martedì 10 maggio 2011

Privi di identificazione e di considerazione


“Una cosa l‘uomo deve ben comprendere:
la sua evoluzione non è necessaria che a lui.
Nessun altro vi è interessato,
ed egli non deve contare sull‘aiuto di nessuno;
infatti, nessuno è tenuto ad aiutarlo
e neppure ne ha l‘intenzione.”

(Georges Ivanovic Gurdjieff)

L’uomo non riesce a ricordarsi di sé stesso, dice Gurdjieff, poiché la caratteristica fondamentale della natura umana è la costante “identificazione” con tutto quello che cattura la sua attenzione, il suo pensiero e il suo sentimento. Se l’uomo riesce ad osservarsi attentamente, non potrà che convenire sul fatto che l’identificazione è sempre presente e che è costante e che l’elemento variabile è l’oggetto con cui ci identifichiamo, perché giunge sempre una cosa diversa a catturare la nostra attenzione.

Lavorando su se stesse, le persone si identificano con i loro sentimenti più profondi perciò si lasciano catturare dagli elementi isolati rischiando di perdere di vista una prospettiva generale. Nell’uomo avviene un errore di prospettiva come se, vedendo un paesaggio, l’attenzione venisse catturata da un albero isolato, ma pensassimo che quell’albero possa rappresentare tutto il paesaggio. Senza dubbio l’identificazione è la peggiore nemica dell’uomo che esamina, infatti diventa un inganno e l’illusione del punto di vista che interviene mentre cerchiamo di liberarci dai nostri condizionamenti.

Il motivo per cui è difficile sfuggire alle identificazioni, afferma Gurdjieff, è perché ci identifichiamo più facilmente con le cose che attraggono la nostra attenzione, in quanto gli dedichiamo molto del nostro tempo, del nostro impegno e della nostra cura. Per sfuggire al rischio è necessario restare vigili e diventare inflessibili nei nostri riguardi, perciò non avere paura di vedere e di smascherare le forme più sottili e più nascoste delle nostre tendenze: studiare come avvenga l’identificazione è molto utile per scoprire le cause profonde di una tendenza che è assai lodata.

Tutti ritengono che senza l’identificazione non si può compiere alcun tipo di lavoro, perché la confondono con la “passione” o con lo “zelo” oppure con ”l’ispirazione” che usiamo nello studio dell’oggetto da imitare: questo è falso, perché da un uomo che non è cosciente e desto non proviene nulla di sensato. Se pensiamo in modo lucido al potere dell’identificazione diventiamo consapevoli del rischio che corriamo, perché nell’identificazione si diventa una cosa oppure un organismo di carne, ma non si può essere degli uomini.

Se guardiamo alle cose che amano gli uomini e se osserviamo i ristoranti, i negozi e i teatri, vediamo che essi discutono, mostrano e cercano delle cose a cui attribuiscono un valore che esse non posseggono. L’uomo insegue degli oggetti che sono frutto del suo desiderio, della sua avidità e della sua illusione, infatti ottiene in cambio delle cose vuote di cui nulla resta. E’ per questo che l’identificazione è il maggiore ostacolo al ricordarsi di noi stessi, poiché ci insegna a dipendere dagli altri e restare sottomessi, e se l’uomo non può ricordarsi di sé non può ritrovare il suo vero essere.

Per non identificarsi dobbiamo ricordare che racchiudiamo due opposti in cui esiste un“Io” che combatte un “ego,” che deve essere sconfitto se vogliamo ottenere qualcosa di utile. Se l’uomo non cessa l’identificazione resta esposto al rischio che gli avvenimenti lo rendano schiavo del dolore o del piacere, perciò la prima liberazione è quella dell’identificazione con l’ego. Se questo è l’aspetto generale resta da capire l’identificazione con le persone osservando la considerazione che offriamo agli altri.

Perlopiù l’uomo si identifica con le opinioni altrui, infatti si identifica con ciò che le persone pensano, con il modo con cui lo trattano, perciò si preoccupa dell’atteggiamento e della considerazione che ottiene dal mondo, infatti se crede che gli altri non lo apprezzino e che non siano gentili sente disagio e preoccupazione. L’uomo diventa sospettoso e perde una grande quantità di energie nel fare congetture e supposizioni sul pensiero degli altri: è così che diventiamo più diffidenti, chiusi e limitati dal comportamento degli altri, poiché esso assume un‘importanza che è eccessiva.

L’uomo considera eccessivamente non solo le persone, ma anche la società e le condizioni storiche in cui vive, così che tutto ciò che non gli aggrada e che non comprende diventa ingiusto, illegittimo, falso e illusorio. Il punto di partenza di questo pensiero, dice Gurdjieff, è quello che le cose vadano cambiate, perciò l’ingiustizia è una delle maschere più insidiose della considerazione. Sembrerà strano, ma le persone arrivano a considerare troppo anche il clima, la pioggia, il caldo, il freddo e s’indignano persino per il maltempo.

L’uomo prende tutto in modo troppo personale e la sua considerazione lo vincola a quelle che crede siano delle sue esigenze fondamentali. L’uomo sente che deve essere maggiormente considerato, perché è un essere notevole davanti al quale tutti devono inchinarsi, e riconoscerne l’intelligenza, la bellezza, il potere, l’abilità, l’umorismo e le qualità che lo rendono magnifico. Ma questa necessità di essere riconosciuti come magnificenti si fonda su una concezione fantastica di se stessi presente in uomini che hanno un’apparenza assai modesta e ordinaria.

Pensando così è evidente, afferma Gurdjieff, che molti artisti, scrittori, musicisti e politici sono malati. Se vogliamo sapere di cosa soffrano, allora scopriamo che essi nutrono una enorme opinione e una smisurata considerazione di loro stessi, infatti sono sensibili esclusivamente alle esigenze di quello che gradiscono, perciò si offendono se non vengono apprezzati e riconosciuti universalmente. Vi è poi la considerazione di tipo opposto, in cui si teme di non avere considerazione sufficiente per gli altri, e si teme di non considerare abbastanza il mondo.

Temere di non saper dimostrare sufficiente considerazione mostra la nostra debolezza, perché dimostra che l’uomo può temere altri uomini, e anche questo causa una perdita di equilibrio, infatti l’uomo non riesce a fermarsi e diventa insensato se non smette di considerare eccessivamente il mondo. Si pensa che smettere di considerare comporti la perdita della sincerità e dell‘autenticità ma, avviene come nella lotta contro le emozioni negative, e la sola differenza è nel fatto che la considerazione è una lotta contro le manifestazioni esteriori delle nostre emozioni mentre, nella negatività mentale, il conflitto avviene all’interno dell‘uomo.

Il timore di perdere la sincerità e la spontaneità è un inganno, poiché è l’illusione con cui nascondiamo la fragilità umana. La verità è che l’uomo non può impedirsi di provare delle identificazioni, e non riesce ad esimersi dalla considerazione interiore come pure non riesce a non provare delle emozioni sgradevoli: questa è la ragione per cui l’uomo è debole. A questo punto è chiaro il meccanismo con cui l’identificazione e la considerazione diventano delle espressioni sgradevoli dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti interiori, infatti permettono che le emozioni ci rendano schiavi e incapaci di dominarci.

Ma l’uomo teme di ammettere le sue debolezze, perciò chiama le cose con cui si identifica la sua sincerità, la sua passione, il suo interesse e la sua aspirazione e reputa tutto questo come i suoi punti di forza invece che crederli dei sintomi delle sue paure. L’uomo dice di non voler lottare contro i suoi elementi di vantaggio, ma la verità è che non ha voglia di sottostare alla disciplina. Sebbene venga negata una tale evidenza, nel suo intimo, l’uomo conosce questa verità, ma mente a se stesso e continua a mentire pur affermando di voler essere sincero.

La considerazione esteriore che sappiamo dimostrare fa parte della nostra capacità di adattamento all’ambiente sociale ed è collegata alla capacità di comprendere e di saper rispettare le esigenze degli altri. Dobbiamo imparare a vivere in modo da rendere la vita più facile a noi e ai nostri simili, perciò dobbiamo conoscerli, dobbiamo comprendere le loro esigenze e le loro azioni, e dobbiamo saper valutare anche i pregiudizi e le limitazioni degli altri, infatti anche la considerazione esteriore richiede padronanza e l’utilizzo del potere del controllo interiore.

Spesso accade che l’uomo dimostra una considerazione sincera per gli altri, perciò crede di esprimere ciò che pensa e che sente ma, se l’uomo è debole, la considerazione diventa il desiderio di essere considerato, anche se accampiamo mille giustificazioni e diamo tutte le colpe agli altri che ci oppongono un rifiuto, così si fallisce infruttuosamente. Un debole dice che il fallimento viene perché gli altri lo usano, ed è così: ma se lui cambiasse l’atteggiamento anche le circostanze muterebbero, infatti l’eccessiva considerazione esteriore dimostra l'eccessiva dipendenza interna dal mondo esterno.

Accade che molti considerano il prossimo mascherando una eccesiva necessità di ricevere la considerazione, che è l’ulteriore dimostrazione di quanto la considerazione fluisca dall’interno all’esterno. Se l’uomo si ricorda di sé e vuole migliorare sa comprendere che tutti gli uomini sono macchine che rispondono in modo automatico e inconsapevole, perciò si ricorda che siamo tutti uguali.

Ricordando sappiamo comprendere e percepire ciò che gli altri pensano e sentono, perciò sappiamo usare in modo utile l’identificazione e il lavoro di perfezionamento ne sarà avvantaggiato. Se invece l’uomo avvicina gli altri solo per la soddisfazione delle sue esigenze ottiene il peso di troppe considerazioni da gestire, perciò l'equilibrio deve essere trovato. Un’equilibrata considerazione del mondo è essenziale per completare il perfezionamento ma, se vogliamo la massima efficacia diventa essenziale moltiplicare per dieci volte il livello di attenzione che è sufficiente nella vita ordinaria.

E’ il giusto apprezzamento che l’allievo dimostra per la considerazione che ci fa valutare se ha la comprensione del lavoro, e il risultato sarà proporzionale al valore che egli saprà dare e dalla comprensione che ne otterrà in cambio. E’ necessario ricordare che nessun lavoro si compie ad un livello che è inferiore a quello della vita ordinaria, e che tutti iniziamo a lavorare dal livello di uomini ordinari, perciò la mancanza di considerazione, la mancanza di rispetto, l’asprezza e l’impazienza ci dimostrano che abbiamo dimenticato che viviamo per imparare nel contatto con il mondo.

Buona erranza
Sharatan

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