di vista, allora anche la sua aura si ingrandisce e inizia ad allargarsi da ogni parte. L’interiorità dell’uomo si amplia insieme al suo orizzonte concettuale e senziente. E non si immagina quanto si possa comprimere l'aura nelle persone che si accontentano di essere solo un pallido riflesso, solo un eco del loro ambiente!

Quando le persone allargano la loro comprensione e raffinano il loro giudizio e lo rendono più indipendente, anche la loro aura guadagna spazio e si sviluppa. Di conseguenza, l’essere diventa leggero e s'ingentilisce. Ma, il secondo passo, è sempre collegato alla conoscenza della propria famiglia e della propria razza. L’individualità che si libera dai condizionamenti delle sue radici popolari, razziali, familiari, sociali e così via, sente il sollievo del distendersi dell'aura.

Ma l'aura acquista pure una maggiore mobilità e la capacità di accogliere le vibrazioni mentre prima era così immobile da sembrare morta. Si è già detto che le nostre sfumature sono in relazione con la nostra linea ereditaria sebbene non direttamente, ma sono in una certa relazione. E, allora, è evidente che non ci possiamo fermare neppure a questo livello di analisi.

Se ci fermiamo a ruminare sui talenti e le disposizioni ereditarie non avremo altro che dei tratti ereditari, perciò la nostra individualità non potrà svincolarsi dalle facoltà ereditate. Perciò, a questo punto, va fatta un’auto-educazione che si opera lentamente e che ci consente di trasformare e sviluppare i nostri talenti.

E anche se il karma della presente incarnazione non ci permette di fare questo tipo di lavoro, tuttavia avremo già iniziato il percorso ed è straordinariamente importante ogni tentativo fatto. La visione chiaroveggente può vedere che l’aura diventa più mobile e vibrante perché il processo di auto-educazione risulta da sé, spontaneamente, per offrire l’auto-conoscenza che viene detta impersonale.

E ora siamo al terzo livello che è quello in cui valutiamo che il nostro sé si manifesta per mezzo del corpo astrale che è il portatore delle gioie e dei dolori, delle passioni e delle antipatie e così via. Quale legge definisce che il corpo astrale debba contenere l’elemento caratteristico dell’uomo? Lo definisce la legge del karma che definisce il carattere peculiare del sé, ossia dell’individualità perciò costituisce l’elemento che continua a svilupparsi solo nella linea ereditaria.

Questo è quello che passa di incarnazione in incarnazione perché è connesso con le nostre azioni e con le nostre esperienze dell’anima. Il terzo livello di auto-conoscenza comprende le esperienze che l’uomo fa per mezzo dei suoi corpi, e che diverranno la legge di causa e effetto che possiede una natura squisitamente spirituale. Ma ora resta da risolvere il quesito se l’uomo possa fare qualcosa qualora abbia raggiunto questo punto.

Buona erranza
Sharatan

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