“ Gli stranieri siamo noi,
erranti alle porte della nostra mente”
(George Steiner)
erranti alle porte della nostra mente”
(George Steiner)
La scuola in cui impariamo continuamente è la vita, che è una scuola che frequentiamo dalla nascita alla morte, perciò la vita è la testimone di ciò che siamo. E noi cosa siamo? Cosa siamo noi, se non le nostre storie, i nostri sogni, le nostre aspettative, i nostri progetti, le nostre frustrazioni, i nostri piaceri, le nostre insicurezze e tutti i momenti di massima gioia e di crisi? Noi siamo noi stessi in ogni momento di coraggio, e siamo noi in tutte le occasioni in cui diventiamo inadeguati a quello che viviamo, perciò siamo perfettamente veri anche nell’errore.
E’ nella trama della nostra vita che ci riconosciamo, perché i nostri pensieri e le nostre emozioni non sono racchiusi solo nei fatti, ma anche nel modo in cui viviamo perciò nelle caratteristiche con cui reagiamo agli eventi, perché sono i fatti quelli che contano nella vita delle persone. Nella scuola della vita si impara l’ascolto e la condivisione, infatti dialogare equivale a condividere la vita degli altri da cui si può imparare molto anche senza diretta esperienza.
Nel racconto siamo disposti a ritornare amorevolmente a casa, infatti facciamo il ritorno interiore, perché io sono l’attore principale della mia vita: noi conosciamo soltanto alcuni dei frammenti che formano ciò che siamo mentre, nella maggioranza delle persone, non vi è consapevolezza alcuna della propria intima natura. Molti credono che lasciare andare sia equivalente a dimenticare i fallimenti per conservare solo i ricordi migliori: certamente tutti vorremmo avere una vita densa di successi e di splendide realizzazioni.
La vera soluzione non può produrre la nostra disintegrazione poiché, in ogni parte della nostra vita, è racchiusa una parte di noi, nella storia personale vi è la traccia della nostra essenza e delle caratteristiche del nostro essere, perciò nessuna parte di noi può essere sbagliata, e nessun avvenimento che abbiamo vissuto è privo di senso, se sappiamo guardare con attenzione e con giusta prospettiva, all’interezza della nostra vita.
La cabala insegna che nessun frammento della nostra anima va lasciato andare, nessuna scintilla va dispersa perché dobbiamo diventare i cacciatori delle nostre scintille per ricostruire il fuoco che siamo: è nella caccia che facciamo la nostra ricostruzione, poiché ci reintegriamo alla situazione in cui eravamo prima di essere dispersi per divenire delle faville sfavillanti di fiamma e di luce che sono alla ricerca della loro integrità.
Spesso ripercorriamo il nostro passato cedendo alla tentazione di farci belli dei successi e trascuriamo i danni e le esperienze dolorose. Pochi amano ammettere una vita difficile, perlopiù si amano i vincenti, coloro che non sono mai caduti, coloro che vincono tutte le competizioni: la competizione e il confronto sono gli strumenti con cui la società di rende schiavi delle opinioni vigenti, e ci nega la nostra importanza essenziale. L’unicità di una persona non equivale ad avere compiuto imprese eccezionali, la nostra unicità personale è racchiusa nel nostro modo di vivere, in quello che sentiamo, nel modo con cui il nostro carattere reagisce e nel modo con cui viviamo l‘ordinarietà.
Essere unici è racchiuso nel modo con cui dormiamo, e in tutte le nostre azioni, perché manifestiamo il nostro essere singolare e prezioso: tutto quello che siamo è frutto della nostra storia: ecco perché siamo il prodotto di ciò che abbiamo vissuto, e perché la nostra trama è in quello che stiamo vivendo. Nel passato abbiamo sperimentato delle emozioni, abbiamo compiuto delle azioni, e abbiamo avuto interazioni che hanno creato la luce che siamo, e la storia della nostra vita è l’origine, in essa vi è il flusso che alimenta la nostra fiammella.
Questa luce viene nutrita in ogni momento in cui viviamo e in cui respiriamo, perciò la vita è il momento presente che è in ogni giorno in cui siamo un modo di dormire, un modo di mangiare, un modo di studiare, un modo di discutere, un modo di soffrire e un modo di fare l’amore, e che sono sempre dei prototipi unici, e solo nostri. Noi siamo nel totale di tutte queste esperienze che ci hanno strutturato, e su cui noi ci rifondiamo, e a cui facciamo un ritorno alla ricerca di noi stessi. La nostra storia personale, il filo di ciò che ci ha strutturato, la sorgente della vita che siamo è un cammino esistenziale che dura per sempre: ecco la nostra storia che diventa l’epopea personale di cui dobbiamo sentirci eroi vittoriosi e mai vinti.
Nelle vite più semplici vi è un significato stupendo che nessuno conosce ma che esiste ugualmente, infatti negare le Galapagos non significa che le isole non esistono, ma è il segno che si viaggia troppo poco, e che il proprio pensare è troppo ristretto. Allora ammettiamo che, nel modo con cui le persone percorrono la loro vita vi è il loro stile personale, e le loro caratteristiche più uniche ed irripetibili: e se esiste il sommo peccato è nel rinnegare noi stessi, poiché facciamo il tradimento alla nostra più profonda natura.
Rinunciando al conformismo che vuole vite da gossip, possiamo apprezzare le vite di coloro che hanno avuto una strada dura e disagevole, che percorrono camminando su spine e su pietre, e saperli vedere come i veri combattenti della vita. Coloro che escono indenni dalle vite più dure vanno onorati, perché sono riusciti a cadere più volte e hanno saputo rialzarsi ogni volta con maggiore determinazione. Questo ci insegna il saper guardare la storia della nostra vita, e ugualmente impariamo se sappiamo ascoltare la storia degli altri che diventano degli specchi con il racconto della loro vita.
Evidentemente non possiamo credere di poter emulare le vite degli altri, come pure è impossibile imitarne lo stile, e la cabala lo considera un furto dell’impronta dell’anima, come pure viene severamente proibito diminuire il proprio valore personale, che è equivalente alla blasfemia, poiché si disprezza la divinità che siamo. Tutti devono essere e devono impersonare ciò che sono, infatti viene detto che ognuno ha un servizio a cui viene chiamato, perciò fa un percorso quando prende l’orientamento e conosce la sua direzione.
Molti confondono la loro storia con il borbottio mentale a cui siamo abituati, ma ricordare noi stessi è essenziale per ogni tradizione spirituale e consiste in una riconnessione, in un risanamento, ma anche in una riconciliazione con quello che siamo. Nel momento in cui ci ricordiamo ci concediamo al gusto della nostra considerazione, perché noi siamo il soggetto, mentre ci abituano a vederci tramite gli altri, ma il nostro sguardo diventa libero di vederci.
Molti non riescono a percepirsi come persone complesse e sfaccettate, e non sanno costruirsi come persone solide ed integre che sanno realizzarsi indipendentemente, e anche in virtù della qualità del loro vivere passato, perciò vivono la loro storia come un alibi, invece che come un punto di partenza. Per molti la vita equivale ad un fatto esteriore, un apparire e un inseguire delle conferme esterne, in quanto si è carenti di un solido senso di noi stessi, perciò non siamo in grado di esistere senza l’ausilio degli altri.
Quando ci ricordiamo a noi stessi è come se rimettessimo assieme il corpo, la mente e la nostra anima tramite i nostri sensi che vengono potenziati da questa percezione profonda che costruisce in noi una superiore sensibilità e una raffinatezza maggiore che è prodotta dallo sguardo interno ed esterno, che è sempre totale. Quello che ci connota in modo unico è la nostra storia personale in cui sono racchiusi i nostri drammi e le nostre tragedie, in cui vi sono i pensieri, le opinioni, le scelte: tutto quello che siamo è narrato dalla nostra storia, che è la trama che è tracciata sulla nostra pelle fisica, emotiva e mentale, e che plasma la nostra personale impronta dell’anima.
Buona erranza
Sharatan
E’ nella trama della nostra vita che ci riconosciamo, perché i nostri pensieri e le nostre emozioni non sono racchiusi solo nei fatti, ma anche nel modo in cui viviamo perciò nelle caratteristiche con cui reagiamo agli eventi, perché sono i fatti quelli che contano nella vita delle persone. Nella scuola della vita si impara l’ascolto e la condivisione, infatti dialogare equivale a condividere la vita degli altri da cui si può imparare molto anche senza diretta esperienza.
Nel racconto siamo disposti a ritornare amorevolmente a casa, infatti facciamo il ritorno interiore, perché io sono l’attore principale della mia vita: noi conosciamo soltanto alcuni dei frammenti che formano ciò che siamo mentre, nella maggioranza delle persone, non vi è consapevolezza alcuna della propria intima natura. Molti credono che lasciare andare sia equivalente a dimenticare i fallimenti per conservare solo i ricordi migliori: certamente tutti vorremmo avere una vita densa di successi e di splendide realizzazioni.
La vera soluzione non può produrre la nostra disintegrazione poiché, in ogni parte della nostra vita, è racchiusa una parte di noi, nella storia personale vi è la traccia della nostra essenza e delle caratteristiche del nostro essere, perciò nessuna parte di noi può essere sbagliata, e nessun avvenimento che abbiamo vissuto è privo di senso, se sappiamo guardare con attenzione e con giusta prospettiva, all’interezza della nostra vita.
La cabala insegna che nessun frammento della nostra anima va lasciato andare, nessuna scintilla va dispersa perché dobbiamo diventare i cacciatori delle nostre scintille per ricostruire il fuoco che siamo: è nella caccia che facciamo la nostra ricostruzione, poiché ci reintegriamo alla situazione in cui eravamo prima di essere dispersi per divenire delle faville sfavillanti di fiamma e di luce che sono alla ricerca della loro integrità.
Spesso ripercorriamo il nostro passato cedendo alla tentazione di farci belli dei successi e trascuriamo i danni e le esperienze dolorose. Pochi amano ammettere una vita difficile, perlopiù si amano i vincenti, coloro che non sono mai caduti, coloro che vincono tutte le competizioni: la competizione e il confronto sono gli strumenti con cui la società di rende schiavi delle opinioni vigenti, e ci nega la nostra importanza essenziale. L’unicità di una persona non equivale ad avere compiuto imprese eccezionali, la nostra unicità personale è racchiusa nel nostro modo di vivere, in quello che sentiamo, nel modo con cui il nostro carattere reagisce e nel modo con cui viviamo l‘ordinarietà.
Essere unici è racchiuso nel modo con cui dormiamo, e in tutte le nostre azioni, perché manifestiamo il nostro essere singolare e prezioso: tutto quello che siamo è frutto della nostra storia: ecco perché siamo il prodotto di ciò che abbiamo vissuto, e perché la nostra trama è in quello che stiamo vivendo. Nel passato abbiamo sperimentato delle emozioni, abbiamo compiuto delle azioni, e abbiamo avuto interazioni che hanno creato la luce che siamo, e la storia della nostra vita è l’origine, in essa vi è il flusso che alimenta la nostra fiammella.
Questa luce viene nutrita in ogni momento in cui viviamo e in cui respiriamo, perciò la vita è il momento presente che è in ogni giorno in cui siamo un modo di dormire, un modo di mangiare, un modo di studiare, un modo di discutere, un modo di soffrire e un modo di fare l’amore, e che sono sempre dei prototipi unici, e solo nostri. Noi siamo nel totale di tutte queste esperienze che ci hanno strutturato, e su cui noi ci rifondiamo, e a cui facciamo un ritorno alla ricerca di noi stessi. La nostra storia personale, il filo di ciò che ci ha strutturato, la sorgente della vita che siamo è un cammino esistenziale che dura per sempre: ecco la nostra storia che diventa l’epopea personale di cui dobbiamo sentirci eroi vittoriosi e mai vinti.
Nelle vite più semplici vi è un significato stupendo che nessuno conosce ma che esiste ugualmente, infatti negare le Galapagos non significa che le isole non esistono, ma è il segno che si viaggia troppo poco, e che il proprio pensare è troppo ristretto. Allora ammettiamo che, nel modo con cui le persone percorrono la loro vita vi è il loro stile personale, e le loro caratteristiche più uniche ed irripetibili: e se esiste il sommo peccato è nel rinnegare noi stessi, poiché facciamo il tradimento alla nostra più profonda natura.
Rinunciando al conformismo che vuole vite da gossip, possiamo apprezzare le vite di coloro che hanno avuto una strada dura e disagevole, che percorrono camminando su spine e su pietre, e saperli vedere come i veri combattenti della vita. Coloro che escono indenni dalle vite più dure vanno onorati, perché sono riusciti a cadere più volte e hanno saputo rialzarsi ogni volta con maggiore determinazione. Questo ci insegna il saper guardare la storia della nostra vita, e ugualmente impariamo se sappiamo ascoltare la storia degli altri che diventano degli specchi con il racconto della loro vita.
Evidentemente non possiamo credere di poter emulare le vite degli altri, come pure è impossibile imitarne lo stile, e la cabala lo considera un furto dell’impronta dell’anima, come pure viene severamente proibito diminuire il proprio valore personale, che è equivalente alla blasfemia, poiché si disprezza la divinità che siamo. Tutti devono essere e devono impersonare ciò che sono, infatti viene detto che ognuno ha un servizio a cui viene chiamato, perciò fa un percorso quando prende l’orientamento e conosce la sua direzione.
Molti confondono la loro storia con il borbottio mentale a cui siamo abituati, ma ricordare noi stessi è essenziale per ogni tradizione spirituale e consiste in una riconnessione, in un risanamento, ma anche in una riconciliazione con quello che siamo. Nel momento in cui ci ricordiamo ci concediamo al gusto della nostra considerazione, perché noi siamo il soggetto, mentre ci abituano a vederci tramite gli altri, ma il nostro sguardo diventa libero di vederci.
Molti non riescono a percepirsi come persone complesse e sfaccettate, e non sanno costruirsi come persone solide ed integre che sanno realizzarsi indipendentemente, e anche in virtù della qualità del loro vivere passato, perciò vivono la loro storia come un alibi, invece che come un punto di partenza. Per molti la vita equivale ad un fatto esteriore, un apparire e un inseguire delle conferme esterne, in quanto si è carenti di un solido senso di noi stessi, perciò non siamo in grado di esistere senza l’ausilio degli altri.
Quando ci ricordiamo a noi stessi è come se rimettessimo assieme il corpo, la mente e la nostra anima tramite i nostri sensi che vengono potenziati da questa percezione profonda che costruisce in noi una superiore sensibilità e una raffinatezza maggiore che è prodotta dallo sguardo interno ed esterno, che è sempre totale. Quello che ci connota in modo unico è la nostra storia personale in cui sono racchiusi i nostri drammi e le nostre tragedie, in cui vi sono i pensieri, le opinioni, le scelte: tutto quello che siamo è narrato dalla nostra storia, che è la trama che è tracciata sulla nostra pelle fisica, emotiva e mentale, e che plasma la nostra personale impronta dell’anima.
Buona erranza
Sharatan
5 commenti:
Ciao Sharatan. i tuoi scritti fanno riflettere, sono andato a prendere dal mio blog, una mia vecchia riflessione che penso sia in tema con il tuo scritto:
LA VITA “UNA BRICIOLA”
Ah…la vita, cosa è la vita?
Sessanta anni, settanta, ottanta, novanta o cento anni:
cosa sono di fronte all’eternità?
Nulla!
Eppure in questa briciola di vita che abbiamo quante cose
ci sono scivolate addosso come un mantello che ha coperto la nostra vita,
Sotto quel mantello quanta umanità vissuta.
Da fanciulli, quando tutto era meraviglia, quando tutto era da scoprire e tutto ci sembrava pulito e sincero, siamo stati violati dalla guerra, i bombardamenti, la fame, i lutti, eppure la nostra ingenuità, la nostra fiducia negli altri ci faceva sembrare tutto normale.
Essere bambini: non capivamo i pianti degli adulti, non capivamo la tristezza dei nostri genitori, il nostro animo si rattristava senza capire perché. ( Anna Frank scriveva nel suo diario i suoi sogni pur essendo in una situazione di grande pericolo, pur vivendo nella clandestinità con la paura di essere scoperta, pensava alla bellezza della natura e al suo primo amore non espresso per Peter.) Quanto amore c’era in questa briciola di vita, purtroppo spenta troppo presto.
I sogni e le speranze dei fanciulli sono superiori a tutte le malvagità degli adulti.
Ma anche negli adulti esiste tanto amore non espresso.
La giovinezza ci ha investiti come una primavera fiorita e profumata, con i suoi colori sgargianti, ci siamo sentiti padroni del mondo, ci sentivamo forti e sicuri e volevamo trasformare il mondo per migliorarlo.
I primi amori come tempeste che ci investivano con furia, amori non corrisposti ci facevano sembrare che tutto ci crollasse addosso. Ma poi ecco l’amore corrisposto e tutto diventa bello, fantastico.
Il pensiero vola nell’infinito e vedi il mondo pieno di colori, senti l’amore traboccare verso tutti come un fiume di acqua viva che fa germogliare la vita di altri esseri; i nostri figli.
Questa briciola di vita come fa a contenere tanto amore, come fa a essere cosi piena di emozioni,come riesce a non esplodere e urlare felice io esisto.
Noi esistiamo in questo infinito universo,
di guerre, ingiustizie, miserie, cecità di fronte ai bambini che per fame muoiono nel mondo.
Miliardi di briciole di vita,con l’amore e le emozioni che contengono devono esplodere per contagiare tutti gli esseri viventi del l’immenso amore che contengono.
Ricambio con affetto il tuo abraccio Salvo
Sei stato pertinente Salvo. Le mie parole sulla vita fanno parte della mia esperienza, sono il mio modo di vedere gli altri con la loro dignità e con la loro semplicità.
Ho conosciuto persone che avevano un'approccio profondo e sincero nei riguardi della vita che mi hanno insegnato tanto, soprattutto il rispetto e la tolleranza per il modo con cui ognuno sceglie di vivere.
Vieni da una generazione che ha conosciuto il dolore della guerra e della morte, ma anche la speranza, soprattutto la speranza di ricominciare per avere un mondo migliore. Una generazione che deve considerarsi fortunata se produce degli uomini sensibili come te.
Ti ringrazio per il tuo bellissimo scritto che mi fa piacere conservare nel mio blog, tra le mie cose.
Ti abbraccio con affetto
Sharatan
Ecco, sono felice di poter leggere uno scritto come quello di Salvo insieme ai tuoi post, cara Sharatan. Vorrei che questa Compagnia di Erranti diventasse numerosa, a testimonianza della sua esistenza, che l'andamento del mondo sembrerebbe negare.
Guerrieri della Luce, guerrieri Arcobaleno...guerrieri che combattono senza altre armi che loro stessi. Non trovo le parole, ma so che tu comprendi, lo leggo in quello che hai scritto qui.L'Erranza non è che una ricerca interiore di tutto ciò che è stato disperso o semplicemente giace in noi ancora privo di consapevolezza.
Grazie per la tua "erranza" su Innerland: troverai molte cadute e anche molti voli, ali incerottate e ali spezzate ... ma che ricrescono più forti.
Un abbraccio. Con affetto.
Grazie, Sharatan, il commento al mio scritto, mi dimostra che la tua grande sensibilità ha colto in pieno cio che volevo dire. Lo aprezzo molto e ancora ti ringrazio.
Un fraterno abraccio
Salvo
@Salvo, certo che ti ho capito. Ne dubitavi?
@Ryiueren, verrò ancora a spulciare tra le tue cose che mi piace leggere qua e là per vederti meglio. Per me l'essenza del combattimento è provarci sempre, anche se sappiamo di non poterci riuscire. Se la causa vale la pena io mi metto in prima fila.
Non siamo affatto pochi, siamo solo convinti di essere soli. Ci fanno credere che non possiamo fare niente. ma capire sembra niente?
Io credo ancora nell'essere umano e nella sua capacità di risorgere sempre. Credimi, le cadute e le cicatrici relative rendono le persone ancora più grandi.
Come potremmo apprezzare dei personaggi che sono tutte chiacchiere senza sostanza?
E' evidente che coloro che comprendono devono avere avuto una vita ricca di esperienze unite alla capacità di comprenderne la profondità...le ferite diventano delle medaglie al valore.
A entrambi mando un abbraccio pieno d'affetto.
Sharatan
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