lunedì 29 dicembre 2014

Inquietudine



“È la dose che fa il veleno.”
(Paracelso)

Nei giorni che precedono la fine dell’anno ci si affretta a fare il bilancio dell’anno che si sta concludendo. Da molte analisi emerge che nelle persone aumenta sempre di più la paura del futuro, e si diffonde sempre più la sensazione di essere vulnerabili. Sebbene siamo sempre più connessi a livello virtuale, in realtà siamo sempre più sconnessi dagli altri. Ci sentiamo nudi e indifesi a cause delle incertezze, perciò aumenta l’inquietudine e la sfiducia nel futuro.

Siamo diventati come Sisifo che venne condannato dagli dei a spingere, in eterno, un enorme masso fino alla cima della montagna ma, ogni volta, il masso ricadeva in basso. Camus interpretò il mito di Sisifo come il simbolo della condizione umana che è in perpetua lotta con la sua angoscia esistenziale. Attualmente molti sentono aumentare l’angoscia, l’ansia e la preoccupazione. La preoccupazione viene definita dagli psicologi come una condizione in cui la mente viene completamente assorbita da un oggetto fino al punto di sentirsi inquieta e turbata gravemente. Le cose che possono farci preoccupare sono di vario genere, senza considerare le tendenze a preoccuparsi che hanno aspetti morbosi e patologici.

L’inquietudine riguarda la nostra incapacità di tollerare le incertezze, perché questo stato d’animo appartiene alla famiglia dell’ansia. Ci potremmo consolare pensando che l’inquietudine sia normale in tempi di grandi trasformazioni, come il nostro. Ma la consolazione sarebbe insufficiente per essere più tranquilli. L’inquietudine può essere molto sottile oppure molto intensa fino a renderci molto angosciati, stressati e tormentati. L’inquietudine è lo stato d’animo che si maschera più facilmente, infatti è uno stato d’animo che non traspare facilmente nei gesti e nel linguaggio espressivo del corpo.

Ognuno di noi può nascondere internamente un mare di inquietudini che possono diventare ingestibili alla minima occasione, o al minimo allentamento del controllo personale. L’inquietudine si può mostrare come angoscia o come ansia. Se siamo preoccupati tutto il nostro spazio mentale è già occupato dalle nostre preoccupazioni, perciò è troppo pieno. E, pur essendo molto tesi possiamo fingere di essere tranquilli, perciò nulla impedisce di mostrarsi ridenti e felici davanti agli altri, mentre la massa delle angosce interne impedisce di vivere le gioie anche della minima quotidianità.

Di solito si parla di angoscia quando gli stati d’animo diventano violenti, e quando il corpo partecipa alla sensazione del disastro che sta arrivando. L’inquietudine può invadere tutto il corpo perciò la gola diventa serrata, il petto diventa oppresso mentre il respiro diventa sempre più corto, e i muscoli si tendono e s'irrigidiscono. Prendersi cura del proprio corpo aiuta a impedire questa rigidità fisica perciò è utile per aiutare a far diminuire la sofferenza causata dall'ansia. Se impariamo ad ascoltare il corpo riusciamo a riconoscere tutte le note che sono usate dall'inquietudine.

Esistono dei marcatori dell’inquietudine, secondo gli studiosi, e agiscono con una progressione precisa che possiede vari gradi di crescita e di potenza. Nella prima fase ci sentiamo poco tranquilli anche se non c’è nulla che lo giustifica però sentiamo l’assenza della quiete interna. Nella seconda fase ci sentiamo preoccupati e nella mente sorge l'ipotesi sulla cosa che ci fa preoccupare, perciò iniziamo a rimuginarci sopra, ma ci stiamo illudendo di saper riflettere sul problema.

Nella fase successiva iniziamo ad entrare in ansia perciò anche il corpo inizia a essere coinvolto, e siamo sempre più tesi. Ecco che nasce il dubbio che non possiamo farcela perciò iniziamo a pensare agli scenari mentali più catastrofici. Nella fase finale siamo molto angosciati fino a perdere il controllo della mente e del corpo perciò vediamo quegli stati molto penosi che richiedono l'intervento dello specialista.

Gli studiosi hanno affermato che la realtà del meccanismo descritto è così perché è l’uomo che funziona con queste caratteristiche definite dalla specie. Il meccanismo dell'inquietudine dipende dalla nostra eredità filogenetica, infatti proviene dal lontano passato in cui eravamo le prede di altre specie viventi. In quei tempi c’erano degli animali che si nutrivano dei nostri simili perciò per l’uomo di quei tempi essere inquieto e sospettoso era una garanzia di sopravvivenza. Gli psicologi evoluzionisti dicono che questo è il motivo per cui gli uomini sono predisposti a sentire l'ansia. L’esemplare tranquillo non era destinato a sopravvivere troppo a lungo perciò l'inquietudine era una virtù per l’uomo di allora.

La capacità di fare anticipazioni, a livello mentale, riguardo alle difficoltà future è nata dalla necessità di intuire da quale parte veniva il pericolo. Ma, l’eccesso della capacità positiva di saper vedere un pericolo ancora lontano causò l'eccesso di anticipazione che vediamo nella tendenza a preoccuparsi. Il fenomeno di eccesso e slittamento di una prerogativa trasformò la virtù in difetto. Si stanno facendo ancora degli studi per capire il fenomeno e negli studi di neuro-imaging si usano strumenti che riescono a farci vedere quali zone del cervello vengono attivate, e si è visto che sono molte e diverse. Anche gli animali hanno questa capacità di anticipazione, ma la possiedono a breve termine perciò vedono il futuro vicino al presente. Gli uomini sono capaci di fare previsioni a lungo termine, perciò si proiettano nel futuro più lontano.

Noi abbiamo anche delle capacità metafisiche perciò viviamo ciò che gli studiosi chiamano “l'universalità della sensazione d'inquietudine ontologica.” Infatti vediamo che tutti gli esseri umani possono provare degli stati d’animo molto intensi che riguardano la percezione della propria individualità di piccoli animali che sono dispersi nello spazio infinito dell’universo. Un’altra ipotesi è quella dei filosofi che credono che noi siamo irrequieti perché viviamo come orfani nel mondo. Essi dicono che il mondo, per come lo vediamo e per come è realmente, è completamente muto. Perciò concludono che il silenzio del mondo è la causa principale dell’inquietudine umana. Per quanto si cerchi di costruire delle credenze e per quanto si cerchi di creare un significato al mondo, non c’è nulla e noi lo sentiamo.

C’è poi anche la nostra condizione di animali che sono mortali, così come lo sono tutti gli animali. Ma abbiamo anche la consapevolezza di esserlo che non esiste negli altri animali. Perciò, tra le nostre qualità, c’è anche la coscienza riflessiva, per cui possiamo capire la differenza che esiste tra avere un problema e immaginare di averlo. Perciò vediamo anche degli esseri in cui la tensione di tutto l'essere può diventare anche troppo dolorosa. Questo continuo movimento ansioso, in cui accade che le preoccupazioni vengono e vanno è chiamato “flip-flap delle preoccupazioni.” Quando accade questo meccanismo, nasce il desiderio di fuggire e allontanare la mente da quello che ci fa paura.

Allora dobbiamo cambiare il tema su cui la mente sta lavorando, perciò cerchiamo delle distrazioni per sfuggire all’ansia crescente. Ma la nostra fuga non risolve il problema, perché sappiamo che abbiamo lasciato qualcosa d'irrisolto, perciò l'andirivieni ci consuma e non ci aiuta. Ma perché non impariamo mai nulla? Perché facciamo sempre i medesimi errori? Le risposte potrebbero essere tante ma, in fondo, sentire inquietudine è come aderire ad una fede. L’inquietudine si capisce meglio se comprendiamo l'ideologia su cui si basa. Gli ansiosi hanno una fede che è basata su tre assiomi:

1) il mondo è pieno di pericoli e di insidie
2) io sono un essere fragile e anche quelli che amo lo sono
3) se voglio sopravvivere devo adottare precauzioni, sennò sono un incosciente.

La percezione ansiosa vede il mondo come un posto molto pericoloso, perciò la mente ansiosa vuole evitare il minimo rischio. Certamente questa visione possiede una parte di verità, ma non è una teoria del tutto vera. Se vogliamo aumentare la qualità della vita è necessario saper fare dei distinguo perciò è necessario capire che:

1) il mondo è pericoloso, ma soprattutto in certi posti e in certi momenti, perché altri contesti sono sicuri
2) è vero che siamo fragili ma questo non significa vivere chiusi sotto una campana di vetro
3) stare attenti è utile, ma non possiamo avere l'ossessione della sopravvivenza altrimenti dovremmo vivere fuori dal mondo.

L’inquietudine è la mancanza di pace e continua perché noi stessi la coltiviamo e finché siamo chiusi nelle nostre introspezioni, e soprattutto quando siamo chiusi nella gabbia dell’iperprotezione. Quando siamo ansiosi o tristi siamo meravigliati oppure infastiditi dalle persone allegre e ottimiste. Le vediamo come persone a cui manca qualcosa, persone poco sveglie a cui manca l’intelligenza e la lucidità mentale. Non sappiamo vederle come persone che hanno saputo costruire una propensione mentale a essere felici. Crediamo che hanno avuto solo la fortuna di non incontrare mai nessuna contrarietà tanto forte da saper eliminare la loro fiducia nella vita.

Pensiamo che la vita li ha favoriti o che sono troppo ottusi perciò vivono come struzzi. Se siamo inquieti siamo assorbiti da un complesso di superiorità e soprattutto nei momenti di maggiore sofferenza si crede che gli altri siano superficiali oppure incoscienti. Essi diventano come dei poveri idioti che non hanno capire la cattiveria del mondo. Questo accede perché l’inquietudine rende più intolleranti rispetto alle visioni del mondo degli altri.

La convinzione che la preoccupazione sia utile ci spinge a coltivare le nostre inquietudini, perciò veder confermare le nostre fosche visioni ci conferma nelle nostre idee. L’ansia diffusa è una malattia che può diventare incontrollabile se non si impara ad arginarla perciò può alterare la nostra qualità di vita in senso negativo. L'ansia costruisce un mondo in cui il pericolo è sentito ovunque perciò anche il modo di valutare le cose si modifica e si cristallizza finché si perde il senso della sfumatura.

L’universo viene diviso in due parti opposte: il mondo che è pericoloso e il mondo che non è pericoloso. Oggi, molti personaggi stanno usando intenzionalmente i meccanismi che possono ingenerare l'ansia. Essi agiscono per colonizzare tutta la persona con la visione di un mondo che è sempre più inquietante. Per questo ci spingono a vivere fuori dal nostro presente e sempre più proiettati verso il futuro che è descritto come minaccioso.

E quando gli stati ansiosi diventano tanto dominanti accadono dei fatti che crediamo assurdi oppure aberranti. Le inquietudini ci spingono ad agire in modo molto veloce per sfuggire l’ansia, perciò gli ansiosi sono persone molto amate dai capi per la loro efficienza. L’ansia tende a farci privilegiare la nostra sopravvivenza rispetto alla qualità della vita. Perciò, la volontà di raggiungere un ottimo livello sociale ed economico concorre a farci sentire al riparo dall’incertezza.

Il fatto di poter accumulare molto denaro serve a ridurre l’ansia di non fronteggiare un imprevisto che potrebbe arrivare. La spinta alla scalata sociale viene vissuta come un buon antidoto al nostro timore del futuro. In realtà tutto il problema nasce dal nostro atteggiamento mentale, e dal modo con cui reagiamo davanti alla realtà della vita. il rimedio è quello di creare un atteggiamento molto più ecologico. E non si tratta di sradicare le idee negative, ma d'imparare ad ascoltare le nostre inquietudini. Occorre imparare a tener conto di tutto, e non solo di quello che crediamo.

Anche l'ansia fa parte della vita, però la soluzione è assumere la distanza adeguata. Quando siamo inquieti ci focalizziamo molto più sul problema piuttosto che sul modo con cui lo affrontiamo. Dobbiamo imparare a osservare le nostre esagerazioni e capire la realtà dei nostri borbottii, altrimenti avremo sempre dei problemi di focalizzazione dei problemi. Molto spesso ci esauriamo nello sforzo di gestire la nostra vita, e portiamo la lotta fino ai limiti dell’impossibile credendo che il controllo sia l’unico modo per vivere tranquilli.

Il tentativo di tenere tutto sotto controllo ci lascia completamente sfiniti. Contrariamente a ciò che si crede, saper mollare la presa e lasciare che le cose siano come sono è liberatorio. Chiaramente non si tratta di lasciarsi vivere, ma di pensare che non ci sono “missioni divine” che dobbiamo fare perciò possiamo vivere tranquilli. Su questo si deve lavorare di continuo, perché dobbiamo conquistare una giusta distanza tra la tendenza a fare troppo e la tendenza a non fare nulla. Bisogna accettare il fatto che non siamo onnipotenti, e che disordine e incertezza fa parte di un mondo che deve essere in continua trasformazione.

Questa è la realtà del mondo in cui viviamo. Perciò dobbiamo accettare che non possiamo fare e che non possiamo controllare tutto, ma dobbiamo accettare questo con un animo sereno e tranquillo. Le ricerche scientifiche dimostrano che più siamo ansiosi e più aumenta la nostra intolleranza rispetto a quello che non capiamo. Questa intolleranza rispetto alle incertezze esterne comporta che vediamo delle conseguenze nei comportamenti delle persone.

Sta aumentando il perfezionismo, il gusto delle verifiche, la difficoltà a dare fiducia al nostro prossimo, e la tendenza a delegare le scelte sulla nostra vita alla volontà degli altri. L’intolleranza davanti a quello che ci sembra troppo ambiguo oppure è diverso dalle nostre idee fa aumentare il bisogno di essere rassicurati, perciò aumenta la necessità di avere sempre informazioni su quello che accade. Questo riflessioni servono a far capire quanto è diventato potente il controllo che si può esercitare usando le paure delle persone. Ma la riflessione ci aiuta a eliminare il potere che usa l’incertezza per dominare la nostra mente.

Buona erranza
Sharatan

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