martedì 1 marzo 2011

L'inquinamento del mondo


“La conoscenza è potere.”

(Francis Bacon)


Il pensiero consuma energia a prescindere dal fatto che i nostri pensieri abbiano o siano privi di consapevolezza, in quanto il pensiero produce delle vibrazioni energetiche che vanno direzionate perché l’uomo per tutta la sua vita trasforma la materia. Consideriamo che i nostri prodotti mentali non possono essere eliminati ma possono essere solo trasformati, perciò l’energia mentale va saputa gestire infatti, sia l’esterno che il nostro ambiente interiore possono essere inquinati dai residui di ciò che non sappiamo smaltire, perciò l’uomo viene saturato di residui nocivi per la sua tranquillità.

In tutta la realtà materiale vi è circolazione di forze e di energie, perché i fenomeni sono percepiti nella trasformazione e nello scambio energetico, infatti è tramite degli scambi che si creano dei collegamenti. Tutto quello con cui l’uomo viene in contatto produce la risonanza sia interna che esterna, infatti le nostre azioni sono l’immagine delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, e tutte le energie che riusciamo ad assorbire diventano delle forze che si trasformano al nostro interno per conseguire un miglioramento qualitativo.

La nostra attività mentale deve saper ingerire i veleni dei nostri semi negativi e deve saperli trasformare senza farsi avvelenare da loro, infatti la trasmutazione interiore va attuata sapendo dirigere le correnti del pensiero. Le azioni umane diventano utili o dannose in conseguenza della qualità dell’intento di chi agisce, perciò è l’orientamento del nostro pensiero e del nostro sentimento che diventano il seme che dobbiamo coltivare. Perciò dobbiamo avere nel cuore e nella mente solo le migliori intenzioni se vogliamo ottenere un buon seme interiore che si possa manifestare nell’ottimo prodotto che vedremo all’esterno.

Ma, come in tutti gli scambi otteniamo l’armonia oppure il conflitto se ospitiamo delle opposte nature che non si riescono a modificare nell'equilibrio, perciò la spiritualità insegna la legge di assonanza in cui “i simili ricercano i simili,“ perché si fa minore fatica per adattare della qualità energetiche similari e assonanti. Il nostro approccio al mondo è sempre mentale, perché l’intelletto può conoscere facendo uso dello strumento mentale che deve separare e distruggere i legami, infatti la mente deve percepire le differenze per conoscere e comprendere.

Il problema è che l’uomo non riesce più a far lavorare in armonia la mente e il cuore, infatti si è abituato a dissociarsi, per cui vive sempre più nella preponderanza della mente a discapito del cuore, per cui non riusciamo ad adattare i nostri materiali interiori portando la nostra polarità interna al valore positivo. Avviene che una materia che non è ben rettificata non riesca ad essere ben metabolizzata, perciò lascia in noi un penoso residuo che Eckhart Tolle chiama “corpo di dolore.”

Avviene che, qualora il campo energetico umano venga saturato da emozioni dolorose che diventano una realtà troppo pesante e presente che possa divenire difficile lasciare andare il nostro passato, perché è la storia di chi siamo, perciò non vogliamo tradire tutto quello che ha costruito l'unica immagine che abbiamo, quindi conserviamo tutto del nostro passato senza saper fare la selezione delle nostre sementi gettando ciò che non possiamo riutilizzare.

Noi dobbiamo imparare che, del passato vanno conservate solo le lezioni di saggezza che abbiamo ricavato, e che dobbiamo saper dimenticare tutto il dolore, perché esso è finito con il nostro passato. Ma, poiché il dolore è inserito nella nostra struttura come traccia della specie nel ricordo di ciò che la storia umana ha prodotto, per cui la traccia del dolore umano è il ricordo della violenza, della paura, dei soprusi e delle torture che gli esseri umani hanno causato a danno dei loro simili.

Nascendo portiamo in noi tutte le tracce del nostro dolore arcaico, e poi la vita offre l’occasione di soffrire anche per i nostri errori personali, per cui l’uomo si riempie dell’atmosfera densa e carica di sofferenza, infatti vi sono coloro che si affezionano all’infelicità personale. Capire che non si deve restare agganciati al nostro dolore diventa un’occasione per liberarsi, infatti possiamo comprendere che la sofferenza va conservata solo come ricordo di tutti gli errori che non dobbiamo più ripetere mentre la sofferenza che è originata dai fantasmi passati è un modo veramente stupido di vivere.

Milioni di persone credono all'infelicità umana e vogliono conservare il nostro corpo doloroso ben integro per poter sfruttare l’ignoranza umana. Chiaramente non è facile riconoscere la realtà di quelle condizioni che rinnovano la potenza del dolore personale e collettivo, perchè l’infelicità acceca la razionalità umana e chiude la sensibiltà del cuore, infatti l’anestesia emotiva è inevitabile per non impazzire dell’insensatezza della vita umana.

Voler conservare il corpo di dolore significa coltivare un parassita che si nutre delle migliori energie vitali ridestandosi quando ha fame per derubarci, perciò il corpo energetico si nutre di rabbia, di rancore, di paura e di violenza finché veniamo fiaccati e tutta l’energia ci viene rubata. Tutte le cose sono inserite in campi energetici vibranti, perciò l’energia mentale si nutre dei pensieri che gli sono compatibili, e la negatività vibra a bassissime frequenze per cui il dolore si percepisce come una sostanza densa e pesante, mentre il pensiero positivo ha delle vibrazioni più raffinate e leggere, perché la felicità ci fa ascendere fino “al settimo cielo.“

Su questa prospettiva va fatta la scelta, poiché nel mondo esistono delle persone che conservano il corpo di dolore perchè il dolore è diventato un piacere mentale, perciò essi amano quel modo di vivere, si commiserano per i loro drammi, e non vogliono lasciare un mondo onnipotente in cui sono vittime e carnefici di loro stessi. Per loro è impossibile abbandonare i pensieri negativi perché non vogliono rinunciare al loro dialogo interno che è catturato dalla narrazione di storie di rabbia e dolore, e dalla ripetizione ossessiva di accuse e di colpe che restano insolute.

Quando la dipendenza dall’infelicità è totale l’individuo si riempie di negatività volontaria che gli toglie la gioia e la voglia di vivere. Solo se coltiviamo la positività possiamo elevarci dalle negatività dell’ambiente e sappiamo riconoscere il nostro corpo di dolore e saperlo vedere anche negli altri, ma solo evolvendoci sappiamo comprendere come sia difficile resistere ad un corpo di dolore troppo intenso, e quanto sia facile essere manipolati se usano il nostro corpo di dolore.

Diventa più facile anche vedere le relazioni distruttive in cui agisce il potere del dolore che non sappiamo gestire e che minaccia la nostra qualità di vita, perciò sappiamo che dobbiamo essere vigili sulla qualità energetica degli scambi e delle relazioni, e impariamo a diffidare di situazioni che attivano dei sentimenti troppo dolorosi e negativi. Questo è il motivo per cui la spiritualità raccomanda i contesti e le persone positive, anche se esistono coloro che sanno stare in ogni contesto senza venir condizionati, ma sono esseri che sanno trasformare le energie come maestri.

E’ ancora più difficile riconoscere tutte le occasioni in cui viene alimentato il corpo di dolore collettivo, e tutte le situazioni in cui la società lo incrementa usando l’industria dello spettacolo, dello svago e dell’informazione. Gli uomini amano il dramma, l’intrigo e la violenza, perciò i media alimentano questo gusto grossolano con la narrazione di delitti, di intrighi e di invidie, e con la glorificazione della violenza e dell’ideologia dell’eroe che si vendica dei torti facendo una cruenta rivalsa facendo sterminio di tutti i nemici.

La nostra tendenza alla violenza ha prodotto il corpo di dolore collettivo, ed essa viene alimentata dall’industria con il mito della violenza e della volgarità che vengono millantate come doti auspicabili per l‘essere umano, quando dovremmo invece chiederci come sia eroico ciò che ci opprime e che ci uccide. Non vedo alcun eroismo nel dolore, nella violenza, nella paura e nel sopruso, e seppure fossero questi gli eroismi che possono salvare il mondo, un mondo che si basa su dei valori così scadenti mi sembra un mondo di perdenti, perché è totalmente privo delle migliori qualità che ci rendono umani.

Buona erranza
Sharatan


2 commenti:

salvo ha detto...

Ciao Sharata, Leggendoti mi sono venute queste riflessioni:
Il nostro benessere o la felicità la ricerchiamo all'esterno di noi e quindi i "semi" che raccogliamo sono inquinati e penetrando nella nostra mente, ci creano tensioni malessere. Ecco quindi il nostro star male che ci procura sofferenza. Il nostro benessere non può derivare da fattori esterni
ma va ricercato in noi stessi, le energie della nostra mente dovrebbero rifiutare e respingere gli accadimenti esterni ma soffermarsi solo nella nostra interiorità. E' comunque difficile non essere condizionati dall'esterno, molto fattori esterni ci coinvolgono, e la nostra mente ne viene condizionata fortemente.
Un abraccio affetuoso
Salvo

Sharatan ain al Rami ha detto...

Caro Salvo,

il fatto è che il mondo assume le sfumature dei nostri sentimenti. Se siamo felici tutto ci sorride, se siamo infelici il mondo è tutto nero.

L'uomo non è scisso tra dentro e fuori, è l'unità dei due aspetti. Di questo voglio scrivere ancora, e le tue riflessioni mi saranno gradite.

Ti mando il mio abbraccio
Sharatan