giovedì 24 gennaio 2013

Dalla stessa stoffa d’illusione



“Ogni pensiero, ogni emozione, ogni parola, ogni azione contribuisce a modellare il paesaggio della nostra esistenza e quello degli altri; prepara anche il terreno per altri pensieri, altre parole, altre azioni. Non possiamo impedirci di creare continuamente il nostro mondo e quello degli altri.

Le nostre scelte, le nostre parole, i nostri atti, quindi il mondo nel quale viviamo, dipendono dai nostri pensieri. Tutto si decide nella mente. Dal momento che ogni tua scelta dipende dai tuoi pensieri, il tuo pensiero crea la tua vita, il tuo mondo. Presta attenzione a come i sentimenti e le idee che ti attraversano la mente finiscono per produrre la tua esistenza.

Gli stoici dicono che i nostri pensieri, le nostre rappresentazioni, i nostri giudizi siano l’unica cosa a essere veramente in nostro potere. A prima vista può sembrare poco, ma se consideriamo le cose con attenzione, il potere che potremmo acquisire sui nostri pensieri comporterebbe una liberazione di tutti gli aspetti della nostra vita.

Innanzitutto, siamo responsabili di ciò che pensiamo. Ma la responsabilità implica la libertà. Ora, non vi è nulla di più difficile che accedere alla libertà nel pensare, che sottrarsi all’automatismo inconscio delle rappresentazioni e delle emozioni. E’ molto più facile agire sul “mondo esterno” piuttosto che divenire padrone di sé, della propria esperienza di vita, qui e ora.

Il pensiero automatico o pensiero parassita, quello che noi subiamo, ci impedisce di vivere nell’attimo, di percepire il momento e di vivere felici. Questo pensiero ci impedisce di vivere la nostra vita. Per questo è così importante conquistare la libertà nel pensare. Il più semplice è il più difficile.

I nostri oggetti di avversione potrebbero essere i nostri oggetti di desiderio e i nostri oggetti di desiderio, oggetti di avversione. Per di più, questi oggetti esistono nel nostro mondo soggettivo solo perché diamo loro rilevanza. Ma questa rilevanza potrebbe essere distribuita altrimenti. Meglio, il nostro interesse potrebbe venir distribuito ovunque, e in tutti i rapporti, di modo che tali oggetti non avrebbero più particolare risalto sul fondo della nostra esperienza. Detto altrimenti, dovremmo essere disinteressati.

Dove sono i tuoi pensieri? Dove sei quando ti trovi fra i tuoi pensieri? I pensieri sono come sogni. Osserva come l’abituale gioco dei tuoi pensieri oscilla in maniera impercettibile nella deriva onirica nel momento in cui ti addormenti. Farai così l’esperienza diretta che sogni e pensieri sono tessuti dalla stessa stoffa d’illusione.

I pensieri hanno quasi la stessa natura dei sogni: sono automatici, si concatenano senza che noi possiamo realmente criticarli e generalmente non corrispondono a niente di reale. I pensieri ci “prendono”, ci travolgono, proprio come le immagini di un sogno. Sono ancora più sconnessi dei sogni notturni perché sono provocati e interrotti da percezioni in continua trasformazione, e si mescolano o si contrappongono a sensazioni effettive.

Freud afferma che i sogni sono l’espressione dei nostri desideri. Io direi, invertendo le parole, che i nostri desideri hanno la natura dei sogni. I nostri pensieri sono come sogni, semplici, chiari e normali all’apparenza, al punto che ce ne facciamo coinvolgere, ma sono in realtà incoerenti e menzogneri. I nostri discorsi e i concetti che questi veicolano sono anch’essi come sogni … e se le nostre parole vengono ascoltate è solo perché fanno presa sui sogni degli altri.

Le cose che pretendiamo essere “reali” sono costantemente definite, categorizzate, soggette a valori, prodotte e riprodotte dai meccanismi inconsci delle nostre associazioni mentali. Così come noi li percepiamo, i nostri oggetti di desiderio, di avversione, di gelosia, di invidia, di paura o di risentimento sono generati dalla nostra mente. Esistono anche per una zanzara o per un bue? Esisterebbero anche per un altro essere umano venuto da un’altra cultura e caratterizzato da una psicologia diversa dalla nostra? Manterrebbero la loro identità senza i nostri pensieri? Dunque, i nostri pensieri sono come sogni.

Per quanto i nostri sentimenti siano reali, è nell’illusione che proviamo desiderio e avversione, speranza e paura. Ci è possibile prendere il controllo del sogno che stiamo facendo, pur continuando a sognare? Dobbiamo svegliarci? Ma così non rischiamo di svegliarci da una vita ordinaria solo per entrare in un nuovo sogno, un sogno spirituale? Dobbiamo solo prendere coscienza che stiamo sognando, senza cercare di prendere il controllo di nulla?

Se i pensieri sono come sogni, allora le paure sono come incubi, da cui è possibile svegliarsi. Nel momento in cui avrai veramente realizzato che i pensieri sono come sogni da cui ti devi risvegliare, può essere che tutta la tua vita precedente ti appaia come un sogno da cui ti sei appena svegliato.

Mangiando uno yogurt (realtà) mi dico: “Loro hanno quello che io non ho” (pensiero). Soffro. Non mi godo lo yogurt, né la luce del giorno, né la fortuna di essere al mondo. Sono prigioniero di un incubo. Ma posso tornare al momento presente, liberarmi dal sogno, risvegliarmi. Così come posso risvegliarmi dai miei concetti, dai miei pregiudizi, dalle mie abitudini, dallo scenario generale della mia vita.

Cos’è dunque l’io se non un concatenamento di pensieri, un modo speciale di far sorgere emozioni e discorsi interiori, una specie di generatore di sogni dotato di particolari scenari emotivi e discorsivi? L’io è un fabbricante d’illusioni, un venditore di sogni. Il risveglio ci sottrae al torpore e al fascino dell’io. Smettiamo di essere prigionieri dei nostri pensieri. Osserviamo senza tregua la loro natura arbitraria, illusoria e ingannevole.

Ogni nostra vita si manifesta sotto una forma differente, ma tutte si stagliano nell’unica e traslucida materia dei sogni. Invece di giudicarli o di credervi, senti il tessuto onirico dei tuoi pensieri. Quando i pensieri vengono riconosciuti con chiarezza e distintamente come sogni nel momento stesso in cui sorgono, rimane la vivacità delle percezioni. Al posto degli oggetti, vibra un campo immenso di percezioni mutevoli e variate. Non cose, non concetti, non giudizi, non io e il mio corpo, ma un flusso ininterrotto e fremente d’immagini, di suoni, di sensazioni, senza un soggetto che percepisce né qualità percepite, lo scintillio senza fine del piano di esistenza.”

(Pierre Lévy - Il fuoco liberatore – Sassella ed., 2006)


2 commenti:

Riyueren ha detto...

Molto interessante, come sempre.
Mi domando: i pensieri nascono in parole, nella nostra lingua...se noi togliamo le parole, i pensieri probabilmente si trasformano in emozioni, in sensazioni, mute, ma non per questo meno intense dei pensieri..forse addirittura più travolgenti?
In questo caso le parole sarebbero d'aiuto, in quanto argini, contenimento.
Ecco che sto pensando, troppo, come al solito...e mentre penso...perdo l'attimo, il presente.
Forse la consapevolezza che il pensiero ci dà potrebbe essere un limite, un inciampo. Forse si tratta di una consapevolezza che non è equilibrio....
Un abbraccio.

Sharatan ain al Rami ha detto...

Cara Susi,
come puoi credere che il pensare sia in eccesso? Quello che ho capito, per il mio livello di comprensione è che il punto essenziale è quello di usare ogni centro (emotivo, motorio e intellettuale) mettendo ogni aspetto al livello che gli è pertinente. Detto crudamente: saper chiamare le cose con il loro nome.

Quando sorge il pensiero va identificato come pensiero, quando sorge un sentimento devi essere consapevole di sentire sentimenti, perciò quando pensi devi vedere il pensiero come frutto della mente.

Nell'essere umano esistono pensieri, emozioni e idee, se abbiamo funzionanti tutti i cervelli di dotazione naturale. La cosa essenziale è identificare il livello che sta funzionando, questo è il modo per essere ben presenti. Saper discriminare equivale a capire ciò che avviene, e il senso di quello che viviamo: questa è la consapevolezza.

L'attimo viene percepito nella presenza e nella coscienza, semmai il rischio è quello che non vogliamo avere lo scomodo di una realtà che non ci piace. Per non voler soffrire molti chiudono gli occhi e accettano di vivere di illusioni, e di alibi.

Un carissimo abbraccio