“La virtù che permette di controllare la propria irritazione si chiama pazienza. L’irritazione è inevitabile. Ma ci sono due modi di sentirla. La prima consiste nell’accusare l’altro della propria sofferenza e nell’aggredirlo. La seconda equivale a far nascere una reazione all’irritazione, la doppia benedizione dello spazio e della compassione:
- uno spazio tra sé e i propri pensieri; uno spazio di respiro tra sé e l’altro, lo spazio aperto dell’assenza di reazione;
- compassione per se stessi, poiché l’irritazione è una sofferenza; compassione per l’altro perché la sua collera è un dolore.
Non vi è spazio senza compassione, non vi è compassione senza spazio. Solo colui che si ama e si conosce può amare e conoscere l’altro e quindi non rispondere all’aggressione con l’aggressione, arrestando così il ciclo infernale dell’irritazione. L’ignorante che non ha messo spazio tra sé e i suoi pensieri, non può aprire uno spazio di pace tra sé e gli altri. Lo spazio interiore e lo spazio esterno hanno esattamente la stessa natura pacifica.
L’essere cosciente coglie l’occasione che ogni irritazione, ogni sconforto gli offre per progredire nella conoscenza di sé. Ogni volta che soffre, scopre una nuova zona del suo ego, un attaccamento, un’immagine di sé, un concetto (illusorio) di come le cose dovrebbero essere.
La sofferenza è aggressione di sé. Ogni aggressione del prossimo è la contropartita di una sofferenza dell’aggressore. L’aggressione fa soffrire. L’aggressione segnala il passaggio della sofferenza. La vittima e il carnefice bruciano nello stesso inferno.
Ogni volta che ti arrabbi con qualcuno, crei un mondo di parole dure, di accuse, di violenze, di collera, di sofferenza. Manchi di dolcezza verso te stesso. Ogni volta che ti arrabbi, sei in collera con una proiezione del tuo stesso ego, una persona o una situazione che hai costruito pezzo per pezzo. È un gioco di specchi, un’illusione che ti porta a combattere contro te stesso.
Ogni volta che sei in collera è perché il tuo orgoglio o la tua avidità, o la tua irritazione, o la tua invidia o uno qualunque dei veleni della tua mente è stato stimolato. Non devi prendertela con una persona all’esterno bensì diventare cosciente del tuo punto debole e osservarlo.
Si soffre solo per ciò cui si tiene. Ma possiamo scoprire che ciò cui teniamo è solo un pensiero e che i pensieri sono come sogni. La nostra anima immobile e silenziosa proietta questo mondo su uno schermo di illusioni. Ricordati, quando la collera sale, che il mondo sei tu e dunque ti stai arrabbiando con te stesso.
La stessa ignoranza del vuoto dei pensieri si trova dietro a questi due traccianti della sofferenza: l’avidità e l’aggressione. La stessa intelligenza del vuoto genera lo spazio dei rapporti pacifici: l’amore e la compassione.” (Pierre Lévy, Il fuoco liberatore, Sossella ed., 2006)
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