giovedì 10 luglio 2008

Avere tra gli amici il generale Patton!


Vi è una categoria di persone che non tollero assolutamente e sono quelli che definisco “panzer”, persone dotate della sensibilità di un mocassino, che esprimono le loro opinioni senza alcuna delicatezza, senza alcuna grazia, e senza preoccuparsi minimamente dei sentimenti altrui.
Io ho una amica che è “panzer” e periodicamente arriviamo a litigare perché mi ricorda il generale George Patton, il “generale d’acciaio” dal carattere risoluto e determinato, che io non sopporto. Mia nonna mi raccontava l’avanzata degli alleati guidati dal generale Patton, in Sicilia, come peggiore del soggiorno nazista: gli ho creduto solo quando ho studiato la storia della seconda guerra mondiale. Lei invece, che era di Bronte, ricordava il piccolo borgo di Piano Stella a 7 km. da Acate, verso Catania, in cui gli alleati avevano ucciso 5 contadini inermi, freddati a colpi di mitra. E’ un eccidio senza alcun senso, che vede dopo 64 anni la prima udienza a Palermo il 20 marzo 2007, quando il Tribunale militare ha aperto un processo alla storia per chiarire questa insensata strage.
Qualsiasi cosa si possa dire sul generale, per me rappresenta una ferita al valore militare di tutti i tempi e di tutte le epoche, da non apprezzare nemmeno umanamente. Doveva vincere e vinse, sia nello sbarco in Sicilia che nello sbarco in Normandia, ma la sua figura non è da ammirare. Viene ricordato, in Sicilia, anche per i sanguinosi eccidi all’aeroporto di "San Pietro" a Biscari, dove furono uccisi 73 soldati tedeschi ed italiani che si erano arresi, e a Comiso, dove 60 soldati italiani e poco dopo 50 tedeschi vennero fucilati. I soldati americani spararono sulla folla inerte facendo 6 morti. Dal suo diario sappiamo che Patton provava astio verso i siciliani, giudicati poco valorosi e troppo arrendevoli. Prima dello sbarco in Sicilia aveva detto ai suoi soldati: “Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali.” Le foto ce lo mostrano con il suo cane Will, un bull terrier dal carattere mite e timoroso, fatto che imbarazzava molto il feroce generale. Tra le frasi celebri che gli attribuiscono vi è quella che mi sembra meglio lo rappresenta: “ Guidatemi, seguitemi, oppure state fuori dalla mia via!”
La categoria degli insensibili ha delle relazioni umane al livello dell’uomo di Neanderthal, con pari capacità di ferire i sentimenti altrui. Essi entrano nella vita degli altri con un effetto travolgente che schiaccia tutto e tutti, travolgendo gli interlocutori con un linguaggio crudo e senza controllo, interessati solo a sfogare la loro acredine e la loro rabbia. Tale comportamento rivela arroganza, biasimo per gli altri, opportunismo, distruttività, impetuosità, testardaggine e maleducazione. Non sentendosi capaci di affrontare la responsabilità della loro vita, incolpano gli altri per i loro insuccessi e gli eventuali imprevisti, sempre pronti a puntare il dito se qualcosa non va come dovrebbe.
Sono, in apparenza, sempre dalla parte della ragione, per cui si mostrano sorpresi se le loro crude osservazioni non vengono apprezzate. Nell’avere rapporti con loro si rischia di essere travolti, perché la loro ragione è tale da non ammettere né discussioni né vie alternative da quelle proprie. Si permettono atteggiamenti che nessuna persona civile e bene educata si permetterebbe ma, drammaticamente, sembrano inconsapevoli della loro maleducazione e mancanza di garbo. La loro mentalità è chiusa ed è priva di interesse per le ragioni e per le esigenze altrui, per questo discutere con loro è sempre una perdita di tempo.
Il loro vissuto li ha portati a percepire il mondo come un luogo ostile in cui difendersi con pari crudelà e determinazione, per questo decidono di diventare i migliori, anche a discapito degli altrui sentimenti. Nel loro animo esiste una robusta corazza emotiva che gli soffoca ogni sensibilità ed emotività; una chiara difesa alla sofferenza del vivere a cui reagiscono con prepotenza e violenza. Questa impostazione così dura di fronte alla vita, causa un impoverimento della loro personalità, che non vuole essere coinvolta in modo vulnerabile dalle altrui esigenze. La paura del coinvolgimento è giocata tra i poli: obbligo della scelta-rischio di scegliere così, imponendo il loro modo di vedere, impongono il loro ordine personale e danno il loro ordine al un mondo altrimenti caotico ed angosciante. Il disinteresse per la sensibilità altrui è conseguenza del fatto che, avere una precisa scaletta di priorità ed un determinato obiettivo, rafforza sicurezza e senso di potere.
Solitamente essi giocano sul senso di timore che riescono ad incutere, per cui spesso vengono stimati negli ambienti professionali per la sicurezza e la determinazione che dimostrano nel perseguire gli obiettivi. Nel lavoro, i capi di questo genere, riescono a conquistare il timore dei loro sottoposti ricorrendo all’intimidazione e al pubblico ludibrio. Le loro accuse ed i rimproveri avvengono con manifestazioni plateali, con contumelie miranti a riscuotere rispetto ed ammirazione.
La migliore strategia con queste persone è non ingaggiare lotte di potere evitando ogni scontro ma, in ogni caso, continuare a pensare ed agire senza essere arrendevoli, bensì usando la propria testa e continuando per la propria strada. E’ opportuno centellinare la presenza di tali personaggi, fissando limiti ben precisi entro cui includerli nella nostra vita, ma se oltreppassano tali confini, non esitiamo a ripristinare le opportune distanze e ad allontanarci.
Buona erranza
Sharatan ain al Rami

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