Il karma non è altro che la conseguenza negativa della cristallizzazione o della fluidificazione delle nostre tensioni, delle rigidità o delle fluidificazioni che sappiamo imprimere alla nostra vita. Nel karma noi osserviamo la maturazione o l’immaturità del frutto della pratica del Perdono. Il karma è anche il risultato della solidificazione o della dissoluzione delle tracce ataviche delle memorie ancestrali: esso dimostra l’accordo o il disaccordo delle manifestazioni che la vita assume sia dentro che fuori di noi.
Se vediamo il nostro karma come una serie di debiti o crediti che abbiamo stipulato con gli altri, allora ci sbagliamo: il karma è un conto in sospeso che noi abbiamo verso noi stessi. Perciò la vera e giusta prospettiva di valutarlo è quella che lo vede come un processo dinamico su cui agiamo noi stessi, con il tocco delle nostre dita e con il sudore della nostra fronte. Saputo questo, usiamo il nostro karma per riprendere il colloquio che avevamo lasciato in sospeso con noi stessi.
Nel karma non va contemplato il senso di colpa, che si riflette nella nostra pesante eredità spirituale, immaginata come un funereo paesaggio interiore oppresso da pioggia e da nebbia, e mancante della luce del sole: piuttosto sforziamoci di vedere in esso tutte le forme di bellezza che abbiamo saputo coltivare.
Perciò vediamo in esso il credito attivo, quindi quello che abbiamo guadagnato nel corso dei nostri soggiorni planetari da cui riportiamo solo il vero elisir di Essenza Divina, cioè la Luce che brilla in noi e che non perderemo mai: ricordiamoci sempre che nessun raccolto andrà mai perduto!
Per questo va liberato il sangue, sia fisico che interiore, dalla sua spiacevole predilezione a coagularsi, cioè dalla tendenza ad intasare i canali di circolazione della vita con l'impurità di aggregazioni, che aumentano il loro volume fino alla frattura per cui non abbiamo riparazione o reintegrazione. Strano destino essere uccisi dall’uso improprio dell’Amore, e annullati dalla rottura di un tale vaso!
Per fare il riepilogo del conto, al gioco della contabilità di noi, tracciamo delle colonne chiare e precise con le due voci di entrate ed uscite interne a noi stessi, ma senza ipocrisia e senza fretta, ricordando solo che l’elenco va ultimato prima della fine della vita. Vediamo senza ipocrisia tutte la serie di difficoltà, e tutte le tensioni che noi scarichiamo in tutti gli ambiti del vivere nostro, e che sono come dei trombi che ostruiscono i canali della vita.
Il solo impegno che avremo nella contabilizzazione di noi, sarà l’abbandono della pigrizia mentale e dell’orgoglio personale che usiamo per mischiare le carte al tavolo in cui l’uomo diventa il baro di sé stesso. Senza barare, pensiamo poi quelle qualità e a quelle circostanze in cui vediamo la Forza del nostro vero cuore e della nostra reale sensibilità, ed offriamo a queste capacità tutto l’elenco dei nostri debiti da riparare.
Offriamo alla nostra Forza e alla nostra Potenza interiore le nostre cose peggiori e le nostre infermità presentandole come il paesaggio funesto ed abbandonato che abita nell’interiore, che poi è la Terra da restaurare, da risanare, da rigenerare e da far rifiorire nel corso della vita: celebriamo così la preziosa opportunità di operare la risalita della Scala, e la nostra piena Reintegrazione.
Se offriamo così le nostre pene e i nostri dolori all’Amore, affinché li risani, dimostriamo di avere il senso del nostro valore e una piena fiducia della bontà della vita nei nostri riguardi: così ci affidiamo all’Amore che dorme in noi, che è Forza e Dolcezza di Vita.
Se abbiamo immaginato il karma come un foglio di rancori o di recriminazioni, allora è giunto il momento di piegare il foglio e di bruciarlo, e poi di offrire quelle ceneri al fiume della vita.
E’ solo così che sblocchiamo i canali che si erano intasati perchè, invece del conto dei rancori iniziamo a contabilizzare quali gioie e quante forme di Amore ci può offrire l’esistenza umana, quando ci sblocchiamo dalla disperazione e ci apriamo ad una speranza di cose migliori.
L’acqua che rinnova il mondo è in forma femminile, ma non nel senso comune che riveste tale concetto, ma nella capacità femminile universale di fluidificazione e di generazione dei frutti della terra: perciò la nuova era che verrà sarà l’avvento dell’Acquario, che vuole elevare il valore dell'essere umano alla comunione con gli angeli!
L’era che sta arrivando è già pronta nella crisi della rigidità dei valori maschili, che sono deviati nel monologo di durezza ed autosufficienza, che sono soffocati nella corazza di rigidità che rema contro il corso melodioso della vita.
Sarà la Saggezza e l’Amore dei valori femminili veri che sapranno vedere le due facciate dell’Amore, non come divisioni, ma come parti della porzione di un’onda, in cui il concavo ed il convesso non sono due cose diverse, ma costituiscono la reale natura dell’onda.
Saranno le qualità del miglior principio femminile che porteranno al rinnovamento del paesaggio interiore ed esteriore della Terra, e alla rigenerazione del paesaggio dell’essere d’argilla. In queste qualità ammiriamo allora la Fiducia nella vita e la capacità d’Intuizione, l’elasticità mentale e l’Umiltà di sentirsi una cosa piccola e importante perchè vera semenza divina.
Da questa intensa riflessione nasce la possibilità d'inondare il nostro paesaggio interiore con il grande fiume della vita, ma solo se facciamo rifiorire l’Ascolto nel nostro cuore così, che la nostra argilla vivificata dall’acqua, non possa mai più seccare.
Per farlo va ucciso l'egoismo personale, perché per ascoltare veramente l’altro non dobbiamo semplicemente aprire la mente, ma saper sviluppare l’orecchio interiore fino a farlo giungere nel profondo del cuore. E’ solo nel cuore che entriamo nel flusso dei canali di vita, perché riposiamo nel centro della Mezza misura e nel nostro giusto posto e non dobbiamo renderne conto a nessuno, se non a noi stessi.
Riposiamo allora nel posto giusto, ma non come guardiani di alcuna verità, vediamoci piuttosto in una maestosa contemplazione della nostra entità Reale, perchè siamo in beata contemplazione nel luogo di Pace dell’Oceano della tranquillità. E' questo lo stato in cui assaporiamo l’abbraccio di Brahaman: è così che veniamo cullati dall’Anima del Mondo.
Se pensiamo che l’abbandono alle nostre resistenze interne e alle riserve mentali che sono necessari per sviluppare il nostro vero ascolto, significhi avere fatto un'abiura al contatto con la realtà più concreta, allora siamo ancora prigionieri della grossolana illusione, perchè un ascolto superiore aiuta ad avere una visione più efficace e più giusta di condurre la vita, e non è mai fonte d'inganno.
Con la parte femminile che si risveglia nel nostro cuore, riusciamo a stimolare e riequilibrare anche la parte maschile irrequieta che si agita in noi, e che non ci permette requie: per questo motivo ogni nostra fiducia deve sempre essere attiva. L’acqua funziona come legante e come solvente perché unisce due parti che sono state separate dalle false concezioni di uomo e di donna come elementi di opposizione, e come elementi che soffrono di incrementi d'impurità e di entropie di relazioni.
Se vogliamo continuare con la metafora delle maschere, e se vogliamo perseguire ancora la vita del “voler sembrare per essere” dobbiamo abbandonare la via dell’Acqua della vita, perché in questa via essere uomo o donna non ha importanza, ma viene riconosciuto lo sforzo del recupero della Reale Essenza aldilà degli abiti con cui si ammanta la nostra illusoria Realtà, e fuori dalle false concezioni sulla natura dei generi.
La pietra angolare che spezza i modelli imposti è l’Amore di Sé, prima pietra di ricostruzione del nostro vero Tempio interiore, che è un tipo di giusto orgoglio che non alberga nel cuore delle pecore, e dei pavidi che la società seleziona, privilegia e predilige. E' colui che ama questo amore interiore che trova in sè tutte le risorse per vedere che non siamo solamente uomo o donna, ma siamo una splendente scintilla dell’Uno che, finalmente, si ridesta alla Vita.
Buona erranza
Sharatan
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