mercoledì 25 maggio 2011

La nostra felicità


“Il nostro benessere dipende dagli altri;
è quindi opportuno ricordarsene,
anche se spesso abbiamo la tendenza a credere
di avere fatto tutto da soli.”

(Gyalwa Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama)

Gyalwa Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, con le sue parole diffonde delle verità molte complesse che lui sa esprimere usando le parole più semplici, perciò i suoi discorsi riescono a essere come un “fiume di tranquillità” che penetra in tutti coloro che lo ascoltano. Sua Santità è un vero magnete di compassione, di pace e di amore, e nelle sue parole ognuno può trovare sempre una buona ispirazione.

Lo scopo della vita, dice il Dalai Lama, è quello di perseguire la felicità, e la felicità si ottiene educando la mente. L’educazione della mente non comprende solo le capacità cognitive o l’intelletto, ma include anche i sentimenti, perciò dobbiamo educare sia il cuore che il cervello. Per fare questo lavoro si rende necessario essere in grado di identificare i fattori che conducono alla felicità e quelli che conducono alla sofferenza, in modo da poter rafforzare i primi e di poter eliminare i secondi.

Non dobbiamo dimenticare che le persone duttili e creative sono aperte nei riguardi del mondo esterno, perciò sono persone pronte ad andare incontro agli altri per aiutarli, poiché la felicità è determinata dallo stato mentale più che dalle concrete condizioni esteriori. La scienza afferma che il benessere umano avrebbe origini genetiche, perciò dovremmo credere che il nostro benessere personale e la nostra esistenza siano state già programmate geneticamente e tutto sarebbe già inscritto nel nostro patrimonio genetico.

Se riflettiamo, vediamo che la sensazione di soddisfazione è fortemente influenzata dalla nostra tendenza al confronto con gli altri, infatti essere soddisfatti della nostra vita dipende anche dalle persone con cui ci si confronta. Utilizzare questo metodo riesce utile se ci confrontiamo con coloro che sono più sfortunati, perciò impariamo a riflettere e sappiamo apprezzare le cose che abbiamo. Il livello di contentezza si rafforza cambiando la prospettiva mentale e pensando che le cose potrebbero andare ancor peggio, perciò possiamo dirci soddisfatti di ciò che già abbiamo.

L’ottica mentale ha un ruolo determinante sulla nostra felicità, infatti i 4 fattori dell’appagamento umano sono la ricchezza, l’appagamento terreno, la spiritualità e l’illuminazione, a cui va premesso il primo fattore che è il godimento di una buona salute, a cui dobbiamo unire anche la presenza di un compagno o di un gruppo di amici affidabili. Se sappiamo conservare lo stato mentale calmo e tranquillo possiamo essere delle persone molto felici, anche se la nostra salute non è buona.

Se il nostro stato mentale è negativo anche le più grandi ricchezze non ci faranno felici, e anche gli amici non saranno un appagamento soprattutto nel caso in cui la mente sia in preda alla collera e all’odio intenso. Maggiore sarà la nostra calma mentale e la tranquillità d’animo, e maggiore risulterà la nostra capacità di condurre un’esistenza felice e gioiosa, poiché essere nello stato mentale calmo e tranquillo non significa essere disinteressati o distanti.

La pace del cuore e lo stato mentale calmo e rilassato affondano le radici nella simpatia che è l’assonanza intima con il mondo, e nella capacità di saper provare compassione verso il prossimo: nel sentimento della compassione vi è un altissimo livello di sensibilità e di sentimento. Se possediamo delle qualità interiori di tranquillità d’animo e di stabilità interiore, pur in assenza di mezzi esteriori, possiamo vivere una vita lieta e gioiosa.

Ogni desiderio smodato conduce all’avidità, che è una forma di brama che si basa su delle aspettative troppo grandi, perciò l’avidità non viene mai soddisfatta dal perseguimento del suo obiettivo ma diviene, in qualche modo, illimitata. Il vero antidoto all’avidità è l’appagamento, infatti se abbiamo un grosso senso di appagamento interiore, non ci importa di ottenere o meno l’oggetto desiderato poiché, in un modo o nell’altro, siamo egualmente soddisfatti.

Ma come ottenere l’appagamento? L’uomo crede di poter essere appagato ottenendo soldi, casa, auto, partner perfetto e corpo perfetto, oppure possiamo partire imparando ad apprezzare quello che già abbiamo. L’unico modo di affrontare la vita è quello di guardare ai beni che si posseggono, e nel vedere cosa di buono si può fare ancora, perciò sapersi concentrare sulle proprie risorse e utilizzare al meglio le proprie facoltà.

L’uomo può raggiungere la felicità mutando l’ottica mentale e coltivando una maggiore autostima personale, ma anche coltivando delle relazioni e dei legami affettivi con gli altri, altrimenti la vita diventa triste e dura. Se una persona è calda e affettuosa, e se è dotata di sentimenti di compassione difficilmente si lascia deprimere, poiché il calore e l’affetto aiutano a maturare il senso del nostro valore interiore.

La felicità è connessa più alla mente che al cuore, infatti anche la felicità fisica è transitoria, e un giorno c’è e l'altro scompare, perciò è necessario inquadrare le cose con l’ottica della felicità piuttosto che con quella del piacere. Dobbiamo saper perseguire le cose che ci danno felicità, anche se la scelta è sovente la più difficile e ci costringe a sacrificare in un certo grado il nostro piacere, infatti esistono dei godimenti distruttivi che dobbiamo evitare se abbiamo come unica meta il perseguimento della felicità.

Con questa impostazione mentale possiamo affrontare tutte le scelte della vita con minore fatica, anche nella rinuncia delle cose che offrono un godimento momentaneo ma che, a lungo andare, ci danneggerebbero. Allora inquadriamo il problema chiedendoci: “Mi darà la felicità?” Poi ricordiamoci che la vera felicità deve essere vera e stabile, poiché la felicità è quella che resta nonostante gli alti e i bassi della vita e nelle normali oscillazioni dell’umore, infatti la felicità è quella che appartiene intimamente al nostro essere.

Allora il nostro andare sarà verso il godimento della vita, anziché verso il suo rifiuto, e il nostro andare darà maggiore ricettività e l’apertura alla gioia di vivere, per questo diventa essenziale addestrare la mente alla felicità. Il primo passo è l’apprendimento in cui dobbiamo imparare che le emozioni e i comportamenti negativi ci danneggiano, mentre quelli positivi ci giovano, perciò dobbiamo abolire dalla nostra mente l’odio, la gelosia e la rabbia che sono i sentimenti più dannosi.

Tali sentimenti, se vengono coltivati nella mente, si intensificano e così si intensificano anche tutti i sentimenti di ostilità verso il mondo: tutte le emozioni negative vengono intensificate da sentimenti come l’odio e la rabbia. Tutti gli stati mentali positivi come la gentilezza e la compassione sono invece utili, perché la persona sana è compassionevole, è gentile, di buon cuore e possiede un grande calore interiore.

Se nutriamo un vero sentimento di compassione, di affettuosa gentilezza, questa coltivazione schiude automaticamente la nostra porta interiore. Così sappiamo improntare le nostre relazioni sui valori del calore umano e sull’amicizia, per cui non avremo bisogno di dissimulare i nostri migliori sentimenti, come invece avviene con quelli negativi. Nell’autenticità del sentire e dell'esprimere tutti i sentimenti di paura, tutti i dubbi e tutte le insicurezze scompariranno automaticamente, perciò susciteremo il sentimento della fiducia.

Mutare l’ottica della mente e cambiare il modo di pensare, non c’è altra soluzione, anche se per cambiare è necessario del tempo, perciò impariamo a svegliarci il mattino con l’intento di vivere bene la giornata che sta iniziando, e la sera facciamo l'attenta verifica del giorno che è appena trascorso. La pratica del dharma consiste nel sostituire i precedenti apprendimenti negativi con altri comportamenti positivi: gli effetti negativi devono rimanere sulla superficie e non devono scendere nel profondo del nostro animo.

Nasciamo con l’encefalo programmato con un certo modello istintivo di comportamento, ma le nostre connessioni non sono statiche e l’encefalo è riprogrammabile, perché possiede la capacità di cambiare e di riconfigurare le sue connessioni in base a nuovi pensieri e nuove esperienze: tale plasticità è una sua proprietà intrinseca.

Agendo sul pensiero e adottando nuove ottiche possiamo influire sulle vie neuronali e correggere il modus operandi del cervello, e la trasformazione inizia con l’apprendimento di nuovi input che si verifica con la progressiva sostituzione del condizionamento negativo (cioè agendo sui moduli di attivazione esistenti) con quello positivo, cioè con la formazione di nuovi circuiti neuronali.

E’ chiaro che, più sofisticato è il livello della conoscenza e più efficace sarà il modo di affrontare la situazione, perciò dobbiamo anche valutare le conseguenze a breve e lungo termine dei nostri comportamenti. Più sofisticato sarà il livello dell’educazione e di conoscenza in merito a ciò che produce la felicità, e maggiore sarà la capacità di raggiungere la vera felicità. Il modo migliore di usare l’intelligenza e la conoscenza è mutare l’interno di noi stessi per maturare la bontà d’animo.

Tutti possono essere felici poiché siamo dotati degli strumenti essenziali per essere felici, e possiamo accedere agli stati mentali che portano alla felicità. Uno stato mentale calmo, compassionevole e moralmente sano giova anche alla buona salute fisica e al benessere generale, perciò avremo anche la salute emotiva che è rafforzata dai sentimenti d’affetto. La mitezza e i comportamenti che ad essa si accompagnano ci arrecano una vita familiare e comunitaria felice e armoniosa perché l'uomo è sostanzialmente compassionevole e mite.

La rabbia, la violenza e l’aggressività insorgono quando siamo frustrati nei nostri tentativi di ottenere l’amore e l’affetto, infatti i conflitti sono causati dal nostro intelletto per lo squilibrio o per il cattivo uso dell’intelligenza o delle nostre facoltà immaginative. L’intelligenza sviluppata in modo non equilibrato, poiché non è adeguatamente bilanciata dalla compassione diventa distruttiva e porta disastri, ma l’intelligenza sana è in grado di trovare modi e mezzi per superare i conflitti.

Il comportamento violento è causato dallo squilibrio di fattori biologici, sociali, situazionali e ambientali, mentre è l’altruismo che permette la sopravvivenza, infatti le relazioni e l’agire per il benessere degli altri è profondamente radicato nella natura umana, poiché proviene dal passato in cui l’unione in gruppo aumentava la probabilità di sopravvivenza.

La nostra vera natura è compassionevole e non aggressiva, ma per avere la felicità dobbiamo scartare le cose che ci arrecano sofferenza e potenziare quelle che portano gioia, perciò dobbiamo meditare su ciò che ci può rendere felici, e poi ridefinire l’ordine delle nostre priorità. Se inquadriamo così la vita è molto probabile che tutto abbia una nuova luce, ma dobbiamo veramente credere che la felicità sia un obiettivo legittimo, e infine decidere consapevolmente di voler perseverare in maniera sistematica al cambiamento della nostra vita.

Buona erranza
Sharatan


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