martedì 3 marzo 2009

E sarà lui stesso la propria compagnia



Nondimeno può accadere che vi siano ragioni sufficienti per le quali un uomo senta di dovere confidare solo nelle sue forze, per intraprendere il cammino nel mondo. Può darsi che in tutte le vesti, le forme, i recinti, e i modi di vita e le atmosfere che gli offrono egli non trovi ciò di cui ha particolarmente bisogno, e in tal caso andrà solo, e sarà lui stesso la propria compagnia. Varrà come se fosse egli il suo gruppo, consistente in una varietà di opinioni e di tendenze: che non devono necessariamente essere rivolte nella stessa direzione. In realtà, sarà in disaccordo con lui stesso, e si troverà in grande difficoltà nell’unire la sua molteplicità per scopi di fine comune […]

Come l’iniziato di una società segreta che si è liberato dalla collettività indifferenziata, così l’individuo che sia solo sulla sua strada, ha bisogno di un segreto che per varie ragioni non possa o non gli sia consentito rivelare. Un tale segreto lo costringe all’isolamento, nel suo individuale progetto: molti individui non sanno sopportare tale isolamento. Sono i nevrotici, che necessariamente giocano a nascondino con gli altri come con se stessi, senza essere capaci di prendere nulla veramente sul serio. Di solito finiscono col sacrificare il loro scopo individuale alla loro brama di adeguamento collettivo, processo che tutte le opinioni, le credenze e gli ideali del loro ambiente incoraggiano […]

Pertanto l’uomo che, spinto dal suo demone, osa porre il piede oltre il limite dello stadio intermedio, entra veramente in “regioni inesplorate, e da non esplorare”, dove non vi sono strade segnate, e nessun ricovero offre la protezione di un tetto. Non vi sono precetti che possano guidarlo quando si imbatte in una situazione imprevista, per esempio in un conflitto di poteri che non si possa risolvere in quattro e quattr’otto. Per lo più queste sortite nella “terra di nessuno” durano solo finchè non si presentino conflitti del genere, e finiscono non appena da lontano si presagisca una tempesta. Non posso biasimare uno che se la batta a gambe levate; ma nemmeno posso approvarlo se cerca di farsi un merito della sua debolezza e della sua codardia. Dal momento che il mio disprezzo non può fargli altro danno, posso anche esprimerlo tranquillamente.

Ma se un uomo si trova di fronte a un conflitto di doveri e si accinge a risolverlo fondando sulla sua personale responsabilità, e dinanzi ad un giudice che siede in giudizio giorno e notte, egli si ritrova nella posizione dell’”uomo solo.” Possiede un segreto autentico che non può essere messo in discussione, non fosse altro perché egli è coinvolto in un dibattito interno senza fine, nel quale egli è avvocato e spietato accusatore, e nessun giudice secolare o spirituale può ridargli un sonno tranquillo. […]

E’ proprio questa virtù che impedisce al suo possessore di accettare le decisioni di una collettività. Nel suo caso la corte si è trasferita dal mondo esterno in quello interiore, dove il verdetto viene pronunciato a porte chiuse. Una volta che ciò accada, però, la coscienza dell’individuo acquista un significato che prima non aveva. Egli non è più soltanto il suo io ben noto e socialmente definito, ma è anche la corte che discute che valore esso abbia in sè e per sé. Nulla favorisce la presa di coscienza tanto quanto questo intimo confronto dei principi opposti. […]

Come ogni energia procede da una opposizione, così anche l’anima umana possiede la sua intima polarità, essendo questa l’indispensabile premessa della sua vitalità, come già riconobbe Eraclito. Sia da un punto di vista teorico che pratico la polarità è inerente a tutto ciò che vive. Contro questa forza vi è la fragile unità dell’io, raggiunta a poco a poco nel corso dei millenni solo con l’aiuto di innumerevoli misure protettive. Che un io fosse possibile sembra derivare dal fatto che tutti gli opposti tendono a raggiungere uno stato di equilibrio. Ciò avviene nello scambio di energia che risulta dall’incontro del caldo e del freddo, dell’alto e del basso, e così via.

L’energia che sta alla base della vita psichica è preesistente ad essa, e perciò è dapprima inconscia. A mano a mano che si avvicna alla coscienza essa dapprima appare proiettata in figure come il mana, gli dei, i demoni, e così via, il cui numen sembra essere la sorgente della forza vitale, e praticamente lo è, fino a che essa è vista in tale forma. Ma non appena questa impallidisce e perde la sua efficacia, l’io – e cioè l’uomo empirico – sembra prendere possesso di questa sorgente di energia e di possederla, e persino immagina di possederla realmente; dall’altro ne è posseduto.


[C. G. Jung – Ricordi, sogni, riflessioni, p. 404-407 ]

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