martedì 25 agosto 2015

Lo spettacolo cosmico



“Esse sono due nascoste nel segreto dell’Infinito:
l’ignoranza e la Conoscenza; ma l’ignoranza è peritura,
mentre la Conoscenza è immortale.”
(Svetasvatara Upanisad I, V, 1)

Per Shankara la coscienza è lo strumento e il tramite tra l’osservatore e lo spettacolo cosmico. La coscienza è il prodotto dell’incontro tra il soggetto e l’oggetto osservato perciò, senza la coscienza, non avremmo nessun rapporto tra soggetto e realtà. Per questo, la coscienza è presente in ogni dimensione dell’esistenza ossia nella veglia, nel sogno e nel sonno perciò essa è una costante della realtà.

Poiché la realtà possiede molte dimensioni, anche la coscienza comprende tre gradi o livelli per farci percepire tutti i gradi dell realtà in cui viviamo. La consapevolezza sensoriale fa conoscere la realtà grossolana, il livello mentale fa conoscere la realtà sottile e l’aspetto spirituale fa percepire la realtà dei princìpi. La coscienza sensoriale è il livello più superficiale perché fa conoscere la parte grossolana ed esteriore.

Invece il livello superiore è quello della coscienza trascendente, unitaria e intuitiva che fa conoscere i principi da cui nascono gli oggetti. La caratteristica principale della coscienza è il “divenire” che implica la capacità di creare il flusso dinamico che collega soggetto e oggetto. Il divenire viene trasceso solo dall’atman che è il livello in cui ogni dualismo finisce.

Quando siamo giunti al livello privo di ogni divenire emerge l’Essere inteso come uno stato permanente che supera ogni movimento e ogni causa, perciò siamo entrati nello stato di coscienza che è piena identità con il Tutto. I vedantini pensano l’Assoluto-atman come la realizzazione più elevata che include ogni oggetto, perciò ogni altra forma di coscienza diversa da questa è vista come un tipo di consapevolezza ridotta.

La metafisica vedantina vede l’origine della vita come un’unità da cui è nata tutta la molteplicità dei fenomeni. Perciò la manifestazione della vita viene paragonato all'irradiazione originata da un Centro Assoluto. Nel Vedanta dicono che l’origine della coscienza è avvenuta con una “rottura” dell’originario stato indifferenziato in cui il soggetto e l'oggetto erano un’unica realtà.

Allo stato di fusione tra esistenza, conoscenza e beatitudine è seguita la scissione cioè la “caduta” nell’identificazione particolare del soggetto con una parte della realtà. Perciò è sopraggiunto l’oblio di questa originaria esistenza divina, e l’inizio dell’ignoranza e del dolore: è così che è iniziata la nostra percezione duale. La condizione primitiva finì con l’identificazione che ci fece perdere la totalità e fece sorgere il dualismo di soggetto e oggetto.

L’identificazione è il processo della coscienza che dimostra che ogni livello di coscienza corrisponde a una versione relativa e personale del mondo. Nel mondo relativo esistono diversi gradi di coscienza che vanno considerati solo come punti di vista parziali e personali perciò essi vanno visti soltanto come opinioni.

Ogni punto di vista è relativo alle funzioni mentali usate e alla struttura mentale dualista, perciò è relativo ai gradi inferiori della conoscenza che non esauriscono tutte le potenzialità cognitive degli uomini. Per gli occidentali, la coscienza è il risultato delle funzioni cognitive del cervello ed è un fenomeno collegato alla materia. Invece, per i vedantini, la coscienza è un principio metafisico che mostra l’unità dell’universo. Essa è l'Intelligenza Cosmica dalla trascendente perfezione, perciò la coscienza è alla radice della materia e della mente.

Per Patanjali e per il Vedanta, la mente è l’organo interno posto tra corpo e anima ossia tra cervello grossolano e cervello causale. La mente è un livello sottile e rappresenta una struttura con 3 funzioni diverse. La struttura inferiore svolge le funzioni sensoriali, la struttura intermedia svolge funzioni analitiche e sintetiche deputate a formulare il pensiero discorsivo e quello selettivo. La struttura superiore svolge la funzione intuitiva supermentale.

Queste strutture rappresentano diversi gradi di funzioni mentali organizzate gerarchicamente in vari livelli di complessità. La struttura della mente ha dei limiti che sono collegati al suo funzionamento, infatti le funzioni diventano più ampie e i limiti diventano più sfumati mano a mano che la materia di cui si compongono diventa più sottile. Le strutture sensoriali sono meno funzionali e più limitate, quelle razionali sono più funzionali e meno limitate, mentre le strutture intuitive supercoscienti sono le più funzionali e complesse.

La coscienza è il substrato dell’individuo ma è anche il substrato della struttura mentale che vi è sovrapposta e che consente di percepire la realtà. La coscienza è il supporto della mente e collabora con essa sebbene vi sia distinta. La luce della coscienza si manifesta per mezzo della mente che agisce come un filtro che offusca la sua completezza e diminuisce l’intensità della sua luce. La luce della coscienza si opacizza mentre filtra attraverso la mente, perciò i contenuti dei pensieri sono come un film che viene proiettato sopra uno schermo opaco.

Quei fotogrammi offrono l’illusione del movimento e creano il flusso cangiante dei nostri pensieri. Ma, dietro il flusso dei pensieri è sempre presente un flusso continuo di coscienza che resta immutevole dietro a quel flusso di immagini che scorrono. L’intelligenza e la consapevolezza sono il risultato dell'associazione della mente e della coscienza.

La mente può esercitare le sue funzioni solo perché è in contatto con la coscienza. E, in cambio, la coscienza può usare uno strumento mentale che agisce nel mondo manifesto. Le funzioni della mente restano latenti e diventano attualizzabili solo per merito della coscienza: la conoscenza è il risultato di questa associazione.

Il mondo diventa conoscibile solo per mezzo delle funzioni mentali che vengono attivate su iniziativa della coscienza. La mente è paragonata anche ad un grande palazzo fornito di molte finestre che si aprono su molti mondi diversi che vengono conosciuti per merito dello stimolo della coscienza. E tanto più la finestra da cui osserveremo la realtà sarà posta in alto, tanto più sarà ampio il mondo che potremo percepire.

Secondo la tradizione vedantina solo un filtro mentale che si è imbevuto completamente d'amore potrà percepire la verità. Ne consegue che lo sviluppo della conoscenza richiede una disciplina della mente, e che lo sviluppo della mente è correlato con la sua purificazione. La relazione tra la purezza della mente e la conoscenza viene paragonata ad una buona esecuzione musicale.

Un bravo musicista può eseguire della buona musica, in relazione alla qualità e alla efficienza dello strumento che usa. La qualità della musica è il prodotto dell’abilità del musicista, della qualità dello strumento e della buona coordinazione tra il musicista e lo strumento. L’intuizione supercosciente è una funzione che supera il pensiero perciò il suo sviluppo richiede una purificazione del pensiero che deve raggiungere uno stato di completo silenzio mentale.

La conoscenza della verità, per i vedantini, è possibile solo se la coscienza vede senza filtri ed è libera da ogni contenuto mentale che la può offuscare. La conoscenza integrale si realizza quando la coscienza sa trascendere la mente, dissolvere ogni attaccamento formale e risplendere nella luce informale. La conoscenza pura svela l’identità tra il sé individuale che “vede il Sé in tutte le creature e vede tutte le creature nel Sé.”

Così otteniamo un legame tra soggetto e il substrato assoluto della Realtà espresso dal motto: "Tu sei Quello". La conoscenza comune è una coscienza oscurata dai contenuti mentali e appare come una lampada coperta da vetri colorati che può risplendere solo quando vengono rimossi i vetri che impediscono di vedere la purezza della sua luce. I filtri della percezione vanno eliminati e trascesi, e l’attenzione va ritratta dal corpo, dalla mente e dall’anima individuale.

La conoscenza pura sorgerà quando ci saremo sottratti da ogni forma e da ogni movimento e saremo entrati nel silenzio dell’assorbimento divino ossia realizzeremo la reintegrazione con la sorgente luminosa del Tutto. L’ignoranza, avidya, è la mancata conoscenza di questo, ed è connessa con lo stato di consapevolezza individuale. La sofferenza è nata a causa della scissione dall’Essere Eterno e immutabile che ci fa sperimentare l’illusione della finitezza e ci procura paura, ostilità e solitudine.

Solo una coscienza non duale riposa sempre nella pace e nell'armonia, perciò il nostro io e le nostre tumultuose esperienze di vita sono solo la distorsione di una percezione errata. Esse sono la deformazione irreale causata dalla dolorosa separazione dalla Pura Coscienza. E la vita umana è una recita eseguita sul palcoscenico dell’Intelligenza Cosmica che osserva lo spettacolo senza essere turbata dalle nostre illusorie interpretazioni.

Buona erranza
Sharatan

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