sabato 14 maggio 2011

I tempi primordiali degli dei e degli umani


“Io non sono nato, la mia essenza è immutabile;
io sono il Signore di tutti gli esseri contingenti.
Tuttavia, nello stesso tempo, con la mia energia creativa
mi unisco alla natura - che è la mia - e vengo ad essere nel tempo“

(Bhagavad Gita 4,6)

Secondo la sapienza induista l’etere universale non è uno spazio vuoto ma è un oceano illimitato che è popolato dagli dei, dagli spiriti planetari e da altre creature inferiori, in cui la vita e la consapevolezza sono allo stato potenziale: tutte queste forze sono come i pesci che vivono nel mare perciò, come i pesci del mare, queste creature possono essere amiche o nemiche dell’uomo. Gli antichi credevano che vi fossero varie divinità che vivevano nell’etere cosmico e che si adattavano perfettamente a quei luoghi celesti.

E’ il perpetuo movimento della luce astrale che determina il grado evolutivo di questi esseri fatti di etere e di energia, poiché la luce è una forma di energia assoluta e immutabile, e non è paragonabile a ciò che la mente umana può concepire. Fin dall’origine dei tempi la volontà dell’Uno, in perfetta armonia con le leggi del creato, ha generato delle strutture elementali da cui ha avuto origine anche la razza umana.

Queste razze antiche hanno popolato i pianeti e le forze che animano gli individui si svilupparono in questa matrice, poiché deriviamo dai corpi di questi esseri elementali che sono i germi primordiali degli dei e degli uomini, che ebbero una ulteriormente evoluzione che gli permise di passare nei mondi invisibili.

Nelle filosofie antiche esiste la concezione che vi sia la medesima origine nella derivazione degli uomini e degli dei poiché, nel creato vige la medesima legge evolutiva e si afferma che, vi fosse una serie ininterrotta di forme elementali che, per progressione emersero da una nebulosa indifferenziata dotata di immensa energia per svilupparsi fino a giungere ad incarnarsi nel corpo fisico dell'uomo.

Questo è il fenomeno con cui l’emanazione della volontà divina si è differenziata, cioè facendo emergere dall’etere universale delle forme materiali che progressivamente si sono raffinate fino all’involucro di carne che racchiude lo spirito dell’uomo. Questo è la spiegazione del funzionamento della catena di evoluzione che proviene dallo spirito per giungere fino alla materia più grezza e che risale, in progressione, fino a ritornare alla fonte dell’Energia creatrice.

Nell’universo vi è una realtà eterica costituita da innumerevoli forme di energia e di vita, così come esiste in ogni minuscolo atomo, sin dal più umile filo d’erba, in cui pulsa un mondo di energia che vibra di potenzialità evolutiva. Nel corpo umano abitano delle minuscole strutture atomiche di cui siamo costituiti e che sono forze viventi, ma poi l’uomo abita la terra, e la terra abita lo spazio, in una posizione che è tra la luna e le stelle: per questo sappiamo che siamo inseriti in uno spazio che è pieno di infinite forme di esseri che sono forniti di vitalità.

La legge universale prescrive che neppure il più minuscolo atomo di energia debba andar sprecato, e che tutto debba avere la sua giusta collocazione, perciò non esiste nessun essere che sia inutile o che sia privo di significato e di un senso nel creato. Per questo motivo tra l’uomo e tutto ciò che esiste vi è fondamentale affinità, ma per sapere questo è necessario credere che esista una realtà raffinata e complessa che prescinde dalla percezione ordinaria, perciò dalle nostre limitazioni.

Le forze dell’elemento eterico sono suddivise in forme di energie di tipo perfettamente opposto, per cui abbiamo degli esseri assolutamente infimi ed esseri di eccezionale purezza e chiarezza che si prestano a fare da intermediari tra gli uomini e gli dei. C’è poi il livello descritto dai filosofi antichi come Socrate, Platone o Plutarco e da tanti altri saggi dell’antichità, e sono quelli che chiamano “daimon” e che sono esseri intermediari tra il cielo e la terra, perciò condividono la condizione divina, ma ebbero originariamente una condizione umana che era offuscata dall’imperfezione.

Questi esseri si suddividono in classi e famiglie inferiori, e la nostra Anima individuale è il primo “daimon guardiano” di ogni essere umano, perciò nessuno ha più potere sull’uomo del daimon personale: così il daimon socratico è il Dio o l’Entità Divina che ci ispira. Platone afferma che esistono 3 classi di daimon fra gli dei superiori e gli dei inferiori che siamo noi anime incarnate:queste entità spirituali popolano l’universo con i loro corpi composti di aria e di vapore.

Di queste 3 classi, le prime due sono invisibili e il loro corpo è composto di fuoco e di etere, infatti sono gli spiriti planetari. I daimon di terza classe sono formati da corpi vaporosi e sono perlopiù invisibili, ma qualche volta si concretizzano e diventano velocemente visibili, ed essi sono gli spiriti terrestri cioè la nostra anima astrale.

Apuleio diceva a proposito dell’anima divina e dell’anima umana che quella umana è un daimon che il linguaggio può definire ”genio” ed è un dio immortale, benché prenda dimora nel corpo dell’uomo per tutta la sua vita: in questo senso figurato il nostro genio nasce e muore assieme a noi. Cicerone afferma che Dio non ha corpo ma, nelle cose nascoste avviene che si può percepire ugualmente, e avviene come se si potesse toccare con il tocco tangibile.

In alcune civiltà la schiera delle divinità celesti e dei semidei umani diventa una schiera infinita con una molteplicità di qualificazioni di vizi e di virtù e, allegata alla loro qualità, essi posseggono anche la reggenza su quelle qualità e su quelle carenze, e ne governano delle determinate ripartizioni e distretti nei territori celesti e terrestri.

Nell’induismo, tra le schiere di esseri celesti, ricordiamo i “deva” cioè i “brillanti” che sono esseri spirituali splendenti che hanno partecipato alla fondazione degli universi, e che presiedono sui vari regni della natura, e che il mito occidentale denomina gnomi, fate, silfidi e salamandre, oppure come i “djinn” musulmani e altre simili categorie mitologiche.

Queste forme elementali non posseggono coscienza, poiché costituiscono l’Anima degli elementi della natura, perciò governano la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco, e sono forze capricciose e mutevoli che costituiscono dei potenti centri di forza o centri energetici. Si narra di contatti di volontà potenti che riuscirono a modellare le forze naturali piegandole alla loro indomabile volontà, ma le forze della natura sono immani e finiscono sempre per sconfiggere chiunque gli si opponga: le forze degli elementi non vissero mai in forma umana, ma diverranno uomini nel futuro

Esistono poi gli esseri chiamati “pitri” termine che deriva dal sanscrito “pitr” cioè padre, antenato o avo, e che corrispondono ai “lari” romani che erano le divinità del focolare familiare: in questi esseri vive l’anima collettiva dei nostri antenati diretti, perciò essi sono l’essenza dell’eredità della stirpe umana, e gli “antenati lunari” di cui scrive Steiner.

Gli induisti lasciano l’involucro carnale affermando: ”Nachapurana Varti!” cioè “Io non tornerò!” perché si resterebbe al riparo dall’attacco dei medium che trattengono lo spirito umano per impedendogli di ascendere e ricongiungersi con le meravigliose sfere del cielo. I pitri sono devi perché sono brillanti, ed essi scesero dal sole e dalla luna per lasciare la loro ombra astrale presso gli uomini, e avvenne quando fornirono primitivi modelli per creare gli esseri umani.

Nei Rig Veda si raffigura il dio Vishnu come simbolo del fuoco che è universalmente diffuso, perciò anche come il sole che gira nelle 7 regioni del mondo compiendo 3 passi: più tardi questa operazione fu assegnata al dio Agni, a Indra e ad altre divinità che rappresentano le simbolizzazioni degli antichi culti solari. Nei Rig Veda si distingue tra i pitri che sono in grado di donare il fuoco e i pitri che non seppero donare il fuoco, poiché ci furono pitri che rifiutarono di fare il “sacrificio” del fuoco primordiale perciò furono puniti.

Nel significato più elevato e spirituale, coloro che fecero il sacrificio sono detti i “Sette Figli del Fuoco” o “Figli della Fiamma” e sono equivalenti alle 7 sephiroth che si sottoposero al sacrificio della frantumazione dei vasi, di cui dice la cabala. Da questi 7 pitri senza forma, vengono generati 7 pitri inferiori loro figli, di cui viene detto che “sono nati dalla mente” e che sono i rishi, i Prajapati, e altri esseri più tangibili dei loro genitori.

Da essi vengono altre generazioni di pitri di terzo livello, che sono “arupa” cioè “senza forma” che generarono degli esseri più materiali con l’aiuto dell’Anima Universale” che è l’Akasha: questo è il livello della creazione di esseri che ebbero poca anima divina immortale, e perciò furono una creazione incompleta.

Fu così che vi fu la fusione di tutti gli esseri che formarono un quadrato da cui furono generati degli esseri che erano perfetti nell’anima, nel corpo e nella mente, a cui ognuno contribuì donandogli le sue particolari prerogative: e questo fu quello che avvenne secondo la concezione induista quando fu creato il mondo.

All’origine vi era la materia cosmica primordiale, che è veicolo di vita vivente nello spirito, ed è questa la composizione dell’etere celeste che si spande nello spazio illimitato, poiché questa è la sostanza del mondo, dalla materia originaria germogliano tutti gli esseri che vengono formati dagli atomi e dalle molecole addensate nella materia.

L’elemento universale, benché omogeneo originariamente, una volta che ebbe diffuso le sue radiazioni nello spazio infinito, dovette usare delle forze centrifughe e delle forze centripede per fare un movimento di attrazione e di repulsione che sapesse polarizzare le particelle sparpagliate.

Con la polarizzazione, le particelle si comunicano le loro particolari caratteristiche e le loro proprietà, perciò possono restare eterogenee e distinte una dall’altra. Se fosse restata omogenea, come all'origine, la materia primordiale sarebbe stata perfetta, ma essa si è disintegrata perciò ha smarrito le sue proprietà creatrici, infatti la disgregazione gli ha tolto la completezza, perciò è nata la necessità di dover unire i contrari.

Però, i primi mondi e i primi abitanti furono degli insuccessi, perché nessuno di quei corpi aveva in sé la forza del potere creatore che è necessario per continuare ad evolvere, infatti quelle anime non erano immortali.

Solo lo spirito “purusha,” che fa parte dell’Anima del mondo, era presente in quei mondi incompleti ma, da solo era troppo debole per poter avere coscienza, perciò vi furono mondi che finirono prima di completare la loro esistenza, ed erano privi di forma materiale detti “scintille” che furono mondi primordiali. Secondo lo Zohar in essi non esisteva nessun uomo con tutte le 10 sephiroth, infatti l’uomo per essere completo deve avere lo spirito, l'anima e il corpo, poiché solo questa è la forma umana perfetta.

Buona erranza
Sharatan

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