giovedì 8 settembre 2011

Il momento dell’uomo


“E‘ difficile essere giusti verso il momento:
quello indifferente ci annoia,
quello buono ci fa portare
e quello cattivo trascinare.”

(Johann Wolfgang von Goethe)

Il grande cabalista del 18. sec., Elijah ben Solomon di Vilna, detto il Gaon il “genio” di Vilna, diceva che l’uomo intrattiene con il tempo un rapporto unico e particolare: l’uomo è l’unica creatura la cui esistenza creatrice sia in stretta relazione con il tempo. Il Gaon di Vilna dice che il tempo è amico dell’uomo e che l’uomo e il tempo formano la coppia maschio e femmina, infatti l’uomo è così vicino al tempo che essi si identificano, in quanto il tempo “zeman” invita l’uomo “zamen” a fecondarlo attuando il compimento dei precetti, “mitzvah.”

Le mitzvah esprimono dei precetti sia positivi che negativi, perciò indicano ciò che aiuta ad abbracciare ciò che viene con l’uso di pensieri, di parole, di emozioni e di azioni adeguate alla situazione. Il tempo invita l’uomo e dice che l’uomo può, tramite il tempo stesso, fornire il senso e trovare un contesto adeguato del tempo che è stato assegnato all‘uomo, infatti esistono 365 giorni dell’anno utili per non fare trasgressioni: il tempo dice all’uomo che egli può trovare il senso e il contesto giusto della vita, e questo avviene nel momento presente.

L’uomo prega il tempo e lo invita a uscire dalla sterilità e dall’immobilità per lavorare insieme: così l’uomo diventa ciò che fa del suo tempo e il tempo diventa ciò che l’uomo ne fa. L’uomo deve usare il tempo in modo tale che nessun momento venga perduto, e il tempo farà dell’uomo un essere che vive permanente nel tempo, perciò che non perde nulla di sé. Solo così il tempo e l’uomo possono trasfigurarsi, per entrare nell’eternità vivente, e questo fa guadagnare all’uomo la ricchezza simboleggiata da Abramo che morì carico di giorni e sazio di tempo, perché morì pienamente appagato dal suo vivere.

Solo l’uomo ha coscienza del tempo e solo l'uomo possiede la coscienza della sua presenza nel tempo, perciò il tempo non è un trascorrere ripetitivo e ciclico, ma deve diventare lineare per l'uomo, nella misura in cui l’uomo riconosce al tempo la sua direzione, cioè il movimento che tende verso uno scopo. Concepire il tempo in modo lineare significa avere un contatto permanente con il nostro punto di partenza per saper orientare la nostra direzione futura. Nella mappa dell’anima esistono tre sentieri, cioè esiste la linea della vita, la linea della testa e la linea del cuore, perciò noi dobbiamo mappare le tre direzioni integrandovi gli avvenimenti che viviamo.

Saper vivere il tempo integrando ciò che accade per insegnare ci permette di ricapitolare e di riordinare continuamente le tre direttive del nostro essere e del nostro vivere. L’uomo deve saper ricordare il suo punto di partenza, ma non deve perdere di vista la meta che vuole perseguire. L’oggi è HaYom, perciò è il luogo in cui avviene l’incontro della partenza e dell’arrivo, poiché l’oggi è il momento in cui i due punti si fondono, perciò è nel momento che abbiamo la distanza minima tra il nostro essere e il senso della nostra vita.

Ogni giorno si deve vivere come avessimo un’esperienza nuova, ma dobbiamo tener presente sia la visione retrospettiva che la prospettiva finale della vita: è così che il tempo diventa una creazione ininterrotta, dicono i cabalisti. In questo modo il tempo dell’uomo imita il tempo di Dio, in quanto ogni giorno si rinnova la creazione e si attua un’attività ininterrotta, perciò colui che imita Dio, compie la creazione ininterrotta che avviene nell’oggi, e partecipa alla vivificazione che è donata dalla consapevolezza di poter essere simile a Dio nella capacità di poter ricreare la sua vita.

All’uomo Dio ha dato la facoltà di poter ricostruire la sua vita, perciò ogni giorno bisogna avere l’intenzione di essere disponibili al continuo rinnovamento, poiché l’uomo deve sempre rinnovare ciò che è e ciò che fa. Dio, tramite questo dono, invita l’uomo ad apprezzare ciò che gli dona l’oggi che vive, perché ogni giorno illumina un nuovo mondo che è colmo di benedizioni. Chi sa vivere così nel mondo, sa stare nel mondo restando al servizio di Dio, infatti l’atto della creazione ininterrotta e continua è ricompensata con il dono di una intelligenza illuminata che, ogni giorno, acquisisce nuova forza e nuova luce.

Chi vive la prescrizione divina, dicono i cabalisti, riceve la benedizione di Dio quando ogni giorno, dopo il sonno della notte in cui l’uomo giace come morto, l’Onnipotente gli restituisce il soffio vitale con cui Dio riporta l’anima nel corpo perciò l’uomo si risveglia al mattino confermato nella vita che viene ridonata. Ogni giorno l’uomo si risveglia come un uomo che è stato rinnovato, perché noi veniamo ricreati da ogni momento che viviamo.

Ogni giorno l’uomo è un essere nuovo, perché oggi non siamo più ciò che eravamo ieri ma non siamo ancora ciò che saremo domani, perciò con l’azione e con il pensiero possiamo cambiare continuamente. Ogni giorno riconfermiamo la nostra identità, perciò ogni momento cerchiamo di essere noi stessi: è in questo senso che ogni giorno e ogni momento è unico, e che il compito di ogni uomo è unico nel mondo, e perché ognuno ha il suo lavoro specifico da fare. Il Baal Shem Tov dice che Dio ha creato l’uomo per portare a termine la sua creazione, perciò siamo chiamati all’imitazione dell’opera divina, e la creazione continua diventa quotidiana nella realtà che vogliamo vivere.

L’uomo è chiamato a completare il mondo, in quanto può aggiungere ciò che manca, può ritrovare ciò che ha smarrito, riparare ciò che viene danneggiato e riunire ciò che è stato separato dal tempo. Dio non volle creare un mondo perfetto non perché gli fosse impossibile, dice il Baal Shem Tov, ma volle una creazione con perfezioni e imperfezioni perché l’uomo potesse apprezzare ciò che è buono e potesse riparare quello che viene deteriorato con le sue capacità creatrici. Il mondo venne creato, affinché l’uomo avesse il merito di scegliere il suo tikkun e affinché si potesse sperimentare la “riparazione spirituale” nella realtà fisica del mondo.

Il tikkun è la riparazione che riguarda il saper fare delle azioni adeguate per riparare l’anima personale, ma indica anche la missione cosmologica del tikkun dell’anima del mondo. Questa necessità viene espressa nel mito della “frantumazione dei vasi” che furono incapaci di contenere la potenza dell’immensità divina. Quando avvenne la frattura della prima creazione le scintille divine e i frammenti dei vasi vennero scagliati in tutto l’universo: nella vita questa frantumazione è reintegrata ricostruendo i recipienti (le cose) e ritrovando le scintille divine (l’anima) per riportarli alla condizione originaria della Sacra unità.

L’uomo può svolgere questo tipo di lavoro, infatti l'uomo svolge un lavoro che deve rinnovare continuamente e l’operosità è incoraggiata se risvegliamo l’illuminazione della consapevolezza. Dice Rabbi Yitshak di Luria il mistico del 16. sec., l’Ari HaKadosh Ari il Leone della cabala, che Dio non ha creato due giorni uguali perché ogni giorno ha la sua personalità, infatti Dio ci mostra conferma del rinnovamento quando riporta l’anima nel corpo con l’atto del risveglio, perciò ci mostra che finché abbiamo il respiro abbiamo sempre la possibilità di rinnovarci.

Ogni uomo è creato solo perché ognuno è il prototipo unico del suo modo di pensare, di essere e di manifestare se stesso, perciò ognuno è una creatura unica nel mondo. Prima che nascessimo non c’era nessuno come noi perciò ognuno è indispensabile per il mondo, perché ognuno lascia la sua impronta e l’identità dell’uomo è definita dalla missione a cui l'uomo si sente chiamato. Il lavoro che facciamo ogni giorno diventa diverso perché siamo in continua creazione, perciò anche nella vita quotidiana troviamo le direttive per orientare la nostra vita.

Il tempo e l’azione che facciamo sul mondo non sono in conflitto, ma diventano alleati se viviamo il momento nell'apprezzamento della sua unicità. Ogni giorno si ritrova lo scopo della nostra missione, infatti l’uomo si sforza sempre di riconoscere le sue “scintille” disperse, perciò le ricerca e le raccoglie per riportarle alle “radici” da cui provengono e reintegra la sua interezza.

Le “berurim” cioè delle chiarificazioni interiori vanno fatte ogni giorno e ognuno fa le proprie, poiché nessuno è responsabile del lavoro dell'altro, in quanto ognuno libera solo se stesso, ognuno può affinare e reintegrare solo le scintille che lo aspettano e con cui sente affinità. Ognuno affronta il tikkun che lo riguarda e che gli è stato riservato, infatti ognuno fa i conti con la sua vita: e questo è il compito a cui l’uomo è stato creato per poter aumentare la luce del mondo.

Buona erranza
Sharatan


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