venerdì 11 settembre 2009

Un Moloch senza anima


Mi sento indignata, mi sento indignata per il modo con cui è stata trattata Caster Semenya. L’atleta sudafricana vincitrice dell’oro a Berlino per gli 800 metri, è un ermafrodito, così scrive oggi il quotidiano australiano Sydney Morning Herald, ma la Iaaf ha rifiutato di confermare la notizia: la giovane sudafricana di 18 anni ha organi sessuali maschili e femminili, non ha le ovaie ma dei testicoli interni, che producono quantità di testosterone tre volte maggiore di quello delle donne. L'Iaaf ha già detto che Caster Semenya probabilmente conserverebbe la medaglia d'oro, perchè in questo caso non si tratterebbe di doping, lei “è naturalmente fatta così”.

Subito dopo la gara, Elisa Cusma aveva dichiarato: “Io quella che ha vinto, la sudafricana Semenya, nemmeno la considero, per me non è una donna, e mi dispiace anche per le altre. Test della femminilità? Era già successo con la Jelimo, ma intanto a questa gente fanno vincere medaglie. È inutile giocare con queste cose, e non è giusto.” Semenya ha stravinto correndo in 1'55"45. Argento alla keniota Janet Jepkosgei Busienei con 1'57"90, bronzo alla britannica Jennifer Meadows con 1'57"93. Elisa Cusma è solo sesta con il tempo di 1'58"81. Neppure se la Cusma fosse stata la seconda arrivata, avrei forse giustificato la caduta di stile, ma era la sesta e prima di lei c’erano ben 4 donne, seppure la Semenya fosse “uomo” come lei dice. Insomma la battuta se la doveva evitare perché appare meschina e di cattivo gusto, tanto contro l’atleta erano già state richieste indagini mediche.

Le atlete virilizzate dell’ ex Germania dell’Est erano un’altra cosa, e la federazione sudafricana ha fatto sapere che non avrebbe mai mandato al Mondiale un’atleta senza essere sicura del sesso, ma il caso ormai è aperto. “Capiamo che la gente possa farsi delle domande perché sembra un uomo, la curiosità è umana” aveva ammesso il suo allenatore Semè, che ha raccontato di come una volta, mentre si trovavano in una stazione di servizio a Città del Capo, l'atleta venne fermata da un impiegato del posto mentre si stava dirigendo verso la toilette riservata alle donne. “Forse vuoi che ti mostri il mio sesso?” fu allora la replica della Semenya.

Forse siamo in presenza del “terzo sesso”, di quello che gli esperti definiscono ambiguità di genere, quello che chiamavano pseudoermafroditismo, e che riguarda individui che hanno l'aspetto di donna (o di uomo), ma che da un punto di vista genetico sono una mescolanza di cromosomi X e Y, mentre comunemente la donna ha due cromosomi X e l'uomo un X e un Y.

Nella donna, l'aspetto fisico è in tutto e per tutto femminile, compresi i genitali esterni, ma i cromosomi sono da maschio come nella Sindrome di Morris, altre volte gli organi genitali sono prevalentemente femminili, ma la clitoride, per esempio, assomiglia a un piccolo pene (è la sindrome adrenogenitale e anche in questo caso i cromosomi sono XY), altre volte ancora le caratteristiche sessuali fisiche sono così indefinite da rendere problematica l'assegnazione a un genere. La Sindrome di Morris è una malattia rara, è un difetto di differenziazione sessuale. Oggi si conosce la causa di questa sindrome e si preferisce definirla più correttamente Sindrome da insensibilità agli androgeni.

In genere gli individui portatori di questa sindrome sono longilinei, con un bacino stretto. I peli pubici e ascellari sono diminuiti, la mammella è incompleta. La vagina, se presente, è corta, ma ritenuti nell'addome e, a maggiore rischio di carcinoma sono presenti i testicoli, che possono essere asportati chirurgicamente. Psicologicamente e socialmente, se il soggetto si ritiene ed è ritenuto donna, ai fini legali è da considerarsi di sesso femminile a tutti gli effetti, anche se non può avere figli. Alcuni soggetti risultano particolarmente attraenti, e sono molto richiesti nel mondo della moda e dello spettacolo.

Insomma questa ragazza nasce come la vediamo e noi la vediamo con il fisico di un uomo, perché è vero che lineamenti, voce, fattezze e muscolatura dell'atleta sudafrica sono da uomo. Le foto che la vedono con un abitino nero e con i tacchi a spillo per il magazine sudafricano You, mostrano che non è a suo agio con quei vestiti. Lei ha detto che vorrebbe indossare più spesso vestiti glamour, ma che non ne ha occasione. Ma anche fosse così, che ci sarebbe di male? Chi decide, chi valuta e chi misura come deve essere una persona, soprattutto quando la persona nasce così, soprattutto quando questa persona non è stata costruita da stimolazioni artificiali, non è stata “pompata” con gli steroidi e con gli ormoni?

Si vedrà per la Semenya, ma tanti sono coloro che stanno in mezzo ai due sessi. Nel sito dell'Associazione AISIA, cioè del gruppo di supporto per la sindrome di Morris (o AIS) ho letto delle storie personali incredibili. Non ne sapevo niente prima di leggere della Semenya, ero ignorante. Adesso mi sento meno ignorante e sono contenta di avere conosciuto delle storie umanissime e dolorose, ma anche storie felici. Ci sono storie come quelle di Giulia: “Ero alta, bella, affascinante. Il mio corpo mi permise di fare l’indossatrice. L’unica cosa che mi affliggeva era il seno poco sviluppato. Per il resto, esteriormente, madre natura non mi aveva fatto mancare niente.

A venti anni, conosciuto l’amore della mia vita, mi sono sposata. A mio marito ho spiegato il mio stato, che forse non avrei potuto avere figli, ma a lui non importava. Mi amava, voleva me e il resto non contava. […] Sono rinata a 26 anni. Ho dovuto affrontare un periodo in cui non sapevo più realmente chi fossi. Mi chiedevo come potessi avere un cariotipo maschile, io che mi ero sempre sentita una perfetta donna! Io un uomo?! Pura follia! Ho affrontato tutto da sola. Ho risalito la china dell’equilibrio. La mia famiglia, un po’ per ignoranza, un po’ per mia reticenza, non ha mai saputo – o forse non ha mai voluto capire – quale fosse di fondo la causa del mio dramma.”
Giulia è stata fortunata ad avere incontrato un uomo che non ha avuto paura, perché la nostra società è un Moloch senza anima che non possiede nessuna sensibilità e delicatezza.

Giuseppe Chiumello, direttore del Centro di Endocrinologia pediatrica all'Ospedale San Raffaele di Milano, dichiara al Corriere della Sera che nella “sindrome di Morris: la persona che ne è colpita ha caratteristiche fisiche e psicologiche femminili, anche se non ha l'utero e ha abbozzi di testicoli nell'addome. Curata con farmaci e con piccoli interventi chirurgici può avere una vita sessuale normale, ed è registrata all'anagrafe come persona di sesso femminile. Del resto per la legge italiana, fra sesso somatico, cromosomico o psicologico, quello che prevale è quello psicologico. “

Se fosse vero che Caster Semenya rientra in questa categoria di persone, lei mi sembra più fortunata perché ha grinta, infatti dopo aver superato lo scoraggiamento iniziale ha dichiarato: “Dio mi ha fatta così, mi accetto e sono fiera di come sono.” Avrà bisogno di tutta la grinta e la determinazione perché il suo caso sarà analizzato da un'équipe di specialisti composta da un endocrinologo, un ginecologo, un internista, un esperto di medicina di genere e uno psicologo che dovranno analizzare la carta di identità cromosomica e genetica dell'atleta, il profilo ormonale e anche quello psicologico. Insomma la sua vita verrà messa alla gogna mediatica, comunque vada.

Moloch gode perché l'indagine della Iaaf è diventata un caso politico, i bookmaker inglesi scommettono sull'esito dei test, e le indagini a cui si dovrà sottoporre saranno rigorosamente pubblici. Insomma la Semenya sarà messa sotto una lente d’ingrandimento e sarà pubblicamente sezionata perché il suo caso ormai è scoppiato e il Moloch vuole le sue soddisfazioni. Sul Corriere della Sera leggo che dopo la sua amara vittoria, la Semenya ha telefonato a casa: “Nonna, tutti pensano che io sia un uomo” e che sua nonna Maphuti Segkala l'ha consolata al telefono. L’atleta viene da un villaggio senza luce e acqua corrente, che si sentiva fiero di avere prodotto una campionessa del mondo, ora sono sul piede di guerra.

La famiglia Semenya fa scudo. La nonna Maphuti: “È una donna. Cosa posso farci se la trattano da maschio? È Dio che l'ha fatta così”. Il padre Jacob: “È la mia bambina. L'ho cresciuta io e non c'è alcun dubbio sul sesso di Caster”. La madre Dorcus: “Chiedete ai vicini: mi hanno aiutato a partorirla”. La cugina Evelyn: “Agli sguardi indagatori è abituata da sempre. Ha imparato a non prendersela”. La squadra sudafricana la difende. Il coach, Michael Seme: “È tutta la stagione che Caster risponde a domande imbarazzanti solo perché ha un timbro di voce grave”. Il team manager Phiwe Mlangeni-Tsholetsane: “È un talento unico, la gente è invidiosa”. Il presidente del comitato olimpico, Gideon Sam: “Certe allusioni sono indegne: il Paese è fiero di lei.”

E' sicuro che, anche nel caso in cui la Semenya fallisse il test sulla sessualità, la Iaaf non la priverà automaticamente della medaglia: “Da un punto di vista legale, essere un ermafrodito non è barare. Doparsi sì, è un tentativo di frode sportiva. Ma avere un sesso incerto è un caso molto, molto delicato”. L'African National Congress, perno dell'esecutivo, ha subito dichiarato: “Invitiamo tutti i sudafricani a schierarsi in difesa della nostra ragazza”. Anche l'azzurro Alex Schwazer sta dalla parte della Semenya: “Mettetevi nei panni di questa ragazza, ha lavorato tantissimo, ha vinto, poi le hanno detto che è un uomo: come vi sentireste? Io credo che bisognerebbe portarle più rispetto”. Sono d’accordo con Alex, bisognerebbe portarle maggiore rispetto!
Buona erranza
Sharatan

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