Nell’antica città di Isfahan, un gruppo di alchimisti si riunì e lavorò per alcuni anni, finché riuscirono a costruire un vaso magico. Tutti assieme avevano deciso che un oggetto così potente non poteva avere un solo padrone, perciò il possessore del vaso avrebbe potuto esaudire solo tre desideri.
Stanchi per il lavoro, gli alchimisti andarono a dormire per riposare. Proprio quella notte scoppiò una furiosa tempesta e venne una tromba d’aria che afferrò il vaso magico e lo trascinò lontano. Il vaso fu sbattuto dalla furia del vento, e quando si fu calmata la bufera l’oggetto magico cadde ai bordi di una solitaria strada di campagna, in un lontano paese.
Trascorsero così alcuni mesi finché un giorno, un viandante che passava da quelle parti trovò il vaso tra i cespugli della strada e lo raccolse, ma chiaramente non poteva sapere che il vaso avesse delle prodigiose virtù.
L’uomo controllò che il vaso non fosse scheggiato, e mentre lo spolverava con cura disse tra sé e sé: “Che fortuna avere trovato questo bel vaso. Sembra un oggetto di un certo valore, chissà come sarà capitato qui. Sicuramente è caduto da una carovana di mercanti! Certo, se fosse stato d’argento la mia fortuna sarebbe stata maggiore.”
Mentre diceva quelle parole il vaso rifletté la luce, perciò il viandante stupito esclamò: “Incredibile che non mi fossi subito accorto che era d’argento. Non capisco come oggi possa essere così distratto. Fammi vedere, potrebbe anche avere delle parti d’oro.” Mentre rigirava il vaso per osservarlo bene, l’uomo notò che un lato era tutto d’oro ed era intarsiato con un paesaggio preziosamente inciso.
Quando vide quella meraviglia l’uomo restò a bocca aperta e poi esclamò: “E’ tutto incredibile! Non posso crederci! Come vorrei che tutto fosse un sogno per non risvegliarmi mai più!” Non appena ebbe detto quelle parole, il vaso scomparve e ritornò dagli alchimisti, e l’uomo si trovò infilato nel suo letto, immerso in un sonno profondo.
Buona erranza
Sharatan
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