lunedì 5 agosto 2013

Tre risate



Quel venerdì sera, il Baal-Shem Tov e alcuni dei suoi discepoli erano a tavola, e il Baal-Shem aveva appena pronunciato la benedizione del vino quando scoppiò in una sonora risata. Poiché il suo viso serio si era illuminato all'improvviso i discepoli si guardarono intorno per vedere il motivo di quella improvvisa allegria, ma non videro nulla che potesse averla causata. Dopo qualche minuto il Baal-Shem rise di cuore una seconda volta.

Il suo riso risuonò sonoro e gioioso come quello di un bambino e una bella risata uscì dalla sua gola con la stessa freschezza dell'acqua di fonte. Tutti restarono muti, perché il fatto era inspiegabile per quelli che conoscevano bene il loro maestro. Essi sapevano che la sua anima non si abbandonava facilmente a manifestazioni scomposte o incomprensibili. Al risuonare della terza sonora e allegra risata i discepoli conclusero che, senza dubbio c'era un motivo oscuro e profondo per quella allegria, perciò furono ansiosi di conoscerlo.

Tutti gli occhi fissarono Rabbi Volf che sedeva in mezzo agli altri, infatti lui era l'unico a cui fosse permesso disturbare il Baal-Shem. Ogni sabato mattina Rabbi Volf andava dal maestro per sapere su quale tema fosse opportuno meditare quel giorno. Il giorno dopo, sabato mattina, il Rabbi andò dal Baal-Shem per conoscere delle risate della sera prima. Il maestro gli disse: "Immaginavo che potevate chiedermelo. Non ho motivo per nascondervi il motivo della mia gioia di ieri sera. Preparatevi a partire con me e lo conoscerete."

Quindi il Baal-Shem diede l'ordine di preparare la sua carrozza come era abitudine ogni sabato, infatti quel giorno era solito dedicarlo a lunghe gite in campagna. Quindi i discepoli e il loro maestro salirono tutti in vettura e si misero in viaggio, e non ritornarono per l'ora del tramonto come di consueto, perché la loro carrozza viaggiò per tutta la notte, finché giunsero in una cittadina. Il Baal-Shem fece fermare la vettura davanti al capo della comunità, mentre la notizia del suo arrivo arrivò all'orecchio di tutti gli ebrei.

Una grande folla era accorsa per rendere omaggio al maestro, ma il Baal-Shem non badò a nulla e chiese al Presidente di mandare a chiamare Sabbatai, il rilegatore di libri. Il Presidente gli obiettò con una sfumatura di dispetto nella voce: "Santo maestro, quello che convocate è un misero uomo della comunità. Certamente è un uomo degno e un ebreo molto devoto, ma è uomo da poco. Da quello che ho sentito dire, non sembra che abbia mai rivelato alcuna dote di particolare erudizione."

Il Baal-Shem rispose: "Non importa. Desidero che sia mandato a chiamare." Quando Sabbatai arrivò si dimostrò un vecchio dall'aspetto modesto e dai capelli bianchi. Nel vederlo il Baal-Shem disse: "Desidero che venga qui anche sua moglie!" Ben presto anche la donna giunse, perciò il maestro si rivolse a Sabbatai dicendo: "Adesso vuoi raccontare quello che è successo l'ultima sera di sabato? Vorrei che tu dicessi tutto senza tacere nulla, ti prego di non nascondere nulla, di non aver paura di parlare e di non vergognarti di ciò che hai fatto."

Sabbatai disse: "Signore non tacerò alcun particolare, e se io ho peccato in qualcosa, sappi che sono pronto a ricevere da te qualsiasi punizione. Terrò conto del tuo giudizio come se fosse quello del Signore medesimo. Però devi sapere che ho sempre guadagnato onestamente il pane che mangio, perché ho sempre lavorato. Un tempo il mio lavoro sembrava benedetto e mi pagavano bene, perciò misi da parte un piccolo patrimonio che mi faceva vivere dignitosamente.

Verso il quinto giorno della settimana mia moglie comprava tutto il necessario per festeggiare degnamente il sabato. Per grazia del Signore, non è mancata mai la farina, la carne, il pesce, la frutta oppure i dolci e le candele. Mentre il pomeriggio del quinto giorno, la vigilia del sabato, mia moglie era occupata a fare le compere per la cena, io avevo preso l'abitudine di lasciare il lavoro all'ora decima per andare in sinagoga e trattenermi fino alla preghiera della sera.

Così avevo sempre fatto fin da quando ero giovane, e così faccio anche ora. Oggi la ruota del destino gira contro di me e la mia fortuna si è rivoltata, perciò ho perso tutto quello che avevo. Il mio lavoro si è ridotto e faccio fatica a mangiare tutti i giorni. Sono passati i tempi in cui la mia dispensa era piena di ogni ben di Dio. Ora viviamo in ristrettezza, le mie forze scarseggiano e l’altro giorno non avevo soldi per festeggiare il sabato.

L'unica consolazione che mi è sempre restata è quella che non ho mai rinunciato alla serata in sinagoga, perciò all'ora decima vado a fare il mio dovere. Ora maestro, devi sapere che l'altra sera sempre verso l'ora decima, prima di uscire ho visto che non avevo nulla da dare a mia moglie per fare la spesa.

La povera donna aveva casa vuota, ma io non avevo mai voluto chiedere l'elemosina, perciò non volevo iniziare. Non volevo mettere in difficoltà o disturbare nessuno sebbene la comunità sia piena di brave persone, avevo deciso che non volevo chiedere. Per me ero ben certo, ma per mia moglie temevo che il suo cuore avrebbe sofferto troppo per il sabato triste e povero.

Non avevamo il pane sabbatico e neppure un lume per illuminare la tavola. Temevo che mia moglie potesse chiedere aiuto a qualche vicina, e temevo che potesse obbligarsi in modo da non poterci più sdebitare. Perciò non volevo correre quel rischio. Prima di uscire le parlai con molta dolcezza, la convinsi a non dire nulla e la persuasi a non accettare aiuto da nessuno.

Lei mi giurò che avrebbe fatto ciò come volevo. Tu maestro, devi credere se dico che la gente della comunità non avrebbe permesso un sabato tanto buio e vuoto. Però mia moglie aveva acconsentito al mio volere. Le dissi che mi sarei trattenuto a lungo in sinagoga, perciò non fosse preoccupata se ritardavo. Volevo far tardi per tornare a casa da solo.

Sarebbe stato disastroso se fossi tornato con altri e se avessero visto le nostre finestre buie, perché mi avrebbero chiesto come mai fosse così. Gli dissi: 'Se accadesse questo, mia cara moglie, non saprei cosa dire. Tu aspetta il mio ritorno e insieme accoglieremo quello che Dio ci riserverà'. Dopo quelle raccomandazioni era vicina l'ora decima, perciò uscii di casa mentre mia moglie faceva le pulizie.

Dopo aver lucidato tutta casa e non avendo nulla da cucinare, mia moglie pensò di riordinare un baule. Dal baule uscirono degli abiti della nostra giovinezza, perciò mia moglie li tirò fuori per spazzolarli e riporli di nuovo dopo averli puliti. Mentre stava sistemando quei vestiti, lei ritrovò un coprimaniche di velluto che era smarrito e non avevamo più trovato da anni.

Quel capo di vestiario apparteneva ai tempi in cui eravamo dei benestanti, perciò aveva una fila di bottoni a forma di fiore in filigrana d'oro e d'argento. I motivi floreali erano molto in voga ai tempi della mia gioventù e adesso sono fuori moda, ma i metalli preziosi conservano sempre il loro bel valore. Mia moglie staccò quei bottoni dalla stoffa e li portò dall'orefice che gli diede una buona somma di denaro.

Con quei soldi lei comprò il cibo sabbatico, prese due belle candele e conservò il restante denaro. Quella sera, attesi che tutti fossero usciti dalla sinagoga per incamminarmi verso casa. Ero ancora lontano quando vidi che veniva una luce dalla mia casa, perciò la casa era festosa come ai tempi felici. Ecco allora che mi venne in mente il pensiero che la mia vecchia aveva fatto come fanno le donne, che non sanno rifiutare mai un favore che gli viene offerto.

Certamente aveva parlato con la vicina che si era impietosita e aveva offerto ciò che mia moglie non aveva rifiutato. Certo il suo cuore non aveva retto alla desolazione del triste sabato. Entrando nella casa festosa per il fuoco del camino, vidi la tavola apparecchiata con il pane sabbatico, una zuppa e un pesce, la frutta, il dolce e una brocca di vino da benedire.

Davanti alla magnifica cena non ebbi coraggio di rimproverarla, perciò feci la benedizione del vino e iniziammo a mangiare. Ma dopo aver mangiato un po' non seppi trattenermi e le parlai. Non volevo ferirla perchè avevo pietà della sua anima rattristata dalle sventure, ma volli dire: 'Si vede che la tua anima non era pronta ad accogliere altre ore amare e dure.'

Ma lei non mi fece proseguire, perché la sua voce chiara e lieta disse: 'So cosa pensi marito, ma le cose non sono come sembrano. Ti ricordi la vecchia cassapanca? Oggi la stavo sistemando quando ho ritrovato il coprimaniche di velluto. Ti ricordi che non si riusciva più a trovare? Erano anni che si era smarrito e oggi è saltato fuori dalla cassapanca. Ho venduto i bottoni all'orefice, e con i soldi che ho avuto ho potuto preparare un bel sabato.'

Non so esprimere la gioia che quelle parole destarono nel mio cuore, maestro. Non so dire ciò che sentivo. Avrei voluto gettarmi ai piedi dell'Altissimo per ringraziarlo di essersi ricordato del mio sabato. E così mi gettai a terra per rendergli grazie, e vidi che anche mia moglie aveva la stessa gioia. I giorni di angoscia sembravano svaniti d'incanto davanti alla gioia che entrava nella nostra vita dopo tante difficoltà.

Ero al colmo della felicità e non mi accontentai di ringraziare in ginocchio, perciò presi mia moglie tra le braccia e ci lanciammo in un bel giro di danza in stanza da pranzo. Dopo mangiammo il pesce cucinato in modo delizioso e anche quello fu festeggiato con un'altra danza. Poi la gioia ci fece danzare ancora per il dolce. Ora che tu sei arrivato e ci ripenso vedo che le danze erano una follia indegna.

Mi sono comportato in modo vergognoso e sconveniente davanti all'Eterno, ma ero in buona fede. Ho agito male davanti all'Altissimo, e certamente l'ho offeso danzando di sabato con mia moglie. Credimi quando dico che avevo solo l’intenzione di rendere grazie, e non di offendere. Ora ti prego di usare un giudizio clemente nei miei riguardi. Io mi sottoporrò a qualsiasi punizione vorrai darmi."

Sabbatai, il rilegatore di libri, tacque restando in attesa della sua punizione. Il Baal-Shem lo indicò ai suoi discepoli e disse: "Sappiate tutti! Sappiate che tutto l'Alto dei Cieli ha visto quella gioia e l’Assemblea Santa si è unita alla danza di Sabbatai e di sua moglie. Sappiate che mentre i Cieli danzavano con loro, anche io ho partecipato alla gioia di questi due vecchi ... e ho riso tre volte."

Buona erranza
Sharatan

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Sharatan!

racconto sublime, eccelso, grandioso ...

come sempre materiale "specifico" per i tempi in cui viviamo.

bellissimi anche gli altri ultimi post.

Grazie di tutto.

Alex

Sharatan ain al Rami ha detto...

Ciao Alex, sei sempre benvenuto!
Sono tanto, contenta di sentirti. Spero che tutto ti vada al meglio :-)
Sai quanto condivido la cosa che mi dici, cioè l'attualità della spiritualità. Aiuta a riflettere e nutre l'anima, idee molto utili... visti i tempi. Tu mi fai credere che so comunicare bene, grazie!
Abbraccia per me la Dolcissima :-*

carola ha detto...

È molto bello.Tantissimo.
Ciao

Sharatan ain al Rami ha detto...

Benvenuta cara Carola :-)
Sono contenta di averti offerto un post di felicità :-)
Un carissimo abbraccio