domenica 27 settembre 2009

E ora raccontati una storia!


Raccontare storie è il trucco che da sempre, l’essere umano usa per sopravvivere al dramma della condizione umana. E allora si narrano storie che servono per insegnare, per divertire, per sedurre, per consolare o per spaventare gli esseri umani che vogliono esplorare tutti gli aspetti dell’essere. In queste storie ci sono le cose che noi ci raccontiamo, ma ci sono anche le storie che gli altri ci raccontano su come ci vedono essere o su ciò che dovremmo essere.

In queste storie sono raccontati i nostri sentimenti personali, ma anche tutte le concezioni che gli individui, le coppie, le famiglie, le tribù, le società, le nazioni e gli universi vogliono perpetuare. Ogni civiltà, ogni cultura e ogni individuo si costruisce una storia, un’epopea o un mito in cui parla delle sue paure, delle sue speranze, delle sue divinità e dei suoi demoni. Ma queste storie sono vere? Esse sono certamente vere in quanto narrano la realtà dell’esperienza, ma sono anche false per quanto riguarda la totalità dell’essere, poiché non riescono a narrare la totalità nell’insieme.

In questo senso anche noi ci raccontiamo la nostra bella storia, anche noi ci impegniamo a costruire una storia su cosa siamo, su cosa sono gli altri, su quello che è più giusto e su quello che è sbagliato. Ma siamo veramente disposti a smettere di raccontarci la nostra storia personale? In questa storia abbiamo impegnato così tanta fatica e tanto ingegno che, per molti, smettere di raccontarsi storie diventa impossibile, perciò essi preferiscono vivere immobili e immersi nella loro storia, completamente ciechi e sordi alle smentite che possano giungere dall’esterno: si preferisce vivere nell’illusione piuttosto che affrontare la realtà.

Per molti che non hanno il coraggio di dichiararsi ignoranti, per molti che preferiscono affermare che loro “Lo sanno già” che la realtà non ha nulla da insegnare e che non c’è eterno fluire, per loro, qualsiasi narrazione fittizia diventa preferibile al duro impatto con la legge del cambiamento. Diceva Osho che “Il sapere è l’inganno più grande che la società crea nella mente delle persone.”

Molti non sanno rendersi disponibili all’apprendimento che è essenzialmente un approccio non egoico con la realtà, perché apprendere significa rendersi innocente, aperto e ricettivo, significa dire ”Non conosco ma vorrei sapere, sono pronto ad imparare.” Colui che crede di sapere tutto dice “Lo so già! E’ inutile che mi racconti quello che conosco meglio di te!” Ecco, questa è la faccia peggiore dell’ignoranza: la supponenza che è l’infelice unione di sdegno ed arroganza, che è la volgare amalgama di megalomania e superbia.

Quando nella Bibbia si parla della caduta degli angeli ribelli, si dice che il peccato di Lucifero fu la superbia: il suo peccato è costituito dalla presunzione di essere superiore a Dio, dalla sua incredibile supponenza. E’ questo atteggiamento luciferino, che non ha nulla a che spartire con la dignità e con l’intelligenza di colui che ammette che è necessario comprendere sempre più e conoscere sempre di più, che è il vero nemico dell’uomo.

Solo coloro che non vogliono imitare l’imbecillità luciferina possono concepire che un distillato di esperienza non è una verità assoluta ma è solo una verità relativa, assolutamente relativa, sia per quanto riguarda la completezza che la durata temporale: è così per il momento ed è così per adesso! Le storie come le esperienze possono cambiare, perché si basano su aspetti intimi di noi che sono destinati a scomparire o semplicemente a trasformarsi. Allora, quando la smettiamo di raccontarci storie avremo istantaneamente la verità, quando la smettiamo di dirci come dovremmo essere, solo allora sperimentiamo quell’essere e sperimentiamo chi siamo veramente.

Arrenderci a noi stessi significa smettere di raccontarci cosa siamo, significa smettere di sognare la notte e risvegliarsi nel godimento della realtà e della profondità della notte: così ci risvegliamo dal sogno della vita. Ma raccontarsi una storia personale è la religione primaria dell’essere umano, ed essa è rassicurante perchè ci colloca in un contesto ben preciso di chi siamo, del nostro vero posto giusto, della nostra migliore società, del nostro pianeta e dell’intero universo: questo è il motivo per cui l’uomo è sempre in guerra con se stesso. La guerra di dover impersonare la menzogna mentre si ospita la verità.

Se riconosciamo qual’è la nostra storia, allora diventiamo pienamente consapevoli e la storia cessa di manovrarci a nostra insaputa. Possiamo vedere con consapevolezza qual è la storia che ci stiamo raccontando e smettere di permettere che la sua influenza diriga la nostra vita. E’ questo l’arrendersi a noi stessi! Ci arrendiamo quando iniziamo a vedere che tutte le storie che ci siamo raccontate solo soltanto delle storie, anche se profonde.

Esse sono storie parziali del nostro essere, anche se ben radicate nella nostra mente sono fittizie: la verità è che noi non siamo le storie che ci raccontiamo su noi stessi. Ma noi sottovalutiamo la profondità del nostro essere e la sua intima verità e, per rimanere fedele alla storia che ci siamo inventatati, perdiamo l’opportunità di conoscere quello che veramente siamo.

Il modo migliore è prendere coscienza di questo meccanismo, vedere consapevolmente quale storia ci stiamo raccontando, ma non per liberarcene, solo per poter capire il senso della storia della nostra vita. Qualsiasi sia la risposta, non è necessario che la storia sia bella o brutta, è essenziale capire che essa non è reale, e che è solo una storia. Che la storia è costruita con i pensieri che non sono l’essenza profonda di ciò che siamo, ma solo le rappresentazioni soggettive di ciò che ci accade e perciò offrono solo verità relative.

I pensieri possono costruirci un’identità relativa su noi, ma essa può diventare la verità assoluta del nostro essere, della nostra individualità. Quando vogliamo liberarci della nostra storia personale, in realtà siamo ammaliati ed ingannati da un altro meccanismo della capacità di raccontare storie: cercare di uccidere la nostra storia è un altro aspetto del controllo della mente, che trova la via per divenire ancora più profonda e ingannevole, e si trasforma in un guastatore.

Molti spiritualisti cercano di uccidere le storie personali degli adepti pensando così di annullare i condizionamenti, ma questo è un errore perché l’esame delle storie personali aiuta a fare un profondo esame delle storie stesse. Se le facciamo parlare, esse saranno disposte a raccontarci delle verità molto profonde su noi, se le attacchiamo per ucciderle, esse diventano dei nemici implacabili perchè in possesso dei nostri più intimi segreti. Ma allora qual è il modo giusto di trattarle?

Non dobbiamo rifiutarle, ma saperle accogliere e farle parlare di noi, dobbiamo accoglierle e farle sprimere, mai negarle o rinnegarle, ma ammetterle come una cosa che siamo noi, ma non come espressione di tutto su di noi.

Arrendiamoci ed ammettiamo che noi siamo anche quello, anche quello ci era necessario essere e che, in un periodo e in certi contesti siamo in quel modo, ma come esseri consapevoli e risvegliati alla coscienza, ora sappiamo essere altro.

Se vogliamo uccidere le storie personali stiamo sbagliando perché, apparentemente, con l’eliminazione penseremo di avere risolto la partita e ci sembrerà che la storia sia stata rimossa, ma in realtà essa resterà attiva in sottofondo, come un guastatore interiore che si aggira furtivo all’interno del sistema e ne demolisce rabbiosamente le strutture, implacabile e pronto a prendersi la sua rivalsa, pronto a riprendere il controllo alla prima favorevole occasione.

Così non solo non abbiamo perso ogni forma di condizionamento, ma avremo solo sostituito un condizionamento spirituale a quello materiale e avremo creato un nemico nel nostro animo, perciò non godremo di nessuna pace interiore. Se non la smettiamo di vedere la sofferenza come una condizione negativa non sapremo mai vedere in cosa consista la nostra storia personale, perché la sofferenza è il chiaro sintomo che ci stiamo ancora una volta raccontando un’ennesima storia, e che il guastatore interno è ancora vivo ed insidioso.

Buona erranza
Sharatan


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