“Tanto tempo fa, in una bellissima giornata di sole, Iktomi strisciò fuori dalla sua tana su una collina e decise di fare una passeggiata. Quando fu ai piedi della collina, si trovò davanti uno stagno la cui acqua blu scintillava al sole. Iktomi si distese sul ventre presso la riva per bere e all’improvviso un volto apparve lì sotto, proprio davanti a lui. Era un volto familiare che imitava tutto ciò quello che egli faceva. Quando Iktomi alzava le sopracciglia, il volto nello stagno faceva esattamente la stessa cosa. Dopo un bel po’ capì che quel volto era il suo.
Iktomi trascorse il resto della giornata ad ammirare il suo riflesso nell’acqua e solo quando il sole tramontò fece ritorno alla sua tana. La mattina successiva, il vento soffiava forte e quando Iktomi arrivò allo stagno constatò con sgomento che il suo riflesso nell’acqua era deformato. Man mano che le ore passavano, il vento si faceva sempre più forte e l’immagine di Iktomi nell’acqua non migliorava. Adirato e confuso, si incamminò a grandi passi verso casa.
Il giorno seguente Iktomi si alzò di buon mattino e vide che la giornata si presentava fredda e piovosa. Ciò nonostante, corse allo stagno, ma il riflesso che vide nell’acqua era poco più di un’ombra. Confuso, ritornò arrancando alla sua tana. Il giorno seguente non pioveva più, ma il cielo era oscurato da nuvole nere.
Il riflesso che Iktomi vide nello stagno era quello di un volto scuro e adirato. Infuriato, stava per strisciare via, quando udì una risata. Era Volpe, che ridacchiava di fronte alla confusione di Iktomi. Volpe quindi gli spiegò - o meglio, tentò di spiegargli - che le immagini erano diverse a causa del vento, della pioggia e delle nuvole nere. Tuttavia Iktomi non volle darle ascolto e preferì tenersi la sua rabbia e la sua confusione: non riuscì quindi mai a capire quale dei riflessi nello stagno fosse davvero quello del suo volto.
Se ignoriamo la nostra essenza e la nostra identità, probabilmente reagiremo proprio come Iktomi quando di tanto in tanto il riflesso della nostra immagine cambierà. Se non prendiamo coscienza del nucleo fondamentale della nostra identità e della nostra essenza, vedremo soltanto l’immagine che di noi percepiscono gli altri e questo ci renderà adirati, spaventati e confusi.
Alcuni dei sentieri che ho percorso insieme a mio nonno Albert sono ancora lì. Sono sentieri antichi, forse tracciati dal bisonte o dal cervo nei tempi che furono. Molti di questi sentieri sono cambiati oppure l’erba li ha ricoperti: non è facile vederli, ma è facile ricordarli. Così è anche la vita. le impronte che lasciamo sul terreno scompariranno nel tempo, ma quelle che lasceremo nei cuori e nelle menti altrui non svaniranno mai.”
(Joseph M Marshall III, In cammino con un saggio pellerossa, Edizioni Il punto d’Incontro)
(Joseph M Marshall III, In cammino con un saggio pellerossa, Edizioni Il punto d’Incontro)
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