lunedì 4 luglio 2011

I due saggi e lo sciocco


Tutti credevano che Nasruddin fosse ritardato perciò lo chiamavano Il Sempliciotto. Un giorno fu ingaggiato da due saggi che gli chiesero di accompagnarli come portatore, infatti si ritrovò a trascinare un cesto di vettovaglie e a sventolare gli eruditi con un ventaglio fatto con delle fronde di palma. I due erano sapienti di scienze misteriose e vestivano con ricche zimarre coperte di misteriosi arabeschi dorati, e per tutto il tempo discussero freneticamente, mentre Nasruddin seguiva il loro ciabattare e li sentiva parlare di cose che non aveva mai neppure sentito nominare, perciò il pover’uomo restò ammirato dalla loro sapienza.

I due sapienti erano immersi in una discussione che sembrava accalorarli e fargli dimenticare ogni altra questione, finché uno dei due sbottò e disse all’altro: “Certo le tue conoscenze sono impagabili, ma io potrei darti una dimostrazione certa delle mie capacità. Trovami dunque un dente, un osso o qualsiasi misero resto di una carcassa animale e io saprò ricostruire le ossa, le carni, il sangue e fino all’ultima molecola della creatura defunta. Quale biologia umana saprebbe ricreare delle carni intorno ad un corpo morto?” Detto questo fissò trionfante il suo antagonista.

L’altro lo guardò beffardo poi rispose con tono commiserante: “Che giochetto da bambino! Forse dovrei stupirmi del tuo trucco da principiante? Dovrei restare ammirato dal rimpolpamento di una carcassa e dovrei inchinarmi a tanta meraviglia? Bada bene, io non sono altro che una modesta pagliuzza davanti alla sapienza dell’Altissimo, che sempre sia benedetto! ma la mia Scienza discende direttamente da Colui che ha infuso la vita a tutta la creazione. Io affermo che per me sarebbe un’inezia ridare la vita alla tua carcassa rimpolpata. Ebbene, io mi dichiaro in grado di fare questa meraviglia.”

Mentre i saggi disputavano dimostrando quale umile semplicità e modestia può essere nei sapienti, vennero a imbattersi nel cranio di un leone e si misero a esaminarlo con grande curiosità, finché il saggio che si millantava di essere l’imitatore dell’Onnipotente nell’opera della creazione sfidò il suo collega a dare la dimostrazione del potere di rimpolpare le carcasse di cui si era vantato. Il primo restò certamente piccato dal tono del collega, perciò senza esitare si mise al lavoro e biascicò delle parole strane, fece dei gesti rituali sul cranio e poi trasse dalla zimarra un’ampolla e versò alcune gocce di un misterioso liquido sul teschio leonino.

All’istante, sotto gli occhi sbarrati del sempliciotto, dal teschio si verificò la ricrescita di un muso maestoso dalle fiere labbra arricciate che era arricchito da una lingua rosea e pendente tra le acute zanne, poi apparve un collo robusto e delle zampe muscolose dagli artigli lucenti e si formò il corpo ricoperto dal pelo fulvo, finché una splendida criniera finì di completare il corpo muscoloso di un leone esanime. Nasruddin aveva seguito con interesse tutto il miracolo ma, alla vista del corpo rigenerato sentì salire una grande inquietudine interna, perciò parlò con voce sommessa: “Scusate miei saggi illustrissimi, io sono incantato dalla vostra enorme sapienza.

Sicuramente è mirabile l’arte di chi ha ridato il corpo a questo leone defunto e credo che anche voi, mio illustrissimo e dotto sapiente, sapreste ridare la vita al corpo rinato, ma forse ora preferireste fare una breve sosta refrigerante con le arance e i datteri che ho portato con me.” Detto questo Nasruddin mostrò il suo cestino colmo di frutta, ma il dotto che non aveva dimostrato ancora le sue capacità, guardò Nasruddin con pietà e commiserazione, poi gli rispose:

“Creatura ordinaria, ti sento fremere di terrore alla vista del prodigio, ma anche tu devi sapere che l’uomo di scienza deve sempre dimostrare di avere la potenza creatrice. Io non mi sottometto alle paure dei dementi e non mi inibisco davanti ai pessimisti del malaugurio, perciò quello che devo fare, io la faccio! Adesso ridarò la vita al leone per dimostrare che tutte le paure sono debolezze, perché io sono sprezzante delle paure, e venga pure tutto ciò che vuole venire! Il futuro è di chi osa e non vacilla, perciò se ho detto che farò una cosa, io la farò sicuramente.”

Il sapiente si rimboccò risoluto le maniche, quindi trasse un’ampolla da cui versò una goccia di liquido ambrato sulla fronte del leone. L’animale strofinò la testa sulle pietre, ma non sembrò intenzionato a resuscitare quindi ricadde nel coma profondo, perciò il saggio gli fece cadere un’altra goccia sull’occhio destro che effettivamente si aprì, quindi il leone sembrò scuotersi perciò sbadigliò, poi scosse la criniera mentre stirava i muscoli intorpiditi dall‘immobilità della morte. A quella vista Nasruddin lasciò cadere il suo cestino e si arrampicò con una velocità molto encomiabile fino in cima all’albero più alto che era sul ciglio della strada, perciò osservò tutta la scena che seguì.

Dopo essersi stirato il leone sembrava ancora poco sveglio, perciò il sapiente gli fece cadere una terza goccia sul muso assonnato e la goccia fece un effetto immediato, perché la belva fece un ruggito potente mostrando tutta la possanza delle sue corde vocali. Nel mentre, il saggio si rivolgeva al cielo con le braccia spalancate e con lo sguardo estatico: “O mio Dio! Dimmi se non ho onorato degnamente le tue opere! Dimmi se non mi sono dimostrato grandissimo!” Certamente Dio fu tardo nel dare la sua risposta poiché il leone fu assai più veloce, infatti il lungo sonno da cui era stato ridestato gli aveva stimolato un robusto appetito.

Il saggio si era sempre nutrito con generosità, perciò diventò un bocconcino saporito per le zanne affamate del leone che si vide costretto a completare il suo pasto sbranando e divorando anche con il secondo sapiente. Dopo che fu placata la fame più urgente, il leone sentì che gli sorgeva una struggente voglia di tenerezza, perciò rizzò il muso e aspirò con voracità gli odori del deserto. Nasruddin, che si era rannicchiato tra le frasche, era terrorizzato e tratteneva persino il respiro per non farsi notare, ma il leone si era ben saziato ed era interessato solo all’odore di una leonessa. Il leone, con il naso fremente, era impegnato ad annusare una traccia che solo lui avvertiva, infatti annusò a lungo poi corse via velocemente scomparendo nel deserto, tutto impegnato dall’inseguimento della sua traccia.

Buona erranza
Sharatan


2 commenti:

Rosaria ha detto...

ho letto con interesse il tuo post, con un pò di tempo in più leggerò anche i precedenti. grazie

Sharatan ain al Rami ha detto...

Grazie Rosaria,

spero che le cose che scrivo ti piacciono. Ti mando un carissimo abbraccio
Sharatan