domenica 27 novembre 2016

Il pellegrinaggio a Benares



“Più ti avvicini a Dio,
più ti avvicini a te stesso.”
(Proverbio arabo)

Un uomo andò da Ramakrishna. Stava andando in pellegrinaggio a Benares, per fare un bagno rituale nel Gange e, prima di partire, aveva deciso di andar a toccare i piedi del suo Maestro. Ramakrishna gli chiese: «Che bisogno c’è di andare a Benares? Il Gange scorre anche qui.» Infatti, il tempio in cui viveva si trovava proprio sulla riva del fiume. Ma l’uomo replicò: «Nei testi sacri è detto che Benares è il luogo sacro per eccellenza. Se fai un bagno là, ogni tua colpa è purificata.»

Ramakrishna era un uomo semplice, disse a quel uomo: «Puoi andare se vuoi, ma sta’ attento: lungo le rive del Gange sorgono alberi maestosi, li hai notati?» Quel uomo gli confermò che, da bambino, era stato a Benares con il padre e aveva effettivamente visto quegli alberi. «Ebbene -proseguì Ramakrishna- è vero che i tuoi peccati vengono lavati via dal Gange, ma essi si involano e siedono sui rami di quegli alberi, in attesa che tu esca!

Sanno che non puoi stare nel Gange per sempre, prima o poi dovrai uscire. E quando ti stai rivestendo, quei peccati ritornano dentro di te e, a volte accade che, anche i peccati di altri sedimentino nel tuo cuore… quegli alberi sono stracolmi di peccati: sta’ attento a non fartene carico!» L’uomo chiese come poteva salvarsi, e Ramakrishna gli disse: «Dipende da te, per questo ti consigliavo di non andare a Benares!» L’uomo concluse: «Hai creato in me un forte dubbio… andrò a casa a pensarci su. Se le cose stanno così è uno spreco di tempo e basta!»

No, non basta fare un bagno nel Gange, non basta un pellegrinaggio, non basta una preghiera domenicale. I preti hanno creato queste scorciatoie, perché gli uomini sono degli scansafatiche: di fatto non vogliono fare nulla per la propria ricerca interiore. Ricorda: il paradiso non è da qualche parte, nell’alto dei cieli; si trova dentro di te e, per raggiungerlo, non occorre andare al Gange, né a Benares!

Ciò che si deve fare è entrare dentro di sé. Ma non è una cosa che i preti o le comuni religioni vogliono che tu faccia perché, se lo fai, ti liberi da ogni schiavitù esteriore, anche da quella religiosa: allora tutti quei rituali ti sembreranno stupidaggini senza senso. Entrando dentro di te trovi la verità, incontri il Reale.

Viaggiare verso l’esterno è un’abitudine a cui ti sei assuefatto, ma che non ti ha dato alcuna soddisfazione, alcun appagamento. Il mondo interiore è un mondo nuovo, in cui non hai mai neppure dato uno sguardo, in cui non hai mai fatto un solo passo. Il Maestro ti insegna come puoi, pian piano, camminare nel regno del tuo essere.

Ma il Maestro ti dice di sedere in silenzio, e tu chiedi un mantra; è una situazione pietosa, tristissima: il Maestro ti invita a sedere in silenzio, e tu chiedi un qualsiasi suono per colmare quel silenzio! Nessuno vuole essere in silenzio… nessuno vuole sedersi senza fare nulla, ma questo è esattamente ciò che è la meditazione. La meditazione è tornare a casa, è rientrare in se stessi, senza essere più niente e nessuno.

Sei tu, libero da qualsiasi aggettivo, libero da qualsiasi attributo, libero da qualsiasi forma, privo di ogni maschera, senza personalità alcuna. Ma ricorda, un solo lampo in te stesso ha di gran lunga più valore di qualsiasi scrittura. Un solo bagliore della tua consapevolezza ti farà entrare nel vero tempio del divino: un tempio che non è costruito con pietre e marmi, ma che esiste da sempre dentro di te, ed è formato dalla tua stessa consapevolezza.

È una fiamma, una fiamma perenne che arde dall’eternità e che non richiede combustibile alcuno. È in attesa che tu la veda, perché in quella visione, per la prima volta, i tuoi occhi rifletteranno qualcosa di sublime: la gioia, la luce, il canto, la bellezza, l’estasi dell’esistenza. e non è detto che, entrando dentro di te, dimenticherai l’esterno.

Allorché entrerai dentro di te, nella sfera esteriore si irradierà il tuo mondo interiore: nei tuoi gesti, nel modo in cui guardi e parli, nell’autorità che accompagnerà le tue parole. Perfino il tuo tocco, la tua presenza, il tuo silenzio, saranno un messaggio. La sfera interiore e quella esteriore sono parti di un’unica realtà: riconoscerlo, viverle in quanto tali significa fiorire, adempiere al proprio destino di esseri umani. (Osho)

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